TURCHIA
(Türkiye o Türkiye Cümhuriyeti "Repubblica turca"; A. T., 81, 88-89 e 91).
Sommario. Estensione e confini (p. 534); Condizioni fisiche (p. 534); Flora e vegetazione (p. 536); Fauna (p. 537); Popolazione (p. 537); Struttura economica (p. 538); Vie e mezzi di comunicazione (p. 541); Insediamento e città principali (p. 542). - Ordinamento: Ordinamento costituzionale (p. 544); Culti (p. 544); Forze armate (p. 545); Ordinamento scolastico (p. 545); Finanze (p. 546). - Storia (p. 546).
Estensione e confini. - La Turchia è una repubblica che occupa un territorio di 762.736 kmq., e comprende in Europa la Tracia Orientale (23.975 kmq.) e in Asia tutta la penisola anatolica (con le isole di Imbro e di Tenedo), l'Armenia occidentale e un piccolo lembo della Mesopotamia. La Turchia è ancora uno stato bicontinentale (come l'U. R. S. S.), residuo d'un vasto impero (v. ottomano, impero). Del territorio attuale è invece venuta a far parte l'Armenia turca (e i territorî di Kars e di Ardahan, perduti dalla Turchia nella guerra del 1877 e ceduti dall'U. R. S. S. per il trattato del 13 ottobre 1921). Il limite con la Siria è stato definito con la convenzione turco-francese del 22-29 giugno 1929. Le pretese della Grecia e delle altre potenze sulla Tracia orientale e sull'Anatolia, che erano state riconosciute nel trattato di Sèvres (10 agosto 1920), sono tutte cadute in seguito alla riscossa turca, consacrata con la stipulazione del trattato di Losanna (andato in vigore il 6 agosto 1924); più laboriosa è stata la delimitazione dei confini con il ‛Irāq, data la nota questione di Mossul, decisa dal consiglio della Società delle Nazioni assegnando il territorio al ‛Irāq (18 dicembre 1925). Rimaneva ancora una zona contesa con la Persia, ma per l'accordo di Teheran del 23 gennaio 1932 si pattuì lo scambio di alcuni territorî; infine una convenzione con l'Italia stipulata in quegli stessi giorni (4 gennaio 1932) fissò con precisione l'appartenenza degl'isolotti dipendenti da Castelrosso.
Ora la Turchia presenta una forma assai allungata nel senso dei paralleli e ha grossolanamente l'aspetto d'un rettangolo, avente il lato maggiore di 1600 km. e il minore di 650. I suoi punti estremi si estendono ad E. fino a 44° 48′ 12″ long. E. (nel vilâyet di Bayazït, presso il triplice confine russo-persiano-turco), mentre a O. il punto estremo è presso la località di Inoz (vilâyet di Adrianopoli, nella Tracia Orientale), a 26°4′ 48″. Il punto più settentrionale è il capo che si trova a breve distanza da Sinope (42° 10′ 8″ lat. N.), il punto più meridionale il capo di Anamur nel vilayet di Içel (36° 5′ 2″).
Le frontiere terrestri (2408 km.), assai meno estese di quelle marittime (6400 km.), toccano il territorio di 6 stati, due in Europa, cioè Bulgaria (219 km.) e Grecia (172), e quattro in Asia, U. R. S. S. (602), Persia (370), ‛Irāq (390), Siria (665). La capitale dello stato, che era troppo periferica, è stata trasferita da Costantinopoli ad Angora (Ankara) in data 13 novembre 1923.
Condizioni fisiche. - Un'esposizione particolareggiata delle condizioni fisiche del paese è stata già data alle voci asia minore; armenia, alle quali si rimanda. Qui sarà fatta invece una descrizione delle principali unità regionali.
Il territorio attuale della repubblica turca si può suddividere nelle seguenti unità regionali: I. Tracia turca e regione del Mar di Marmara; II. Regione dell'Egeo; III. Regione del Mediterraneo; IV. Regione del Ponto; V. Altipiano d'Anatolia; VI. Altipiano d'Armenia; VII. Mesopotamia turca.
I. La Tracia turca consta per la massima parte d'un bacino d'origine tettonica, formatosi già in epoca piuttosto antica (prima dell'Eocene), in parte colmato da sedimenti calcarei, limitato dalla parte del Mar Nero da un rilievo granitico parallelo alla costa (Stranca Daǧï), coperto da foreste e da arbusti, che raggiunge nel punto più alto i 1000 metri, mentre verso SO. scorre su terreni lacustri più recenti (dall'Oligocene al Pliocene) l'Erǧene, lungo affluente della Marica (Meriç) che si ricongiunge al fiume principale in una regione spesso inondata. Dal Mar di Marmara la pianura della Tracia è separata dalla catena del Tekir Daǧ (m. 923), formata da arenarie. Il clima è rude e l'aspetto prevalente, non molto dissimile dall'Anatolia interna, è quello d'una pianura disalberata, con poveri villaggi; coltura più comune è quella dei cereali, ma lungo la Marica crescono bene anche il riso e il cotone. Nelle zone non coltivate e nei rilievi periferici è diffusa la pastorizia (pecore), mentre i dintorni di Costantinopoli presentano belle colture intensive (orti e vigneti). Oltre a quest'ultima città sono da ricordare Adrianopoli (Edirne), alla confluenza nella Marica della Tundža e dell'Arda, ora assai decaduta data la vicinanza della frontiera, e Kïrklareli, presso le pendici dello Stranca Daǧï, mercato di vini e di cereali. Esiste qualche cava di lignite terziaria.
Nel complesso la regione ha scarsa importanza economica, mentre dal lato militare costituisce un terreno di manovra assai importante per il dominio degli Stretti. La Turchia europea, parte residua d'un territorio che ancora nel 1912 abbracciava 326 mila kmq. di superficie e 5 milioni d'abitanti, è separata dalla Turchia d'Asia dal Mar di Marmara e dagli Stretti, cioè i Dardanelli, lunghi 60 km., larghi in media da 4 a 7,5, con un minimo di 1270 metri presso Çanakkale, in corrispondenza d'un delta fluviale, piuttosto monotoni, uniformi, privi di vegetazione, e il Bosforo, d'aspetto più vario, perché scavato in rocce più resistenti e ricco di vegetazione rigogliosa, largo in media 1500 metri, ma appena 600 nei punti più stretti, sempre più abitato a mano a mano che si procede verso il Corno d'Oro. Per il loro andamento, per il profilo del corso e per le numerose terrazze, Dardanelli e Bosforo non sono altro che valli fluviali affondate in epoca recente. La regione asiatica che guarda verso il Mar di Marmara comprende ad occidente la Misia e a oriente la Bitinia, che sono bagnate, oltre che da questo mare, la prima dall'Egeo, la seconda dal Mar Nero. Tra le città costiere che si affacciano al Mar di Marmara sono da ricordare Izmit, base navale turca, Mudania (Mudanya), porto di Brussa (Bursa), e Panderma (Bandirma), dove mette capo la ferrovia che viene da Magnesia.
II. La regione dell'Egeo ha un'orografia piuttosto complessa, dato che le pieghe del Ponto, del Tauro, delle catene egee si accavallano con l'antico rilievo di Lidia e di Caria e la morfologia ancor più si complica da un lato per un abbassamento delle coste, che ha fatto penetrare il mare nelle parti più basse, dall'altro per l'azione vulcanica. La regione si presta ottimamente agli scambî tra Europa e Asia. Il clima è mediterraneo con inverni miti ed estati calde, attenuate dalle brezze marine. Le terre coltivate coprono il 7,1% della superficie, con prevalenza di cereali (82,8%), quindi piante industriali (9,5%, specialmente tabacco) e di legumi (7,7%). Diffusa è l'arboricoltura (fichi, viti), che trova condizioni favorevoli sulle colline. La regione economica dell'Egeo ha prodotto nel 1934 45 mila tonn. di uva, 26 mila di fichi e altrettante d'olio d'oliva, 12 mila tonn. di tabacco e altrettante di cotone. Da nord verso sud si suddistinguono Misia, Lidia, Caria.
La Misia è paese unito, compatto, elevato, poco accessibile, con rocce di età e facies diverse, plasmate in grandi superficie d'erosione, con coste abbastanza articolate e fiumi dalle valli ora larghe, ora strette, che mandano le acque al Mar di Marmara, clima un po' umido (influssi pontici), copertura boscosa piuttosto espansa, con alberi simili a quelli dell'Europa centrale, coltura dì cereali, viti, olivi e allevamento di bovini, ora in via di miglioramento per la venuta di molti profughi.
La Lidia ha coste ben articolate, ricche pianure, limitate da montagne piuttosto aride, in parte formate da rocce cristalline antiche (massa lido-caria), in parte da pieghe recenti e da rilievi vulcanici, che sono andati soggetti ad abbassamento, coperte da una vegetazione steppica o di arbusti mediterranei. I bacini, d'età recente (terremoti), sono coperti da un terreno fertile e da belle coltivazioni, favorite da un clima dolce e umido d'inverno, asciutto e moderatamente caldo d'estate; per essi passano importanti strade, ricalcate ora da linee ferroviarie. La costa, che ha caratteri giovanili e va soggetta a rapide variazioni, anche a causa delle alluvioni dei fiumi (come l'Ermo, che ha minacciato l'esistenza di Smirne, il Meandro, che ha colmato la Baia di Mileto, il Caistro, che ha fatto perdere ogni importanza a Efeso), si presta ottimamente alla navigazivne, che nell'antichità s'appoggiava di preferenza su numerosi piccoli porti, posti presso i promontorî, mentre ora ricerca piuttosto golfi interni ben difesi, dai quali è agevole accedere al retroterra. Un'impronta notevole ha lasciato qui, come del resto in tutta la regione dell'Egeo, la colonizzazione greca.
La Caria è anch'essa una regione con coste molto articolate, in parte dovute a pieghe allungate, in parte a bacini d'affondamento le quali perdono tuttavia gran parte del loro valore per il fatto di essere addossate a un massiccio boscoso (pini e macchia mediterranea), in modo che l'attività prevalente degli abitanti, del resto assai poveri, è rivolta alla pesca e al cabotaggio. Solamente nei bacini neogenici dell'interno e in qualche dolina si coltivano cereali, tabacco, olivi.
III. Mentre a N. la costa che guarda verso il Mar Nero è unita, a S. le catene che dall'Eufrate giungono fino all'Egeo (Tauro) formano due convessità che corrispondono ai golfi di Adalia e di Mersina-Alessandretta, e alle pianure di Panfilia e di Cilicia. Si tratta di montagne di natura aspra e dal clima rude, ma che formano una barriera di modesta potenza. In basso il clima è mediterraneo con precipitazioni abbondanti e talora violente nei mesi invernali, in genere con temperature miti; nelle zone alte però cade molta neve; i mesi estivi sono invece privi di precipitazioni e nelle pianure il caldo è molto intenso, in modo che è necessario salire verso l'alto per trovare un po' di refrigerio e sfuggire la malaria. La vegetazione è subtropicale, sia quella delle pianure (cotone, canna da zucchero), sia quella delle colline (arancio, olivo, melograno, vite); crescono pure rigogliosi gli oleandri, il mirto, il carrubo, i pistacchi, mentre le pendici più alte sono coperte da conifere e da ginestre. La proprietà è talora costituita da tenute di vasta estensione, mentre d'altro canto è diffusa anche l'orticoltura e più lo sarebbe se la mano d'opera fosse più abbondante. Circa un ventesimo del territorio è riservato all'agricoltura, di cui 75,9% ai cereali, 2,3% ai legumi, 21,8% alle piante industriali. Le macchine agricole hanno trovato nei tempi più recenti largo impiego. Per le comunicazioni serve molto la linea del Tauro e le esportazioni possono pure far uso dei porti di Mersina e di Adalia. Nella zona alta una posizione a parte ha ad occidente la Licia, prevalentemente calcarea, con cime che superano i 3000 metri e frequenti fenomeni carsici, regione selvaggia dove predomina ancora una vita feudale essendo la popolazione raggruppata in cantoni isolati. Il Tauro (o Cilicia Trachea) è per la massima parte costituito da un vasto tavolato di natura carsica (calcari miocenici), lungo 300 km. e largo una cinquantina nella parte centrale, alto più di 2000 m. (con un massimo di 3910 nel Demirkasïk, gruppo dell'Ala Daǧi). La regione è deserta, petrosa, diboscata dall'uomo, incisa da forre (notissime le porte cilicie: Kölek Boǧazi); qua e là si trova qualche dolina (tava), nella quale vengono d'estate a pascolare gli Iuruchi. L'Antitauro, lungo 200 km., è meno elevato, più boscoso, con rocce di facies ed età diverse e con una popolazione piuttosto mista, dedita all'allevamento, la quale dimora di preferenza in villaggi elevati.
IV. La parte settentrionale, che s'abbassa verso il Mar Nero con una costa piuttosto unita, interrotta solo da qualche delta e da qualche isolotto eruttivo, è formata da una serie di catene, tra le quali s'interpongono spesso delle valli longitudinali (dette ova), parallele alla costa, importanti per le comunicazioni tra occidente e oriente, mentre per passare dal mare agli altipiani interni bisogna superare numerosi passi. Il clima è favorevole alle colture, data l'abbondanza di precipitazioni, che ad E. cadono in tutte le stagioni, mentre a O. d'estate scarseggiano, in modo che il clima diventa più rude. Il manto vegetale è rigoglioso: in basso essenze mediterranee (olivo, arancio, limone) e tropicali (tè, nelle parti più riparate), tra 400 e 1300 m. una foresta alta con un sottobosco formato da rododendri, azalee, edera, poi tra i 1300 e i 1900 m. una foresta di grandi alberi con sottobosco scarso, e più in alto (oltre 2000 m.) prati e pascoli. Notevole importanza ha l'economia forestale (segherie), l'arboricoltura (soprattutto il nocciuolo), e la coltivazione del tabacco, mentre d'altro canto l'abbondanza di boschi spinge a costruire case di legno. Le catene montuose, formate da terreni di diversa età, alte da 3500 (a E.) a 2350 m. (a O.), molto soggette all'erosione a causa delle abbondanti precipitazioni racchiudono numerosi compartimenti isolati, spesso separati da gole profonde. Da oriente verso occidente si succedono il Ponto e la Paflagonia, mentre la Bitinia si affaccia, oltre che al Mar Nero, anche al Mar di Marmara. La densità media di queste regioni (30,5 abitanti per kmq.), ad onta delle scarse comunicazioni e della morfologia complicata e frammentaria, è alquanto superiore alla media dello stato. Circa il 5,5% dell'area è posto a coltura, da famiglie operose; la proprietà è molto suddivisa. Tra i cereali, a E. prevale il mais, a O. il frumento e l'avena (in Paflagonia). L'allevamento del bestiame ha soltanto limitata importanza. Il commercio, data la scarsezza di strade, si svolge attraverso i porti di Samsun e di Trebisonda, ma spesso il mare è burrascoso. Ingenti le risorse minerarie (carbone di Zonguldak-Eraclea). Diffuso il nomadismo estivo verso le cascine di montagna.
V. La parte centrale dell'Anatolia, elevata intorno a 800-1000 metri, è stata spianata già in epoca anteriore al deposito dei materiali neogenici, d'origine lacustre, che ricoprono gran parte della superficie e sotto i quali spuntano terreni d'età diverse, ma specialmente calcari cretacei e scisti cristallini. Nel Miocene superiore e nel Pliocene si è avuta specialmente a SE. un'attività vulcanica d'un certo rilievo. La parte più interna dell'altipiano (Licaonia) è occupata da bacini chiusi d'origine tettonica, un tempo più estesi, separati tra loro da basse groppe e talora occupati da qualche lago residuo, in modo che vaste zone si trovano in difficili condizioni di scolo. L'erosione normale aveva creato una rete idrografica, che ora è fossilizzata, sia per sviluppo del carsismo, sia perché parte dell'altipiano è diventato tributario dei mari periferici e specialmente del Mar Nero. Il clima è alquanto rude, con spiccati caratteri continentali, venti impetuosi, scarti diurni notevoli, precipitazioni scarse (Conia: 36 giorni all'anno e 180 mm.), che cadono di preferenza in primavera, ma anche nelle altre stagioni (d'inverno sotto forma di neve). Aspetto comune della vegetazione spontanea è la prateria ad Artemisia, salvo dove prevalgono le incrostazioni saline; scarsi gli alberi, limitati a filari di pioppi. Le catene costiere che limitano l'altipiano si ricollegano ad esso nel loro versante interno con un pianoro che forma la Pisidia, regione isolata, con bacini chiusi e grandi laghi, posta là dove il Tauro viene a contatto con il massiccio licio a N. della Panfilia, mentre verso NO. si estende, tra Pisidia e Bitinia, la Frigia, formata da massicci situati tra le superficie neogeniche. Gli altipiani orientali, isolati tra catene più elevate, comprendono la Cappadocia, regione di vaste steppe, poco accessibile. Le praterie si prestano bene sia alla coltura dei cereali, che possono sopportare i freddi invernali e le siccità estive, sia all'allevamento del bestiame (specie di pecore e capre), il quale d'estate trova riparo alla siccità prolungata con spostamenti in altezza. Circa un ventesimo del suolo è a coltura, generalmente estensiva, salvo nelle zone irrigue poste nei dintorni di Conia, Angora e Cesarea.
VI. A oriente degli altipiani anatolici, tra Ie catene marginali del Ponto (a N.) e del Tauro Armeno (a S.), si estende l'altipiano armeno (Anatolia orientale), che si presenta come una superficie ondulata, posta all'altezza media di 1500-1800 metri, talora attraversata da lunghi dossi calcarei o da rilievi vulcanici aspri e poco noti (v. armenia). Qui pure domina la steppa, mentre le catene, specie quelle settentrionali, sono ricoperte da foreste. L'interno, privo d'un centro d'un qualche rilievo, ha un'orografia molto movimentata e forma diversi compartimenti, separati da profonde gole e da rilievi nudi. A N. la muraglia che separa l'altipiano dal mare è alta e stretta, mentre a S. la catena taurica, a oriente dell'Eufrate, s'allarga formando il Kurdistān (v.), battuto da violente precipitazioni, in preda a un'erosione molto attiva, che ha creato delle alte pareti, che rendono il paese poco penetrabile, mentre in alto il rilievo conserva forme molli. La popolazione, insediata in luoghi elevati, ha anima guerriera, indipendente; ma il paese, rifugio di nomadi, è spopolato per guerre, massacri, epidemie. Presso il confine persiano s'innalza fino a 5156 m. l'Ararat, enorme cono vulcanico trachitico ormai spento (ultima eruzione: 1840), montagna santa degli Armeni. Anche presso il Lago di Van, privo di emissarî, salato, prevalgono le forme vulcaniche (crateri). Nell'insieme si tratta d'una regione spopolata, con invermi rigidi, ma senza siccità prolungate data la maggiore altitudine, dove gli Armeni conservavano forse qualche carattere dell'antica popolazione hittita. Come forma economica prevale la pastorizia, che viene esercitata per uso familiare, come avviene per la coltura dei cereali. Le comunicazioni sono limitate a vie carovaniere, importanti un tempo per il commercio tra India, Persia e Asia Minore.
VII. Infine la repubblica turca comprende entro i suoi confini un lembo settentrionale della Mesopotamia, formato da una piattaforma, che i fiumi, i quali mandano le acque all'Eufrate, hanno alquanto smembrata e le eruzioni vulcaniche (Karaca Daǧï) isolata dal resto della Mesopotamia, con aspetti diversi: ora giardini ben coltivati, ora steppe, ora vaste petraie. Centro principale è Diyarbekir, fortezza che guarda su una fertile pianura.
Flora e vegetazione. - Occorre tenere distinta la Turchia europea da quella asiatica. Nella prima, la flora e la vegetazione fanno parte del dominio balcanico e per questo si rimanda alla voce salcanica, regione. Per quanto riguarda la parte asiatica, si possono distinguere quattro regioni: 1. regione litoranea; 2. regione delle macchie; 3. regione dei boschi montani; 4. regione delle steppe elevate.
La regione litoranea occupa uno spazio assai limitato, specialmente nelle zone occidentale e meridionale, poiché quivi i monti si spingono sul mare e perciò le coste sono ripide e rocciose. Sulle spiagge sabbiose e sulle dune - dove esistono - crescono le piante alofile e psammofile che si trovano in tutta la regione mediterranea. Alle foci dei fiumi, ove si formano tratti paludosi che d'estate disseccano, crescono: Beta vulgaris var. maritima, Suaeda fruticosa, Juncus acutus, Plantago maritima, Statice limonium; in qualche località vi sono cespugli di tamerischi e qua e là anche scarni individui di Pinus pinaster. Dove invece le coste rocciose precipitano a picco sul mare si trovano alghe, licheni, muschi, alcune Statice, Crithum maritimum, Euphorbia paralias, ecc. Si trovano su queste spiagge quasi tutte le psammofite (43 su 49) e le alofite (62 su 83) che vivono sulle coste della Grecia.
La regione delle macchie si spinge nell'interno fino a 300-400 m. s. m., qualche volta anche fino a 600 m. I costituenti delle macchie sono sempre rappresentati da piante legnose a portamento nano, molto ramificate, spesso crescenti assai appressate, in modo da formare ammassi di vegetazione quasi impenetrabili.
Accanto alla macchia, nei paesi più interni dell'Asia Minore occidentale, esiste un'altra formazione che è simile a quella che in Grecia prende il nome di phrygana; consta in gran parte di cespugli alti circa 30 cm., arbusti o frutici spesso muniti di aculei o di spine. Non mancano alcuni elementi colchico-caucasici. Nella zona più interna del paese è caratteristico il cipresso. Talora nella regione delle macchie si trovano boschi di alto fusto, che hanno però importanza assolutamente secondaria: sono formati da carpini, castagni, pioppi, olmi e nel sottobosco vi sono due specie pontiche di rododendri.
Nella regione dei boschi montani, le formazioni legnose acquistano grande importanza, perché sulle pendici dei monti - al disopra generalmente dei 500 m. - la maggiore umidità permette un grande sviluppo dei boschi che si spingono fino a 1100-1300 m. s. m.
I boschi misti sono rari; invece sono più frequenti le formazioni pure di latifoglie e di aghifoglie. I boschi di latifoglie sono costituiti da querce: il terreno dei boschi di querce non ha elementi legnosi di sottobosco ed è rivestito da Graminacee e altre piante erbacee. Più in alto il Fagus orientalis forma vaste faggete e nel sottobosco si trovano rododendri. I boschi di aghifoglie constano di pini mescolati con Juniperus drupacea e oxycedrus, Abies pectinata. Nel Ponto orientale ai faggi si mescolano le Picea, ma queste non si spingono ad occidente di Kulakkaya. Le pendici più elevate dei monti delle coste meridionali sono rivestiti da boschi di aghifoglie. L'abbondanza dei due rododendri fa sì che all'epoca della fioritura i colori gialli e rosso-porporini o violacei dei fiori costituiscano un magnifico ornamento delle montagne pontiche: forse lo sviluppo di queste piante è secondario e solo raramente sono frammiste ad altri elementi arbustivi. Nel Ponto orientale fra 1800 e 2000 m. nelle esposizioni rivolte a nord vi sono formazioni di basi cespugli di Rhododendron caucasicum.
Sui monti che confinano con l'altipiano stepposo, sui margini dei boschi di pini si trovano formazioni di Pinus nigra var. pallescens, il cui sviluppo è dovuto a particolari condizioni climatiche unite a maggior quantità di calcio nel terreno.
Talora sui monti cresce anche la boscaglia o la macchia e soprattutto nei profondi burroni dell'Anatolia nord-orientale si trovano tutti i gradi di passaggio dalla macchia alla boscaglia e al bosco.
Anche nella steppa vi è una speciale formazione arborescente di Juniperus excelsa.
La regione delle steppe, che occupa gli altipiani dell'Anatolia, a seconda della costituzione del suolo presenta particolari caratteristiche e i diversi elementi vegetali dànno ad essa fisionomie diverse. Qua e là vi sono cespugli decombenti di Cotoneaster nummularia, Rhamnus petiolaris o gruppi di Daphne oleoides e Juniperus nana. Questi ultimi si spingono fino alla regione alpina. Nei campi e nei prati vi è una flora ruderale di Graminacee, Crocifere, Papaveracee, Ranuncolacee, Solanacee, ecc. Nella zona dei monti l'albero importante e caratteristico è il pioppo piramidale (Populus nigra var. italica); nei luoghi umidi vivono anche olmi, salici e alcuni Tamarix.
Notevole importanza hanno le steppe salmastre, che si trovano nell'interno dell'Anatolia presso il gran lago salato Tuzlu Göl e che formano un vasto deserto salmastro fino a Conia: esse sono rivestite da una vegetazione alofila.
Paragonando questa vegetazione alofila interna con quella costiera si vede che non vi sono notevoli differenze e poca influenza perciò esercita l'altitudine sul mare. Nella regione delle steppe le colture sono poco sviluppate e sono costituite soprattutto da cereali, nei cui campi vi è una flora avventizia di Ranuncolacee, Crocifere, Papaveracee, Leguminose, Ombrellifere, ecc.
La boscaglia montana delle regioni interne anatoliche ricorda nel suo aspetto le pinate legnose decombenti delle Alpi: essa consta di Quercus coccifera e syriaca, Juniperus drupacea, foetidissina e oxycedrus, Ilex. agnifolium, Berberis crataegina, Pirus telaeagnifolia, Prunus prostrata, Cotoneaster nummularia, Acer tataricum e hircanum, alcuni Cistus (fra questi, C. laurifolius si spinge fino a 1500 m.).
Nelle alte montagne dell'Anatolia, a 2500-2600 m. s. m., vi è una vegetazione alpina con Nardus stricta, Polygonum alpinum, Myosotis alpestris, Oxyria digyna.
Nelle steppe anatoliche le acque hanno importanza del tutto secondaria: il fiume più notevole è il Kïzïl Ïrmak, che porta acqua anche nel cuore dell'estate; sulle sue rive crescono Salix alba, Eleagnus hortensis, Tamarix Pallasii e tetrandra, platani e pioppi piramidali.
Nelle vallate lungo i corsi d'acqua si formano qua e là piccole zone paludose dove crescono molte piante idrofile dell'Europa centrale, come Phragmites communis, Carex divisa, Scirpus lacustris, Heleocharis lacustris, Alisma plantago, Bustomus umbellatus, Beckmannia cruciformis, Glyceria fluitans, Juncus glaucus, Lythrum salicaria, Mentha aquatica, Veronica anagallis.
Fauna. - La fauna della Turchia è costituita da elementi mediterraneo-orientali. I Mammiferi annoverano molte specie di pipistrelli, d'Insettivori, quali talpe, ricci; di Carnivori: viverre, orsi, iene, sciacalli; di Roditori: lepri, istrici, scoiattoli e infine di ungulati del gruppo delle antilopi, dei cervi, dei suidi. Ben rappresentata è la fauna ornitologica con numerose forme stazionarie e quella erpetologica con varie specie di testuggini, lucertole, serpenti.
Del pari interessanti le numerosissime specie d'Invertebrati che popolano la regione e particolarmente le numerose forme d'Insetti che vivono nei massicci montuosi dell'Anatolia.
Popolazione. - Secondo l'ultimo censimento demografico, che è stato effettuato il 20 ottobre 1935, sono stati contati in Turchia 16.200.694 ab., con una densità media di 21,2 ab. per kmq. (52,8 per kmq. nella Turchia europea, dove vive il 7,8% della popolazione turca, e 20,2 per kmq. in quella asiatica). Nei diversi vilâyet la popolazione si suddivide nel modo seguente:
Amministrativamente, il territorio della Turchia è suddiviso in vilâyet, i vilâyet in kaza (364), i kaza in nahiye (771), i nahiye in kasaba o villaggi (40.186). Il numero dei vilâyet, che era di 63, è stato ridotto nel maggio 1933 a 57, ma poi successivamente nel dicembre 1935 è stato portato a 62 (63 comprendendo la zona di Tungeli, che abbraccia il territorio montuoso di Dersim).
Il primo censimento della repubblica, che era stato eseguito nel 1927, aveva contato invece 13.648.270 ab., in modo che si è avuto in 8 anni un aumento del 18,7% pari a un incremento annuo del 2,3 per cento. L'aumento stesso è risultato nel complesso abbastanza uniforme, dato che oscilla tra un minimo del 14,6% e del 14,9% nell'Anatolia centrale e nei vilâyet bagnati dal Mar di Marmara e dal Mare Egeo e un massimo del 22,6% nell'Anatolia di SE. e del 30,4% nell'Anatolia orientale (dove nel 1927 si era probabilInente verificata qualche omissione). Occorre tuttavia ricordare che invece tra il 1914 e il 1927, a causa della guerra mondiale e della guerra per la liberazione del paese, dell'esodo di gran parte dei Greci e degli Armeni sopravvissuti ai massacri delle numerose vittime della rivolta curda (1925), vi era stata una diminuzione notevole, pari al 13%. Entro i confini attuali la Turchia contava infatti, nel 1914, 15.702.500 ab. Rispetto all'anteguerra risultano in diminuzione le regioni del centro, già debolmente popolate, e soprattutto i territorî posti a oriente dell'Eufrate. In aumento invece: a) la zona carbonifera di Eraclea-Zonguldak; b) i vilâyet meridionali, posti tra la Valle dell'Eufrate e il Golfo di Alessandretta (Malatya, Seyhan, Içel); c) alcuni vilâyet del nord.
Riguardo alla densità di popolazione, se si tolgono le grandi città, essa risulta abbastanza uniforme, come prova il fatto che su 57 vilâyet 25 hanno una popolazione compresa tra 15 e 25 abitanti per kmq. e 40 tra 10 e 30. Soltanto 5 superano i 40 ab. e solo 4 restano inferiori ai 10. I valori più bassi risultano quelli di alcuni distretti montuosi del vilâyet di Van verso il confine con la Persia (Yüksekova, 1,1 ab. per kmq.; Şitak, 2,5).
Il problema delle minoranze, anche dopo l'esodo dei Greci e degli Armeni e i massacri di questi ultimi e pur essendo stato reso meno vivo con lo scambio delle popolazioni, non è del tutto risolto e alto è ancora il numero degli abitanti che hanno una lingua matemna diversa dal turco, come appare dai seguenti dati (1927):
I Curdi (v. per questa popolazione la voce kurdistān) sono molto numerosi soprattutto nei vilâyet di SE., Diyarbekir (132.000, pari al 68,8% della popolazione), Malatya (128.323; 41,9%), Mardin (109.850; 59,8), Elâziz (112.500; 44,3) e costituiscono la maggioranza della popolazione nei vilâyet di Aǧri (59,5), Bitlis (74,9), Hakâri (68,0; questi due ultimi ora soppressi), Siirt (74,8), Van (76,5). L'arabo è parlato nei vilâyet della Cilicia che confinano con la Siria, specialmente Mardin (51.750, poco meno d'un terzo degli abitanti), Urfa (25.600) e Siirt (20.200, pari a un quinto degli abitanti).
I Greci sono diminuiti da un milione e 250 mila nel 1900 ad appena 120 mila, per tre quarti a Costantinopoli. Anche i pochi Armeni che rimangono sono ormai quasi tutti in quest'ultima città (46 mila), mentre invece nell'anteguerra ve ne erano 170 mila nel vilâyet di Sïvas e 135 mila in quelli di Erzerum e di Muç, in gran parte massacrati, in parte rifugiatisi nella vicina repubblica sovietica armena, in parte esuli in America e altrove. Gli Ebrei, dediti al commercio, mentre i Greci erano anche marinai e gli Armeni artigiani, sono quasi tutti nei tre vilâyet di Costantinopoli (39.200), Smirne (16.800) e Adrianopoli (5900) e in minor numero a Brussa (1720) e Çanakkale (1300). A Costantinopoli vivono pure 6000 Albanesi e 5000 Bulgari. Infine i Circassi si trovano numerosi (almeno 1000 unità) in una ventina di vilâyet, ma specialmente in quelli di Kayseri (13.600), Bolu (12.100), Kocaeli (8960), Tokat (7150), Balïkesir (6430). L'italiano viene parlato da circa 7000 persone (a Costantinopoli e a Smirne).
Conseguenza dello scambio delle popolazioni è l'alto numero di persone nate nella Penisola Balcanica, 101 mila in Bulgaria (1927), 75 mila in Grecia, 24 mila in Iugoslavia, aumentate considerevolmente in questi ultimi anni. Risulta infatti che dal 1923 al 1933 gl'immigrati (muhacir, anche göçmen) sono stati 628.300, di cui 380 mila individui soggetti a scambio. Tra il giugno 1933 e il giugno 1934 il numero degl'immigrati è stato di 15.300 persone e alquanto superiore nell'anno successivo. Le principali regioni di provenienza sono la Bulgaria e la Dobrugia. La politica nazionale del governo turco ha fatto diminuire assai anche il numero degli stranieri, che sono in maggior numero Greci (26.530), Italiani (11.600) e Bulgari (7500).
Minore importanza hanno le differenze antropologiche, dato che è stato ormai dimostrato (dal Pittard e da altri) che i Turchi nulla hanno di comune coi Mongoli e con i Tatari, anche se con questi hanno qualche parentela linguistica; si tratta infatti di una popolazione di razza bianca, che rappresenta il gruppo più occidentale d'una stirpe che in Asia ha molti parenti, di statura generalmente elevata (1,71 tra i Turchi d'Asia), in prevalenza brachicefali, piuttosto leptorini, con naso diritto, frequentemente aquilino, occhi e capelli scuri, pelosità mediocremente diffusa, tendenza all'obesità, fronte alta e larga. Bevanda assai comune tra le popolazioni sia urbane sia rurali è lo yoǧurt (latte fermentato), cibi frequenti il kebap (agnello cotto intero) e il pilaf (pollo fatto a pezzi misto a riso, grasso di montone, zafferano, pepe, pomodoro, miele) e rinomati i dolci, assai zuccherati (tatli). Del caffè si fa pure largo consumo. Proverbiale è l'ospitalità nelle regioni dell'interno, mentre invece le coste, specie quelle del Mediterraneo, mantengono caratteri levantini e tuttora è in uso il lungo contrattare (pazarlïk) nei bazar, che sono gallerie con loggiati, dove si concentra la vita commerciale, poste generalmente in luogo centrale, mentre invece alla periferia le botteghe sono poco frequenti.
Il sentimento politico è ora assai diverso da quello d'un tempo per il rafforzamento, talora in forma esagerata, del sentimento nazionale e per il disprezzo della cultura degli altri paesi. L'uso di uno dei distintivi esteriori più noti, il fez, è stato vietato in data 2 settembre 1925.
Una profonda trasformazione ha poi subito la Turchia dal lato religioso, in seguito al rigetto dell'Islām da religione di stato, che ha portato all'abolizione del califfato (1924) e del diritto islamico (soppressione dei tribunali della sharī‛ah, abolizione delle confraternite mistiche e chiusura delle tekke); fra le conseguenze di ordine giuridico di questa radicale trasformazione, le più importanti sono state il riconoscimento dell'equiparazione dei due sessi e la soppressione della poligamia. Lo stato (e in parte anche la popolazione) va sempre più orientandosi verso un indirizzo laico.
Notevoli progressi ha compiuto la Turchia nel campo culturale; le tappe principali sono connesse con l'introduzione del calendario europeo in luogo di quello che aveva inizio dall'ègira, con l'abolizione dell'alfabeto arabo e la introduzione di quello latino (1928), con l'adozione del sistema metrico decimale, con la diffusione sempre maggiore dell'insegnamento primario, con accentuata tendenza ad avvicinarsi alla mentalità europea.
Il numero degli analfabeti, già altissimo, è andato diminuendo con una rapidità prodigiosa. Secondo notizie ufficiali, il numero di coloro che sapevano leggere e scrivere era salito tra il 1923 e il 1933 dal 7 al 35 per cento.
Struttura economica. - La repubblica turca è la parte residua d'uno stato che aveva un'economia assai complessa e tutt'altro che florida, non tanto perché le condizioni climatiche e ambientali fossero sfavorevoli, ma piuttosto per il malgoverno del regime sultaniale, incurante del benessere dei suoi sudditi, i quali, poco perseveranti e poco calcolatori per loro natura, non vedendosi aiutati, si erano andati sempre più indebitando, fino al punto di concedere agli stranieri dei diritti che venivano a scuotere gravemente la libertà e l'economia del paese, tra l'altro quello di non poter mettere che dazî molto tenui sulle merci importate. Tutta la vita del resto era imperniata sul fattore religioso e il governo teocratico era inetto a comprendere i problemi che non concernessero il proprio tornaconto. D'altra parte, essendo le risorse locali costituite da prodotti agricoli, il bisogno di merci lavorate veniva soddisfatto dall'estero, ma per lo più attraverso intermediarî poco scrupolosi, che acquistavano a basso prezzo i prodotti turchi (tabacco, uva passa, fichi, nocciuole, cotone), mentre il grano stesso, che era la coltura agraria più diffusa, doveva essere largamente importato. Se si aggiunga che le comunicazioni erano pessime, i metodi colturali arretrati, le decime elevate, il credito agricolo inesistente, i boschi mal tenuti, le razze di bestiame in corso di progressivo impoverimento, si avrà un quadro delle non floride condizioni della Turchia, la quale nel periodo che va dal 1878 al 1915 avrebbe dovuto pagare all'estero per saldare il passivo della bilancia commerciale circa 30 miliardi di lire, ma, non potendolo fare, aveva dovuto chiedere continui prestiti. Il capitale straniero aveva quindi avuto facile accesso e, anche se nominalmente indipendente, la Turchia si poteva considerare dal punto di vista economico una colonia degli stati europei. La repubblica si è trovata a dover quindi provvedere a un'infinità di problemi e molti sono stati da essa effettivamente risolti.
Agricoltura. - Paese essenzialmente agricolo, la Turchia ha i due terzi della sua popolazione occupati nel lavoro dei campi, con valori massimi nei vilâyet di Bolu (93%), Çoruh (98,1) e Isparta (98,5) e valori minimi in quelli di Costantinopoli (9,7), Içel (34,1), e Izmir (45,9). Il terreno coltivabile occupa circa un terzo del territorio totale dello stato (32%), su poco più d'un terzo (36%) si estendono i pascoli, quasi un quinto (18%) è ricoperto da foreste e il resto è occupato da terreni sterili (13%) o da acque (1%). Ma il terreno effettivamente coltivato è appena una piccola parte di quello coltivabile, in modo che l'agricoltura turca ha davanti a sé prospettive di sviluppo assai favorevoli. La proprietà è molto suddivisa e le tenute hanno in media un'estensione di appena 15-20 ha., che aumenta un poco soltanto nella regione di AdanaMersina (30-35). La famiglia si compone in media di 5,2 persone. Per facilitare l'apprendimento delle norme agricole e per studiare scientificamente i problemi agrarî del paese è stata fondata (1933) ad Angora una scuola superiore d'agricoltura e sono state create numerose stazioni sperimentali. Le decime sui prodotti sono state sostituite con imposte indirette.
Nelle zone basse e mal drenate infieriva la malaria che è stata combattuta sia prosciugando alcune paludi, sia facendo distribuire chinino in grandi quantità (5-7000 kg. all'anno). Mezzi energici sono stati adottati anche per limitare i danni del tracoma, che infierisce soprattutto nei dintorni di Malatya. Si è poi cercato di sviluppare l'irrigazione e buoni risultati si sono ottenuti principalmente nella pianura posta a SO. di Conia (10 mila ha.), utilizzando le acque del Lago di Kireli; alcuni lavori sono stati pure compiuti per drenare le acque del fiume Çubuk e irrigare la pianura compresa tra Angora e Polatli. Oltre un migliaio di kmq. (1170) sono coperti da paludi e 8343 kmq. da laghi. Un altro flagello che si è dovuto combattere è quello delle cavallette.
Le colture principali sono quelle dei cereali (89,5% dell'area coltivata), dei legumi (3,9%) e delle piante industriali (6,6%). Fra i cereali ha poi la prevalenza il grano (57,2%), seguito dall'orzo (25,8%), dal mais e dalla segala. Tra i legumi le aree più estese sono occupate da vecce, ceci, fagioli e fave. Tra le piante industriali prevalgono il cotone, il tabacco, il sesamo, l'oppio.
La produzione dei cereali va soggetta a scarti veramente sconcertanti a seconda delle stagioni ed è in media ancora assai bassa (coltura estensiva), dato che il frumento di primavera dà solo 6-7 quintali per ha. e quello d'inverno 8-10. Il cotone nei terreni della Cilicia è pianta irrigua (Içel), mentre nei vilâyet occidentali (Aydïn, Manisa, Izmir) è coltura asciutta. Una terza zona dove questa coltura è diffusa si trova nei vilâyet orientali, da dove il prodotto viene esportato nell'U. R. S. S. Per il ribasso dei prezzi la coltivazione è in notevole diminuzione, ma l'impianto dei nuovi stabilimenti industriali avrà certamente per conseguenza una ripresa. A questi raccolti occorre poi aggiungere il tabacco (450 mila q.: soprattutto nei vilâyet di Izmir, Samsun, Magnesia, Tokat, Muǧla, Kocaeli, Burssa, Bolu), l'uva (310 mila q.), i fichi (280 mila q.). La coltura del tabacco è favorita dal clima e dal terreno, che si presta molto bene alla produzione di qualità pregiate, ed è inoltre curata da contadini molto abili.
Di olivi ne esistono 30 milioni, che nelle annate favorevoli producono 26 milioni di kg. di olive. La vite viene utilizzata dai Turchi (musulmani) soprattutto per produrre uve da tavola, fresche o secche (specie la qualità sultanina, senza semi); i vigneti, che si estendono sopra circa 500 mila ha., sono stati assai danneggiati intorno al 1877 dalla fillossera e poi in parte ricostituiti facendo uso di vitigni americani. Di recente è stata iniziata la produzione dell'alcool, che è monopolio di stato. La regione settentrionale che guarda verso il Mar Nero ha poi una notevole produzione di nocciuole. Crescono pure molte altre piante pregiate e nella valle del Grande Meandro si raccolgono la liquirizia, che viene utilizzata, oltre che come medicinale, per modificare l'aroma di certi tabacchi, e lo storace (Liquidambar orientalis M.), che serve come profumo, mentre più nell'interno alcune papilionacee del genere Astragalus fomiscono la gomma dragante. Pianta da concia che conserva tuttora importanza è la vallonea (Quercus aegilops) di cui si raccolgono le ghiande oppure la polvere formata dalle capsule cadute sul terreno. I pistacchi vengono pure esportati, ma la qualità non è delle migliori, dato che essi per lo più sono prodotti innestando il lentisco. La zona di Afyon Karahisar (nome che significa "Castello nero dell'oppio") è inoltre rinomata per la coltura del papavero da oppio, di cui si ricavano annualmente in Turchia 250-300 mila kg., con un contenuto di morfina del 10%. Tre fabbriche lavorano a Istanbul questo prodotto, che viene poi per buona parte esportato clandestinamente in Egitto. Belle colture di rose si trovano nell'altipiano di Sparta e attorno a Burdur.
Nel complesso bisogna riconoscere che molto è stato indubbiamente fatto per migliorare le tutt'altro che floride condizioni del dopoguerra. Sono state ricercate nuove zone adatte alla coltura del cotone, si è procurato di estendere la coltivazione della canapa e del lino. Il numero delle macchine agricole è salito a circa 15 mila e il numero degli aratri primitivi di legno (che sono ancora un milione e 200 mila) va continuamente diminuendo rispetto a quelli di ferro (220 mila).
Il bosco copre un'estensione di quasi 90 mila kmq., con valori che superano il 40% dell'area nei vilâyet di Kïrklareli (60,8%) in Tracia, Zonguldak (49,6), Içel (43,4%), mentre invece presenta valori minimi negli altipiani del centro, come nei vilâyet di Niǧde (0,6), Gümüçane (0,7), KïrŞehir (0,2). Nel 1934 la produzione di legno da lavoro è stata di 1158 mila mc. per il pino (in fortissimo aumento rispetto agli anni precedenti), 151 mila mc. per l'abete, 83 mila per il carpino, 36 mila per la quercia, 23 mila per il cedro. Si è pure ricavato un mezzo milione di tonn. di legna da ardere e 93 mila tonn. di carbone di legna. L'esportazione è ancora limitata, data la distanza dei paesi che hanno bisogno di legname.
L'allevamento presenta condizioni assai favorevoli nelle zone steppose dell'interno, specie per le pecore e le capre, mentre invece i cavalli sono in minor numero, dato l'impiego dell'asino e del cammello come animale da soma, quest'ultimo soprattutto nella zona d'Adalia. Il bufalo è diffuso nelle regioni paludose. Il latte delle pecore e delle capre si conserva fermentato in modo speciale; le capre d'Angora forniscono poi la lana mohair. Senza tener conto degli animali non ancora adulti, íl patrimonio zootecnico turco risulta così costituito (1934):
Occorre aggiungere che assai diffuso è pure l'allevamento di animali da cortile, il quale dà origine a una notevole esportazione di uova, e che nei dintorni di Costantinopoli e di Brussa ha una tradizione secolare l'allevamento del baco da seta (produzione 1890 tonn. di bozzoli).
Industria. - Più ancora dell'agricoltura l'industria ha subito una profonda trasformazione nella nuova Turchia. Nell'anteguerra, oltre alla trasformazione dei prodotti agricoli, l'unica attività d'un certo rilievo era quella dei tappeti (v. tappeto). Si producevano anche tessuti di lana e di cotone, nonché corde di canapa, mentre l'industria della seta, che aveva un'antica tradizione (1850: 3 mila telai e 3 milioni di kg. di seta) era in notevole decadenza. Il regime capitolare, che lasciava aperti i porti e i mercati della Turchia alle merci straniere, permetteva che le industrie occidentali avessero facilmente il sopravvento. Il governo kemalista procurò dapprima (legge sull'incoraggiamento dell'industria, 1927) di agevolare l'iniziativa privata e gravò pure (dal 1929) l'importazione delle merci straniere con dazî protettivi; ma per quanto l'industria potesse ora contare anche su operai più esperti (profughi dai paesi europei), poco poté progredire e anche se tra il 1926 e il 1932 sono sorte 890 fabbriche, queste, all'infuori d'uno zuccherificio e d'una fabbrica di cementi, erano tutte di piccole dimensioni. Lo stato ritenne quindi necessario occuparsi direttamente dell'impianto di qualche industria necessaria al paese. E, a somiglianza di quanto è stato fatto in Russia, è stato preparato un piano quinquennale, facilitando in tutti i modi l'indipendenza economica, tra l'altro con la creazione d'un'apposita banca statale (Sümer Bank) per sovvenzionare i nuovi impianti, poco curando se i prodotti venivano a costare molto, dato che l'appesantimento della tariffa doganale li proteggeva dalle importazioni. Per lo zucchero, la Turchia era tributaria dell'estero, ma nel 1930 sono state inaugurate due fabbriche ad Alpullu e a UŞak, nel 1933 due altre a EskiŞehir e Turhal, in modo da coprire il fabbisogno (60 mila tonnellate). Per i tessuti di cotone, oltre alle fabbriche già esistenti (Bakïrköy presso Istanbul, Izmit, Adana, Mersina), tre altre filande sono state aperte a Cesarea, Ereǧli, Nazilli e una quarta è in allestimento a Malatya; nel 1937 si avranno a disposizione 230 mila fusi e 4880 telai in luogo di 101 mila e 1400 nel 1933, in modo da coprire i quattro quinti del fabbisogno. A Brussa è stata costruita una filanda per la lana pettinata (10 mila fusi), a Tire una fabbrica di sacchi, a Gemlik uno stabilimento per la seta artificiale, a Izmit una cartiera, a PaŞabahçe una fabbrica di vetro. Uno stabilimento metallurgico, che intanto lavora ferro svedese d'importazione in attesa di poter usare quello delle miniere di Faras nel Tauro, è sorto a Zonguldak, in vicinanza delle miniere di carbone.
L'industria della pesca ha potuto molto progredire a vantaggio della Turchia, dopo che essa (art. 9 della convenzione commerciale di Losanna) si è riservata ogni diritto, non solo di pesca, ma anche di cabotaggio marittimo, lungo le sue coste. Il prodotto totale annuo si aggira sui 10 milioni di kg.; le zone più pescose sono il tratto di litorale pontico fra la foce del Kïzïl Irmak e la frontiera russa, le rive del Bosforo e dei Dardanelli, quasi tutte quelle del Mar di Marmara e soprattutto il Golfo di Smirne. Lungo le coste dell'Anatolia occidentale dava un tempo buoni redditi la pesca delle spugne.
L'industria mineraria già nell'anteguerra tendeva a progredire; la produzione di carbone da 490 mila tonn. nel 1903 era passata nel 1913 a 827 mila tonn., quella del ferro cromato da 12 mila a 33 mila e così la produzione dello smeriglio e del manganese. Prodotto largamente esportato era pure la schiuma di mare (silicato di magnesio idrato). Anche di sale vi era sovrabbondanza. La scarsezza di ferrovie, di operai adatti e di capitali, ha finora permesso uno sviluppo assai scarso delle miniere turche, che pure sono ragguardevoli. Nel 1934 la produzione è stata la seguente (in tonn.):
Rispetto al 1913 la produzione di carbone, che proviene tutta dalle miniere di Eraclea-Zonguldak, è perciò quasi triplicata. Lo sfruttamento avviene attualmente per opera d'una ventina di società. Il bacino si estende per una lunghezza di 200 km. e per 50 di larghezza; i terreni carboniferi sono disposti in tre fasce parallele poco distanti dal mare e poco profonde, nei dintorni vi è grande abbondanza di legname e i porti d'imbarco sono facilmente accessibili. Per il rame è importante la regione di Ergani, che la nuova ferrovia di Diyarbekir apre al porto di Mersina; è prevista la produzione annua di 20 mila tonn. Miniere di ferro cromato si trovano nei vilâyet di Brussa, Smirne, Adana, Conia e la produzione è rapidamente aumentata da 7500 tonn. nel 1925 a 30 mila nel 1930, per quadruplicarsi nel 1934; il piombo si estrae nel vilâyet di Balïkesir, lo smeriglio nella regione attorno a Smirne. Buone prospettive si presentano per petrolio, manganese, argento, antimonio, zolfo; una miniera di quest'ultimo è stata aperta nel 1934 a Keciborlu a NO. di Sparta (prod. 4 mila tonn.). In notevole aumento è anche la produzione di cemento (168 mila tonn. nel 1934, contro 100 mila nel 1931, 41 mila nel 1927 e appena 7 mila due anni prima).
La bilancia commerciale, che nell'anteguerra segnava sempre un notevole squilibrio a sfavore della Turchia, a poco a poco si è andata assestando, specie dopo che (1929) sono venute a scadere alcune concessioni che la Turchia aveva fatte agli stati firmatarî del trattato di Losanna e le tariffe protettive hanno chiuso il mercato a molti prodotti stranieri. D'altra parte ha contribuito al miglioramento anche la maggiore produzione di cereali, che un tempo insufficiente (1924 e 1929: 800 e 600 mila quintali importati) ha potuto invece dar luogo più di recente a una discreta esportazione. Per evitare poi che le merci aumentino troppo di prezzo per l'azione di speculatori è stata creata un'apposita società (IŞ Limited), che si occupa sopra tutto delle esportazioni. Inoltre è stato posto in azione il contingentamento degli scambî. Per l'ultimo decennio, v. tabella qui sotto.
I principali paesi con cui la Turchia mantiene rapporti commerciali sono: per quanto riguarda le importazioni (1933), la Germania (25,5% del valore totale), il Regno Unito (13,5%), l'Italia (11,4); quindi a distanza il Belgio (6,7), la Francia (6,6), la Russia (5,2); per quanto riguarda le esportazioni la Germania (18,9), l'Italia (13,5), gli Stati Uniti (10,5), il Regno Unito (8,9), la Francia (6,4), la Russia (4,6). Nel 1933 le importazioni principali sono consistite in pelli (1,5 milioni di lire turche), filati di lana e di pelo (3,1), tessuti di lana (2,8), zucchero e dolciumi (1,6), caffè, cacao, tè (2,6), carta e articoli di carta (3,3), filati di cotone (3,0), tessuti di cotone (5,5), vetro (1,7), ferro e acciaio (9,0), macchine (6,7), mezzi per il trasporto terrestre (2,2), combustibili e olî minerali (2,8), colori (1,4), prodotti chimici e medici (2,0). Tra le esportazioni principali, vanno ricordati: animali vivi (5,3 milioni di lire turche), burro (4,9), pelli (1,7), filati di lana (4,4), cereali (7,6), frutta (2,0), olî (3,4) tabacco (21,3), legname e carbone (4,9), cotone (1,7), antimonio (2,6). Si nota che, nel complesso, tra le merci esportate diminuisce l'importanza del tabacco e del cotone, mentre aumenta quella dei cereali e delle frutta. Per il tabacco in foglie, principali acquirenti sono la Germania (10.400 tonn.), gli Stati Uniti (5 mila), la Cecoslovacchia (2,7 mila), l'Italia (1,3 mila, in notevole regresso). Per l'uva secca pure la Germania (21 mila tonn.), il Regno Unito (9370), l'Olanda (5800), l'Italia (3500) e la Francia (1130). Per i fichi il Regno Unito (6600 tonn.), la Germania (6300), la Francia (3500), l'Italia (3115), gli Stati Uniti (2450).
Vie e mezzi di comunicazione. - L'Asia Minore ha avuto in ogni tempo grande importanza per le comunicazioni tra Europa e Asia. Una via molto antica (via regia) da Susa (sede dei re persiani) conduceva alla costa dell'Egeo, ma non seguiva un percorso diretto; indugiava con lunghi giri, dato che aveva carattere commerciale, toccando Diyarbekir, Malatya, Boǧazköy (sul luogo della capitale dei Hittiti), Angora, Gordio (Polatli), Sardi, Efeso. Più tardi le principali arterie, che mettevano capo alle città della Ionia, si sono spostate verso Costantinopoli, quindi in direzione di Brussa, poi di nuovo a Costantinopoli, mentre ora il nodo principale della rete è Angora, per quanto continui a mantenere importanza la direzione di Istanbul.
Anche le vie e i mezzi di comunicazione sono andati in questi ultimi anni migliorando, pur restando ancora a un livello inferiore alla media europea. Le strade sono di solito a fondo naturale e ben si prestano al traffico delle carovane, meno bene invece al trasporto con carri a due ruote (kâni). Nei dintorni delle città più importanti le strade artificiali hanno permesso di utilizzare le automobili, soprattutto dopo che sono stati costruiti numerosi ponti (1684 nel 1933 e 1884 nel 1934). Trebisonda trarrà poi vantaggio dall'apertura della strada con Bayazït, che permetterà di convogliare una parte del commercio persiano. Ma, date le grandi distanze, ha soprattutto valore il trasporto con le ferrovie. In un primo tempo, e cioè sotto i sultani, lo stato non si occupava di esse, ma concedeva la costruzione a società private, sovvenzionate da banche, le quali avevano così aperta la via a un'espansione non solo economica, ma anche politica. A iniziativa inglese si deve la prima linea (Smirne-Aydïn), che risale ancora al 1856 ed è importante perché serve per collegare al mare la valle del Meandro; del 1863, dovuta a iniziativa francese, è la Smirne-Kasaba (nella valle del Hermos, prolungata nel 1875 fino ad AlaŞehir dal governo turco e nel 1894 fino ad Afyon Karahisar), mentre solo più tardi venne costruito il tronco che si stacca da Magnesia e raggiunge il Mar di Marmara a Panderma. Nel 1888 venne poi concessa alla Germania, in vista del fatto che essa sembrava avere minori mire politiche, la costruzione della linea di Baghdād (Anatolische Eisenbahngesellschaft, trasformata nel 1903 in una società con capitale internazionale). Dato che il ramo HaydarpaŞa-Izmit già esisteva (1872), venne ben presto costruito (progetto Pressel) il tronco Izmit-Angora, ma poi per opposizione russa (dato che la linea si sarebbe avvicinata troppo alla frontiera meridionale), la costruzione venne continuata con un percorso più meridionale, che tocca Conia (1896), da dove più tardi venne collegata alla Mersina-Adana già esistente.
Programma del governo nazionale, appena salito al potere, è stato quello di costruire sollecitamente nuove linee, non più come un tempo perché fossero poi gestite da stranieri, ma con l'intenzione di creare una rete statale efficiente (programma di 'Izmet Inonü), dando solo in appalto la costruzione (840 km. a un consorzio svedese-norvegese). Per avere un'idea del ritmo con cui è proceduta la costruzione della rete ferroviaria basterà riportare i seguenti dati:
Risulta pure evidente che diminuisce sempre più il numero delle linee gestite da società private. Ricordiamo che il 29 maggio 1927 è stata inaugurata la linea Angora-Cesarea (380 km.), il 30 agosto 1930 la Cesarea-Sïvas (228 km.), il 23 aprile 1931 la FevzipaŞa- Malatya, il 13 aprile 1932 la Kütahya-Balïkesir, il 15 dicembre 1932 la Samsun-Sïvas, che ha permesso di accelerare moltissimo le comunicazioni tra il Mediterraneo e il Mar Nero. Il 2 settembre 1933 è stata poi inaugurata la Cesarea-UlukïŞla (stazione della linea del Tauro) e infine il 5 agosto 1935 il tronco di Malatya è giunto fino a Ergani, dove si trovano importanti miniere di rame, e il 22 novembre dello stesso anno a Diyarbekir. Altre linee sono in costruzione; le principali sono la Sïvas-Erzerum (700 km.), la Afyon Karahisar-Adalia (300 km.) e la Sïvas-Malatya (140 km.). Si prevede che la prima linea potrà giungere a Erzerum nel 1940; da qui esiste già un collegamento (a scartamento ridotto, costruito durante la guerra mondiale) fino a Sarïkamïş, da dove la linea prosegue verso la frontiera russa a scartamento largo (1572 mm.), per ricollegarsi con la linea di Tiflis, che a sua volta è congiunta con le ferrovie dell'Iran. La seconda linea è stata compiuta da Afyon Karahisar fino a Sandïklï, la terza è per metà già costruita.
Ora la rete ferroviaria turca consta di due linee trasversali: 1°. HaydarpaŞa-Izmit-EskiŞehir-Angora-Cesarea-Sïvas-Erzerum (l'ultimo tronco, come detto, in costruzione), dalla quale si staccano verso il Mar Nero due tronchi, di cui uno conduce al bacino carbonifero e l'altro a Samsun; 2°. Smirne-Magnesia-Afyon Karahisar-Conia-Adana-Malatya-Diyarbekir. Una terza linea trasversale dal Mediterraneo giunge fino a Nusaybin (da dove continuerà verso Mosul) e manda un tronco ad Aleppo, ma essa è in mano dei Francesi (Siria). Le due principali linee trasversali hanno poi due collegamenti tra loro per mezzo dei tronchi Afyon Karahisar-Kütahya-EskiŞehir e UlukïŞla-Cesarea. La velocità dei treni è discreta. Con i direttissimi la traversata della Penisola Anatolica da HaïdarpaŞa ad Adana (espresso del Tauro) si compie in 28 ore (due treni alla settimana), con i diretti in 35 ore.
Data l'esistenza d'una fascia costiera che guarda diversi mari, la Turchia ha pure una notevole importanza per il traffico marittimo, ma il numero dei porti che abbiano un attrezzamento sufficiente è scarso; recenti lavori hanno migliorato gli approdi a Zonguldak e a Samsun. La Turchia conserva poi il dominio sugli Stretti, anche se rispetto al passato la loro importanza politica ed economica sia alquanto scaduta.
Il traffico nei porti turchi si aggira sui 22-25 milioni di tonn. di registro e viene esercitato in lieve prevalenza da navi turche. Per il movimento delle navi entrate nei porti nel 1934, v. tabella.
La bandiera italiana è in tutti e tre i mari al secondo posto (17,2% del tonn. nel M. di Marmara; 15,0% nel Mediterraneo e 4,3% nel Mar Nero).
Del tutto insignificante il traffico sui fiumi.
Con legge 815 del 19 aprile 1926 il cabotaggio merci e passeggeri, il pilotaggio, il rimorchiaggio, le attività portuali e navigatorie anche nei fiumi e laghi, la pesca, i ricuperi marittimi, sono stati riservati, a datare dal 10 luglio 1926, alla bandiera turca; anche gli equipaggi debbono essere turchi. Naturalmente tale provvedimemo ha comportato vaste e numerose eccezioni, ma esso è il prodromo di una marina nazionale; la quale allo stato attuale non sembra molto efficiente, costituita com'è (Lloyd's Register, 1935-36) da sole 182 navi per tonnellate 199.284, materiale quasi tutto invecchiato, formata in maggioranza da piroscafi (172 per tonnellate 196.708). Nessun veliero.
La marina turca occupa uno degli ultimi posti fra le marine mondiali: il 22°. La maggior parte della flotta predetta appartiene a una organizzazione statale: la quale, sin dal 1927, fu autorizzata a mutuare 5 milioni di lire turche per aumentare la flotta. Non pare che cospicui aumenti siano peraltro intervenuti; si è recentemente saputo, comunque, che sei piroscafi di tonnellaggio non superiore a 300 tonnellate sono stati ordinati a cantieri tedeschi; altri otto, fra cui navi da passeggeri da 5000 tonnellate e 18 nodi, saranno ordinati a cantieri britannici.
Il governo turco si è sempre rifiutato di concedere a società straniere l'esercizio di linee aeree interne. Dopo aver provveduto, a mezzo di specialisti americani, ai progetti di tali linee, le autorità turche fino dal 1932 cercano invano di porle in esercizio. La linea Istanbul-EskiŞehir-Ankara (primo progetto), con prolungamento fino a Diyarbekir (secondo progetto), non ha potuto avere un normale sviluppo e ha sospeso ogni attività (1936). L'esercizio delle linee aeree interne è affidato all'amministrazione delle vie aeree dello stato, la quale dipende, dal 10 giugno 1935, dal Ministero dei lavori pubblici. Il bilancio di tale ente è stato portato da 180.000 a 600.000 lire turche (pari a 6 milioni di lire italiane). Attualmente in Turchia esiste una sola compagnia straniera, l'"Air-France", per il collegamento tra Istanbul e l'Europa; essa esercisce la linea (estiva) Istanbul-Bucarest-Belgrado-Budapest-Strasburgo-Parigi.
La società italiana "Ala Littoria", che eserciva la linea aerea marittima Brindisi-Pireo-Istanbul, ha cessato la sua attività il 10 gennaio 1936 per convenzione col governo turco.
Insediamento e città principali. - In rapporto con la grande diversità dell'ambiente naturale sono le sensibili differenze che si notano nell'insediamento rurale. Le zone più alte dell'interno, boscose e prative, sono d'estate percorse da pastori nomadi (detti Juruchi, il cui numero è stimato di circa 200 mila), che abitano in cascine di montagna (yaya), mentre d'inverno si riuniscono in basso formando villaggi di tende (kïŞlak), che a poco a poco diventano fissi.
Presso le pendici dei rìlievi che orlano l'altipiano, là dove vi sono coni di deiezione e non mancano le acque, hanno volentieri costruito le loro case gli orticoltori e gli agricoltori turchi, che coltivano grano, papavero da oppio, ortaggi e vivono in villaggi a case accostate, costruite con mattoni seccati al sole e aventi il tetto piatto, a terrazza, generalmente a due piani, di cui l'inferiore serve per stalla e per rimessa, il superiore per abitazione. Nelle case più vecchie la parte riservata alle donne (harem) è tuttora separata da quella destinata agli uomini (selamlik) e dei muretti chiudono agli estranei la vista dei cortili. Nei terreni stepposi, che meglio si prestavano al pascolo che alla coltura quando questa era esercitata in modo estensivo, è stata iniziata da pochi anni una vasta colonizzazione da parte di profughi venuti dalla Macedonia, Bulgaria, Dobrugia. Le abitazioni, disposte per lo più a scacchiera, sono più grandi che presso gli orticoltori, dato il bisogno di avere stalle per ricoverare il bestiame adibito al pesante lavoro dei campi, e ìl tetto, a somiglianza delle case europee, è a due spioventi poco inclinati, costruito con tegole e canne. La parte della steppa dove le precipitazioni sono troppo scarse per poter tentare la cerealicoltura, sono incontrastato dominio dei Curdi e dei Turkmeni, dediti all'allevamento, i quali vivono in villaggi piuttosto grandi, posti presso le sorgenti; le case sono spaziose, costruite di pietra e il tetto è piatto. Nelle più calde regioni del Kurdistān, che guardano verso la Mesopotamia, le alte temperature notturne spingono gli abitanti a dormire d'estate sulle terrazze, dove vengono portati i letti, riparati con reti dalle zanzare.
Le case sono basse, spesso costruite con terra mista a paglia, oppure con pietre dello stesso colore del terreno circostante. A N., nella zona forestale, prevalgono invece le case di legno, con frequenti impronte lasciate dai Greci. Corrisponde poi alla nostra fattoria il çiftlik, molto comune nell'Anatolia occidentale, che per lo più consta d'una vasta aia, attorno alla quale stanno le casette dei coloni, basse, con 3 o 4 stanze. Nel 1927 è stato eseguito pure un censimento degli edifici e sono state contate 2.770.000 case d'abitazione, 89 mila edifici non destinati ad abitazione, ma abitati, e 800 mila edifici d'altro genere, con un minimo di 237 ab. per 100 case nel vilâyet di Bilecik e un massimo di 723 nel vilâyet d'Istanbul.
Poco meno d'un quarto della popolazione (23,5%) vive nelle città e il resto nei comuni rurali. Le città sono in tutto 403, ma soltanto 80 hanno una popolazione superiore ai 10 mila ab. e 21 superiore ai 25 mila ab. Queste ultime sono le seguenti:
È da notare che soltanto 5 città si trovano sulla costa: due si affacciano al Mar Nero, due al Mediterraneo e una è dove Europa e Asia quasi si toccano. Istanbul, anche se non è più capitale dello stato, mantiene la sua importanza economica e militare, data la posizione all'incrocio di vie terrestri con vie marittime. Tra le città del Mar Nero, Trebisonda, che guarda il mare da una piattaforma rocciosa, è sbocco d'un vasto retroterra (in parte al di là del confine); Samsun è in notevole progresso, dopo l'apertura della ferrovia che la collega al Mediterraneo; Smirne è ancora intenta a riparare i danni dell'incendio (1922) che l'ha in gran parte distrutta; Mersina è in posizione favorevole rispetto al retroterra, a breve distanza da Adana, mercato della pianura cilicia e nodo del traffico, ma soffre della mancanza d'un buon porto. Tra i centri dell'interno, tra i quali il più importante è Angora (870 m. s. m.), che sta perdendo la sua fisionomia di mercato posto presso una fortezza, per assumere sempre più quello di capitale (dal 13 novembre 1923), va ricordata Brussa (180 m. s. m.), antica capitale, ricca di monumenti, città dove l'industria tessile ha una lunga tradizione, che è posta tra due terrazze presso le pendici dell'Olimpo di Misia e che guarda dall'alto verso una pianura ben coltivata. A SE. di Brussa EskiŞehir (752 m. s. m.) è punto di passaggio obbligato per chi deve andare dall'antica alla nuova capitale. Conia (1028 m. s. m.) è in una regione che costituisce un'unità ben individuata, tanto da assomigliare a un'oasi, e, poco danneggiata dall'esodo di Greci, trae ora vantaggio dalle colture poste nella zona irrigata di Çumra. Mentre Conia si trova presso il limite occidentale della pianura di Licaonia, dal lato di oriente vi è Cesarea (1070 m. s. m.), a breve distanza dal Kïzïl Ïrmak, presso le pendici dell'Argeo, ampio ulcano andesitico alto 3830 m., ai piedi del quale sgorgano delle sorgenti che permettono una coltura intensiva; invece tutto all'intorno domina la steppa. A NE. si trova Sïvas (1220 m. s. m.), un tempo località isolata posta nell'alta valle del Kïzïl Ïrmak, mentre ora un tronco ferroviario la congiunge alla linea Samsun-Cesarea; verso oriente la ferrovia dovrà giungere fino ad Erzerum (2038 metri sul mare). A SE. si trovano numerose città, Gazi Antep (940 m. s. m.), grosso centro tra la valle dell'Eufrate e la pianura di Cilicia; Diyarbekir, nodo stradale e carovaniero sulla sponda destra del Tigri; Maraş (720 m. s. m.), nodo ferroviario presso i contrafforti dell'Antitauro; Malatya (870 m. s. m.), a breve distanza dall'Eufrate in mezzo a coltivazioni intensive; Urfa (660 m. s. m.), città tutte orientate verso la Mesopotamia e nelle quali prevalgono aspetti curdi e arabi.
Bibl.: A) Opere anteriori alla proclamazione della repubblica turca. - Una esauriente bibliografia è stata curata da R. Paribeni, Saggio di bibliografia anatolica, Venezia 1921; L'azione economica italiana in Anatolia, Roma 1921; E. Banse, Die Türkei. Eine moderne Geographie, Brunsvick 1919 (3a ediz.); G. Capra, L'Asia minore e gli interessi italiani, Milano 1915; V. Cuinet, La Turquie d'Asie, Géographie administrative, statistique, descriptive et raisonnée de chaque province de l'Asie Mineure, Parigi 1890-95; P. De Régla, La Turquie officielle, ivi 1891; L. Dominian, The peoples of Northern and Central Asiatic Turkey, in Bull. Am. Geogr. Soc., XLVII, 1915; R. Fitzner, Niederschlag und Bewölkung in Kleinasien, Gotha 1902 (Pet. Mitt., suppl. 140); id., Anatolien, Wirtschaftsgeographie, Berlino 1902; H. Grothe, Das Wirtschaftsleben der Türkei; id., Geographische Charakterbilder aus der asiatischen Türkei und dem südlichen mesopotamisch-iranischen Randgebirge, Lipsia 1909; K. Hassert, Das türkische Reich, politisch, geographisch und wirtschaftlich, Tubinga 1918; M. Hecker, Die Eisenbahnen der asiatischen Türkei, in Arch. für Eisenbahnwesen, 1914; R. Herrmann, Anatolische Landwirtschaft, Lipsia 1900; E. Huntington, Desiccation in Asia Minor, in Bull. Amer. Geogr. Society, 1911; P. K. Kannenberg, Kleinasiens Naturschältze, Berlino 1897; K. Krause, Die Wälder Kleinasiens, Weimar 1927 (Archiv für Wirtsch. Forsch. in Orient); L. de Launay, La Turquie que l'on voit, Parigi 1913; C. Manetti, L'Anatolia (Coll. "Gea"), Firenze 1922; G. Maniago, Uno sguardo economico alle contrade mediterranee della Turchia asiatica in rapporto all'Italia, Venezia 1917; E. Oberhummer, Die Türken und das osmanische Reich, Lipsia 1917; W. Penck, Die tektonischen Grundzüge Westkleinasiens, Stoccarda 1918; A. Philippson, Reisen und Forschungen im westlichen Kleinasien. Supplementi alle Petermanns Mitteilungen, Gotha 1910-15; id., Kleinasien (Handbücher region. Geologie), Heidelberg 1918; W. M. Ramsay, Historical geography of Asia Minor, Geologie), Heidelberg 1918; W. M. Ramsay, Historical geography of Asia Minor, Londra 1890; id., The geographical conditions determining history and religion in Asia Minor, in Geogr. Journal, 1902; id., The intermixture of races in Asia Minor (Proceeding Brit. Ac.), Londra 1916; H. Vanbéry, Das Türkenvolk, in seinen ethnol. und ethnogr. Beziehungen geschildert, Lipsia 1885; L. Vannutelli, In Anatolia. I vilayet settentrionali, Roma 1905; id., Anatolia meridionale e Mesopotamia, Roma 1911.
B) Opere posteriori alla proclamazione della repubblica turca. - Una rassegna di circa 200 scritti apparsi dopo il 1923 è stata pubblicata da E. Migliorini, La nuova Turchia: viaggi e scritti recenti, nel Boll. R. Soc. Geogr. It., 1936.
a) opere generali: Una moderna descrizione geografica della Turchia ancora manca. Tra gli scritti italiani ricordiamo: D. Gribaudi, La Turchia, in Geografia universale illustrata, IV, Torino 1936; A. Cossu, Asia anteriore, in Terra e Nazioni, Milano 1936; B. Pace, Dalla pianura di Anatolia alla valle del Meandro, Milano 1927; C. Alvaro, Viaggio in Turchia, Milano-Roma 1932; P. Di Roccalta, Angora e Kemal Pascià, Roma 1932; E. Rossi, Recenti aspetti della rivoluzione turca, in Il giornale di politica e letteratura, VIII (1932); id., Il decennale della repubblica turca, in L'Oriente moderno, XIII (1933). Tra le opere francesi ricordiamo: R. Blanchard, Géographie Universelle, vol. VIII: Asie Occidentale, Parigi 1929, pp. 59-127; B. Georges-Gaulis, La nouvelle Turquie, ivi 1924; R. Marchand, Le réveil d'une race. Dans la Turquie de Moustapha-Kemal, ivi 1927; E. Pittard, À travers l'Asie Mineure, ivi 1931; A. Gabriel, En Turquie, ivi 1935 (raccolta d'illustrazioni); M. Bourgoin, La Turquie d'Ataturk, ivi 1936. Tra le opere tedesche: U. Frey, Das Hochland von Anatolien mit besonderer Berücksichtigung des abflusslosen Gebietes, in Mitteil. geogr. Gesell., Monaco XVIII; id., Türkei und Zypern (Handbuch der geogr. Wissentschaft), Potsdam 1934; K. Klinghardt, Türkün Jordu. Eine geographisch-politische Landesschilderung, Amburgo 1925; R. Harmann, In neuen Anatolien Reisseindrücke, Lipsia 1928; A. von Kral, Das Land Kamal Atatürks, Vienna e Lipsia 1935; N. von Bischoff, Ankara. Eine Deutung des neuen Werdens in der Türkei, Vienna 1935. Tra le opere inglesi: H. Armstrong, Turkey in travail. The birth of a new nation, Londra 1925; A. J. Toynbee-K. P. Kirkwood, Turkey (The Modern World), Londra 1926; G. B. Ravndal, Turkey, a commercial and industrial handbook, Washington 1926; T. Waugh, Turkey: yesterday, to-day and to-morrow, Londra 1930. In turco ricordiamo: S. Faik, Türkiye Coǧrafyasï, Istanbul 1929.
b) Scritti di geologia e di geografia fisica: C. Lebling, Die jüngere Bauund Oberflächenformen Kleinasens, in Petermanns Mitteilungen, LXXI (1925), pp. 200-203; E. Chaput, Études sur l'évolution du modelé de l'Anatolie et de la Thrace (Comptes rendus du Congrès international de géographie, Parigi 1931, II, pp. 641-50); id., Voyages d'études géologiques et géomorphogéniques en Turquie, Parigi 1936; E. Nowack, Die Oberflächengestaltung Anatoliens, in Pet. Mitt., LXXIX (1933), pp. 234-36.
c) Scritti sul clima e la vegetazione: P. Zistler, Zum Klima der Türkei, II: Die Temperaturverhältnisse, Monaco 1926; E. Reichel, Die Niederschlagsverhältnisse der Türkei, in Annalen der Hydrographie und mar. Meteorologie, LX (1932), pp. 353-62; G. Bauer, Lutfzirkulation und Niedershlagsverhältnisse in Vorderasien, in Gerlands Beiträge zur Geophysik, VL (1935), pp. 381-548; J. Frödin, Quelques traits de la végétation et de l'habitat pastoral de la Turquie du Nord, in Geografiska Annaler, XIV (1932), pp. 209-43.
d) Dati sulla popolazione: T. Lefèbure, La densité de la population en Turquie en 1914 et en 1927, in Annales de géographie, 1928; F. von Caucig, Bevölkerungsfragen Anatoliens, in Zeitschrift für Geopolitik, XIII (1936), pp. 234-41; H. Wenzel, Die ländlichen Siedlungsformen in Inneranatolien, nel volume: Die ländlichen Siedlungen in verschiedenen Klimazonen, Breslavia 1933.
e) Scritti sulla struttura economica: Z. Khanzadian, Atlas de géographie économique de Turquie, Parigi 1924; G. P. Merriam, The regional geography of Anatolia, in Econ. Geogr., II, 1926; D. Doria, Il commercio estero turco e l'Italia, in Quaderni dell'Istituto federale di credito per il risorgimento delle Venezie, Venezia 1926; S. Raschid, Die türkische Landwirtschaft, Berlino 1932; L. Scheidl, Die Verkehrsgeographie Kleinasiens, in Mitt. geogr. Gesell. di Vienna, LXXIII (1930); N. Naldoni, L'agricoltura, le industrie e le risorse minerali nella nuova Turchia, in La vita italiana, XXI (1933); P. Zhukovsky, La Turchia agricola (in turco), Mosca-Leningrado 1933; S. Nava, Le ferrovie della Turchia, in L'Universo, XV (1934), pp. 121-30; B. Maineri, L'avvenire degli scambi commerciali italo-turchi, in Commercio, VIII (1935).
f) Cartografia e pubblicazioni ufficiali: S. Govi, Il servizio topografico nell'Impero ottomano e la moderna cartografia turca, in L'Universo, I (1920); H. Fischer, Geschichte der Kartographie von Vorderasien, in Pet. Mitt., LXVI (1920). La miglior carta è ancora quella di H. Kiepert, pubblicata nel 1914 in 24 fogli (scala 1 : 400 mila). Una carta corografica dell'Asia Minore alla scala 1 : 500 mila è stata iniziata (1923) anche in Italia dall'Istituto geografico militare (sei fogli pubblicati: Costantinopoli, Smirne, Rodi, Scarpanto, Adalia, Conia). Un buon compendio delle numerose opere statistiche è l'Annuario statistico (Īstatistik yilliǧi); il volume pubblicato nel 1936, settimo della serie, si riferisce agli anni 1934-35.
Ordinamento.
Ordinamento costituzionale. - L'ordinamento generale dello stato fu stabilito con la costituzione del 20 aprile 1924: la Turchia è uno stato repubblicano; l'Assemblea Nazionale (Büyük Millet Meclisi, detta Kamutay dal 1935) esercita il potere legislativo direttamente e il potere esecutivo per mezzo di un presidente della repubblica da essa eletto e di un consiglio di ministri (detti vekil, dal 1935 bakan); il territorio è diviso in provincie (dette vilâyet, dal 1935 ilbaylïk); sono assicurate le libertà dei cittadini, l'indipendenza e l'inamovilità dei giudici, ecc. Le disposizioni della costituzione del 1924 sono state modificate con la legge del 9 aprile 1928, eliminandosi la dichiarazione "la religione della Turchia è l'Islām". Nel 1934 fu conferito anche alle donne il diritto di elezione e di eleggibilità nella Grande Assemblea. Altri ritocchi sono stati introdotti con legge del 5 febbraio 1937.
Culti. - Come si è detto, dall'aprile 1928 l'islamismo non è più la religione dello stato, pur rimanendo professato dalla grande maggioranza della popolazione: anche il giuramento di fedeltà alla repubblica non ha carattere religioso, mentre nel culto si viene diffondendo l'uso del turco, al posto dell'arabo.
Questa laicizzazione dello stato turco, insieme con le vicende politiche, ha radicalmente trasformato la situazione dei culti non islamici: i quali nell'impero ottomano erano numerosi ed erano in gran parte di carattere nazionale, organizzati in millet i cui capi avevano anche funzioni civili, talvolta importantissime (specie il patriarcato ecumeníco greco-ortodosso di Costantinopoli), che il trattato di Losanna ha abolito. E una legge del dicembre 1934 proibisce a Turchi e a stranieri l'uso delle vesti ecclesiastiche all'infuori delle cerimonie, eccetto che per un rappresentante di ciascuna comunità religiosa.
Ormai le comunità non islamiche sono molto ridotte e quanto al numero e quanto agli aderenti, che costituiscono solo il 2,64% della popolazione totale, come risulta dal censimento del 28 ottobre 1927.
I cattolici, i quali sono di rito latino, non dipendono dal patriarca latino di Costantinopoli (solo titolare), bensì dall'arcivescovo di Smirne (sede metropolitana di rito latino, 1322; ristabilita, 1818); caldei (v. caldea, chiesa), con i vescovati di Amida o Diyarbekir, di Gezira (Gazīreh; 1852) e Mardin; armeni uniti, con il patriarcato di Cilicia, gli arcivescovati di Mardin e di Sebaste (ristabilito, 1858; arcivescovato, 1858; con unita la diocesi di Tokat) e i vescovati di Adana (ristabilito, 1774), Amida, Ancira (Angora; ristabilito, 1850), Artvin (1850), Cesarea di Cappadocia (1850), Erzerum (1850), Karput (1865), MaraŞ (1842), Melitene (Malatya, 1861), MuŞ (1884), Prusa (Brussa, 1850), Trebisonda (1850), la maggior parte però ancora (1936) vacanti, mentre i fedeli sono assai ridotti di numero (v. armena, chiesa); e siri uniti, con i vescovati di Gezira (1863) e di Mardin e Amida, sedi unite (1888) e diocesi patriarcale del patriarca di Antiochia dei Siri, e inoltre le missioni di Mardin (1842), Siria e Cilicia (1628; residenza a Beirut, nella Siria sotto mandato francese) e Trebisonda (1895 e 1931), affidate ai frati minori cappuccini. Per il patriarcato ecumenico ortodosso di Costantinopoli, e in genere per i greci-ortodossi, v. ortodossa, chiesa e le altre voci alle quali da questa si rinvia; per gli Armeni gregoriani, v. armena, chiesa.
Forze armate. - Esercito. - La Turchia ha un esercito permanente di leva. Il bilancio della guerra è di lire turche 43.855.000, pari a circa lire italiane 412.000.000 e al 23% del bilancio generale dello stato. Forza bilanciata: 20.000 tra ufficiali, impiegati civili, allievi delle scuole militari; 110.000 sottufficiali e militari di truppa.
Gli organi centrali sono: Ministero della difesa nazionale (esercito, marina, aeronautica); Stato maggiore generale.
Grandi unità: 3 ispezioni d'armata (Ankara, Conia, Erzïncan); 9 corpi di armata (Afyon-Karahisar, Balïkesir, Istanbul, EskiŞehir, Conia, Kayseri, Diyarbekir, Tokat, Erzerum); 3 divisioni di cavalleria; comando della piazza di Istanbul.
Il corpo d'armata comprende: 2 divisioni di fanteria, 1 reggimento di cavalleria, 1 reggimento di artiglieria di corpo d'armata, i battaglione del genio, 1 battaglione collegamenti, 1 battaglione automobilisti. La divisione di fanteria è costituita da 3 reggimenti di fanteria e 1 d'artiglieria da campagna; la divisione di cavalleria è formata da 3 a 4 reggimenti di cavalleria e da 1 squadrone di artiglieria a cavallo.
Truppe: Fanteria, 54 reggimenti, ciascuno di 3 battaglioni su tre compagnie fucilieri e una mitraglieri. È armata di fucile Mauser calibro 7,55, mitragliatrice leggiera Hotchkiss, mitragliatrice pesante Hotchkiss e Mauser. - Cavalleria, 24 reggimenti, ciascuno di 3 squadroni cavalieri e 1 mitraglieri. È armata dí fucile, sciabola o lancia, mitragliatrice leggiera, mitragliatrice pesante. - Artiglieria, 27 reggimenti, 3 squadroni artiglieria a cavallo. È armata di cannoni da 75 Krupp e Schneider, obici e cannoni da 105, 120, 150, mortai da 210. - Genio, 9 battaglioni. - Truppe tecniche, 9 battaglioni collegamenti, 9 battaglioni automobilisti.
Sono organizzati militarmente anche la gendarmeria e il corpo della guardia di finanza. La gendarmeria comprende 4000 uomini, di cui 300 ufficiali; la guardia di finanza, 6600 uomini, di cui 600 ufficiali.
L'obbligo del servizio militare è generale e personale, dal 21 al 45° anno d'età. I cittadini sono chiamati alle armi nel 21° anno di età. La ferma ha la durata di 18 mesi per la fanteria, due anni per le rimanenti armi e truppe tecniche, due anni e mezzo per la gendarmeria e la guardia di finanza. Dal 41° al 45° anno di età, i militari appartengono all'esercito territoriale.
Mediante il pagamento di una tassa militare di 600 lire turche, il militare di leva, in possesso di determinati requisiti, può ottenere di essere congedato dopo 6 mesi di servizio alle armi.
Speciale servizio compiono i cittadini provvisti della licenza di scuola media di 2° grado. Essi prestano, dapprima, servizio alle armi nell'esercito, per sei mesi; nei sei mesi successivi, frequentano una scuola allievi ufficiali di riserva; infine, per altri sei mesi, inquadrano plotoni e unità corrispondenti della loro arma e classe, quali ufficiali subalterni.
Marina militare. - La marina turca, allo scoppio della guerra mondiale, era in condizioni assai cattive. Dopo la guerra, anche la marina turca ha ripreso con vigore le tradizioni del suo più grande passato, e si è messa, con un programma navale che comprende (1936) 6 cacciatorpediniere, 12 sommergibili e 6 MAS, con l'ordinazione delle prime di queste unità all'estero e con il riordinamento dei suoi servizî, decisamente sulla strada per garantirsi un buon attrezzamento modemo.
La marina militare turca comprende attualmente:
1 incrociatore da battaglia Sultan Selim Yavuz, varato nel 1911 ad Amburgo, col nome di Goeben, per la marina tedesca. Nel 1926 la nave è stata rimodernata per la Turchia dai Chantiers de Saint-Nazaire. Essa disloca 22.640 tonn. e ha una velocità di circa 26 nodi. Armamento dieci 280/50, dieci 150/45, otto 88/45 antiaerei, 2 tubi di lancio subacquei da 500. La difesa di corazza e di compartimentazione è estesa ed efficiente. Il raggio di azione è di 53000 miglia alla velocità di 10 nodi e di 2370 a 23 nodi.
Incrociatori: 2 da 10.000 t. in progetto; Hamidiye, costruito nel 1903, da 3800 t. e 14 nodi, armato con 2/150, 8/76 antiaerei e 2 tubi di lancio, usato come nave scuola; Medidiye, costruito nel 1903, affondato durante la guerra dai Russi e da loro ricuperato, quindi ripreso dai Turchi, da 3300 t. e 19 nodi, armato con 6/130 e 4/76 antiaerei.
Cacciatorpediniere: 4 progettati; 2, Kokatepe e Adatepe costruiti in Italia, varati nel 1931, da 1250 t. standard e 38 nodi (che sono stati superati alle prove), armati con quattro 120/50 singoli, 3 mitragliere da 40 e 2 tubi di lancio trinati da 533; 2, Zafer, Tinaztepe, costruiti nei Cantieri del Tirreno, del tipo italiano Turbine, varati nel 1931, da 1206 t. standard e 36 nodi, armati con 2 impianti binati da 120, 2 mitragliere da 40 e 2 tubi di lancio trinati da 533.
Torpediniere: 3 piuttosto antiquate, varate negli anni 1905-1907, da 300 t.
Sommergibili: 4 in progetto; 1, Dumlupinar, da media crociera, costruito a Monfalcone, da 920-1150 t., velocità 17,5-9 nodi, armato con 6 tubi di lancio da 533 e 1 pezzo da 102; 1, Sakaria, posamine, costruito a Monfalcone, da 610/940 t. e 16-9,5 nodi, armato con 6 tubi da 533, e 1 pezzo da 120, capace di portare 40 torpedini; 1, Gür (ex spagnolo E. i), costruito nel 1930 a Cadice, da 750-960 t. e 20-9 nodi, armato con 6 tubi da 533 e 1 pezzo da 102, acquistato nel 1935; 2. chiamati N. 1 e N. 2, varati nel 1927 a Rotterdam, da 500-600 t. e 14,5-8,5 nodi, armati con 6 tubi da 450 e 1 pezzo da 75.
Cannoniere antiquate: 2, Peik-i- Şevket e Berk-i-Satvet, costruite da Krupp nel 1907, da 840 t. e 20 nodi, capaci di portare 20 torpedini.
M.A.S.: 3 siluranti costruiti a Venezia nel 1931, da 32 t. e 34 nodi; 8 antisommergibili, varati nel 1926, da 25 t., armati con bombe di profondità; 5 più vecchi.
Oltre a ciò la marina turca possiede 3 dragamine da 413 t. e 14 nodi, 2 posamine, 1 nave idrografica, alcune unità antiquate, un panfilo presidenziale (Ertogrul), rimorchiatori, ecc. La base principale è nel Golfo di Ismid dove esiste anche l'arsenale. L'Accademia navale è a Halki nell'Isola dei Principi. Gli effettivi della marina sono di circa 10.000 uomini tra ufficiali, sottufficiali e comuni.
Aviazione militare. - Le forze aeree sono raggruppate nei 3 centri aeronautici di EskiŞehir, Diyarbekir, Seyidi Köy (Smirne), comprendenti complessivamente circa 185 apparecchi (caccia terrestre, ricognizione e medio bombardamento terrestre, idroricognizione e medio bombardamento marittimo). Il materiale di volo è di fabbricazione estera (italiana, francese, inglese, americana, tedesca e cecoslovacca), attualmente di tipo antiquato. Il governo turco ha deciso fino dal 1935 di aumentare in un triennio il numero dei velivoli mediante una spesa annua di 30 milioni di lire turche.
Gli effettivi del personale addetto all'aviazione militare, denunciati dal governo turco alla conferenza del disarmo, si elevano a 8383 uomini.
Ordinamento scolastico. - L'istruzione elementare è obbligatoria per ambo i sessi, gratuita, statale. Il governo di Kemal Atatürk ha dovuto compiere una notevole opera di riorganizzazione dell'insegnamento (art. 87 della costituzione) dall'avvento al potere in poi (la legge del 3 marzo 1924 ha abolito le scuole religiose musulmane tradizionali presso le moschee). Vi sono più di 6600 scuole elementari (contro meno di 6000 nel 1925), mentre le scuole medie sono diminuite (da 164 nel 1925 a 140); invece sono aumentati di due unità gl'istituti d'istruzione superiore e di una decina quelli professionali. Le scuole dello stato sono tanto per musulmani quanto per non musulmani e sono obbligatorie per tutti i cittadini turchi. Le scuole straniere delle congregazioni religiose sono ora controllate severamente dallo stato per ragioni politiche e sono considerate alla stregua di scuole private. In esse è obbligatorio l'insegnamento del turco per opera di cittadini turchi, e la maggior parte della loro popolazione, che era data da sudditi turchi non musulmani, è ora assorbita dalle scuole dello stato. Le scuole italiane sono tre, ad Adrianopoli, Istanbul, Smirne. L'insegnamento superiore conta: l'università d'Istanbul, dove sono anche la scuola di scienze politiche e l'Accademia di belle arti. È in progetto l'università di Ankara, dove per ora si ha solo la facoltà giuridica, organizzata nel 1925 da un giurista svizzero sul modello europeo, e che ammette cittadini turchi laureati in Europa (specialmente nelle università francesi e svizzere) e la scuola superiore di agricoltura.
Finanze. - Bilanci e debito pubblico. - Le entrate del bilancio turco derivano soprattutto dall'imposizione indiretta (dazî, tasse sul consumo, ecc.) e dai monopolî (tabacco, alcool, fiammiferi, esplosivi, cartucce, sale, ecc.), ma anche dall'imposta fondiaria e da quelle sul reddito e sui profitti. Le spese principali sono quelle erogate per il servizio del debito pubblico e per la difesa nazionale.
Al 31 maggio 1936 il debito pubblico complessivo ammontava a 483,9 milioni di cui 226,2 di debito estero (in parte residuo del debito estero dell'impero ottomano), 178,2 di debito interno consolidato, 79,4 di debito interno fluttuante.
Moneta e credito. - La legge unificatrice del sistema monetario turco, del 26 marzo 1916, introdusse il gold standard, in sostituzione del bimetallismo in vigore dal 1844, e adottò come unità monetaria la piastra oro, di 40 para (100 piastre = 1 lira turca, moneta contenente 6,6147 grammi d'oro). Durante la guerra mondiale fu però necessario ricorrere al corso forzoso e furono emessi biglietti per un ammontare complessivo di 161 milioni di lire turche (garantiti per 6,5 milioni da un deposito in oro presso il govemo tedesco e per il resto da biglietti tedeschi); e la lira di carta perse 8/9 del suo valore di fronte all'oro. Non s'ebbe tuttavia in Turchia un crollo finanziario sul tipo di quelli degl'Imperi Centrali.
Al principio del 1929 il governo riuscì a frenare la svalutazione della moneta che si stabilizzò di fatto intorno al rapporto: 1030 piastre per 1 lira sterlina. Svalutata questa, nel 1931 la lira turca fu ancorata al franco francese, sulla base di 12,06 franchi per una lira e dopo la svalutazione del franco, alla fine del 1936, tornò ad essere contrattata direttamente.
Nell'ottobre 1931 ha cominciato a funzionare la Banca Centrale della Repubblica che ha il privilegio dell'emissione. Al 26 dicembre 1936 i biglietti emessi ammontavano a 179,2 milioni di lire turche (di cui 171,4 effettivamente in circolazione) e la riserva in oro e divise era, alla stessa data, di 32,1 milioni.
Oltre alla Banca Centrale, la Turchia ha altre quattro importanti banche di stato: per l'agricoltura (Türkiye Ziraat bankasi), per l'industria (Sümer bank), per le miniere (Eti bank), per il credito fondiario (Emlāk ve Eytam bankasi). Tra le banche private la più importante è l'IŞ bankasi o Banca d'affari, e tra quelle straniere la Ottoman Bank (fondata nel 1863).
Storia.
Qui si tratta della storia della Turchia a partire dalla proclamazione della repubblica, mentre, per la storia anteriore dello stato turco, v. ottomano, impero. Allorché la Grande Assemblea Nazionale di Angora decise l'abolizione del sultanato ottomano (1° novembre 1922), la Turchia si trovò a essere uno stato repubblicano non bene definito, chiamato "governo della Grande Assemblea Nazionale di Turchia" (nel nuovo alfabeto turco-latino Türkiye Büyük Millet Meclisinin Hükumeti). L'Assemblea nazionale, costituitasi ad Angora il 23 aprile stabiliva che la sovranità apparteneva integralmente alla nazione; questa delegava i suoi poteri alla Grande Assemblea il cui presidente, Muṣṭafà Kemāl, era di diritto il presidente dei ministri. Con l'abolizione del sultanato si liquidò la tendenza di coloro che, finita la lotta per l'indipendenza, avrebhero voluto rimettere il discendente di ‛Osmān a capo dello stato; fu lasciata invece nella famiglia ottomana la carica di califfo (v.) dei Musulmani, che si mostrò presto insostenibile. La forma del regime fu sicuramente definita in seguito, dopo la conclusione della conferenza della pace a Losanna (13 ottobre 1923). Infatti il 29 ottobre 1923 la seconda Grande Assemblea Nazionale proclamò la repubblica di Turchia (Türkiye Cümhuriyeti) e contemporaneamente elesse presidente il Ghāzā Mustafà Kemāl. La rivoluzione del regime fu completata con l'abolizione del califfato decisa dall'assemblea il 3 marzo 1924.
La politica estera della Turchia fu rivolta allo stabilimento di relazioni pacifiche con tutti gli stati e alla liquidazione di alcune questioni rimaste insolute nel trattato di Losanna. Oltre agli accordi relativi ai confini (v. pag. 534 seg.), un trattato d'amicizia francoturco fu firmato a Parigi il 3 febbraio 1930; le relazioni italo-turche furono amichevolmente affermate con un trattato firmato a Roma il 30 maggio 1928. La Turchia mantiene rapporti di particolare amicizia con l'U. R. S. S. (trattato del 17 dicembre 1925 poi rinnovato) e con l'Afghānistān. Esiste una solidarietà turco-persiano-afghāna, come prova l'arbitrato turco nella questione dei confini tra Persia e Afghānistān (1934). Nel 1935 fu firmato in sigla a Ginevra un Protocollo di neutralità e di arbitrato fra Turchia, Persia e ‛Irāq, cui aderì anche l'Afghānistān. L'attività politica della Turchia negli ultimi anni si è concentrata negli affari balcanici. In seguito allo scambio delle popolazioni tra la Grecia e la Turchia (convenzione di Losanna del 30 gennaio 1923, accordo di Angora del 10 giugno 1930), fenomeno non trascurabile di trasmigrazione forzata di un milione di Greci dalla Turchia e di mezzo milione di Turchi dalla Grecia, le relazioni greco-turche migliorarono e resero possibile un avvicinamento. La Turchia ha avuto parte attiva nella conclusione del patto dell'Intesa balcanica (Atene, 9 febbraio 1934), che ha mostrato essere in relazione con la Piccola Intesa danubiana. Dal Patto balcanico è rimasta però esclusa la Bulgaria, le cui relazioni con la Turchia sono da anni diplomaticamente corrette ma non cordiali. La Turchia dal 1932 è entrata a far parte della Società delle nazioni. Il suo govemo in occasione della conferenza per il disarmo e più tardi, discutendosi a Ginevra il riarmo della Germania (17 aprile 1935), sollevò la questione degli Stretti, i quali erano stati smilitarizzati in virtù del trattato di Losanna. La conferenza di Montreux (22 giugno-20 luglio 1936) ha portato alla firma di una nuova convenzione, che consente, tra l'altro, alla Turchia di riarmare gli stretti. La convenzione commerciale annessa al trattato di Losanna restò in vigore fino al 6 agosto 1929; da questa data la Turchia, riacquistata la libertà di azione in materia doganale, ha concluso nuovi trattati di commercio e applicato nuove tariffe per favorire l'industria nazionale e dal 1931 ha stabilito un diretto controllo sul commercio con l'estero.
Gli atti più rivoluzionarî della nuova Turchia (per l'ordinamento costituzionale v. sopra) dopo l'abolizione del sultanato e la proclamazione della repubblica, sono quelli decisi il 3 marzo 1924 contemporaneamente all'abolizione del califfato: soppressione dei ministeri della Scerìa e dei Waqf e unificazione dell'insegnamento. Queste decisioni, convalidate nel 1928 con la modifica della costituzione (per cui v. sopra: Ordinamento costituzionale) hanno determinato la politica laica dello stato. La Turchia deve tuttora essere considerata come un paese islamico, ma lo stato è laico e la sua politica in molte manifestazioni è irreligiosa. Basterà enumerare la serie dei provvedimenti legislativi che, in base a questa politica, hanno cambiato radicalmente l'ordinamento della società turca: 8 aprile 1924, abolizione dei tribunali della Scerìa; 30 novembre 1925, chiusura delle tekke, delle türbe e delle zaviye; 17 febbraio 1926, approvazione del nuovo Codice civile (traduzione del Codice civile svizzero), con conseguente abrogazione del diritto musulmano anche in tutto ciò che riguarda la famiglia e le successioni; 10 marzo 1926, approvazione del nuovo Codice penale (traduzione del Codice penale italiano); 9 aprile 1928, legge per la laicizzazione dello stato. Un complesso di altre riforme, pur non toccando gli ordinamenti costituzionali, ha accentuato il distacco del popolo turco dalle tradizioni e dagli usi islamici e orientali: agosto 1925, abolizione del fez e obbligo di portare il cappello europeo (Şapka); dicembre 1925, introduzione del calendario europeo e del computo europeo delle ore (già nel 1917 era stato introdotto il calendario gregoriano, ma si continuava a contare gli anni dall'ègira); 24 maggio 1928, introduzione delle cifre europee invece dei numeri arabi; 3 novembre 1928, legge sulla sostituzione del nuovo alfabeto turco-latino a quello arabo; 10 settembre 1929, soppressione dell'insegnamento dell'arabo e del persiano nelle scuole medie; anni 1931-35, movimento per la riforma linguistica per la revisione dell'insegnamento della storia turca con indirizzo nazionalista ad oltranza (v. anche turchi); 3 dicembre 1934, legge che vieta agli ecclesiastici cristiani e agli uomini di religione ebrea e musulmana di portare i loro abiti speciali fuor che nei luoghi e nelle cerimonie del culto; 27 maggio 1935, fissazione del riposo settimanale alla domenica per tutti i cittadini senza riguardo alle confessioni (finora il giorno di riposo ufficiale era il venerdì, giorno festivo dell'islamismo).
Questi provvedimenti si comprendono meglio riepilogando gli avvenimenti di politica interna e la lotta di tendenze e di persone che s'è combattuta in Turchia in questi dodici anni. Mustafà Kemāl (Kemal Atatürk dall'anno 1934, in cui fu approvata la legge per l'introduzione obbligatoria del cognome di famiglia), anche dopo essere stato eletto presidente della repubblica (29 ottobre 1923) restò a capo del "Partito del Popolo" (Halk Fīrkasï) formatosi nel 1923 come erede, ma in senso innovatore e più rivoluzionario, della "Associazione per la difesa dei diritti dell'Anatolia e della Turchia Europea", che aveva raccolto nelle sue file i capi politici e militari nella lotta per l'indipendenza contro i Greci e contro il sultano. Il "Partito del Popolo" governò la Turchia fino al 1924 con ‛Iṣmet Pascià (dal 1934 'Ismet Inonü) primo ministro; alla fine del 1924 si manifestarono sintomi di opposizione; i malcontenti e i dissenzienti costituirono il 17 novembre 1924 un nuovo partito repubblicano progressista presieduto dal generale Kāẓim Qara Bekir Pascià; il ministero ‛Iṣmet si dimise e salì al governo un ministero presieduto da Fetḥī Bey, di tendenze moderate. Il Partito del Popolo, diventato il10 novembre 1924 partito repubblicano del popolo, ebbe però la rivincita l'anno dopo; la rivolta dei Curdi delle provincie orientali (primavera 1925) fece tornare al potere ‛Iṣmet Pascià, che è rimasto primo ministro fino a oggi. Il Partito repubblicano progressista si sciolse; dal 1925 la Turchia non ha avuto che un solo partito, il Partito repubblicano del popolo (Cümhuriyet Halk Fïrkasï), il quale ha segnato le direttive del governo. Il partito ha un'organizzazione vasta che arriva fino ai villaggi e si occupa anche di propaganda sportiva e culturale, disponendo a quest'uopo dell'istituzione detta Halk Evi "Casa del Popolo" sostituitasi nel 1932 al Türk Ocaǧï. I deputati dell'attuale grande assemblea (Kamutay) di Angora sono tutti iscritti a questo partito, tranne 13 indipendenti. Pochi anni or sono si verificò un altro tentativo di stabilire la politica interna del paese su un doppio giuoco di tendenze, facendo sorgere un movimento di opposizione al partito dominante; l'esperimento, che si ritiene suggerito dallo stesso presidente della repubblica, fu condotto da Fetḥī Bey, il quale fondò nel 1930 un partito repubblicano liberale; gli eccessi ai quali diede subito luogo la libertà di discussioni indussero il governo a mettere fine al movimento, che si esaurì lo stesso anno. Tra gli avvenimenti della politica interna della repubblica di Turchia vanno segnalati alcuni fatti, i quali provano come l'azione rivoluzionaria del partito dominante non sia passata senza opposizione: la rivolta dei Curdi del 1925 si fondava sulle aspirazioni di autonomia di quel popolo e trovò facile pretesto nella politica laica del governo; essa fu violentemente repressa allora ed ebbe sporadiche manifestazioni ancora nelle provincie orientali, specialmente nell'insurrezione curda dell'Aǧrï Daǧo Ararat (1931). Un pericoloso movimento di reazione religiosa, prontamente soffocato, sorse a Menemen (Smirne) nel 1931; sporadiche opposizioni all'obbligo di portare il cappello, di usare l'alfabeto turco-latino, di pronunciare in turco l'ezān o appello alla preghiera avvennero negli ultimi anni a Istanbul, a Brussa e in alcune provincie orientali; l'attività delle confraternite musulmane (Naqshibendi e Mevlevi) abolite nel 1925 si può dire effettivamente cessata, nonostante qualche tentativo isolato di sheikh e di pochi adepti.
Le direttive che hanno dominato e continuato a regolare la politica della nuova Turchia consistono essenzialmente nel programma di modernizzamento del paese secondo i sistemi europei, potenziamento delle risorse economiche e rafforzamento dei mezzi di difesa verso l'esterno. Le tendenze personali dei capi e l'esperienza degli ultimi decennî dell'Impero ottomano hanno fatto sì che il modernizzamento fosse avviato verso una completa rottura con le tradizioni del passato e l'eliminazione di tutto ciò che si collegava al regime ottomano, alla civiltà islamica e agli usi orientali. In fondo, tutto questo sforzo è guidato da un forte sentimento nazionalista rivoluziomrio che non manca di eccessi.
Vedi anche: ‛iṣmet pascià; kemal mustafà; ottomano, impero; turchi: Storia; Letteratura.
Bibl.: A. Giannini, L'ultima fase della questione orientale, 1919-1932, Roma 1933; id., Le costituzioni degli stati del vicino Oriente, ivi 1931 (costituzione turca, testo e commento, pp. 426-464); P. di Roccalta, Angora e Kemal Pascià, ivi 1932; C. A. Nallino, La fine del cosiddetto califfato ottomano, in Oriente moderno, IV (1924); R. Hartmann, Im neuen Anatolien, Lipsia 1927; L. Ostrorog, The Angora Reform, Londra 1927; K. Ziemke, Die neue Türkei, Lipsia 1930; M. Pernot, La question turque, Parigi 1923; J. Mélia, Moustapha Kemal ou la rénovation de la Turquie, ivi 1929; A. J. Toynbee, Turkey, Londra 1926, id., Survey of International Affairs, I segg.; Sherrill, Mustafa Kemal, Parigi 1934 (trad. dall'inglese); E. Rossi, Il decennale della repubblica di Turchia, in Oriente moderno, XIII (1933); id., Italia e Turchia, in Italia e il Levante, Roma 1934; H. E. Allen, The Turkish Transformation, Chicago 1935.
Opere in turco: Tarih (storia ufficiale curata dal governo), IV: Türkiye Cümhuriyeti, Istanbul 1931 (traduz. ufficiale in francese: Histoire de la République Turque, ivi 1935); Nutuq (discorso di M. Kemāl), ivi 1927, voll. 2; traduzioni in francese, inglese e tedesco); [Rehber] 1923-1933, ivi 1933 (pubblicazione ufficiale per il decennale della repubblica di Turchia).
Riviste: Oriente moderno, dal 1921; Die Welt des Islams (nei voll. X e segg.; cronaca di G. Jäschke, Die Türkei seit dem Weltkriege).