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TURCHIA

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)
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Turchia


VOL 3 Tab Turchia 01.jpg

'

Geografia umana ed economica

Stato dell'Asia sud-occidentale e, in piccola parte, dell'Europa sud-orientale. Il Paese, che al censimento del 2000 aveva registrato una popolazione pari a 67.803.927 ab., è il più popoloso dell'area mediterranea. La densità media (poco meno di 90 ab./km2 nel 2006) nasconde forti diseguaglianze distributive, che vanno dai 300-400 ab./km2 della Tracia orientale, di alcune aree pontiche e di zone costiere egee e mediterranee, ai 50-60 ab./km2 dell'altopiano centrale e orientale. Le previsioni demografiche, secondo le quali la popolazione turca era destinata ad arrivare ai 95 milioni di ab. nel 2030, si sono ridimensionate, dato l'abbassamento del tasso annuale di crescita: la T., infatti, sembra avviata alla conclusione del processo di transizione demografica e il tasso di fecondità, progressivamente ridotto nel corso degli anni (dal 6‰ degli anni Cinquanta del 20° sec. al 3,5‰ degli anni Ottanta fino all'1,9‰ del 2006), ha raggiunto un valore che consente solamente il ricambio generazionale. Il 29% della popolazione turca è sotto i 15 anni e un'analoga percentuale è data dalla fascia di età compresa tra i 15 e i 29 anni (2005): tale struttura si rispecchia a sua volta nel mercato del lavoro, dove la popolazione in età lavorativa rappresenta oltre 20 milioni di persone, con eccesso di offerta di manodopera e conseguente emigrazione. Le città concentrano la maggior parte degli abitanti e la popolazione urbana risulta in progressiva crescita (dal 59% nel 2000 al 67% nel 2004). La composizione etnica si presenta piuttosto omogenea, con una netta prevalenza di turchi (85,7%) e di curdi (11%).

Dopo la crisi economica attraversata nel 2001, i risultati sono migliorati e il tasso di crescita del PIL si è stabilizzato attorno al 7-8% annuo, mentre l'inflazione è scesa fino a circa l'8%, secondo l'obiettivo posto dal Fondo monetario internazionale. Il 1° gennaio 2005 la T. si è dotata di una nuova moneta (la nuova lira turca), la cui introduzione ha confermato i successi conseguiti dalla politica economica promossa dal governo. Tuttavia l'economia turca resta fragile, in quanto frenata sia da fattori strutturali sia da una situazione geopolitica considerata a rischio. Al tempo stesso la T. non riesce ad attirare capitali stranieri e gli investimenti esteri diretti appaiono nettamente inferiori ai livelli raggiunti dai Paesi dell'Europa centrale, nuovi membri dell'Unione Europea (UE). La T. rimane un Paese povero, con un reddito medio pro capite basso, una disoccupazione elevata (oltre il 10% registrato nel 2005), un debito estero pesante (nel 2003 il servizio del debito ha rappresentato il 38,5% delle entrate delle esportazioni di beni e servizi), mentre l'economia sommersa (stimata a circa il 50% del PIL), i tassi di interesse elevati, la burocrazia, la persistenza della corruzione rappresentano un ostacolo allo sviluppo. Inoltre, rimangono all'interno del Paese significative disuguaglianze, e il reddito medio nella regione di İstanbul rappresenta cinque volte quello dell'Anatolia orientale. Mentre la capitale mostra una crescente vitalità economica con un moltiplicarsi di progetti, invece le periferie delle grandi città, le zone rurali della T. orientale e, in modo particolare, le regioni curde restano caratterizzate da povertà, disoccupazione e accese tensioni politiche.

Nonostante i risultati raggiunti in termini di riforme strutturali, sviluppo economico e rispetto dei diritti umani, permangono alcuni ostacoli all'ingresso della T. nella UE (v. oltre: Storia). L'economia di mercato risulta funzionante, ma vi è ancora necessità di stabilizzazione e di ulteriori riforme, mentre devono diventare più solide le strutture amministrative e giudiziarie e occorre agevolare l'unione doganale. Numerose organizzazioni economiche internazionali hanno contribuito alla realizzazione delle principali riforme strutturali e macroeconomiche del Paese. Nel febbraio 2002 si è concluso un accordo triennale con il Fondo monetario internazionale relativo a un piano di risanamento economico, focalizzato sulla riduzione del debito pubblico e volto a rafforzare il settore privato e il sistema bancario. A tale iniziativa si è affiancata, nel 2003 (ma con riferimento al triennio 2004-2006), la Country Assistance Strategy della Banca mondiale, destinata alla prevenzione di nuove crisi economiche e all'assistenza al rispetto dei criteri di convergenza europei. Le riforme hanno riguardato soprattutto le normative relative agli investimenti esteri e la creazione di nuove imprese, oltre che il mercato del lavoro e la finanza pubblica; privatizzazioni sono state portate avanti soprattutto con riferimento al mercato energetico e delle telecomunicazioni, con la privatizzazione del 55% di Turk Telecom.

Storia

di

L'adeguamento delle istituzioni politiche, economiche e sociali ai parametri richiesti dall'Unione Europea (UE) in vista dell'avvio dei negoziati per l'ingresso della T. come suo Stato membro, costituì nei primi anni del 21° sec. l'obiettivo sul quale si concentrarono tutti gli sforzi della classe politica, non sempre coronati tuttavia da risultati apprezzabili.

In seguito alle elezioni dell'aprile 1999 si era formata una coalizione di governo eterogenea, composta da tre partiti di diverso orientamento ideologico, pur se accomunati sia dalla difesa del laicismo di Stato sia dall'ostilità verso i movimenti islamisti e cioè: il Demokratik Sol Parti (DSP, Partito democratico della sinistra), di centrosinistra, al quale apparteneva il primo ministro B. Ecevit, l'Anavatan Partisi (ANAP, Partito della madrepatria), di centrodestra, e il Milliyetçi Hareket Partisi (MHP, Partito del movimento nazionalista), di estrema destra. All'opposizione si trovavano gli altri due partiti presenti in Parlamento: il Fazilet Partisi (FP, Partito della virtù), islamista; il laico e conservatore Doǧru Yol Partisi (DYP, Partito della giusta via). Il 2000 si aprì con la prospettiva di un importante appuntamento politico: le elezioni presidenziali. Queste furono precedute dai tentativi del governo di far approvare una riforma costituzionale che consentisse la ricandidatura del presidente uscente, S. Demirel (ex leader del DYP), che era stato eletto nel 1993. Il primo ministro Ecevit giunse a chiedere il sostegno del FP, offrendo in cambio la revoca dell'articolo della Costituzione che consentiva l'interdizione di partiti politici (misura che aveva colpito principalmente formazioni islamiste e curde). Tuttavia in Parlamento il progetto non ottenne per due volte (marzo e aprile) l'indispensabile maggioranza di due terzi dei voti. Di conseguenza il governo decise di sostenere la candidatura del giudice Ah.N. Sezer, presidente della Corte costituzionale (in T. uno dei bastioni del laicismo), il quale venne eletto dal Parlamento il 5 maggio con 330 voti su 550.

Siglato un accordo di partnership con la UE (dic. 2000), nel marzo 2001 il ministro delle Finanze, K. Derviş, rendeva noto un piano di risanamento che avrebbe dovuto portare alla soluzione della grave crisi finanziaria che il Paese stava attraversando ; nello stesso mese il governo pubblicava un dettagliato programma di riforme in ambito economico (inclusa una profonda ristrutturazione del settore bancario), sociale e amministrativo. In primo piano era, inoltre, la prospettiva di alcune radicali modifiche del sistema legale, previste nell'accordo con la UE, in particolare l'abolizione della pena di morte e la garanzia della libertà di opinione e di associazione. Tuttavia in giugno il FP venne messo fuori legge dalla Corte costituzionale perché ritenuto colpevole di aver fomentato l'odio religioso. L'ala più tradizionalista e conservatrice del movimento islamista, guidata da R. Cutan, segretario generale del FP, nei due mesi successivi diede vita al Saadet Partisi (SP, Partito della felicità), mentre l'ala più pragmatica e riformista, guidata dall'ex sindaco di İstanbul R.T. Erdoǧan e da A. Gül, formò l'Adalet ve Kalkınma Partisi (AKP, Partito della giustizia e dello sviluppo).

Per soddisfare le richieste della UE, in ottobre il Parlamento approvò 34 emendamenti alla Costituzione, tra cui: la riduzione dei poteri della polizia; la libertà di esprimere qualsiasi opinione, anche contrastante con i principi della Costituzione; il diritto per la popolazione curda di utilizzare la propria lingua, tranne che nei campi dell'amministrazione, dell'istruzione e della radio-televisione pubblica. Nel mese successivo, novembre, una revisione del codice civile sanciva, inoltre, parità di diritti tra uomini e donne. Nei fatti il processo di democratizzazione però si dimostrava ancora molto difficile: nel gennaio del 2002 la Corte costituzionale interdisse a Erdoǧan (a causa di una condanna da lui subita nel 1999 per le parole pronunciate durante un discorso ufficiale) la candidatura alle future elezioni parlamentari, e quindi la possibilità di essere eletto primo ministro; in settembre un rapporto realizzato da Amnesty International rendeva noto che il ricorso alla tortura rimaneva una pratica assai diffusa nel Paese.

Le elezioni legislative di novembre registrarono l'inattesa vittoria dell'AKP, il quale ottenne il 34,3% dei voti e 363 seggi (l'altro partito islamista, il SP, ebbe soltanto il 2,5%, e nessun seggio; nel 1999 il FP aveva avuto il 15,4% e 111 seggi), seguito dal Cumhuriyet Halk Partisi (CHP, Partito repubblicano del popolo), laico e socialdemocratico, con il 19,4% e 178 seggi (8,7% e nessun seggio nel 1999). I residui 9 seggi vennero assegnati a candidati indipendenti; infatti, in seguito allo sbarramento del 10% fissato dalla legge elettorale, non ottennero alcun seggio quattro dei cinque partiti che erano presenti in Parlamento nella precedente legislatura: il DYP (9,5%; 12% e 85 seggi nel 1999), il MHP (8,3%; 18% e 129 seggi), l'ANAP (5,1%; 13,2% e 86 seggi) e il DSP (1,2%; 22,2% e 136 seggi). La scena politica uscì dalle elezioni profondamente mutata sotto diversi aspetti: si trovavano esclusi dalla rappresentanza parlamentare quasi tutti i partiti che avevano fatto parte di un governo a partire dalla fine degli anni Settanta; per la prima volta un partito islamista aveva la maggioranza assoluta dei seggi ed era quindi in grado di governare da solo. Il governo monocolore venne formato da Gül, nominato primo ministro ad interim per il periodo necessario all'attuazione di una riforma costituzionale che consentisse di annullare l'interdizione che gravava su Erdoǧan. La riforma venne approvata in dicembre; il 9 marzo 2003 Erdoǧan era eletto membro del Parlamento, e due giorni dopo nominato primo ministro.

In giugno e in luglio, sempre in seguito alle richieste della UE, il Parlamento approvò un'altra serie di emendamenti alla Costituzione: il diritto all'uso della lingua curda era esteso alle scuole e ai programmi radio-televisivi pubblici; la definizione legale di attività terroristica veniva ristretta, in modo da escluderne alcune organizzazioni curde e marxiste; veniva promulgata un'amnistia per diversi militanti incarcerati della principale formazione indipendentista curda, il Partiya Karkerên Kurdistan (PKK, Partito dei lavoratori del Kurdistan). Tuttavia il Paese rimaneva al centro dell'attenzione internazionale per le violazioni dei diritti umani; in gennaio, Human Rights Watch e Amnesty International avevano stimato che lo sciopero della fame dei detenuti politici, in corso dal novembre 2000 in circa 20 prigioni per protesta nei confronti del regime carcerario, avesse già provocato 104 vittime. Anche nella questione curda si annunciavano delle nuove tensioni; in settembre il PKK proclamava la fine del 'cessate il fuoco' dichiarato unilateralmente nel febbraio 2000 dal suo leader A. Öcalan.

Il 15 e il 20 novembre alcuni gravi attentati colpirono la città di İstanbul: quattro camion furono fatti esplodere dinanzi a due sinagoghe della città, al quartier generale della banca anglocinese Hong Kong and Shangai Banking Corporation e al consolato britannico, causando in totale 56 vittime e ca. 750 feriti. La responsabilità degli atti terroristici fu attribuita a una cellula di fondamentalisti turchi collegata alla rete di al-Qā̔ida.

Nell'aprile 2004 il Parlamento europeo votava a larga maggioranza una risoluzione in cui si denunciava la lentezza con cui la T. si adeguava alle condizioni richieste dalla UE; particolari preoccupazioni venivano espresse in merito al perdurare della pratica della tortura e della persecuzione delle minoranze. Il mese successivo il Parlamento turco approvava un'altra serie di emendamenti alla Costituzione: era abrogata la pena di morte, venivano aboliti i tribunali speciali antiterrorismo e si stabiliva per la prima volta il controllo parlamentare sul bilancio delle Forze armate. Nel marzo del 2005 la UE esprimeva un'aperta condanna nei confronti della polizia turca per la violenta repressione delle manifestazioni non autorizzate svoltesi in occasione della Giornata della donna. La tensione venne aggravata da altri contrasti: alcuni Paesi della UE proposero di imporre alla T., come ulteriore condizione per la prosecuzione dei negoziati, di riconoscere come genocidio (e non come conseguenza indiretta della guerra allora in corso tra T. e Russia, secondo quanto era affermato dall'interpretazione ufficiale turca) l'uccisione di 1-1,5 milioni di Armeni, nel 1915-16, da parte delle autorità dell'impero ottomano; la proposta venne aspramente contestata dal governo e dallo stesso presidente Sezer. L'eventuale ammissione della T. nella UE, inoltre, sembrava assumere un ruolo destabilizzante all'interno della stessa Unione; fu infatti uno dei fattori che motivarono l'esito negativo dei referendum sulla Costituzione europea tenutisi in maggio in Francia e nei Paesi Bassi.

Sebbene in giugno venisse introdotto il nuovo codice penale (una delle condizioni dettate dalla UE), gli ostacoli sulla via dell'integrazione nell'Unione erano tutt'altro che superati. In agosto alla T. giungeva il monito che l'inizio dei negoziati, previsto per l'ottobre 2006, sarebbe stato rimandato qualora il Paese non avesse riconosciuto il governo greco-cipriota. Le posizioni più severe furono assunte da Austria e Francia, che prospettarono l'ipotesi di un referendum in merito a questa specifica questione. In novembre si tornava a condannare in maniera decisa il perdurare sia di violazioni dei diritti umani sia di discriminazioni nei confronti delle donne e delle minoranze etniche e religiose. A portare la T. al centro dell'attenzione mondiale contribuì, inoltre, il processo intentato in dicembre contro lo scrittore O. Pamuk, per la sua aperta presa di posizione sulle responsabilità dell'impero ottomano nello sterminio degli Armeni, stigmatizzata dal governo come 'denigratoria' nei confronti del Paese. Nello stesso periodo la T. veniva condannata dalla Corte europea dei diritti umani a risarcire centinaia di milioni di dollari ai greco-ciprioti che erano stati espropriati delle loro terre in seguito all'invasione turca della parte settentrionale dell'isola (1974).

Nel Sud-Est del Paese (zona la cui popolazione era in maggioranza di lingua curda) erano intanto ripresi gli scontri tra i guerriglieri del PKK e l'esercito, che furono particolarmente violenti tra l'estate del 2005 e quella del 2006; il PKK ricorse inoltre agli attentati, anche contro turisti occidentali (luglio 2005, agosto 2006). Altri attentati vennero d'altra parte compiuti da organizzazioni clandestine turche di estrema destra contro la popolazione curda (maggio-giugno 2006). L'aggravarsi della situazione nella zona curda condusse inoltre a estese proteste popolari contro le forze dell'ordine, proteste che sfociarono talvolta in vere rivolte (ottobre-novembre 2005, marzo-aprile 2006).

Nel maggio 2006 la T. ritirava i suoi ambasciatori dalla Francia e dal Canada, Paesi che avevano offerto il loro sostegno alla richiesta avanzata dal governo armeno che lo sterminio degli Armeni venisse classificato come genocidio dall'intera comunità internazionale; il Parlamento francese giunse ad approvare in ottobre una legge che ne classificava come reato la negazione.

L'immagine della T. venne ulteriormente danneggiata dal mancato riconoscimento del governo greco-cipriota. Da parte di alcuni Paesi dell'Unione, in particolare la Germania, si moltiplicavano le pressioni affinché si abbandonasse del tutto il piano di integrazione della T., a favore di una condizione di partnership privilegiata. In dicembre la UE decideva, "a seguito delle inadempienze turche", di sospendere per un anno le trattative con la T. sulla maggior parte delle questioni in esame.

Turkey and european integration: accession prospects and issues, ed. M. Uğur, N. Canefe, London-New York 2004; M. Introvigne, La Turchia e l'Europa: religione e politica nell'Islam turco, Milano 2006; A. Rosselli, Sulla Turchia e l'Europa, Chieti 2006. *

Vedi anche
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Vocabolario
turco²
turco2 turco2 〈türkó〉 s. m., fr. [dall’ital. turco1, perché fino al 1830 l’Algeria dipendeva dalla Turchia]. – Fuciliere indigeno dell’esercito francese d’Africa.
turco¹
turco1 turco1 agg. e s. m. (f. -a) [dall’arabo turk (plur. di turkī) «le genti turche», che è dal pers. turkī o turk; in turco osmanico türk «turco»] (pl. m. -chi). – Della Turchia, stato storico e moderno, attualmente esteso, attraverso...
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