Turbolenza
di Angelo Vulpiani
SOMMARIO: 1. Introduzione. ▭ 2. Transizione alla turbolenza. ▭ 3. Turbolenza sviluppata: a) meccanica statistica dei fluidi perfetti; b) fatti sperimentali significativi e problema della chiusura. ▭ 4. Teoria statistica della turbolenza sviluppata: a) teoria di Kolmogorov; b) un raffinamento della teoria di Kolmogorov: il modello multifrattale; c) turbolenza bidimensionale. ▭ 5. Studi numerici: a) simulazioni dirette; b) sistemi dinamici in turbolenza. ▭ Bibliografia.
1. Introduzione.
Nel comportamento dei fluidi si possono avere due tipi di regimi: moto laminare, regolare e prevedibile, e moto turbolento, irregolare e imprevedibile. In tempi recenti il termine 'turbolenza' è stato usato anche, in un contesto più vasto, per indicare il moto caotico riscontrabile in sistemi dinamici deterministici dissipativi, con un attrattore strano nello spazio delle fasi; si parla quindi di turbolenza anche in chimica, in ottica, ecc. (v. Bergé e altri, 1984). L'evoluzione di un fluido incompressibile, contenuto in un recipiente e soggetto all'azione di una forza esterna, è descritta dalle equazioni di Navier-Stokes:
dove v(x,t) è il campo di velocità nel punto x al tempo t, p(x,t) la pressione - ricavabile dalle condizioni di incompressibilità -, F(x,t) la forza esterna agente sull'unità di massa, ρ la densità del fluido e ν la sua viscosità cinematica, pari al rapporto tra il coefficiente di viscosità e la densità. L'equazione (1) è sostanzialmente la seconda legge della dinamica applicata a un mezzo continuo in presenza di un attrito interno e può essere ottenuta con considerazioni euristiche (v. Doering e Gibbon, 2001). È tuttavia possibile ricavare sistematicamente la (1) partendo dall'equazione di Boltzmann, valida al livello mesoscopico. L'approssimazione di fluido incompressibile è fisicamente valida se le velocità in gioco sono piccole rispetto alla velocità del suono: ciò accade effettivamente per i fluidi più comuni, come l'acqua e l'aria, che possono quasi sempre essere considerati incompressibili.
Indicando con V e L rispettivamente la velocità e la dimensione lineare caratteristiche del sistema e fissata la geometria del recipiente, l'unico parametro rilevante è il numero di Reynolds: Re = VL/ν, che esprime il rapporto tra il valore tipico del termine non lineare (v • ∇)v, di ordine V2/L, e del termine lineare νΔv, di ordine νV/L2. Per piccoli valori di Re il campo di velocità ha un comportamento regolare (moto laminare); per valori di Re dell'ordine di 100 si osserva un moto con strutture spazialmente ben organizzate ma con un'evoluzione caotica nel tempo. All'aumentare di Re le strutture spaziali diventano sempre più complesse su scale sempre più piccole (turbolenza 'sviluppata' o 'completamente sviluppata'; v. fig. 1). Un esempio familiare di turbolenza è dato dal comportamento del getto d'acqua che esce da un rubinetto; in questo caso la viscosità e le dimensioni del rubinetto sono fissate e quindi il numero di Reynolds è proporzionale alla portata. Aprendo poco il rubinetto l'acqua scende in modo regolare e la forma del filetto fluido rimane inalterata nel tempo (moto laminare); aumentando la portata si osserva un cambiamento qualitativo del moto, che non è più regolare, ma complicato e in continuo cambiamento. La forma del filetto fluido non si mantiene costante, ma cambia continuamente con variazioni irregolari; in generale i particolari del comportamento del fluido al variare di Re dipendono dai dettagli della geometria.
Nel campo della turbolenza si studiano principalmente due categorie di problemi: a) la transizione dal moto laminare al comportamento caotico (innesco della turbolenza o transizione alla turbolenza o al caos); per valori di Re non troppo grandi le strutture spaziali sono ben organizzate, i gradi di libertà coinvolti sono pochi e si ha il solo caos temporale; b) per valori di Re molto grandi i gradi di libertà coinvolti sono molti e si ha un comportamento irregolare nello spazio oltre che nel tempo (turbolenza sviluppata).
Prima di analizzare le due tematiche sopra citate, discutiamo brevemente i principali risultati matematici relativi all'equazione di Navier-Stokes (v. Doering e Gibbon, 2001). Cominciamo con il caso limite dell'equazione di Eulero, cioè l'equazione relativa a un fluido in assenza di viscosità e di forze esterne (ν = 0,F = 0). In due dimensioni spaziali è stata dimostrata l'esistenza e la regolarità delle soluzioni per ogni istante di tempo nel caso di un dominio limitato (recipiente di taglia finita) o di condizioni periodiche al bordo. Tale risultato è sostanzialmente una conseguenza del fatto che in due dimensioni la vorticità ω = rot v è conservata per ogni elemento di fluido in quanto la direzione è fissata e il modulo ω = |ω| evolve secondo l'equazione:
In tre dimensioni l'equazione per ω è della forma
la presenza del termine (ω • ∇)v non consente di dimostrare l'esistenza e la regolarità della soluzione per tutti i tempi, ma solo per t 〈 t* ~ 1/supx|ω(x,0)|. È ancora aperto il problema dell'esistenza di singolarità nelle soluzioni a tempi finiti.
Per quanto riguarda l'equazione di Navier-Stokes in due dimensioni, si ha esistenza e regolarità delle soluzioni a tutti i tempi per qualunque valore del numero di Reynolds. Al contrario, in tre dimensioni il problema non è ancora del tutto risolto; infatti l'esistenza e la regolarità delle soluzioni sono state dimostrate per: a) tutti i tempi se Re è sufficientemente piccolo; b) tempi finiti se Re è arbitrario; c) tutti i tempi se il termine dissipativo νΔv nell'equazione di Navier-Stokes è sostituito con -ν(-Δ)αv con α ≥ 5/4.
2. Transizione alla turbolenza.
In generale, il parametro di controllo r, al variare del quale si passa da un comportamento regolare a uno via via più irregolare, fino alla turbolenza sviluppata, dipende dal problema specifico. Nel caso considerato sin qui, quello di un fluido incompressibile, r è il numero di Reynolds. In altre situazioni il parametro di controllo è diverso: per esempio, nel moto convettivo di un fluido riscaldato dal basso tra due piani orizzontali (convezione di Rayleigh-Bénard) r è il numero di Rayleigh, proporzionale alla differenza della temperatura tra i due piani. Nel seguito sono descritti i principali meccanismi per l'innesco della turbolenza nei fluidi.
Nello schema proposto da Lev Landau e Eberhardt Hopf il comportamento caotico è il risultato della sovrapposizione di un certo numero (crescente con r) di oscillazioni regolari di frequenza diversa, in rapporti non razionali. David Ruelle e Floris Takens hanno dimostrato che lo scenario di Landau e Hopf non può essere valido al di là della transizione da due a tre frequenze, in quanto la transizione da tre a quattro frequenze non è strutturalmente stabile, cioè non può avvenire nel caso di un sistema generico.
Consideriamo infatti un'equazione differenziale,
e un'equazione differenziale leggermente modificata,
dove fr(x) è vicina a fr(x), nel senso che fr(x) = fr(x) + δ fr(x) e δ fr(x) è una quantità piccola. Ruelle e Takens hanno mostrato che, anche se l'equazione (2a) mostra una transizione al caos attraverso il meccanismo di Landau e Hopf, questo stesso meccanismo non ha luogo nella (2b) eccetto che per particolarissime scelte di δ fr(x). Questo risultato, lungi dall'essere un astratto dettaglio tecnico, è di grande importanza a livello concettuale ed è stato il primo esempio di applicazione a fenomeni naturali della moderna teoria dei sistemi dinamici dissipativi caotici. Non potendo infatti conoscere con infinita precisione le vere equazioni di evoluzione di un fenomeno, non è sensato ritenere responsabile del fenomeno un meccanismo che in genere scompare appena queste leggi del moto vengono cambiate di pochissimo.
Nello scenario di Ruelle e Takens rimangono solo i primi tre passaggi della teoria di Landau e Hopf (transizione da punto fisso a ciclo limite per r = r1, da ciclo limite a traiettoria con due frequenze per r = r2, da traiettoria con due frequenze a traiettoria con tre frequenze per r = r3) e si ipotizza per r 〉 r4 il passaggio da una traiettoria con tre frequenze a un attrattore strano, cioè con forte dipendenza dalle condizioni iniziali. Bisogna sottolineare che mentre lo scenario di Landau e Hopf richiede un grande numero di gradi di libertà, quello di Ruelle e Takens può generare il caos anche con un'equazione differenziale con tre soli gradi di libertà.
Nel meccanismo proposto da Mitchell Feigenbaum si ha una successione di transizioni di raddoppio del periodo a valori r1,r2,…,rn,… e per valori di r leggermente superiori a rc = limn→∞rn si ha caos. La successione r1,r2,…,rn,… ha la notevole proprietà seguente:
e il valore di δ non dipende dai dettagli della dinamica. Come conseguenza il diagramma di biforcazione della mappa ha una struttura autosimilare ad albero con un raddoppio del numero di rami a ognuno dei valori rn assunti da r. Questo accade per ogni mappa unidimensionale della forma
in cui la funzione gr(x) ha un solo massimo di tipo quadratico (cioè può essere approssimata con una parabola intorno al suo massimo). L'esistenza, per una vasta classe di leggi di evoluzione, di un meccanismo universale di transizione al caos, indipendente dalla forma dettagliata della funzione gr(x), è particolarmente rilevante per le sue analogie con le transizioni di fase.
Un quarto scenario per la transizione al caos, introdotto da Yves Pomeau e Paul Manneville, nasce dall'osservazione di un particolare comportamento, detto intermittente, presente in alcuni fenomeni in chimica e fluidodinamica. Per valori del parametro di controllo r leggermente superiori a un valore critico rc, l'evoluzione di un sistema intermittente è regolare per lunghi intervalli di tempo, ed è interrotta da brevi intervalli di comportamento irregolare. Il meccanismo proposto per questo tipo di transizione al caos è il seguente: per r 〈 rc si ha un comportamento regolare, mentre per r = rc + ε, con ε piccolo e positivo, il comportamento del sistema sarà regolare per un lungo intervallo di tempo, poi si avrà una fase 'turbolenta' e di nuovo un altro lungo intervallo regolare che non sarà, in genere, della stessa durata del precedente. La durata media della fase laminare cresce al diminuire di ε ed è proporzionale a 1/√ε. Un esempio è fornito dalla successione xt generata dalla mappa (3), in cui il grafico di gr(x) per r 〈 rc interseca la bisettrice del primo quadrante in un punto fisso stabile e uno instabile, per r = rc è tangente alla bisettrice del primo quadrante, mentre per r 〉 rc la sua distanza minima dalla bisettrice è di ordine r - rc.
Ricapitolando: a) secondo lo scenario di Landau-Hopf, per r = r1,r2,…,rn,rn+1,… (con rn crescenti e non limitati) si hanno le transizioni: punto fisso → soluzione periodica con una frequenza → soluzione periodica con 2 frequenze → … → soluzione periodica con n frequenze → soluzione periodica con n + 1 frequenze → …; b) secondo lo scenario di Ruelle-Takens, per r = r1,r2,r3,r4 si hanno le transizioni: punto fisso → soluzione periodica con una frequenza → soluzione periodica con 2 frequenze → soluzione periodica con 3 frequenze → attrattore strano (soluzione aperiodica); c) secondo lo scenario di Feigenbaum, per r = r1,r2,…,rn,rn+1,… con rn crescenti e limn→∞rn = rc, si hanno le transizioni: punto fisso → soluzione periodica con periodo 2 → soluzione periodica con periodo 4 → …. soluzione periodica con periodo 2n → soluzione periodica con periodo 2n+1 … → caos (per r 〉 rc = limn→∞rn); d) secondo Pomeau-Manneville, si ha un solo valore critico rc nel quale avviene la transizione punto fisso → soluzione aperiodica intermittente.
Gli scenari b), c) e d) sono i soli possibili meccanismi generici attraverso i quali un ciclo limite perde stabilità: essi sono stati osservati sia in simulazioni numeriche che in esperimenti di laboratorio (v. Bergé e altri, 1984) e si riscontrano nell'instabilità nei laser, nella convezione di Rayleigh-Bénard, nel moto di Couette generato in un fluido contenuto tra due cilindri rotanti in direzioni opposte intorno al loro asse comune. Lo spettro di potenza S(f) calcolato a partire da un segnale v(t) con 0 〈 t 〈 T, per esempio la velocità o la temperatura misurate in un punto,
permette di capire quali meccanismi di transizione al caos siano operanti. Se, in accordo con Landau e Hopf, v(t) fosse descritta dalla sovrapposizione di un termine costante e termini sinusoidali, cioè
ove Ak(r) = 0 per r 〈 rk, allora S(f), nell'intervallo r1 〈 r 〈 r2 mostrerebbe un solo picco in corrispondenza della frequenza f1, nell'intervallo r2 〈 r 〈 r3 due righe in corrispondenza di f1 e f2, ecc. Quindi, se lo scenario di Landau e Hopf fornisse un'adeguata descrizione, S(f) dovrebbe essere costituito da sole righe sempre più numerose al crescere di r. Si è invece osservato che, per r maggiore di un certo valore critico rc, lo spettro di potenza ha anche una componente continua, come previsto negli altri tre scenari. Il meccanismo di transizione alla turbolenza non è unico, bensì dipende dal particolare sistema in esame. Lo scenario di Ruelle-Takens è stato osservato nella convezione di Rayleigh-Bénard, per fluidi con alti numeri di Prandtl, e nel moto di Couette. Lo scenario di Feigenbaum è stato osservato nei laser, nella reazione chimica di Belousov-Žabotinsky, per alcuni valori delle concentrazioni, e nella convezione di Rayleigh-Bénard, in fluidi con piccoli numeri di Prandtl (ad esempio nel mercurio). Lo scenario di Pomeau-Manneville si manifesta ancora nella reazione di Belousov-Žabotinsky, per altri valori delle concentrazioni, e nella convezione di Rayleigh-Bénard, in particolari situazioni. Anche se il meccanismo di transizione al caos non è universale, il numero degli scenari non è molto alto. È chiaro, inoltre, che non si ha mai un meccanismo tipo Landau e Hopf, bensì si ha sempre un attrattore strano a bassa dimensionalità nel passaggio dall'ordine al caos.
3. Turbolenza sviluppata.
Il problema della turbolenza sviluppata, che si presenta ad alti numeri di Reynolds, è di grande importanza applicativa (meteorologia, ingegneria aereonautica, ecc.) e ha un ruolo centrale anche nella fisica teorica, in connessione con lo studio dei fenomeni che presentano invarianza nei cambiamenti di scala. La comprensione della turbolenza sviluppata può essere considerata l'ultima grande sfida della fisica classica (v. Frisch, 1995).
A causa dell'elevato numero di gradi di libertà coinvolti e della forte dipendenza dalle condizioni iniziali tipica dei sistemi caotici, per descrivere i sistemi in regime di turbolenza sviluppata è necessario rinunciare a una descrizione dettagliata del campo di velocità (determinata, in linea di principio, dalle condizioni iniziali e dalle condizioni al contorno) e costruire una teoria statistica: il campo di velocità diventa allora una variabile stocastica e si possono quindi ottenere al più previsioni probabilistiche, che diventano esatte facendo medie temporali su intervalli abbastanza lunghi.
Il caso teoricamente più semplice è quello di un fluido incompressibile, omogeneo, isotropo e in uno stato statisticamente stazionario, in modo che le medie spaziali e temporali coincidano con le medie prese su un insieme di copie ideali del sistema fisico a parità dei parametri esterni, quali il numero di Reynolds e le condizioni al contorno.
a) Meccanica statistica dei fluidi perfetti.
Nel caso del fluido perfetto (ν = 0) e in assenza di forze esterne è possibile costruire una meccanica statistica, in modo del tutto analogo al caso dei sistemi hamiltoniani (v. Bohr e altri, 1998). Se si sviluppa in serie di Fourier il campo di velocità in un cubo di lato L e si impongono le condizioni al bordo, si può scrivere v(x) =
dove d è la dimensione spaziale. Inserendo questa espressione nell'equazione di Navier-Stokes e ponendo u(k) = 0 per k 〉 Kmax, si ottiene un insieme di equazioni differenziali ordinarie. Nel limite non viscoso (cioè ν = 0) e in assenza di forze esterne, tali equazioni sono della forma
dove N è il numero totale dei gradi di libertà e le variabili {Ya} sono un sottoinsieme delle {uk)} (bisogna infatti tener conto delle condizioni di realtà e dell'incompressibilità) e i coefficienti Aabc hanno le proprietà Aabc = Aacb e Aabc + Abca + Acab = 0.
Come conseguenza della conservazione dell'energia si ha
costante; vale inoltre il teorema di Liouville, cioè la conservazione del volume nello spazio delle fasi, poiché
Sono presenti, quindi, tutte le condizioni per la costruzione di una meccanica statistica di equilibrio.
Assumendo, in modo del tutto analogo a quanto viene fatto nell'usuale meccanica statistica classica per i sistemi hamiltoniani, una distribuzione di probabilità uniforme (misura microcanonica) sulla superficie a energia costante
costante, per grandi N è facile ottenere la distribuzione di probabilità delle Ya,
e l'equipartizione dell'energia, 〈 Ya2 〉 = 2E/N.
In due dimensioni oltre all'energia è presente un'altra quantità conservata, la 'enstrofia', 1/2 ∫ |ω(x,t)|2dx = costante. Assumendo la misura microcanonica sull'ipersuperficie individuata da
costante, e da
costante, per grandi N si ottiene
e quindi 〈 Ya2 〉 = β1/(1 + β2ka2), dove β1 e β2 sono determinate dai valori di E e Ω.
Purtroppo il limite ν → 0 (formalmente equivalente a Re → ∞) è singolare e la statistica della turbolenza sviluppata non ha nessuna relazione con quella ottenuta per un fluido perfetto. In turbolenza sviluppata per avere uno stato statisticamente stazionario è necessario introdurre una forzante esterna che bilanci, in media, la dissipazione dell'energia dovuta al termine νΔv. In questo caso, quindi, la turbolenza è un regime dissipativo per il quale la meccanica statistica di equilibrio non ha un'ovvia validità.
b) Fatti sperimentali significativi e problema della chiusura.
Vediamo ora qualche risultato sperimentale rilevante. Le componenti del campo di velocità in un punto fissato, misurate per esempio con un anemometro a filo caldo, hanno distribuzione di probabilità approssimativamente gaussiana. Tuttavia, studiando quantità che coinvolgono più punti si ha un quadro decisamente più complesso. La quantità più semplice da studiare è la differenza di velocità fra due punti δv(x,r) = v(x + r) - v(x). Tipicamente viene studiata la componente longitudinale: scegliendo r = (l,0,0) si ha δvL(l) = v1(x + r) - v1(x).
Per grandi valori di l la distribuzione di probabilità di δvL(l) è con buona approssimazione gaussiana, mentre per piccoli valori di l la distribuzione è maggiore della gaussiana per grandi valori di |δvL(l)| e per δvL(l) intorno allo zero (v. fig. 2). Questo tipo di distribuzione è quello tipico dei sistemi intermittenti, nei quali il segnale di δvL(l) in funzione del tempo mostra un'alternanza di lunghi intervalli con δvL(l) ~ 0 e brevi, intense fluttuazioni (le code della distribuzione di probabilità). Una misura quantitativa del 'grado di intermittenza' è data dalla quantità K(l) = 〈 δvL(l)4 〉 / 〈 δvL(l)2 〉2 (per variabili gaussiane K = 3). In turbolenza sviluppata ad alti numeri di Reynolds e piccoli l si ha K ≃ 4.
In una descrizione statistica della turbolenza, derivata da principî primi, si devono considerare le equazioni di evoluzione per le medie a uno e a più punti affrontando il problema della chiusura, che nasce dalla natura non lineare delle equazioni di Navier-Stokes. Indicando, per semplicità di notazione, con vv i termini non lineari e con - v quelli lineari, l'equazione di Navier-Stokes è della forma:
Per una descrizione statistica completa si devono conoscere le evoluzioni temporali di 〈 v 〉, 〈 vv 〉, 〈 vvv 〉, … ove 〈 vv 〉 e 〈 vvv 〉 indicano una generica correlazione di ordine 2 e 3 rispettivamente.
L'equazione per l'evoluzione di 〈 v 〉 è della forma:
che contiene le correlazioni 〈 vv 〉 di ordine due. Per queste quantità si ha:
A questo punto, scrivendo l'equazione per 〈 vvv 〉 compariranno termini del tipo 〈 vvvv 〉 e così via. A qualunque livello ci si trovi il numero di variabili supera sempre di un'unità il numero delle equazioni. Questo problema è comune a tutte le descrizioni statistiche di sistemi non lineari; ad esempio, un analogo problema di gerarchia aperta si ha nella teoria cinetica dei gas (gerarchia di BBGKY). Non è possibile un trattamento esatto ed è necessario procedere con approssimazioni sul momento di un certo ordine in modo da chiudere la catena di equazioni. Nella più semplice delle approssimazioni (quella quasi gaussiana) si trascurano i cumulanti di ordine superiore al quarto e si assume che i momenti di quarto ordine seguano le stesse leggi delle variabili gaussiane:
dove la somma contiene tre termini. Inserendo la (4) nell'equazione per 〈 vvv 〉 la gerarchia si chiude. Purtroppo i risultati sono deludenti: ad esempio si trova un'energia cinetica negativa, cosa fisicamente assurda. Il fallimento di questo tipo di approccio (che dà risultati soddisfacenti nella teoria cinetica dei gas) è dovuto alla natura altamente non gaussiana e intermittente della turbolenza sviluppata.
Per ottenere risultati fisicamente ragionevoli è necessario introdurre un'approssimazione che tenga conto del fatto che i meccanismi di rilassamento e trasferimento di energia sono principalmente dovuti a effetti non lineari. Questo tipo di considerazioni, che risalgono addirittura a Ludwig Prandtl (intorno al 1920), ha portato a varie tecniche di chiusura (ad esempio la eddy damped quasi-normal Markovian approximation). Si ottengono buoni risultati che però, da un punto di vista concettuale, non sono del tutto soddisfacenti in quanto vi sono alcuni parametri liberi che vengono fissati a posteriori. Approcci più ambiziosi, basati su tecniche di teoria dei campi, primo fra tutti il pionieristico lavoro di Robert H. Kraichnan (v., 1959), non hanno finora portato a risultati fisicamente rilevanti, a parte alcuni casi limite (come quello dei sistemi con dimensioni o numero di componenti infinite).
4. Teoria statistica della turbolenza sviluppata.
Il problema della turbolenza è estremamente difficile da affrontare partendo da principî primi e bisogna limitarsi a chiudere il sistema di equazioni con argomenti di tipo euristico. Semplici considerazioni qualitative permettono tuttavia di ricavare precisi aspetti della statistica a piccola scala. Tali deduzioni sono supportate dai dati sperimentali e da alcuni risultati esatti ottenuti per le equazioni di Navier-Stokes.
Lewis F. Richardson, nel 1922, ipotizzò il passaggio dell'energia dalle grandi scale verso le piccole scale attraverso un meccanismo che prende il nome di 'cascata dell'energia'. Poiché il termine lineare νΔv non può essere molto efficiente a grande scala, è naturale assumere un trasferimento di energia, dovuto al termine non lineare delle equazioni di Navier-Stokes, dalle strutture vorticose sulla scala L, caratteristica del sistema, che assorbono l'energia dalla forzante esterna, alle strutture su scale via via più piccole. Il trasferimento a cascata cessa e l'energia viene dissipata in calore a una scala caratteristica (detta 'lunghezza di Kolmogorov') nella quale il termine lineare viscoso delle equazioni di Navier-Stokes domina la dinamica (v. Frisch, 1995). Tale meccanismo a cascata viene introdotto sulla base di argomenti fenomenologici e, pur sostenuto da simulazioni numeriche, non è stato finora derivato dalle equazioni di Navier-Stokes. Comunque, l'ipotesi della cascata permette di avere un'intuizione circa i meccanismi fondamentali che avvengono in un fluido turbolento ed è compatibile con l'invarianza di scala che appare nelle equazioni di Navier-Stokes quando il numero di Reynolds è molto grande. In questo caso, corrispondente al limite di viscosità tendente a zero, le equazioni risultano invarianti sotto opportune dilatazioni delle lunghezze, del tempo e della velocità:
con λ reale positivo.
L'esponente h che appare nella (5) non può però essere determinato da considerazioni di simmetria. Ci si aspetta che, nei fluidi incompressibili, le proprietà statistiche della turbolenza alle piccole scale di lunghezza seguano leggi di scala universali, indipendenti, cioè, dalle condizioni al contorno, dal tipo di fluido considerato o dal modo di iniettare l'energia a grandi scale, e che gli esponenti di queste leggi di scala possano essere ottenuti sulla base dell'ipotesi della cascata di energia.
a) Teoria di Kolmogorov.
Andrej N. Kolmogorov (v., 1941) ha proposto un approccio alla turbolenza sviluppata basato su un'ipotesi di invarianza di scala globale, dove si suppone che, nel processo a cascata, il tasso di trasferimento dell'energia non dipenda dalla scala di lunghezza l, in un intervallo [lD,L] (detto intervallo inerziale), e che la densità di energia dissipata nell'unità di tempo, ε(x), sia uniforme nello spazio. Partendo da una intuizione di Richardson, Kolmogorov ha ipotizzato che ad alti numeri di Reynolds: a) la turbolenza sia omogenea e isotropa a piccola scala; b) a piccola scala le proprietà statistiche dipendano solo da ν e ε; c) nell'intervallo inerziale ν non giochi alcun ruolo.
A partire da queste tre ipotesi è facile, con l'ausilio dell'analisi dimensionale, ricavare l'andamento dei momenti di δvL(l) al variare di l nell'intervallo inerziale. Dall'ipotesi b) si ha che le uniche lunghezze e velocità caratteristiche del problema sono
dove lD e vk rappresentano fisicamente la lunghezza alla quale gli effetti viscosi diventano dominanti rispetto a quelli non lineari e la tipica differenza di velocità associata a strutture vorticose di scala lD. A questo punto per l 〈 〈 L si può ottenere l'andamento delle funzioni di struttura:
dove le funzioni fp(l/lD) sono funzioni universali. Nell'intervallo inerziale, cioè lD 〈 〈 l 〈 〈 L, le fp(l/lD) possono essere stimate utilizzando l'ipotesi c), secondo la quale nelle funzioni di struttura 〈 |δvL(l)|p 〉 la quantità ν non deve apparire. Si ottiene:
Nel caso p = 2 questo andamento è equivalente alla 'legge dei 5/3',
dove E(k) è lo spettro di energia; E(k)dk è il contributo all'energia cinetica per unità di volume dovuto alle armoniche u(k) con vettore d'onda compreso tra k e k + dk.
Si osservi che la teoria di Kolmogorov equivale ad assumere come unico possibile valore h = 1/3; con questo valore di h la densità di energia dissipata ε rimane costante sotto la trasformazione (5). Sostanzialmente si assume la validità di un'invarianza di scala globale corrispondente a una dissipazione uniforme dell'energia.
La teoria di Kolmogorov ha inoltre un solido fondamento in una relazione esatta ricavata (da Kolmogorov stesso) dalle equazioni di Navier-Stokes,
che suggerisce come molto plausibile h = 1/3.
È da notare che il momento terzo di δvL è negativo, mentre se la distribuzione fosse gaussiana sarebbe nullo. Questo risultato, valido in tre dimensioni, comporta un incremento di 〈 ω2 〉 per effetto dei termini non lineari delle equazioni di Navier-Stokes ed è responsabile del passaggio dell'energia dalle grandi scale verso le piccole scale.
b) Un raffinamento della teoria di Kolmogorov: il modello multifrattale.
La correttezza della teoria di Kolmogorov (per p ≠ 3) può essere verificata sperimentalmente studiando l'andamento delle funzioni di struttura (cioè i momenti delle differenze di velocità di vari ordini) al variare di l:
Per semplicità di notazione, in seguito indicheremo con δv(l) le differenze di velocità a scala l senza preoccuparci della natura vettoriale del campo di velocità. L'invarianza di scala globale implica, come visto in precedenza, ζp = p/3; i dati sperimentali mostrano, al contrario, netti scostamenti da questa predizione, e inoltre ζp sembra non dipendere linearmente da p (v. Frisch, 1995). La rottura dell'invarianza di scala globale diventa particolarmente evidente se si osservano gli effetti dovuti alle fluttuazioni della dissipazione dell'energia ε(x). Le simulazioni numeriche mostrano che, al contrario di quanto ipotizzato originariamente da Kolmogorov, l'energia viene dissipata su strutture filiformi di tipo frattale e quindi ε(x) non è distribuita in modo uniforme (v. fig. 3).
Lo stesso Kolmogorov (v., 1962), in seguito a un'acuta osservazione di Landau (prima ancora che fosse disponibile una chiara evidenza sperimentale o numerica), si rese conto della necessità di perfezionare la sua teoria originale del 1941, ritoccando le sue ipotesi e assumendo che ε(x) corrispondesse a un opportuno processo stocastico. Le idee di Kolmogorov sono state riprese da E. A. Novikov e R. W. Stewart (v., 1964) e in tempi più recenti da Benoit B. Mandelbrot (v., 1974) in termini di geometria frattale. Nell'ipotesi più semplice si assume che ε(x) sia distribuita uniformemente su una struttura frattale di dimensione frattale DF inferiore a tre (dai dati sperimentali viene stimato DF ≃ 2,8). Si assume che
cioè h = 1, se x non appartiene al frattale, mentre h = (DF - 2)/3 se x appartiene al frattale. Poiché solo una frazione l3-DF del fluido è 'attiva' su scala l, per le funzioni di struttura, si ha
Questo risultato non dà ancora piena ragione dei dati sperimentali dai quali risulta che ζp è una funzione non lineare di p. Di conseguenza, anche l'ipotesi di omogeneità della dissipazione di energia all'interno della struttura frattale deve essere abbandonata e si deve ipotizzare un'invarianza di scala solo locale, ammettendo che l'esponente h possa variare all'interno di uno spettro continuo di valori, caratterizzati da una distribuzione di probabilità Pl(h) dipendente dalla risoluzione spaziale l.
In questo quadro, proposto da Giorgio Parisi (v. Benzi e altri, 1984), l'insieme frattale sul quale è concentrata ε(x) può essere visto come un oggetto 'multifrattale', ovvero come l'unione di insiemi frattali omogenei S(h) sui quali il campo di velocità ha singolarità di tipo h,
per piccoli l (cioè nel range inerziale). Il sottoinsieme S(h) stesso è un frattale di dimensione D(h) ≤ DF. A questo punto, notando che la probabilità di selezionare nella scala l un punto x in S(h) (cioè con singolarità h) è data da Pl(h) ~ l3-D(h), è facile calcolare ζp in termini di D(h):
Nel limite di piccoli l si ottiene:
Questa relazione mostra che leggi di scala 'anomale' (non lineari in p) per i momenti delle differenze di velocità possono essere messe in relazione con un'ipotesi di invarianza di scala locale piuttosto che globale (v. fig. 4). Il valore ζp = p/3 della teoria di Kolmogorov corrisponde al caso limite in cui la dissipazione ha luogo su un insieme non frattale tridimensionale. Pur nella sua semplicità, il modello multifrattale è stato in grado di fornire previsioni quantitative dettagliate su molti aspetti della turbolenza (ad esempio la distribuzione di probabilità dei gradienti di velocità) che sono ben verificate sperimentalmente (v. Frisch, 1995; v. Bohr e altri, 1998). Si deve sottolineare che l'approccio sopra esposto rimane a un livello fenomenologico e non esiste ancora una teoria che derivi lo spettro multifrattale direttamente dalle equazioni di Navier-Stokes.
c) Turbolenza bidimensionale.
Lo studio della turbolenza nei fluidi in due dimensioni spaziali, oltre che da un punto di vista matematico, ha interesse anche per la comprensione di alcuni fenomeni che hanno luogo nell'atmosfera, negli oceani e nella magnetosfera. Poiché in due dimensioni, nel limite di fluido non viscoso, la vorticità di ogni particella di fluido è conservata, si ha 〈 ε 〉 → 0 quando Re → ∞ e quindi non si può avere una cascata di energia dalle grandi alle piccole scale. George K. Batchelor e Robert H. Kraichnan (v. Kraichnan e Montgomery, 1980) hanno congetturato l'esistenza di una cascata di enstrofia. Seguendo la linea di pensiero della teoria di Kolmogorov del 1941, si possono ottenere predizioni sulle funzioni di struttura e lo spettro di potenza nell'intervallo inerziale; ora però il ruolo di ε è svolto dalla dissipazione di enstrofia per unità di volume η,
La legge di scala (7) è esatta, e segue dalle proprietà di regolarità delle equazioni di Navier-Stokes bidimensionali, mentre la (8) è questionabile in quanto deriva da argomenti dimensionali che non sono del tutto sotto controllo. Simulazioni numeriche mostrano spettri più ripidi della predizione (8): E(k) ~ ka, con α compreso tra 3 e 5, il valore dipende dai 'dettagli' (ad esempio il tipo di condizioni iniziali e il modo di iniettare energia nel sistema).
Le funzioni di struttura interessanti (cioè con leggi di scala non banali) sono quelle degli incrementi di vorticità,
dove χp sono esponenti non lineari in p. È importante sottolineare che le leggi di scala (7) e (9) non caratterizzano in modo soddisfacente le proprietà statistiche della turbolenza bidimensionale. In un tipico campo turbolento in due dimensioni si ha la presenza di strutture spazialmente coerenti che sopravvivono per lunghi tempi e coesistono con un 'fondo' irregolare.
5. Studi numerici.
È facile rendersi conto che uno studio numerico delle equazioni di Navier-Stokes ad alto numero di Reynolds presenta notevoli difficoltà, in quanto si deve raggiungere una risoluzione spaziale almeno dell'ordine di lD e usare un passo di integrazione temporale più piccolo del tempo tipico a scala lD, cioè τk ~ lD/vk.
a) Simulazioni dirette.
Scrivendo la lunghezza di Kolmogorov in termini del numero di Reynolds si ha lD ~ LRe-3/4, quindi il numero di gradi di libertà da tenere in considerazione cresce come (L/lD)3 ~ Re9/4, mentre il passo di integrazione numerica deve essere proporzionale a
Pertanto il numero di operazioni necessarie per simulare un fluido turbolento in un dato intervallo temporale aumenta come Re11/4. Queste difficoltà pratiche piuttosto severe non permettono la simulazione diretta di fluidi tridimensionali in regime di turbolenza sviluppata. Ad esempio, nella più semplice delle geometrie (condizioni periodiche al bordo) per simulare un fluido con Re ~ 103 si devono prendere in considerazione circa 109 gradi di libertà. Nelle applicazioni di tipo ingegneristico e geofisico è quindi inevitabile l'uso di parametrizzazioni, ispirate dalla conoscenza della statistica a piccola scala, in modo da studiare, con ragionevole approssimazione, le grandi scale sulla base di modelli dati per quelle piccole.
In due dimensioni la situazione è più favorevole, in quanto lD ~ LRe1/2 e quindi il numero di gradi di libertà è 'solo' O(Re). Questo permette di effettuare, almeno in assenza di geometrie complicate, simulazioni dirette molto accurate senza dover ricorrere a parametrizzazioni delle piccole scale.
b) Sistemi dinamici in turbolenza.
Abbiamo visto come, nel caso si voglia un'accurata descrizione di un fluido turbolento, sia necessario uno studio numerico che coinvolga un elevatissimo numero di gradi di libertà. Tuttavia, se l'interesse è focalizzato solo su alcuni aspetti qualitativi (quali le leggi di scala e il meccanismo della cascata di energia) è possibile riprodurre in modo soddisfacente i principali comportamenti statistici utilizzando un insieme di equazioni alle derivate ordinarie con un numero limitato di gradi di libertà e impiegare quindi gli usuali metodi dei sistemi dinamici. L'idea è di scrivere l'equazione di Navier-Stokes nello spazio di Fourier e poi decimare le equazioni tenendo in considerazione soltanto N variabili complesse (u1,….,uN). La variabile un rappresenta la differenza di velocità su scala spaziale ~ kn-1, ove kn = k02n. Le equazioni differenziali per u = (u1,u2,….,uN) sono della forma
l'asterisco * indica il complesso coniugato, il contributo -ν kn2un proviene dal termine dissipativo delle equazioni di Navier-Stokes, fn è la forzante (a grande scala, cioè concentrata a piccoli valori di n), mentre Tn(u) proviene dai termini non lineari della (1):
Il sistema (10), detto shell model, ha lo stesso tipo di non linearità e le stesse simmetrie delle equazioni di Navier-Stokes in tre dimensioni; inoltre, nel caso limite ν = fn = 0 si hanno le stesse leggi di conservazione (e la conservazione del volume dello spazio delle fasi) dell'equazione di Eulero. Il numero di gradi di libertà N necessario per riprodurre la cascata di energia è ora (grazie alla scelta di un solo grado di libertà per i numeri d'onda tra k02n e k02n+1) relativamente piccolo: N ~ lnRe. Ciò permette di effettuare uno studio numerico dettagliato e di connettere le proprietà statistiche (leggi di scala, ecc.) con il comportamento nello spazio delle fasi (v. Bohr e altri, 1998).
Un altro caso nel quale è possibile studiare un fluido turbolento in termini di un sistema dinamico con (relativamente) pochi gradi di libertà è quando sono presenti strutture spazialmente coerenti, ad esempio in sistemi convettivi con numeri di Rayleigh relativamente bassi o in strati limite. L'idea è di scrivere il campo di velocità u(x,t in termini di un opportuno insieme di funzioni ϕn(x) ortonormali e complete considerando solo pochi termini, diciamo N, dello sviluppo:
Inserendo la (11) nell'equazione che descrive il fluido si ha un insieme di equazioni differenziali per a = (a1,a2,…,aN). La parte non banale del procedimento è la scelta delle ϕn(x): il modo più conveniente per minimizzare N, senza ricadere in una simulazione diretta standard, è quello di utilizzare funzioni che tengano conto dell'esistenza delle strutture coerenti. Questo purtroppo non può essere fatto tramite funzioni 'banali' (come serie trigonometriche o polinomi speciali): le ϕn(x) opportune sono autofunzioni di un operatore integrale il cui nucleo è dato dalla correlazione spaziale del campo di velocità e quindi determinabile solo con un'accurata analisi dei dati sperimentali. Questo tipo di approccio, pur elegante, è di difficile impiego, in quanto richiede il calcolo numerico delle ϕn(x) attraverso la risoluzione di equazioni integrali e l'uso di tecniche di chiusura per tener conto dei gradi di libertà trascurati (v. Holmes e altri, 1996).
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