tunnel carpale, sindrome del
La più frequente delle neuropatie focali dell’arto superiore; determinata da intrappolamento o infiammazione del nervo mediano nel canale del carpo a livello del polso costituisce circa il 90% di tutte le neuropatie da intrappolamento. La sindrome del t. c. ha la massima incidenza tra la quinta e la sesta decade della vita ed è due volte più frequente nelle donne rispetto agli uomini. Sebbene la sintomatologia sia stata individuata fin dai primi anni del Novecento, è solo nel 1950 che George S. Phalen descrisse compiutamente le caratteristiche della sindrome, divenuta nel tempo una delle cause più frequenti di valutazione medica, specialmente nei lavoratori dell’industria.
Il canale del carpo, attraverso il quale il nervo mediano si porta dall’avambraccio nel palmo della mano, è una struttura anatomica costituita su tre lati dalle ossa del metacarpo e sul lato superiore dal legamento trasverso del carpo. Insieme al nervo mediano lo attraversano i tendini dei muscoli flessori delle dita e della mano. Una riduzione di spazio, l’aumento di volume delle strutture, o entrambe le cause possono determinare la compressione del nervo. Le cause più frequenti sono i traumi, la gravidanza, i mielomi, l’amiloidosi, l’artrite reumatoide, l’acromegalia, le malattie metaboliche (diabete, insufficienza renale, mucopolisaccaridosi), l’ipotiroidismo, l’obesità e la menopausa. Tuttavia, ca. il 50% dei casi di sindrome del t. c. non ha una eziologia riconoscibile ed è da considerarsi di natura idiopatica. L’incidenza della sindrome nei lavoratori dell’industria, che devono usare le mani in movimenti di flessoestensione del polso o che adoperano strumenti vibranti, è stata descritta più volte come significativamente aumentata rispetto alla popolazione di controllo. Tuttavia, il rapporto tra attività lavorativa e insorgenza della sindrome del t. c. è ancora controverso. È verosimile che il più alto fattore di rischio consista in una predisposizione genetica rappresentata da condizioni strutturali e biologiche, ciononostante l’attività lavorativa può rappresentare l’elemento favorente l’insorgenza della sintomatologia. L’esatto meccanismo che determina la sofferenza del nervo mediano non è ancora noto. Le teorie più accreditate sono due. La prima sostiene che il danno del nervo sia una diretta conseguenza della compressione che si realizza nell’uso eccessivo della mano, nelle prolungate posture in estensione o nelle ripetute flessoestensioni del polso. La seconda teoria sostiene che la compressione determina una riduzione del microcircolo nel nervo mediano, con carenza di ossigeno e fattori nutritivi, e conseguente alterazione funzionale.
La quasi totalità dei pazienti ha un esordio sintomatologico sfumato, abitualmente notturno, con sensazione di formicolio o addormentamento (parestesie) nelle prime tre dita della mano. L’insorgenza notturna è favorita dalla posizione prolungata in flessione o estensione del polso. Non è infrequente che le parestesie sembrino interessare l’intera mano, tuttavia un’accurata valutazione rivela abitualmente l’indennità del V dito, che è innervato dal nervo ulnare. Con il tempo si manifesta anche una sensazione dolorosa che talora sveglia il paziente e lo costringe a scuotere la mano per lenire il dolore, che si può irradiare anche all’avambraccio o alla spalla, raramente è presente esclusivamente alla spalla e questa presentazione dei sintomi può essere fonte di errore e di ritardo nella diagnosi. La sensazione di impaccio motorio e di debolezza nei movimenti che prevedono la presa con il pollice e una delle altre dita si manifesta più raramente e con l’evoluzione cronica della sindrome. La valutazione clinica consente di rilevare una ridotta sensibilità tattile e dolorifica nel territorio di distribuzione del nervo mediano nella mano (in partic., II, III e metà laterale del IV dito) e, nei casi più avanzati, l’ipotrofia dei muscoli dell’eminenza tenare. Si può osservare riduzione della forza nei movimenti di abduzione del pollice e in quelli di prensione con le dita. Vengono utilizzate alcune manovre cliniche (test di Tinel, di Phalen e di Durkan) per rafforzare l’ipotesi diagnostica. Il test di Tinel consiste nel colpire leggermente la regione del carpo in corrispondenza del nervo: la comparsa di sensazione di scossa elettrica che si propaga nel palmo fino alle dita è considerata positiva. Nel test di Phalen il polso viene tenuto flesso sull’avambraccio: la comparsa di parestesie, che riproducono la sintomatologia lamentata dal paziente, entro un minuto è ritenuta positiva. Nel test di Durkan la compressione del palmo che provoca sintomi parestesici entro 30 s è considerata significativa. La progressione della sintomatologia, piuttosto stereotipata nella maggioranza dei pazienti, ha consentito lo sviluppo di una scala clinica della sindrome del t. c.: 1, parestesie solo notturne; 2, parestesie notturne e diurne; 3, evidenza di deficit sensitivi; 4, ipotrofia e ipostenia dei muscoli dell’eminenza tenare; 5, paralisi dei muscoli dell’eminenza tenare. La diagnosi va confermata con lo studio elettrofisiologico della conduzione nervosa: la conduzione del nervo mediano deve essere valutata nei segmenti distali e prossimali dell’arto e confrontata con quella degli altri nervi del braccio. Sono state descritte numerose tecniche, ma sostanzialmente un rallentamento distale nel nervo mediano, selettivo o sproporzionato rispetto agli altri nervi, è considerato diagnostico. Più recentemente è stata utilizzata anche la visualizzazione del nervo nel suo passaggio attraverso il carpo mediante ultrasuoni (ecografia). La metodica è semplice e non invasiva, ma non è in grado attualmente di sostituire lo studio elettrodiagnostico. È stato dimostrato che nella maggioranza dei pazienti la sintomatologia può regredire spontaneamente negli anni, mentre in un terzo dei casi può verificarsi un peggioramento. Pertanto, l’approccio terapeutico deve essere prudente e può limitarsi nei casi lievi e moderati all’uso temporaneo di farmaci antinfiammatori, alla modifica di alcune abitudini professionali e all’uso notturno di ortesi che bloccano il polso. Nei casi più severi può essere considerato l’intervento chirurgico con incisione del legamento trasverso del carpo. L’intervento può essere eseguito tradizionalmente con apertura del campo operatorio o mediante endoscopia.