CIANETTI, Tullio
Nato ad Assisi il 20 luglio 1899 da Francesco e Matilde Falchetti, primogenito di quattro figli, rimase a soli sei anni orfano del padre, piccolo proprietario terriero e colono. La madre, costretta per debiti a cedere la tenuta al proprietario della colonia, si risposò nel 1906 con il mezzadro Nazareno Aristei.
Chiamato alle armi nel 1917, e inviato in zona di guerra col grado di tenente, il C. rimase nell'esercito fino al 23 marzo 1921. Congedato, trovò impiego come istruttore presso il convitto nazionale "Principe di Napoli" di Assisi. Intanto inizio la sua attività nel movimento fascista: già iscritto al sindacato magistrale, il 10 aprile 1921 era tra i fondatori del fascio di Assisi, del quale divenne segretario politico l'anno successivo. Il 29 ag. 1922, dopo il congresso del fascismo umbro di Foligno, passò al settore sindacale, all'interno del quale ricoprì diverse cariche fino a diventare (10 ott. 1924) segretario regionale dei sindacati fascisti. Il 2 febbr. 1921, intanto, si era unito in matrimonio con Maria Marcelloni, sua concittadina, dalla quale non avrà figli. Partecipe della marcia su Roma, squadrista in varie spedizioni punitive durazite le quali si vantò di aver piantato "qualche pallottola nello stomaco dei sovversivi" (Arch. centrale dello Stato. Carte Cianetti B. 1), il C. criticò quanti concepivano "il fascismo come la reazione della borghesia sul proletariato" (Ibid., ibid.). Per lui, invece, il principio fascista della collaborazione fra le classi richiedeva una lotta su due fronti: da una parte contro "l'ubriacatura bolscevica", e dalraltra contro quei capitalisti "che del capitale, si servono per basse speculazioni contro la Nazione" (Ibid., ibid.).
A causa di questa sua posizione, il C. restò ben presto isolato, in mezzo a un quadro dirigente del fascismo umbro composto in massima parte da avvocati, medici. proprietari terrieri. La sua iniziale camera politica risultò così assai movimentata: criticò aspramente la "Terni" in seguito ad alcuni licenziamenti; ma poi ricevette un compenso dalla direzione delle Acciaierie, che egli sostenne nella vertenza con il Comune per la nuova convenzione idroelettrica. Promotore di alcune battaglie contro quelli che definiva episodi di "degenerazione" del fascismo, il C. venne presto addidato come e bolscevico tricolore è e come massone.
Nei primi mesi del 1924, accusato di aver promosso una spedizione punitiva contro un agrario fascista che aveva sfrattato alcuni coloni, subì un attentato. A giugno l'assassinio di Matteotti provocò in lui una crisi di coscienza: si dimise dalla Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, manifestò il proposito di costituire una organizzazione sindacale autonoma, e prese contatti con sindacalisti "rossi". Venne espulso, sembra, dal partito fascista. Rientrato nei ranghi, ebbe nuovi scontri con il fascismo locale (duello con il deputato fascista umbro Passavanti), che lo costrinsero a dare le dimissioni il 20 giugno del 1925.
Legatosi strettamente a E. Rossoni, segretario nazionale della Confederazione dei sindacati fascisti in un clima generale che era sempre meno favorevole a qualsivoglia iniziativa sindacale (patto Vidoni del 1925, legge Rocco del 1926), il C. ripeté in tutte le successive sedi l'esperienza umbra: il suo sindacalismo venne sempre respinto e sconfitto dagli apparati fascisti locali. A Siracusa, dove rimase dall'agosto 1925 al marzo 1926 come segretario provinciale dei sindacati fascisti, venne accusato di favorire elementi "socialistoidi". Trasferito a Carrara, fu boicottato dalla Federazione fascista locale, di cui denunciò l'affiatamento con gli industriali. Fu lo stesso ministero delle Corporazioni, questa volta, ad ordinare a Rossoni di trasferire il C. a Messina (5 ag. 1927). Da questa città, di cui denunciò le -"tante camorre", pubblicando fira l'altro un articolo "antiplutocratico" che gli costò un secco richiamo, di. Rossoni (Arch. centr. dello Stato, Carte Cianetti, B.2), fu allontanato nel sett. 1928. Diresse quindi, ma come commissario, i sindacati di Treviso e Matera. A Treviso tornò il 26 apr. 1929, come segretario dei sindacati dell'agricoltura. Il 1931 segnò un salto nella sua carriera: il 18 febbraio veniva nominato commissario della Federazione naz. dei sindacati dell'industria del vetro e della ceramica; iniziò intanto a collaborare con IlLavoro fascista;a luglio, in coincidenza con l'apertura delle trattative per il contratto dei marmisti di Carrara, diventò segretario della Federazione nazionale dei sindacati delle industrie estrattive.
Anche in tale veste fu protagonista di battaglie in nome di quello che egli riteneva essere il "vero" sindacalismo fascista, dalle quali usciva sostanzialmente sconfitto: scrisse una monografia su La vertenza degli operai del marmo di Carrara, aspramente criticata dagli industriali del settore; si pronunciò contro l'aumento del prezzo dei marmo, e a favore della concentrazione delle più di trecento imprese marmifere di Carrara; manifestò infine riserve verso il cosiddetto "sistema Bedaux", variante del taylorismo, che conobbe in questo periodo larga applicazione'in tutta l'industria italiana. Ma queste sue iniziative caddero nel vuoto. Più tardi, nell'aprile 1932, di nuovo a Carrara, ebbe luogo una agitazione operaia contro una riduzione salariale del 20% pattuitadal sindacato. E il C., inviato prontamente sul posto per calmare le acque, promosse una riunione di operai che servì ai fascisti locali per individuare, bastonare e licenziare i lavoratori che protestavano contro l'accordo (Aquarone, p. 545;Archivio centrale dello Stato, Carte Cianetti B.3).
Il 22 apr. 1933, un giorno dopo la firma di un secondo accordo nel settore marmifero per una nuova riduzione salariale del 12%, il C. passò a dirigere i sindacati industriali di Torino: fu questa l'esperienza che gli aprì la strada alla carica di presidente della Confederazione nazionale sindacati fascisti italiani, il 15 genn. 1934. In tale veste, mentre intraprendeva un'opera di riorganizzazione di alcune corporazioni, il pericolo di burocratizzazione e il carrierismo dei giovani (Aquarone, p. 228). firmò il 26 apr. 1934 un accordo con la Confindustria che prevedeva una ulteriore riduzione del'7% dei salari, e si pronunciò contro rabolizione del cottimo, richiesta da alcuni sindacalisti fascisti (relazione del presidente della C.N.S.F.I. al congresso sindacale del '34 0 '35: in Arch. centr. delloStato, Carte Cianetti, B.5).
Questa sua sostanziale fedeltà alle direttive emanate dalle alte gerarchie dei regime gli permise di continuare rascesa: già vicepresidente dell'Istituto di previdenza sociale, e dell'Istituto nazionale fascista per l'assistenza e per gli infortuni sul lavoro, membro del Consiglio di amministrazione del Banco di Roma, dopo essere entrato grazie al "plebiscito" del marzo 1934 nel Parlamento, il C. venne nominato il 7 novembre dello stesso anno membro del Gran Consiglio dei fascismo, carica che ricoprì fino al processo di Verona. Nel 1935, ancora presidente della C.N.S.F.I., rappresentò i sindacati fascisti alla Conferenza internazionale dei lavoro di Ginevra. Poi, dopo una serie di viaggi all'estero (Inghilterra, incontro con gli. emigrati., 1937; Iugoslavia, Romania, Germania, visite di Stato, 1939) il 21 luglio 1939 venne nominato sottosegretario di Stato al ministero delle Corporazioni.
Giunto ormai al culmine della carriera, negli anni '35-'43, il C. abbandonò quasi dei tutto ogni contestazione sul terreno specificatamente sindacale, per collocarsi sul piano politico generale lungo due direttrici principali, che ispirarono la sua azione e la sua intensificata attività pubblicistica (con la propria firma, o con lo pseudonimo "Hystrix" collaborò a Carattere, Problemi e informazioni sociali, Le Assicurazioni sociali, Autarchia, Rivista del lavoro, della quale ultima fu anche direttore, e altre): un maggiore intervento statale nell'economia, sulla base di quello che egli definiva, in polemica con gli "utopismi" liberale e comunista, "realismo corporativo" (Autarchia, febbraio-marzo 1943, in Arch. centr. dello Stato, Carte Cianetti, B.2);una politica estera di carattere oltranzista e bellicista, intesa come strumento di "emancipazione" della "grande proletaria e in questo quadro il C. sostenne l'impresa coloniale etiopica, da lui definita "la più rumorosa manifestazione di lotta di classe proiettata sul piano internazionale" (Ibid., Carte Cianetti, B.5). opponendosi assieme a Farinacci all'accettazione del piano Laval-Hoare (dicembre 1935); esaltò l'alleanza con la Germania nazista, criticando i suoi poco ponvinti assertori in Italia; e professò esplicitamente il razzismo antiebraico nei suoi discorsi ufficiali successivi al 1938.
Scoppiata la guerra, il C. si mostrò interventista: il conflitto mondiale era per lui "una guerra di popolo", "essenzialmente rivoluzionaria, e la più importante manifestazione di lotta per la giustizia sociale sul piano internazionale" (Ibid., Carte Cianetti, B.6). Nel 1943, in seguito al rimpasto ministeriale di febbraio e alle dimissioni per malattia del neodesignato suo superiore Tiengo, il C. diventò ministro delle Corporazioni. Riprese con tale carica la sua giovanile battaglia su "due fronti": a marzo si recò nelle fabbriche del Nord in sciopero, ma, al cotonificio di Abbiategrasso (Milano), venne accolto a sassate dalle operaie, e costretto alla fuga. Ne dedusse che "bisognava strmgere i treni" (V. Cersosimo, p. 97). Intanto, mentre nel quadro del reclutamento di manodopera per usi bellici approntava un piano per l'istituzione di campi di lavoro per gli ebrei, il C. entrò in polemica con il ministero delle Finanze a proposito del ruolo dell'I.R.I., di cui da tempo l'industria privata chiedeva un ridimensionamento, e che il ministro Acerbo voleva sotto il suo controllo. Per il C., invece, l'I.R.I., doveva essere sotto il controllo dei suo ministero. Ma questa polemica, come quella sulla "gestione diretta" delle imprese da parte dello Stato, che il C. sostenne (Arch. centr. dello Stato, Carte Cianetti, B.3), venne bruscamente interrotta dagli eventi che portarono alla caduta del fascismo: coinvolto nelle manovre di Grandi (ma non è da escludere che egli sperasse coscientemente in una qualche svolta del regime che favorisse la sua linea "statalista"), il C. ne votò il 25 luglio la mozione. Finita la seduta, scrisse una lettera a Mussolini, nella quale dichiarava il suo pentimento e il ritiro del suo voto. Grazie a questo suo gesto, arrestato nell'ottobre del '43 dai repubblichini, riuscì ad evitare al processo di Verona la fucilazione, e venne condannato, unico degli imputati, a trenta anni di galera. Dopo la liberazione emigrò in Mozambico, dove morì il 7 ag. 1976.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. d. Stato, T. Cianetti, Carteggi, buste da 1 a 8: particolarmente interessanti, per la comprensione della dialettica interni, al fascismo, quelli sulla prima attività del C. (Terni, Siracusa, Carrara, Messina), sul contratto dei marmisti di Carrara del 1932, e gli articoli, discorsi e relazioni del periodo '35-'43; Ibid., Segr. part. del Duce. Cart. riserv. B.35 Cianetti T.;V. Cersosimo, Dall'istruttoria alla fucilazione. St. del processo di Verona, Milano 1949, pp. 94-111 (contiene una autobiografia del C.); F. Guarnieri, Battaglie economiche, II, Milano 1951, p. 388; A. Aquarone, L'organizz. dello Stato totalitario, Torino 1965, pp. 227 s., 307 n., 545-548; F. W. Deakin, Storia della Repubblica di Salò, Torino 1963, pp. 156, 225, 228, 425 s., 452 s., 463, 623, 626, 629 s.; G. Bianchi, 25luglio, crollo di un regime, Padova 1963, pp. 70, 308, 444, 495, 521, 584, 608, 634, 637 s., 645; R. De Felice, Mussolini il fascista, I, 1921-1925, Torino 1966, pp. 624 n., 666 s. n.; II, 1925-1929, ibid. 1968, pp. 97, 487-93; Id., Mussolini il duce, 1929-36, Torino 1974, pp. 148 n., 722 n.; P. Spriano, Storia del partito comunista ital., IV, Torino 1973, p. 351; Il 1943. Le origini della rivol. antifascista, in Quaderni di Critica marxista, X(1974), n. 7; 1945-1975, Fascismo antifascismo Resistenza rinnovamento, Milano 1975, p. 205; G. Amendola, Fascismo e movimento operaio, Roma 1975, pp. 116 s.; M. Panzarelli, L'attività politica di Eugenio Curiel (1932-1943), in Storia contemporanea, X (1979), 2, pp. 272 ss.