TURISMO
(XXXIV, p. 556; App. II, II, p. 1050; III, II, p. 1001; IV, III, p. 707)
Dal punto di vista economico il settore turistico sta assumendo un ruolo sempre più rilevante collocandosi, a livello internazionale e in termini di esportazioni, al terzo posto, dopo il settore energetico e quello automobilistico. Secondo le stime dell'OMT (Organizzazione Mondiale del Turismo) per il 1993, il suo contributo al prodotto lordo su scala mondiale è stato pari a circa 2000 miliardi di dollari (ovvero pari al 15% delle vendite globali sui servizi). Il volume degli arrivi, sempre a livello mondiale, è stato di circa 500 milioni di persone, e ha generato un volume di entrate pari a 325 milioni di dollari. Inoltre il settore occupa più di 100 milioni di persone, di cui circa i 2/3 concentrati nel comparto ricettivo. Il mercato turistico manifesta la peculiarità intrinseca di comprendere al proprio interno attività estremamente variegate ed eterogenee, quali: attività di trasporto, attività ricettive (hotel, residence, campeggi, agriturismo, seconde case, ecc.), attività di intermediazione (tour operators, agenzie di viaggi), attività di ristorazione, nonché un vasto insieme di attività specifiche (musei, impianti sportivi, parchi tematici, stabilimenti termali, centri congressuali, ecc.). Un esempio di tale complessità emerge dall'analisi della domanda, che si articola in una molteplicità di tipologie (marina, lacuale, montana, termale, sportiva, congressuale, d'affari, ecc.), spesso interrelate tra di loro, determinate da un insieme di motivazioni estremamente diversificato. Infatti, i consumi turistici riguardano allo stesso tempo il soddisfacimento di bisogni appartenenti alla sfera di necessità ''quotidiane'' dei consumatori, quali il vitto, l'alloggio e il trasporto, e il soddisfacimento di un insieme di bisogni complementari, connessi più strettamente con le ''motivazioni turistiche'' del viaggio, che si identificano con la pratica di sport, la visita ad attrattive specifiche (naturali, culturali, storiche, artistiche) e la partecipazione a eventi. La domanda turistica ha, quindi, esigenze ampie e diversificate che sono soddisfatte da una pluralità di operatori, talvolta appartenenti a settori diversi da quello del t., pur se a esso strettamente collegati. Inoltre, una parte non secondaria dei consumi turistici, in particolare quelli inerenti all'utilizzo delle risorse locali, ai trasporti e ai servizi pubblici, si caratterizza per far parte di beni a ''consumo collettivo'', ovvero la cui produzione non è oggetto di offerta privata, ma rientra tra le competenze del settore pubblico. Da queste premesse si evince che il prodotto turistico è composto da una molteplicità di fattori, materiali e immateriali, che coinvolgono, direttamente o indirettamente, una parte rilevante delle strutture e delle risorse, pubbliche e private, di un'area specifica. L'obiettivo primario a cui deve tendere l'offerta turistica di una località è quindi quello di istituire un'opportuna integrazione delle diverse componenti affinché esso sia percepito come un prodotto unico e ben identificato e non come un insieme di servizi disomogenei. Ciò significa integrare i servizi prodotti dalle strutture private con quelli − come la pubblica sicurezza, i trasporti, la tutela ambientale − oggetto dell'intervento pubblico. A questo fine, data la complessità delle componenti del mercato turistico e la molteplicità di competenze di riferimento, nonché la lontananza fisica tra il luogo di provenienza della domanda e il luogo di consumo del prodotto (ovvero la località turistica), assume particolare importanza l'implementazione di sistemi informativi sul t. (Osservatorio del turismo) che permetta agli operatori pubblici di programmare le azioni di governo e le politiche di controllo e di sviluppo, e agli operatori privati di definire le adeguate strategie di marketing e di promozione.
La necessità di integrare fattori sempre più eterogenei e differenziati è una delle peculiarità del mercato turistico di questi ultimi anni. In quest'ottica, hanno assunto particolare importanza la tutela dell'ambiente e il controllo degli effetti ambientali negativi. La qualità dell'ambiente (inteso nell'accezione più ampia del termine, di ambiente naturale, culturale e storico-sociale) costituisce una componente dell'offerta turistica a cui la domanda pone una particolare attenzione. Ciò ha determinato la necessità di un controllo costante da parte degli operatori, in primo luogo quelli pubblici, della situazione ambientale locale, con particolare riguardo agli effetti negativi che si possono determinare in seguito al superamento della soglia della capacità di carico della località turistica. La capacità di carico indica il numero di turisti oltre il quale si genera un degrado del prodotto turistico offerto, a causa di esternalità negative quali sovraffollamento, degrado dell'ambiente naturale, architettonico, sociale ed eccessivo consumo di risorse non riproducibili. Il controllo del superamento del limite di capacità di carico dev'essere necessariamente oggetto di un'azione integrata tra gli operatori pubblici e privati, mediante la creazione di sistemi-rete, a testimonianza di come la collaborazione tra il settore pubblico e quello privato e l'integrazione tra le diverse componenti del prodotto turistico costituisca un fattore imprescindibile per lo sviluppo del settore turistico, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo.
Il fenomeno turistico ha forti connotazioni localizzative, dovute al fatto che la fruizione del prodotto avviene necessariamente nell'area in cui sono presenti le risorse; tuttavia l'attività turistica si svolge in un contesto altamente internazionalizzato ed è estremamente sensibile alle influenze del mercato economico nazionale e internazionale. Gli sviluppi tecnologici nei trasporti e nell'informazione hanno accresciuto la situazione di concorrenza tra aree turistiche a livello mondiale, mediante l'accesso di nuove destinazioni turistiche, una volta ritenute inaccessibili (i mezzi di trasporto attuali hanno non solo offerto la possibilità di raggiungere facilmente qualsiasi luogo del pianeta, ma, in virtù dei minori costi di spostamento e della riduzione dei tempi di trasporto, hanno anche radicalmente modificato la stagionalità delle vacanze: mentre fino agli anni Settanta la vacanza classica era concentrata in un unico periodo nell'arco dei mesi estivi, dagli anni successivi c'è stato un accorciamento della durata delle vacanze e una loro distribuzione in due o più periodi di diversi momenti dell'anno) e la continua innovazione delle località turistiche esistenti, innovazione che si è indirizzata anche verso nuove forme di t. (si pensi, ad esempio, ai parchi tematici). Le conseguenze più importanti di tale internazionalizzazione del mercato turistico sono state da un lato una crescita notevole dei servizi di intermediazione turistica (in primo luogo i tour operators e le agenzie di viaggi) e dall'altro lo sviluppo di un'offerta turistica molto flessibile e diversificata. In tale contesto va sottolineato anche il ruolo crescente assunto dalle forme di tutela del consumatore, messe in atto anche in seguito al recepimento di direttive definite a livello comunitario. Lo sviluppo dell'offerta turistica, oltre che attraverso il ricorso all'innovazione tecnologica (sistemi informativi di prenotazione, di distribuzione delle informazioni, ecc.), deve necessariamente passare attraverso la qualificazione delle risorse umane, che nel t. riveste particolare importanza, come del resto in tutto l'ambito dei servizi, data l'alta intensità del fattore lavoro presente. Tuttavia, lo sviluppo della professionalità delle risorse umane impiegate nel turismo non è stato supportato, almeno in Italia, da un adeguato sviluppo della formazione professionale, in quanto, se si esclude la formazione di base effettuata nelle scuole professionali di stato (istituti alberghieri, istituti per operatori turistici e altre scuole secondarie), risulta essere ancora molto limitata la formazione manageriale e di quadri intermedi. I primi corsi per diplomati, l'istituzione di scuole dirette a fini speciali (lauree brevi) e di corsi di laurea e post lauream risalgono solamente alla fine degli anni Ottanta.
La connotazione di fenomeno locale del t. genera anche conseguenze di rilievo sul piano dell'economia territoriale, in particolare per quanto riguarda gli effetti economici diretti, indiretti e indotti dall'attività turistica. Spesso accade che gli effetti economici più importanti in termini di produzione di reddito e di occupazione si riversino in parte anche all'esterno dell'area turistica mentre la popolazione residente ne sopporta tutti gli effetti negativi. Ciò si presenta in misura particolarmente rilevante nei paesi in via di sviluppo. Per essi il t. può indubbiamente costituire un importante fattore di crescita, attraverso il quale incrementare le entrate valutarie, l'occupazione e i redditi. Per contro, si sono verificati frequenti incrementi incontrollati del settore turistico che hanno provocato danni irreversibili all'ambiente naturale e socio-culturale e hanno creato effetti marginali sulle economie locali: gli investimenti effettuati mediante capitali stranieri infatti hanno avuto ricadute minime sul paese ospitante, mentre si sono imposti spesso modelli di insediamento e di consumo del tutto estranei alle tradizioni e culture locali (una forma conosciuta con il termine di ''neocolonialismo'').
Il controllo sugli effetti degli investimenti stranieri e, per contro, la creazione di un sistema di regole che non limiti tali investimenti con arbitrarie misure protezionistiche è il principale problema dell'internazionalizzazione del settore turistico che, in un'ottica di sempre maggiore globalizzazione dei mercati mondiali, non può più essere evitato. Una soluzione a questo genere di problematiche, che porterà il mercato turistico internazionale a una sempre maggiore liberalizzazione, pur se controllata, proviene dal nuovo accordo GATS (General Agreement on Trade and Services), firmato nell'ambito del più generale accordo GATT (General Agreement on Trade ad Tariffs) a Marrakech nell'aprile 1994. Le finalità dell'accordo GATS sono di stabilire un sistema di regole che garantisca uno sviluppo positivo e controllato dell'intero mercato dei servizi, di cui il t. costituisce una parte molto rilevante. Per il perseguimento di tali finalità si è decisa la nascita di un nuovo organismo internazionale (WTO, World Trade Organisation; v. in questa Appendice) con la funzione di preparare il terreno per la creazione del sistema di regole suddetto − che dovrà essere siglato mediante un insieme di accordi multilaterali tra tutti gli stati firmatari del GATS − e di controllo sulla loro corretta applicazione, generando così le condizioni per una reale globalizzazione del mercato turistico in una prospettiva di competitività delle imprese turistiche.
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Legislazione italiana. - L'attenzione dedicata nell'ultimo ventennio al t. da parte dei pubblici poteri è stata notevole, in considerazione della crescente importanza del settore nell'economia nazionale. Tuttavia le molte riforme attuate, comprese le più incisive, non sembrano aver mutato quel senso d'insoddisfazione che aveva contraddistinto gli anni Sessanta e Settanta. La regionalizzazione delle funzioni − varata nel 1972 e completata nel 1977 − ha lasciato sussistere numerose zone d'ombra, dovute in primo luogo alla carenza di un idoneo coordinamento dei diversi soggetti pubblici interessati e alla totale assenza di un piano razionale e organico di sviluppo.
A questa situazione ha in un primo tempo tentato di rimediare la legge quadro sul turismo, emanata nel 1983 (l. 17 maggio n. 217), che apportava innanzitutto una semplificazione al problema dell'amministrazione turistica locale, rimasto sospeso con le norme di trasferimento. In effetti, quest'ultime (e in particolare il d.P.R. n. 616 del 1977) si limitavano a porre alle dipendenze delle regioni gli enti turistici locali, ma senza precisare quali forme dovesse assumere il loro eventuale riordinamento. La legge del 1983, al contrario, ha chiamato i legislatori regionali a istituire le nuove Aziende di Promozione Turistica (APT), in luogo dei precedenti Enti Provinciali per il Turismo (EPT) e delle Aziende autonome di cura, soggiorno e turismo, che sono dichiarate soppresse. La legge si limita però a fissare una struttura tipica valida per tutto il territorio dello stato lasciando ampia discrezionalità alle regioni in ordine agli ambiti territoriali dei nuovi enti, alle loro modalità di intervento, e alla natura giuridica degli stessi organismi. Tutte questi elementi sono stati concordemente criticati in dottrina, perché evasivi del problema del coordinamento con gli enti territoriali minori e affermanti, viceversa, una strumentalità degli enti rispetto alle regioni, contraria al dettato costituzionale (art. 118 Cost.). Né, più di recente, il nodo è stato sciolto dal nuovo ordinamento delle autonomie locali (l. 8 giugno 1990, n. 142) che, nonostante le molte aspettative suscitate in sede di dibattiti preparatori, ha eluso del tutto la questione.
Altro aspetto rilevante della normativa del 1983 è l'istituzione di un Comitato di coordinamento per la programmazione turistica, affiancato da un comitato consultivo di esperti, per formulare pareri e proposte al Comitato di coordinamento. Rispetto al precedente Consiglio centrale del turismo istituito nel 1960, il Comitato non risulta incardinato presso il ministero del Turismo, ma si presenta, sia nella composizione che nelle funzioni, come lo strumento del pluralismo autonomistico definitivamente affermatosi. Il Comitato infatti raccoglie solo i soggetti direttamente responsabili della politica turistica: lo stato, per quanto residua sul versante politico e di alta amministrazione, e le regioni. Lo stato è rappresentato dal presidente del Consiglio −o dal ministro competente da lui delegato, con funzioni di presidente; le regioni dai presidenti delle giunte regionali, ordinarie e speciali, e dai presidenti delle giunte provinciali di Trento e Bolzano. Dal lato delle funzioni, il Comitato si pone poi come il vero centro direzionale della politica turistica nazionale: è il luogo di definizione della programmazione nazionale e settoriale; indica le finalità prioritarie in base alle quali le regioni utilizzano i contributi aggiuntivi concessi dallo stato; decide in merito alla convocazione della Conferenza nazionale del turismo, per compiere verifiche dei problemi del settore e suggerire i provvedimenti relativi.
L'assetto dei pubblici poteri in materia turistica delineato nel 1983 ha lasciato comunque impregiudicata tutta una serie di questioni, tanto da far parlare al riguardo di semplice avvio di tendenze riformatrici, piuttosto che di un organico punto di arrivo. In particolare, nella legge non vi è alcun accenno all'Ente Nazionale Italiano per il Turismo (ENIT), per il quale la miniriforma attuata nel 1981 (con la l. n. 648) si limitava a estendere la partecipazione delle regioni nella gestione, ma senza affrontare in maniera sostanziale il ruolo dell'ente nelle mutate condizioni nazionali e internazionali.
I punti più contestati riguardavano l'esigua dotazione finanziaria − appena sufficiente a coprire le spese correnti, ma inadeguata a perseguire qualsiasi iniziativa promozionale − e l'inclusione dell'ENIT nel novero degli enti retti dalla l. n. 70 del 1975 sul parastato, del tutto inopportuna rispetto alla fisionomia manageriale richiesta dai compiti assegnatigli dall'ordinamento. Solo nel 1990 (l. 11 ottobre n. 292), a consuntivo di diverse iniziative maturate negli anni Ottanta allo scopo di rendere l'ENIT l'''Azienda Italia per la promozione'', l'istituto è stato fatto oggetto di un'ampia ristrutturazione. Con essa l'ENIT ha visto notevolmente accresciuta la propria capacità di diritto privato, al punto da avvicinarsi − pur in mancanza di una formale dichiarazione da parte del legislatore − al modulo dell'ente pubblico economico.
Un'ulteriore carenza della legge quadro del 1983 atteneva alle strutture e agli aspetti operativi del ministero del Turismo e dello Spettacolo, lasciati pressoché integri dalla normativa in questione. Superando in maniera radicale e repentina diversi progetti in discussione, il problema ha trovato soluzione sull'onda delle iniziative referendarie che hanno segnato la fine della xi legislatura. Dopo che con sentenza n. 35 del 1993 la Corte costituzionale aveva dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare avanzata dai delegati regionali per l'abrogazione della legge n. 617 del 1959 ("Istituzione del ministero del Turismo e dello Spettacolo"), la consultazione popolare − indetta per il 18 aprile 1993 e i cui risultati sono stati accolti con il successivo d.P.R. n. 175 − ha sancito l'abrogazione del ministero con 28.512.168 voti favorevoli (pari al 82,2%) e 6.187.846 contrari (17,8%).
Il vuoto legislativo venutosi a creare al seguito del referendum non ha trovato una rapida soluzione: il D.L. 4 agosto 1993 n. 273, che a tale lacuna avrebbe voluto ovviare e che è stato successivamente reiterato, con minori varianti, anche nel corso della xii legislatura, è stato convertito solo con la l. 30 maggio 1995 n. 203. Il nuovo assetto ivi delineato prevede nei suoi punti più qualificanti: il totale trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative prima esercitate dal ministero; un più stretto inserimento della Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome nella definizione della politica del t.; l'attribuzione al Dipartimento del turismo della Presidenza del consiglio delle residue funzioni statali (partecipazione dell'Italia alle organizzazioni multilaterali e all'elaborazione e attuazione delle politiche comunitarie; attività di coordinamento e di indirizzo nei confronti delle regioni; disciplina e classificazione delle imprese turistiche); il riordinamento dell'ENIT, attraverso una diversa enfatizzazione delle proprie competenze in materia di promozione turistica all'estero e una ridefinizione verticistica e manageriale degli organi direttivi.
Rispetto all'andamento di fenomeno di massa assunto dal t. a partire dagli anni Sessanta, il periodo più recente ha visto, in uno con la sua espansione, anche un'innovativa diversificazione: si pensi allo sviluppo del t. sociale, affidato quasi integralmente ad associazioni senza scopo di lucro; alle forme di t. finalizzate al riequilibrio del territorio agricolo e allo sviluppo delle zone rurali (il cosiddetto agriturismo, che è stato disciplinato in Italia dalla l. 5 dicembre 1985 n. 730); alla nascita delle domande turistiche specifiche (t. d'affari, t. di studio); alla specializzazione assunta dai profili professionali del t. (con la rilevanza giuridica rivestita dal tour operator, l'imprenditore teso alla preparazione di un intero viaggio organizzato, il tour package, e alla conclusione di diversi contratti, e pertanto inassimilabile alla tradizionale figura dell'intermediatore di viaggi).
Queste innovative specificazioni assunte dai fenomeni turistici hanno trovato una qualificata sede di risonanza all'interno degli organismi comunitari europei. Sebbene il t. non figuri tra le materie espressamente attribuite alla comunità dal Trattato di Roma né in quelle dell'Atto unico europeo, a partire dal 1983 gli organi comunitari si sono fatti promotori di un'articolata proposta di politica europea del t., che ha avuto la propria consacrazione nella proclamazione del 1990 come ''Anno europeo del turismo'' (AET). Gli interventi comunitari in materia hanno avuto in vista soprattutto due obiettivi principali: da un lato, la ''destagionalizzazione'' e il ''decongestionamento'' del fenomeno turistico, attraverso il sostegno, anche finanziario, alle forme alternative di t. sviluppatesi in questi ultimi anni; dall'altro, la tutela del turista consumatore, specie in forme indirette, nel contesto di misure più generali volte a disciplinare settori della vita economica e sociale connessi a quello turistico. Degli indirizzi principali della politica turistica della Comunità, con particolare riguardo agli strumenti giuridici di natura civilistica prescelti per la tutela del consumatore, il nostro legislatore sembra però aver colto solo in minima parte il significato (si veda, per esempio, la l. 25 agosto 1991 n. 284, che ha liberalizzato i prezzi delle strutture ricettive).
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