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TUNGSTENO

di Felice De CarIi - Enciclopedia Italiana (1937)
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TUNGSTENO (o Wolframio; fr. tungstène; sp. tungsteno; ted. Wolfram; ingl. tungsten)

Felice De CarIi

Elemento chimico, simbolo W; numero atomico 74; peso at. 184; isotopi 182, 183, 186.

Gli alchimisti del sec. XVII chiamarono Wolf (tedesco "lupo"), una sostanza che accompagna i minerali stanniferi, alla quale attribuirono la proprietà di sottrarre dal bagno fuso una parte dello stagno contenutovi. È questa l'origine del nome wolframite, assegnato più tardi al minerale in questione, che venne identificato per una soluzione solida dei tungstati di ferro e di manganese:

la quale effettivamente accompagna spesso la cassiterite (v. Stagno).

Il nome Tungsteno prende origine da "Tungstein" (svedese, "pietra pesante") denominazione assegnata nel 1758 da Cronstedt a un minerale da lui rinvenuto per la prima volta; che fu meglio studiato dallo Scheele nel 1781 e quasi contemporaneamente dal Bergmann. Quest'ultimo osservò che da esso, per azione degli acidi, si otteneva un prodotto il cui aspetto faceva pensare a una "calce metallica". Due scolari spagnoli del Bergmann, i fratelli Jouan Josef e Fausto De Lhuyart, riscaldando questa "calce" con carbone ottennero per al prima volta, nel 1783, il nuovo metallo.

Al minerale sopra accennato, che risultò essere tungstato di calcio (CaWO4), fu assegnato in seguito il nome di scheelite.

Wolframite e scheelite sono le specie mineralogiche più comuni e più importanti del tungsteno. Altre, meno diffuse, sono: la hübnerite (MnWO4), la cuproscheelite (Cu, Ca•WO4), la stolzite (PbWO4), la reinite (FeWO4). Per i giacimenti minerali di tungsteno, v. wolframite.

Preparazione. - Il tungsteno puro si ottiene per riduzione con idrogeno dell'ossido WO3 a temperature comprese tra 750° e 1000°, secondo lo schema:

Qualora non si abbia interesse a preparare un metallo molto puro si può ricorrere ad altri mezzi di riduzione, come, ad es., il carbone o l'alluminio:

A questo modo si prepara il tungsteno destinato agli usi metallurgici, ove pure trova impiego correntemente la lega ferro-tungsteno, ottenibile riducendo col carbone una mescolanza di minerali di tungsteno con ferro e con quarzo.

Il tungsteno puro, che si ricava dalla riduzione con idrogeno, è molto ricercato per alcune importanti applicazioni cui accenneremo più avanti; deve però subire lavorazioni preventive che hanno lo scopo di trasformare la polvere in fili duttili. Si segue generalmente il procedimento Coodlige che è caratterizzato dalle seguenti operazioni:

1. Compressione della polvere, mescolata a materie leganti come glicerina, cera, ecc., in modo da ottenere blocchetti, o lingottini.

2. Riscaldamento di questi a circa 1000° in corrente d'idrogeno, per ottenere la riduzione del film d'ossido che ricopre i singoli grani, e la sinterizzazione di questi.

3. Riscaldamento ulteriore a temperature prossime a quella di fusione (circa 3500°) facendo passare la corrente elettrica attraverso i lingottini sinterizzati.

4. Martellamento in atmosfera d'idrogeno a temperature che variano, in funzione del diametro della sbarretta:

Con questo trattamento, i granuli originarî subiscono un allungamento secondo l'asse della sbarra, con che aumenta la duttilità. In altri termini, quando i cristalli di tungsteno assumono l'aspetto fibroso, si comportano come cristalli unici paralleli, e ciascuno di essi conserva la sua duttilità secondo l'asse delle filiera attraverso la quale passerà nell'ultima fase del trattamento. In una sbarra o in un filo costituito da grani grossi non orientati, la trazione attraverso la filiera produce invece frattura. La debole coesione intercristallina del tungsteno si spiega ammettendo che anche nel metallo più puro esista tra grano e grano un film sottilissimo formato probabilmente da sostanze gassose.

5. L'ultima fase del procedimento Coodlige è costituita dalla trafilazione attraverso filiera di diamante o di carburo di tungsteno. Si ottengono a questo modo fili del diametro di mm. 0,001. Ulteriori riduzioni di sezione si raggiungono corrodendo chimicamente il trafilato, per immersione in un bagno di nitrato e nitrito potassico a 340°.

Proprietà. - Il tungsteno è grigio brillante, cristallizza in cubi centrati (dimensioni della cella elementare 3,155 ± 0,001 Å). Densità calcolata 19,32; determinata sperimentalmente sul metallo ridotto con idrogeno 19-19, 13; su quello fuso nel vuoto 19-19,2. Le piccole differenze sono da attribuire a tracce d'impurità o ad errori sperimentali giustificabili con la delicatezza della misura, specie quando si tratta di metallo polverulento.

Il tungsteno è un po' meno duro dell'acciaio. Il punto di fusione, ricavato dalla media di numerose determinazioni eseguite con metodi diversi, si aggira intorno ai 3660°.

Proprietà chimiche. - Inalterabile all'aria, subisce ossidazione superficiale al rosso vivo ricoprendosi di un sottile velo grigio-azzurro. Se allo stato di estrema suddivisione, quale si ottiene, ad es., per distillazione dell'amalgama, è piroforico.

L'azione del vapore acqueo a temperatura elevata (800°-1000°) conduce all'equilibrio:

Con gli alogeni reagisce a temperature crescenti dal fluoro allo iodio e forma i composti WFl8, WCl8, WBr5, WJ2. Con ammoniaca al rosso forma azoturo WN2. Ha molta affinità per il carbonio col quale forma i carburi WC, W2C, W3C. Gli acidi a temperatura ordinaria, anche se concentrati, non attaccano il tungsteno. A caldo agisce vivacemente su di esso solo la miscela nitrofluoridrica con formazione di WO3•H2O insolubile (acido tungstico). Gl'idrati alcalini fusi, meglio se mescolati ad agenti ossidanti come nitrato o clorato di potassio, lo attaccano con formazione di tungstato normale (MeWO4) e sviluppo d'idrogeno.

Composti. - Il tungsteno appartiene al VI gruppo della classificazione periodica degli elementi (v. Periodico, sistema); le sue forme limiti di combinazione sono pertanto: con l'ossigeno WO3, con gli elementi monovalenti WX6. Si conoscono anche composti del tungsteno bi-, tri-, tetra-, pentavalente, ottenibili nella maggior parte dei casi mediante opportuna riduzione dei corrispondenti derivati esavalenti. Sono tutti d'importanza limitata. Ci limiteremo a riportare le formule di alcuni complessi che essi formano con alogenuri e cianuri, caratteristici perché sotto questa forma i derivati inferiori del tungsteno sono più stabili che allo stato puro:

Composti del tungsteno esavalente. - Sono i più stabili, quelli cioè nei quali tutti i derivati sopra accennati tendono a trasformarsi. Il triossido, denominato anidride tungstica, si ottiene dalla scheelite, e in generale da tutti i sali di tungsteno, per trattamento con gli acidi e successiva calcinazione dell'idrato WO3•H2O che precipita:

Se si parte dalla wolframite bisogna prima fondere questa con carbonato sodico, lisciviare la massa per portare in soluzione il tungstato, e precipitare infine con cloruro di calcio il tungstato di calcio insolubile:

L'anidride tungstica è una polvere cristallina gialla, isolubile in acqua e negli acidi, facilmente solubile negli alcali con formazione di tungstati. I tungstati alcalini normali, dalla formula generale: Me′2•WO4, sono solubili in acqua, quelli alcalino-terrosi, insolubili. Tra questi ultimi rammentiamo il sale di calcio CaWO4 (scheelite), il quale sotto l'azione dei raggi röntgen assume una caratteristica e intensa fluorescenza blu.

Accanto ai tungstati normali sono da ricordare i politungstati, o tungstati acidi, e tra essi i sali degli acidi paratungstico e metatungstico.

I paratungstati alcalini si ottengono dalla fusione dell'anidride tungstica coi carbonati alcalini, e i metatungstati dalla ebollizione delle soluzioni acquose di questi. Per acidificazione delle soluzioni acquose dei tungstati, paratungstati e metatungstati precipita acido tungstico idrato: H2WO4•H2O (WO3•2H2O), che ha la proprietà di formare soluzioni colloidali; con l'acqua, ad es., si peptizza molto facilmente. Dall'acido tungstico per azione dei riducenti si ottiene il blu di tungsteno la cui costituzione probabilmente è analoga a quella del blu di molibdeno, e dovrebbe corrispondere al seguente schema:

Analogamente, per riduzione dei tungstati, si ottiene tutta una serie di composti variamente colorati conosciuti sotto il nome di "bronzi di tungsteno". Ricordiamo tra questi: Na2O•WO3•WO2 giallo oro, Na2O•2WO3•WO2 rosso porpora, Na2O3•WO3•WO2 violetto, SrO3•WO3•WO2•5(K2O3•WO3•WO2) carminio.

L'acido tungstico forma infine con, gli acidi fosforico, silicico, borico, degli eteropoliacidi ai quali si attribuiscono le formule seguenti:

Usi. - Per il suo elevato punto di fusione, il tungsteno duttile, preparato secondo il procedimento sopra descritto, si usa come filamento incandescente nelle lampade elettriche (v. lampada). Sono anche interessanti le applicazioni nelle lampade ad arco, con elettrodi di tungsteno, in atmosfera di gas inerte (ionizzato con filamento ausiliario) per ottenere una sorgente luminosa molto intensa, e in quelle nelle quali la scarica passa nel vapore di tungsteno, caratterizzate da uno spettro molto ricco di radiazioni ultraviolette nella zona compresa tra 2000 e 4000 Å.

L'idrogeno fatto passare attraverso la fiamma caldissima di un arco al tungsteno, si dissocia allo stato atomico, conferendo alla fiamma stessa un potere riducente elevatissimo. L'arco a idrogeno ha trovato estese applicazioni nella saldatura autogena di tutti i metalli (v. idrogeno; saldatura).

Importanti le applicazioni in metallurgia. Gli acciai al tungsteno si usano per i magneti permanenti, ed entrano nella composizione degli acciai rapidi per utensili. Molto adatta per lavori di taglio è, ad es., una lega denominata stellite contenente: cobalto 50 parti, cromo 27; tungsteno 12, carbonio 2, 5, ferro 5, silicio e manganese 3,5.

Altre leghe denominate: Arbuga, Miramant, Thoran, Volmit, Widia, sono meno fragili della stellite e si prestano a molti scopi ai quali la stellite non può servire, come, ad es., a lavorare acciai austenitici. Esse contengono come elementi caratteristici: tungsteno, molibdeno, carbonio (v. acciaio). Le leghe col rame hanno la particolarità che la maggior parte delle loro proprietà (durezza, dilatazione, ecc.) si possono calcolare con la regola del miscuglio. È facile preparare così leghe aventi un determinato coefficiente di dilatazione, e ciò ha molta importanza per la tecnica delle saldature vetro-metallo. Le leghe col cromo all'80% di tungsteno sono durissime e possono sostituire il diamante nelle filiere.

Il tungstato sodico trova impiego nell'industria tessile: le stoffe che ne sono impregnate bruciano senza fiamma.

Riconoscimento e dosaggio. - Dalle soluzioni dei composti di tungsteno, per aggiunta di acidi minerali (ad eccezione del fluoridrico e dell'ortofosforico) precipita l'idrato WO3•H2O, di colore giallo caratteristico, solubile negli alcali. Per il dosaggio si precipita l'idrato insolubile e si pesa come anidride tungstica (WO3) dopo calcinazione.

Bibl.: J. W. Mellor, Treatise on inorganic chemistry, Londra 1931; Ch. Pascal, Traité de chimie minérale, Parigi 1933.

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