tularemia
Malattia infettiva acuta molto diffusa nei roditori e trasmissibile all’uomo, sostenuta da Francisella tularensis, piccolo bacillo aerobio, gram-negativo. Endemica nel distretto di Tulare, California, dove fu descritta per la prima volta nel 1911 è diffusa negli USA, in Giappone, in Russia, in Germania, nei Paesi scandinavi. In Italia è di eccezionale riscontro. L’infezione si diffonde fra gli animali per mezzo di insetti ematofagi; nell’uomo include il passaggio attraverso l’insetto ematofago ma si verifica per lo più direttamente per via cutanea o congiuntivale per contatto con gli animali infetti.
Il quadro clinico, dopo un breve periodo di incubazione (2÷5 giorni), comincia bruscamente con febbre elevata, brividi e profuse sudorazioni, cefalea, vomito, prostrazione. La forma ulcerosa, la più frequente, è caratterizzata dalla comparsa nel punto di inoculazione (mani, più raramente congiuntiva) di una papula dolorosa che dà luogo a un’ulcerazione, dalla quale partono strie linfangitiche fino ai linfonodi distrettuali. Questi si tumefanno e, spesso, colliquano e si fistolizzano. La febbre, dopo una pseudocrisi in 4a÷5a giornata, cessa definitivamente in circa 20 giorni. Si possono osservare anche forme ganglionari pure (caratterizzate da tumefazioni linfonodali), forme tifoidee (con stato tifoso), forme polmonari (per inalazione di polveri), ecc. Molto rare le complicazioni pericardiche. La terapia si avvale di antibiotici. Una forma di vaccinazione con germi vivi attenuati, pur non essendo ottimale, fornisce una discreta protezione immunitaria.