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tubercolosi

di Gabriella D’Ettorre, Giulio Levi - Enciclopedia dei ragazzi (2006)
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tubercolosi

Gabriella D’Ettorre
Giulio Levi

Un’antica malattia contagiosa che sta tornando all’assalto

La tubercolosi è stata una malattia molto diffusa nei secoli passati e altamente contagiosa, provocata dal bacillo di Koch, batterio così chiamato in onore del suo scopritore. Dalla seconda metà degli anni Ottanta del Novecento i casi di tubercolosi, quasi scomparsa nei precedenti 40 anni, sono aumentati molto. Oggi destano preoccupazione non solo l’accresciuto numero di persone che si ammalano, ma anche la maggiore difficoltà a curare tale malattia, sempre più resistente ai farmaci antitubercolotici tradizionali

Un bacillo antico

La tubercolosi è una malattia infettiva molto antica: basti pensare che è stato possibile identificare lesioni tubercolari anche in scheletri di persone morte 4.000 anni or sono! Descrizioni di una malattia riferibile alla tubercolosi si ritrovano in antichi testi cinesi, indiani, persiani ed egizi e, in epoche successive, in quelli di Ippocrate – il padre della medicina occidentale –, di Claudio Galeno e poi in scritti medioevali e rinascimentali. Fu nel Cinquecento che emersero i primi concetti relativi al contagio e alla predisposizione per la malattia. Solo nel 1882 il medico tedesco Robert Koch scoprì che la tubercolosi è provocata dal batterio Mycobacterium tuberculosis, che in suo onore fu chiamato bacillo di Koch. Si tratta di un batterio privo di ciglia e di capsula, aerobio, ossia che vive in presenza di ossigeno. È sensibile al calore, viene ucciso alla temperatura di 120 °C in pochi minuti, mentre resiste al freddo: per alcuni giorni a +4 °C e addirittura per alcuni mesi a -75 °C.

Diffusione e trasmissione

Si stima che circa 1/3 della popolazione mondiale è stata infettata dal bacillo della tubercolosi, anche se per fortuna non tutte le persone infettate sviluppano la malattia. Peraltro è stato calcolato che ogni anno circa 8 milioni di persone si ammalano e che circa 1,6 milioni muoiono, e si prevede che questi numeri aumentino ancora nel prossimo futuro. In Europa la tubercolosi ha costituito per molti anni la principale causa di morte. Dalla metà del Novecento – grazie alle migliori condizioni igieniche, alla presenza di antibiotici efficaci e alle campagne di prevenzione – il numero di malati è drasticamente diminuito.

Da alcuni anni, però, il numero di casi è di nuovo aumentato, non solo a causa della maggiore diffusione di malattie che causano deficit del sistema immunitario (AIDS), ma anche perché le migrazioni e l’aumento degli spostamenti nel mondo hanno portato una maggiore facilità di diffusione della malattia. È noto per esempio che persone provenienti da paesi africani in cui la malattia non esisteva si sono ammalate trasferendosi in Europa, dove la maggior parte della popolazione è venuta in contatto con il bacillo e ha sviluppato una immunità contro di esso. I nuovi venuti, invece, si sono trovati disarmati dal punto di vista immunitario. Inoltre il bacillo di Koch è diventato in certi casi resistente ai comuni farmaci usati per combatterlo.

Il contagio è facile: bastano uno starnuto di una persona infetta, un colpo di tosse, oppure le goccioline di saliva emesse mentre si parla, perché il bacillo si diffonda nell’ambiente e infetti altri individui.

Fasi della malattia

Il decorso della tubercolosi ha quattro fasi. La prima è l’infezione primaria, causata dal contatto tra bacillo di Koch e soggetto sano; in questa fase il contagiato non presenta alcun sintomo.

La seconda fase (tubercolosi primaria) si presenta quando l’infezione primaria è associata a febbricola – più spesso serale –, stanchezza, dimagrimento e tosse stizzosa. Successivamente, nel 90÷95% dei casi, i bacilli restano localizzati nel polmone e nei linfonodi rimanendo silenti, i disturbi scompaiono spontaneamente e spesso il malato non sa di essere venuto a contatto con il bacillo tubercolare. Da questo momento nel suo sangue circolano anticorpi specifici (immunitario, sistema) che lo proteggeranno contro nuovi contatti col bacillo. Però un piccolo numero di bacilli rimane nascosto in particolari cicatrici polmonari (chiamate tubercoli, da cui il nome della malattia), ed eventualmente nei linfonodi, e sfuggono all’azione di questi anticorpi. Nel 5÷10% dei casi si può avere a distanza di mesi, o anche di molti anni, una riattivazione dei bacilli rimasti nascosti nell’organismo e si ha una lesione polmonare ulcerata detta caverna primaria.

La tubercolosi post-primaria costituisce la terza fase: se le difese immunitarie sono indebolite – per esempio a causa di gravi malattie infettive, come l’aids – i bacilli tubercolari si diffondono nell’intero polmone. In questa fase il malato ha disturbi che somigliano a un’influenza, ma soprattutto presenta tosse accompagnata da emottisi – emissione di sangue con l’espettorato – e difficoltà respiratorie in quanto le lesioni del polmone (caverne) sono più gravi e numerose ed è facile che alcuni vasi capillari si rompano con fuoriuscita sangue.

Nell’ultima fase, la tubercolosi extra-polmonare, i bacilli tubercolari si diffondono attraverso il sangue e la linfa, con successiva localizzazione in vari organi e tessuti. Le sedi più frequentemente coinvolte sono le meningi, il cuore, i reni, gli organi genitali, le ossa (che vengono lentamente distrutte) l’intestino, i linfonodi e gli occhi.

Cura e prevenzione

Sino alla metà del 20° secolo non esistevano cure specifiche per la tubercolosi. A partire dalla fine dell’Ottocento la tubercolosi si curava nei sanatori, speciali ospedali costruiti per lo più in località montane con il clima adatto (il clima secco non è favorevole alla proliferazione dei bacilli) per la cura di malattie polmonari. A Davos, in Svizzera, i sanatori erano numerosi e lì è nato anche, nel 1905, il primo istituto di ricerca dedicato a questa malattia. Il primo sanatorio italiano fu costruito a Pineta di Sortenna nel 1901.

Dal 1944, grazie all’introduzione di numerosi antibiotici, la tubercolosi è stata considerata tra le malattie infettive facili ma lunghe da curare.

La terapia della tubercolosi si basa infatti sull’assunzione quotidiana di un certo numero di farmaci antitubercolari per un periodo che va dai sei ai dodici mesi. Da alcuni anni purtroppo il frequente utilizzo di tali antibiotici ha fatto sì che alcuni ceppi del bacillo di Koch abbiano sviluppato la capacità di resistere a questi farmaci.

Contro la tubercolosi esiste un vaccino, ma ha capacità protettiva molto variabile e inoltre non rientra tra le vaccinazioni obbligatorie. Esiste anche prevenzione antibiotica per tutti coloro che sono venuti a contatto con il bacillo della tubercolosi e che però non hanno segni di malattia; questa si basa sull’assunzione di un antibiotico per un periodo di 6÷12 mesi. In linea generale, la migliore prevenzione si attua migliorando le condizioni igieniche e fornendo all’organismo un’adeguata alimentazione.

La tubercolosi nel mondo dell’arte

La tubercolosi non ha risparmiato scrittori, musicisti, pittori che spesso hanno rappresentato la malattia anche nelle loro opere. Nel romanzo La montagna incantata di Thomas Mann, la vicenda si svolge in un sanatorio svizzero e si può dire che il vero protagonista è la tubercolosi, con il senso di estraneità, irrealtà e indifferenza che essa provoca nei ricoverati. Nei romanzi e racconti di Franz Kafka sono continue le riflessioni sulla malattia, della quale egli stesso era affetto, che viene intesa come espressione delle sue condizioni psicologiche interiori. Anche negli scritti di Luigi Pirandello la tubercolosi è un tema ricorrente ed è vista come caratteristica di una personalità anticonformista.

Muoiono di tubercolosi Marguerite Gautier – l’eroina del romanzo di Alexandre Dumas figlio La signora delle camelie –, e Violetta – la protagonista dell’opera La traviata di Giuseppe Verdi, tratta dallo stesso romanzo, così come Mimì – il personaggio femminile dell’opera La Bohème di Giacomo Puccini. Restando nel campo della musica, la tubercolosi colpì Fryderyk Chopin che ne morì a 39 anni nel 1849, e la malinconia che pervade i suoi Preludi per pianoforte riflette lo stato di depressione che lo colse all’aggravarsi della malattia.

Tra i grandi pittori morirono di tubercolosi Antonello da Messina (1479) e, ai nostri tempi e in giovane età, Scipione e Amedeo Modigliani. Tra le tragedie che colpirono grandi artisti ricordiamo anche la morte per tubercolosi della sorella quindicenne di Edvard Munch, rappresentata in alcuni celebri quadri.

Vedi anche
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Indice
  • 1 Un bacillo antico
  • 2 Diffusione e trasmissione
  • 3 Fasi della malattia
  • 4 Cura e prevenzione
  • 5 La tubercolosi nel mondo dell’arte
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  • PATOLOGIA in Medicina
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