ASCARELLI, Tullio
Nato a Roma il 6 ott. 1903, si laureò in legge nel 1923. Allievo di C. Vivante, si dedicò allo studio del diritto commerciale, che insegnò nelle università di Ferrara, Catania, Parma, Padova, Bologna e Roma. Durante il fascismo l'A. fece parte del gruppo raccolto attorno al giornale clandestino Non Mollare,e poi del movimento di "Giustizia e Libertà"; dopo il crollo dei fascismo, fece parte di Unità Popolare e del Partito Socialista Italiano. Costretto nel 1938 ad abbandonare l'Italia per le persecuzioni razziali, riparò in Inghilterra, poi in Francia e all'epoca dell'invasione tedesca si trasferì in Brasile, a San Paolo, dove ebbe affidato l'insegnamento del diritto commerciale. In Brasile proseguì con fortuna l'esercizio dell'avvocatura, già intrapreso in Italia e in Francia, e collaborò con il governo a importanti riforme legislative in materia societaria e fiscale. Tornato in Italia nel 1947, riprese l'insegnamento universitario, ricoprendo la cattedra di diritto commerciale a Bologna; nel 1953 fu chiamato all'università di Roma, dove occupò la cattedra di diritto industriale e poi di diritto commerciale.
Morì a Roma il 20 nov. 1959.
I motivi che fondano la diuturna polemica metodologica dell'A. possono essere tutti ricondotti a una visione storicistica del diritto, ispirata all'idealismo italiano degli inizi del secolo e più tardi nutrita anche dell'apporto della giurisprudenza sociologica. L'A. reagiva al concettualismo della scienza giuridica italiana, ma non mancava nel contempo dal mettere in guardia dalla reazione contro i pregiudizi logicistici, fondata unicamente su appelli all'equità, alla realtà dei fatti e a quella economico-sociale, i quali secondo l'A. finiscono con il far perdere di vista l'autonomia dell'argomentazione giuridica e l'insuperabile antinonuia tra concetti giuridici e concetti economici. L'A. sottolineava, cioè, l'impossibilità di dedurre le valutazioni giuridiche dalla natura dei fatti, contrapponendosi al sociologismo il quale ignora ogni implicazione storicistica, e d'altra parte riconosceva come indispensabile l'osservazione della realtà effettuale, alla cui ricostruzione tipologica quelle valutazioni devono far capo.
La funzione dell'interprete è così quella di ricollegarsi al concetto tipico a cui ha fatto storicamente ricorso la norma, e nel contempo all'ordinamento della realtà che storicamente sembra più adeguato alla portata della norma, per colmare lo hiatus che sempre si determina tra definizione normativa e situazione reale. Dell'interpretazione, quindi, viene respinto il profilo unicamente dichiarativo, ed essa si pone come momento creativo, in sostanza come la vita stessa del diritto.
Questo orientamento dell'A. ebbe modo di esprimersi compiutamente in una materia come il diritto commerciale, sottratta agli irrigidimenti costruttivi che tradizionalmente dominano il campo del diritto civile. Coerentemente allo storicismo delle sue premesse, l'A. vide il diritto commerciale non già come una categoria logica nel sistema delle leggi, bensì come una categoria storica: esso sorge con il capitalismo e si accompagna allo sviluppo di questo, costituendo la forma giuridica dell'iniziativa economica; destinato, quindi, ad accrescere la sua influenza sugli altri settori del diritto a mano a mano che cresce l'importanza dell'iniziativa economica e la produzione di massa, esso tende a modificare il tradizionale modo di considerare i rapporti sociali. In una situazione così modificata, emerge altresì un corpo di regole particolarmente intese alla disciplina dei beni caratteristici della nuova epoca (i cosiddetti beni immateriali) e della concorrenza tra imprenditori: il diritto industriale. Nella considerazione di questi problemi si faceva palese nell'A. un ideale democratico dell'organizzazione giuridica e sociale, espressosi in particolare nei più recenti contributi in materia di disciplina antimonopolistica e di riforma della società per azioni.
Un abito scientifico siffatto, e le varie esperienze condotte da esule, insegnando ed esercitando l'avvocatura in paesi stranieri, fecero si che l'attenzione dell'A. si volgesse, con intensità crescente, allo studio del diritto comparato, inteso non più come meccanico confronto di norme poste in essere da ordinamenti diversi, ma come considerazione del modo e delle ragioni della soluzione dei vari problemi pratici in ambienti giuridici diversi. Da ciò veniva confermato il carattere storico delle soluzioni normative e la necessità di una autonoma ricostruzione della realtà effettuale da parte del giurista.
L'opera dell'A. non fu, però, quella di un metodologo che disdegna la prova concreta delle sue tesi. Al contrario, questa ampia polemica fu quasi esclusivamente condotta attraverso una analisi puntuale di istituti e di problemi concreti, calata in una dimensione tecnica raffmatissima, si che mai fu possibile muovere a essa un appunto di astrattezza o di genericità. E questa, certamente, fu la ragione che consentì a quella polemica di incidere profondamente sul metodo degli studi giuridici in Italia e fuori.
Non vi fu argomento del diritto commerciale che l'A. non abbia affrontato, discutendo sempre dei problemi più ardui: basta accennare ai fondamentali contributi sulla personalità giuridica, sui titoli di credito, sulle società. Particolare menzione meritano gli studi sulla moneta, che costituiscono anch'essi una costante dell'opera dell'A., della cui importanza testimonia sufficientemente l'accoglimento, da parte della giurisprudenza, della distinzione tra obbligazioni di valore e obbligazioni di valuta, distinzione che contribuì grandemente a risolvere i difficili problemi posti dalla svalutazione monetaria.
Le opere principali dell'A. sono: La moneta. Considerazioni di diritto privato,Padova 1928; Il concetto di titolo di credito, Milano 1932; Appunti di diritto commerciale,3 voll., 3 ediz., Roma 1936; Consorzi volontari tra imprenditori, 2 ediz., Milano 1937; Istituzioni di diritto commerciale,ibid. 1937; Titoli di credito,voce (non firmata) in Nuovo Digesto Ital.,XII, parte II, Torino 1940, pp. 205-211; Lucros extraordinarios e imposto de renda (in collaborazione con R. Gomes de Sousa e J. B. Pereira de Almeida), São Paulo 1944; Problemas de sociedades anónimas e direito comparado,ibid. 1945; Panorama do direito comercial,ibid. 1947; Sguardo sul Brasile, Milano 1949; Saggi giuridici,ibid. 1949; Studi giuridici sulla moneta,ibid. 1952; Studi in tema di società,ibid. 1952; Studi in tema di contratti, ibid. 1952; Studi di diritto comparato e in tema di interpretazione, ibid. 1952; Ensaios e paraceres,SãpPaulo 1952; Lezioni di diritto commerciale. Introduzione, 2 ediz., Milano 1955; Saggi di diritto commerciale,ibid. 1955; Obbligazioni pecuniarie,in Commentario del Codice civile,a cura di A. Scialoja e G. Branca, IV, Bologna-Roma 1959; Problemi giuridici,2 voll., Milano 1959; Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, 3 ediz., ibid. 1960; Hobbes e Leibniz e la dogmatica giuridica,introduzione a T. Hobbes, A dialogue between a philosopher and a student of the Common Laws of England - G. W. Leibniz, Specimen quaestionum philosophicarum ex iure collectarum..., Milano 1960.
Bibl.: L. Caiani, La filosofia dei giuristi italiani, Padova 1955, pp. 129-162; G. Auletta, Studi e saggi di T. A., in Riv. trimestrale di diritto e procedura civile, IX(1955), pp. 433-446; F. P. Gabrieli, T. A., voce in Novissimo Digesto Italiano, I, parte II, Torino 1958, pp. 1021 s.; F. Messinco, T. A., in Rendic. d. Accad. naz. dei Lincei, Classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 8, XV (1960), pp. 259-270; A. Asquini, Nell'anniversario della morte di T. A., in Riv. delle società, V(1960), pp. 997-1012; A. Tunc, T. A., in Revue internationale de droit comparé, XII (1960), pp. 238-240.