TURDETANI
I Turdetani non sono altro che i Tartessî e il popolo della valle del Guadalquivir. Sono chiamati nelle vecchie fonti greche Tartessî e dalle guerre puniche in poi generalmente Turdetani (per la prima volta nel 195). Si sono voluti distinguere i Turdetani dai Turduli credendosi che questi fossero i vicini al NO., ma pare più probabile che non si possa stabilire differenza fra i due nomi.
Bisogna intendere che i Turdetani in senso stretto sono propriamente gli abitanti della valle inferiore del Guadalquivir e delle montagne che dividono le attuali provincie di Cordova e Siviglia dal mare (i Tartessî del Periplo presso Avieno) e che gli altri popoli di Andalusia (che nel Periplo o in Ecateo hanno un altro nome e che dopo le guerre puniche sono denominati anche essi Turdetani) sono popoli affini la cui personalità si è perduta a poco a poco sopravvivendo soltanto il nome del popolo principale. Nel Periplo i vecchi Tartessî parevano dominare le altre tribù che fino all'epoca romana conservarono la loro personalità nell'Andalusia orientale e nel SE. della Spagna, giungendo il limite dell'impero tartessico fino al fiume Alebus (Vinalapó; prov. di Alicante) inclusi i Mastieni di Mastia (la posteriore Carthago Nova) e i Bastetani delle provincie di Granata, Almeria e Murcia (che nel Periplo non sono menzionati, attribuendosi il loro territorio ai Mastieni), e probabilmente anche gli Oretani delle regioni montagnose dell'alto Guadalquivir e del S. della Mancha. L'identità della civiltà iberica di tutte le regioni andaluse pare confermare l'intima relazione etnica dei popoli andalusi. I Turdetani sono discendenti dei popoli preiberici rappresentanti delle vecchie civiltà preistoriche del Guadalquivir, anche essi d'origine africana, iberizzati probabilmente per le infiltrazioni d'Iberi della provincia di Almeria durante l'età del bronzo (secondo millennio).
Dopo il periodo di sottomissione ai Fenici e di alleanza con i Focesi nel sec. VI, dopo la battaglia di Alalia (535; v. tartesso) comincia l'influsso cartaginese che chiude il mare occidentale alle navigazioni greche facendo cadere, fra le battaglie di Alalia (535) e di Himera (480), prima Tartesso e poi la colonia greca di Mainake. Non sembra però che si possa parlare fino al sec. III di un vero dominio cartaginese dell'interno, dove fiorisce la civiltà e l'arte indigena con potente influsso greco: i Greci dovevano proseguire il commercio con le regioni minerarie dell'alta Andalusia per via di terra. Prima del 240 a. C. i Cartaginesi erano riusciti a dominare i Turdetani anche nell'interno, e allora, dopo una rivolta favorita dall'alleanza degl'Iberi con i Massalioti, i Barcidi dovettero ricostituire il dominio cartaginese.
Per le vicende della conquista romana e per l'ulteriore storia dei Tuderteni, v. spagna: Storia, XXXII, p. 217 segg.
Fuori dell'Andalusia vi erano alcune città in Lusitania a S. del Duero, che appartenevano ai Turduli veteres, forse ivi stabiliti per effetto di un'antica colonizzazione di data imprecisabile.
I Turdetani erano i più civili tra i popoli della Spagna, quali eredi della vecchia civiltà tartessia sorta su una base indigena assai sviluppata (arte rupestre del Paleolitico e del Neolitico, civiltà del bicchiere a campana e dei grandi sepolcri megalitici dell'Eneolitico, civiltà dell'Argar e della fine dell'età del bronzo) per l'influsso delle colonie fenicie e greche. La civiltà tartessia è nota fra il sec. VI e il III dai santuarî con bronzi votivi (Despeñaperros e Castellar de Santisteban), dalle grandi necropoli con vasi dipinti (Los Alcores de Carmona, Amledinilla, Fuente Tojar, Galera, Toya, ecc.), dalla plastica (rilievi di Osuna, ecc.), dalle armi e dai gioielli, ma continua nei primi secoli della dominazione romana (tesoro di Mogon, patera d'argento di Santisteban del Puerto, ecc.), assimilandosi a poco a poco alla civiltà dei dominatori. Nell'età imperiale sono da notare in territorio turdetano i monumenti di Italica, Hispalis, Carmo, Belo, ecc., le leggi scritte nelle tavole di bronzo di Osuna (Colonia Genetiva Julia), Salpensa, Bonanza, Malaca ed altre opere d'arte romana, come anche l'origine dal territorio turdetano di scrittori romani illustri (i Balbi, Seneca, Columella, Mela, Lucano) e d'imperatori (Traiano, Adriano). Prima del dominio romano avevano leggi scritte in versi e poemi ed erano noti per le loro navigazioni, per la fiorente agricoltura e per le miniere, come per la loro organizzazione sociale con una potente nobiltà e una divisione del popolo in 7 classi. Nella loro religione si parla di divinità astrali: la dea lunare di Mainake, col suo tempio, Venere (lux divina) del santuario di Ebora (Sanlucar de Barrameda), chiamata anche Phosphoros e identificata a Juno Lucina, la Venere marina di Gades e la divinità del mondo dei morti di Huelva.
Bibl.: A. Schulten, Tartessos. Ein Beitrag zur ältesten Geschichte des Westens, Amburgo 1922; P. Bosch Gimpera, Etnología de la península ibérica, Barcellona 1932; A. Menendez Pidal, Historia de Espana, II, Madrid 1935, con i capitoli di Bosch e Aguado, La conquista de España por Roma; di M. Torres, La península hispánica, provincia romana, e di J. R. Melida, El arte de España durante la época romana. V. inoltre le opere generali indicate alla bibl. di spagna: Storia, XXXII, p. 250 (Antichità).