TULAREMIA (da Tulare, distretto della California dove per la prima volta fu isolata la malattia)
Malattia infettiva epidemica dei conigli selvatici e di altri roditori (scoiattoli, marmotte, topi) dell'America Settentrionale, del Giappone, della Russia, prodotta da un agente specifico, il Bacterum tularense, piccolissimo coccobacillo polimorfo (0,3 × 0,7 μ), immobile, asporigeno, negativo al Gram.
Negli animali si riscontra un bubbone localizzato alle ghiandole della superficie cutanea nella quale è penetrato il germe, tumefazione della milza, noduli caseosi nella milza e nel fegato. Eccezionalmente può infettarsi anche l'uomo o per contatto con carni infette (conigli, lepri), o per trasmissione del germe da parte di ectoparassiti dei quali i più importanti sono un tafano (Crysops discalis) e una zecca (Dermatocentor Andersoni). L'incubazione varia da uno a sette giorni; si ha ulcerazione nel punto d'innesto e bubbone nelle linfoghiandole tributarie (forma ulcero-ghiandolare); spesso l'infezione avviene per via congiuntivale donde una grave congiuntivite necrotizzante con adeniti sottomascellari, preauricolari e cervicali (forma oculo-ghiandolare); segue una sindrome infettiva acuta generale che per lo più guarisce dopo un mese, talora ha un decorso assai più lungo e anche mortale. La diagnosi si fa inoculando il materiale sospetto (succo ghiandolare, essudato di flittene) negli animali da laboratorio e ricercando i germi nella milza e nel fegato organi dai quali si possono ottenere le colture microbiche. Per alcuni caratteri il B. tularense è stato avvicinato al B. melitense; per il suo parassitismo esso ricorda il bacillo della peste.