TURKESTAN (A. T., 66-67, 73-74, 92, 93-94, 103-104)
S'intende con questo nome il complesso dei territorî compresi, grosso modo, fra il margine meridionale delle steppe siberiane, l'Altai, il Gobi, l'alto cercine montuoso che dal Nan-shan per il Hindu-Kush si continua fino al Caspio, e le bassure che frangiano questo mare fino al corso dell'Ural.
Il paese designato col nome Turkestan (esattamente Türkestān o Türkestān: composto di Türk e del suffisso iranico -istān, significa "luogo, paese abitato dai Turchi") variò con le successive migrazioni dei Turchi e ebbe diversa estensione nei diversi tempi secondo l'ampiezza delle conquiste turche (v. appresso: Storia). "Turkestan" corrisponde nel significato al termine "Turchia", che si trova usato dagli scrittori bizantini per designare il territorio abitato dai Turchi (Τουρκία in Menandro Protector, Fragmenta Hist. Graec., Müller, IV, p. 228) e che si mantenne nell'uso occidentale per indicare il paese dei Turchi nell'Asia centrale (la Gran Turchia di Marco Polo) e poi più tardi l'Asia Minore dei Turchi ottomani. Il nome Turkestān fu introdotto nell'uso dai Persiani; essi per molto tempo usavano il termine Tūrān (v.) per designare il paese a N. dell'Īrān abitato da popolazioni loro nemiche, dapprima senza alcun riferimento ai Turchi, che conobbero solo nel sec. VII d. C. Più tardi essi adoprarono il nome Turkestān per indicare precisamente il paese abitato dai Turchi oltre l'Āmū-darȳa; questa denominazione entrò nelle carte europee nel sec. XVI e dal secolo XIX si è affermata con maggiore precisione in seguito all'occupazione russa di quel territorio.
Una linea che partendo dal Bieluca (4500 m.) per l'Ala-tau, il Chantengri (7193 m.) e l'Alai finisce poco a O. del Muztag Ata (7860 m.) nel Pamir divide il Turkestan orientale, o cinese (v. sinkiang), più elevato e chiuso, da quello occidentale, o russo, che s'apre verso le depressioni interne dell'Aral e del Caspio. Al nome non corrisponde, in nessuno dei due settori, unità di caratteri fisici o di organizzazione economico-politica. D'altronde, i confini del Turkestan occidentale, agevoli a determinarsi dove corrispondono a impervie barriere montuose, sono del tutto convenzionali nella maggior parte dei casi, e in special modo a N., dove il passaggio dai tipici deserti mediani alla frangia del černozem siberiano ha luogo naturalmente per gradi. La divisione amministrativa introdotta dal regime sovietico - che ha anche un suo valore politico - non riconosce, né permette di ricostruire, un aggregato corrispondente sia pur grosso modo al territorio del Turkestan occidentale. Nelle statistiche questo è suddiviso di solito nelle cinque repubbliche costituenti la cosiddetta Asia Centrale Russa: Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan e Kazakistan, nella quale ultima entrano anche lembi assai estesi della steppa siberiana. Di contro a un territorio di 3,9 milioni di kmq. con una popolazione di 16,2 milioni di abitanti, quale risulta dall'insieme di queste cinque unità, si può calcolare, per il Turkestan occidentale vero e proprio, una superficie di poco meno di 2 milioni di kmq., con 9-9,5 milioni di abitanti. Così inteso, il Turkestan s'estende per circa 1500 km. da N. a S. e per 2500 da O. a E.; i limiti estremi delle cinque repubbliche vanno invece dal 55° al 35° N. e dal 45° all'88° E.
Storia dell'esplorazione. - Nonostante la sua posizione fra Asia ed Europa, e la sua importanza per la storia delle trasmigrazioni dei popoli da quella a questa, il Turkestan occidentale è stato assai poco e imperfettamente noto fino alla metà, all'incirca, del sec. XIX.
Ecateo ed Erodoto hanno già qualche cognizione, se pur vaga, dell'idrografia della zona a oriente del Caspio, i cui lineamenti si vengono precisando con i viaggi che accompagnano la spedizione di Alessandro Magno. Tuttavia ancora presso Tolomeo il Syr-darja costituisce il limite settentrionale dei territorî conosciuti, attraverso i quali si svolgeva pure un traffico abbastanza intenso (dal Caspio all'India per l'Oxus e lo Jaxartes). Nessuna influenza esercitarono in Occidente, e scarsissima anche in Oriente, i viaggi dei Cinesi, che appaiono in queste regioni fino dal sec. II a. C. almeno. Tolomeo rimane comunque la fonte più copiosa e sicura sino a tutto il sec. XVI. Notizie particolareggiate sui territorî a E. del Caspio, già percorsi da tribù nomadi, ci offrono i più antichi scrittori arabi, ma la loro reale efficacia nel mondo europeo è quasi trascurabile. Eco molto più vasta ebbero invece i viaggi compiuti in queste regioni durante il breve, ma felice periodo della dominazione mongola, dai missionarî cristiani, quali il Pian del Carpine e il Rubruk (sec. XIII), che percorsero la Sogdiana, la Zungaria e il Tien-shan, e soprattutto dal Polo, che del bacino dell'Āmū-darȳa e del Pamir ci ha lasciato una descrizione esatta e diffusa.
Col cadere dell'effimera dominazione timuride e il conseguente riaffermarsi dei piccoli potentati turchi, l'attività esploratrice subisce nel Turkestan un lungo arresto, fino all'inizio, quasi, del sec. XVIII: una certa risonanza ebbero tuttavia i viaggi dell'inglese Jenkinson (1558-59) e del gesuita B. Goes (1603-04), sebbene volti a meta diversa. Nei primi decennî del sec. XVIII i Russi si affacciano, risalendo l'Irtyš, all'alta Zungaria, e da allora incomincia l'era della ricognizione sistematica del Turkestan occidentale. Tra i primi che si dedicano a quest'impresa vanno ricordati Bekovič-Čerkaski, Unkovskij, Muravin, Gladyšev e Efremov, e gl'inglesi Thompson e Hogg. Un altro inglese, il Wood, risalì nel 1836 l'Āmū-daryā fino alle sorgenti, esplorando così largamente l'impervia zona del Pamir. Il Tien-shan si può dire conosciuto nei suoi lineamenti complessivi già nella metà del sec. XIX; più lenta procedette invece la perlustrazione dei territorî stepposi e desertici che si stendono fra il Caspio ed il Balchas. Col sec. XIX, tuttavia, il numero dei ricercatori cresce tanto, che sarebbe impossibile ricordare qui anche solo i più importanti: pure, per i riflessi che queste esplorazioni hanno avuto nel campo della scienza e soprattutto in quello della geografia generale, si registrino almeno i nomi dei russi Murav′ev, Semenov-Tienšanskij, Fedtšenko, Romanovskij, Radlov, Osanin, L. S. Berg, dei tedeschi Rickmer-Rickmers, Friederichsen e A. Schultz, nonché quelli di S. Hedin, Pumpelly, Huntington, G. Prinz e A. Stein. La fondazione, in vari centri del Turkestan, di istituti scientifici specializzati (e di una grande università a Taškent) ha, nel secolo XX, allargato grandemente l'orizzonte delle indagini e portato queste a farsi sempre più intensive. Colmate alla fine le non poche lacune che la carta topografica del Turkestan presentava ancora alla vigilia della guerra mondiale, l'attività esploratrice s'è diretta, in regime sovietico, prima di tutto al potenziamento delle grandi, ma ancora mal note, ricchezze agricolo-minerarie del paese, la cui evoluzione appare in stretto rapporto con le ricerche sperimentali destinate a trasformarne radicalmente l'economia. Il rilevamento dei due grandi deserti di Kyzil-Kum e di Kara-Kum è opera recente, e così pure lo studio glaciologico del Pamir, proseguito con regolarità e ricchezza di mezzi quali solo possono consentire imprese dirette dallo stato (l'Asia russa contiene da sola oltre un migliaio di ghiacciai). Allo sviluppo delle nostre conoscenze sul territorio del Kazakistan hanno contribuito, di recente, soprattutto i russi P. Kusakov, I. S. Jagovkin, D. S. Karžinskij, G. L. Padalka, P. P. Čuenko, A. G. Vologdin; sul Kyzil-Kum, A. G. Gerasimov e P. K. Čichatčev; sul Kara Kum, P. S. Makeev; sulla Zungaria, S. Kalesnik e N. V. Šipčinskij; sull'Altai, V. P. Nechoročev; sul Pamir, V. I. Popov, D. V. Nalivkin, I. L. Judin, e il tedesco L. Nöth, ecc. Particolare importanza hanno assunto anche le ricerche idrologiche sull'Aral e l'Issiq Köl (L. S. Berg), sull'Āmū-daryā (W. Massalski) e sul Syr-darja (L. V. Chapočnikov e V. K. Verechtkagin). In complesso, si può dire che il Turkestan occidentale rappresenti oggi una delle zone dell'Asia meglio note e più largamente illustrate sotto il punto di vista scientifico.
Morfologia. - Il Turkestan occidentale è costituito da una ampia zona di basse terre, che si vanno di regola deprimendo verso N. e NO., contornata a S. e a SE. da un complesso cercine montuoso. Quest'ultimo, che si continua senza interruzione dalle sponde meridionali del Caspio al confine cinese, occupa all'incirca i due quinti della superficie complessiva del paese inteso nei suoi limiti naturali; il resto, cioè oltre 1,1 milioni di kmq., spettano ai territorî pianeggianti o sotto il livello del mare che si estendono dal Mar Caspio settentrionale alla Zungaria.
Caratteristico del Turkestan è in primo luogo il fatto ch'esso rientra quasi per intero nel dominio di bacini chiusi: la sua morfologia, per quanto varia, è dominata essenzialmente dal prevalere dell'azione eolica e comunque, anche in zone montane, dal ridursi o dall'attenuarsi dei processi tipici dell'erosione normale. In complesso, poi, le forme del rilievo si debbono riferire piuttosto a condizioni geologiche passate che considerare conseguenza di cicli in atto: l'efficacia distruttiva di questi non basta a cancellare i lineamenti determinati essenzialmente nel corso, anche lontano, di quelle.
Nel cercine montuoso, che rinserra deserti e depressioni, è da distinguere, dal punto di vista tettonico, il plesso costituito dai gruppi pertinenti al Tien-shan-Alai da quello, più meridionale, che abbraccia il Transalai-Pamir e, attraverso il Hindu Kush, si salda ai rilievi che fronteggiano da E. il Caspio. Nel primo caso si ha da fare con zolle che, già piegate almeno dal Carbonico e poi penepianate, vennero, in epoca recente (Neogenico), assoggettate a disturbi epirogenetici accompagnati da faglie e rigetti; nel secondo, con rilievi nei quali il piegamento interessa anche le assise del primo Terziario. Il solco percorso dal Kizil su, Vakhsh e medio Āmū-darȳa separa nettamente i due sistemi: ma più che i caratteri distintivi dovuti alla loro diversa storia geologica, colpiscono quelli comuni che richiamano la loro evoluzione postterziaria, e specialmente pleistocenica. Frequente, nell'uno e nell'altro, l'alternarsi di profondi intagli erosivi ad alte superficie pianeggianti (syrt e pamir); il contrasto - notevole dappertutto - fra i due versanti, quello volto a N. sempre più umido e meglio regolarizzato; la costanza dei livelli, per cui le cime s'alzano relativamente di poco sulla piattaforma che le sopporta; il prevalere dei solchi longitudinali; l'ordinarsi delle catene a mo' di quinte e il loro costante decrescere - come regola - verso occidente.
Il plesso Tien-shan-Alai risulta da una diecina di allineamenti principali che dall'Ala tau zungaro (4770 m.) a NE. giungono a SO. sino allo Zeravsan (5577 m.): archi aperti per lo più verso N. e fra i quali trovan posto lunghe docce vallive (Semiretče, Ferghana), in parte occupate da laghi (Issiq Köl), o più o meno estesi lembi dell'antico penepiano, nel quale i corsi d'acqua conservano il loro reticolo preterziario (Aqsai). Le più eccelse cime s'alzano oltre i 5000 m. e spesso anche oltre i 5500 (5895 m. nel Kak Shal tau; 5800 nell'Ala tau), e numerosi vi sono i ghiacciai, che pure rappresentano ormai ben poca cosa di fronte agli apparati pleistocenici.
Gli uni e gli altri assumono però il massimo sviluppo nella potente muraglia del Transalai (P. Lenin, 7128 m.) e in quella che la continua a SO. col nome di M. di Pietro il Grande, dove è la più alta cima dell'Asia russa (Garmo, 7495 m.) e in pari tempo il più lungo ghiacciaio di valle del mondo (Fedčenko, 77 km.; altri 8 ghiacciai hanno lunghezza superiore ai 20 km.). I Transalai constano soprattutto di arenarie rosse (onde il nome di Kizil su, o fiume rosso, alle acque che ne convogliano i detriti nella valle dell'Alai) cui si sovrappongono scisti cristallini e dioriti; varietà litologica anche maggiore presenta la compatta massa del Pamir, compresa fra i Transalai, il Hindu Kush, il Pandi (o alto Āmū-darȳa) e il Sari Qol (che segna a SE. la frontiera politica). Non si tratta di un altipiano, ma di un vero labirinto di sproni diretti in ogni senso, intersecato da valli a fondo piatto, con enormi fiumane di detriti che le acque di dilavamento, dovunque scarsissime per la forte aridità del clima, sono insufficienti a smaltire: acque, anzi, spesso ristagnanti in piccoli laghi (d'origine glaciale; ma ghiacciai mancano ora nella maggior parte del Pamir), di regola poco profondi e salati. L'altezza delle cime supera di 1000-1500 m. al massimo quella dello zoccolo su cui s'impiantano: i colli scendono di rado al di sotto dei 4500 m. Verso occidente le valli si fanno più anguste, le gole ripide e profonde, le nevi più copiose e più intensa la degradazione, ma le cime si mantengono ancora assai elevate e la montagna s'erge improvvisa, a mo' d'enorme bastione, di sulla zolla depressa che la delimita verso il medio corso dell'Āmū-darȳa. La cintura di rilievi che corona a S. l'Asia russa ha qui una piccola interruzione; ma riprende con le propaggini nord-occidentali del Hindu Kush (sul confine afghano-persiano) e col Kapet dagh, lunga (750 km.) muraglia di arido calcare (con arenarie e marne), che si continua fino alle sponde orientali del Caspio (grande e piccolo Balkhan).
Il basso Turkestan è formato da vere e proprie depressioni (attorno al Caspio di NE.), tavolati (Turgai), penepiani (steppe Kirghise orientali) e zone di sprofondamento (fossa turkmena), i cui caratteri distintivi, per ciò che riguarda il paesaggio, sono determinati tuttavia essenzialmente dalla loro costituzione litologica (argille, sabbie, löss) e dalle condizioni climatiche cui vennero sottoposte in epoca geologica recente, e sono tuttora sottoposte. La maggiore estensione spetta ai deserti (Kara-Kum a S. dell'Āmū-darȳa, Kyzil-Kum fra questo e il Syr-darja, Mujun qum a S. del Chu, ecc.: i primi due occupano da soli oltre 550 mila kmq.), che le recenti esplorazioni mostrano tutt'altro che uniformi nel loro aspetto: a parte la grande varietà di forme morte (dune) e vive (barcane), è da ricordare la frequenza, in essi, di piccoli rilievi residui (graniti, scisti, calcari metamorfici), di altipiani pietrosi, di cavita umide (localmente dette takyr e khor), ecc. Queste ultime permettono lo sviluppo, almeno temporaneo, di una vivace vegetazione - vegetazione che non si può d'altronde dire del tutto assente in nessun settore. Verso S. il deserto trapassa al pedemonte attraverso una più o meno larga (fino a 150 km.) coltre di löss; a N. la transizione alla steppa siberiana è segnata dal prevalere dei terreni argillosi conseguenti alla trasgressione aralo-pontica. In gran parte, questi terreni sono anch'essi desertici, o semidesertici, ma il paesaggio cambia, anche dove, come nel nudo altipiano calcareo (sollevato) dell'Ust Urt, la vegetazione torna a farsi estremamente povera e precaria.
Importanza altrettanto notevole hanno, nel basso Turkestan, le deposizioni alluvionali che i fiumi abbandonano al loro sbocco in piano (Turkmenistan), o che accompagnano le loro continue divagazioni (tugai): le sole zone - a prescindere dalle meglio favorite docce vallive dei settori montani - in cui lo sviluppo delle colture, e quindi l'insediamento umano, sia possibile senza l'aiuto dell'irrigazione artificiale.
In complesso, pur non mancando al Turkestan quella ricca varietà di forme superficiali ch'è logico attendersi non foss'altro data la sua grande estensione in latitudine, la sostanziale uniformità delle sue condizioni climatiche vi determina il prevalere di pochi tipi in larghe superficie, e perciò il contrasto fra l'enorme ampiezza degli spazî vuoti, o quasi vuoti di popolazione, e l'esiguità relativa delle regioni dove questa attinge un'intensità in qualche modo comparabile a quella delle regioni del vecchio mondo.
Clima. - Le condizioni climatiche sono caratterizzate soprattutto da estreme continentalità e aridità, l'una e l'altra in rapporto con la situazione del paese (lontananza dal mare) e col suo rilievo (fascia montuosa che s'oppone alla benefica influenza dei monsoni estivi). Elementi basilari: il ciclone centro-asiatico d'inverno, l'anticiclone nord-asiatico d'estate. Le temperature medie annue vanno da 8° a 18°, ma gli estremi giungono a −47° nella regione del Pamir e a oltre 45° (all'ombra) nel Kara-Kum (79°,4 nelle sabbie esposte al sole!). Escursioni annue di 25° a 30° sono la regola nella maggior parte del paese (fin oltre 70° nel cuore del Pamir), ma valori simili, o di poco inferiori, possono essere raggiunti anche nel giro di ventiquattro ore. Le stagioni intermedie sono ridotte tanto più quanto più si procede verso E., e nel Pamir non intercorre ormai più d'un mese tra gli ultimi geli di primavera e i primi d'autunno. Nel Tien-shan le temperature si mantengono al disopra di 10° appena quattro mesi, per contro, nel Turkestan sud-occidentale le medie mensili non scendono se non eccezionalmente al disotto di 0°.
Le precipitazioni toccano o superano i 500 mm. solo in una ristretta fascia mediana del più elevato settore montano, per decrescere rapidamente sia verso le depressioni turkmena e aralo-caspica, sia verso i rilievi marginali di NE. e soprattutto nel Pamir. A Post Pamirski non si hanno più di 60 mm. e intorno a 80 sul delta dello Āmū-darȳa. La maggior parte del Turkestan ne conta in media intorno a 200, ma tutto il Turkestan occidentale resta al disotto di tale cifra. Varia la distribuzione stagionale: i massimi passano dall'estate all'inverno procedendo da N. a S., nel qual senso v'è anche un progressivo concentramento dei quantitativi in periodi sempre più brevi. Alle scarse precipitazioni si uniscono il gran numero di giorni sereni, la lunga durata dell'insolazione, la debole umidità atmosferica e la violenza dei venti (massime quelli asciutti provenienti da N. e da NO.): ne risulta attivata l'evaporazione delle acque correnti, di cui pure il paese ha estremo bisogno.
La durata delle nevi sul suolo varia d'assai (10 giorni nelle depressioni di NO., da 10 a 45 nel bacino dell'alto Syr-darja, ma fino a 4 mesi e più nelle steppe del N. e nelle regioni di montagna); l'abbondanza delle precipitazioni nevose nella cintura di rilievi che chiude il paese è uno degli elementi essenziali della sua vitalità, in quanto condiziona l'esistenza delle sorgenti e dei fiumi, dei quali regola e garantisce il deflusso.
Idrografia. - Stridente è nel Turkestan il contrasto fra la relativa ricchezza d'acque della zona montana e la deficienza, o l'assoluta mancanza, di fiumi che caratterizza la maggior parte del paese, cioè il basso Turkestan. D'altronde, date le condizioni climatiche generali, le colture non sono possibili senza l'irrigazione artificiale, che deve necessariamente limitarsi ad alcuni settori, mentre larghissime superficie non possono beneficiare di alcuna risorsa idrica. In complesso, i fiumi s'alimentano dalla fusione delle nevi: le piene quindi cadono di regola d'estate, quando però anche l'evaporazione è più intensa. Piene catastrofiche s'alternano alle massime magre: le condizioni si aggravano tanto più, quanto più si procede da NE. a SO.
L'importanza dei fiumi (e questo si potrebbe ripetere per i laghi) è naturalmente in rapporto con la loro utilizzazione agraria: la loro funzione di vie di trasporto è scarsa, o nulla, sia per i loro caratteri (irregolarità di deflusso, forte carico alluvionale), sia per il fatto che finiscono in bacini chiusi e hanno spesso perduto i loro originarî congiungimenti (per es., dell'Āmū-darȳa col Caspio, dello Zeravsan con l'Āmū-darȳa, ecc.). Sebbene meno lungo (2350 km.) del Syr-darja (2890 km.), l'Āmū-darȳa rappresenta nel Turkestan il principale corso d'acqua; ma, quanto a territorio irrigato, lo supera lo Zeravsan (400 contro 300 mila ha.), la cui doccia è accompagnata da una quasi ininterrotta catena di oasi, fra le quali quelle di Samarcanda e di Buchara. Notevoli, nel Turkmenistan, il Tedjen e il Murgab, originariamente tributarî dell'Āmū-darȳa (23 e 100 mila ha. di territorio irrigato, rispettivamente), e nella regione orientale il Chu e l'Ili (che finisce nel Balchaš). Il governo sovietico fa gran conto del bacino del Vakhsh (Tagikistan), nel quale si sta impiantando un grande sistema irrigatorio (41 mila ha., destinati al cotone).
Anche prescindendo dal Caspio, dall'Aral (65 mila kmq.) e dal Balchaš (23 mila kmq.), il Turkestan è ricchissimo di laghi, tanto nelle regioni di montagna (Issik köl, Ala köl, Catyr köl, Kara köl, ecc.), quanto nella sua parte piana, dove però molti di questi hanno acque solo per un certo periodo dell'anno. In ogni caso, però, in analogia con ciò che s'è detto dei fiumi, l'utilizzazione economica dei laghi è assai ridotta, al che contribuisce anche la posizione periferica, almeno dei maggiori di essi.
Popolazione. - È assai varia, risultando dalla mescolanza di tribù indoeuropee, turche e mongole: vi si contano non meno di una ventina di varietà etniche, non tutte ancora chiarite nella lora posizione reciproca (per l'etnologia, v. kirghisi; tagiki; turkmeni; uzbeki). La partizione politico-amministrativa corrisponde al prevalere, nelle varie zone, di singoli gruppi: a N. i Kazaki-Kirghisi, a SO. i Turkmeni, a SE. i Kara-Kirghisi e fra questi, sempre nella parte meridionale del Turkestan, Uzbeki e Tagiki. Numericamente (43%) e culturalmente, gli Uzbeki rappresentano il gruppo più notevole; seguono i Kazaki (e Kara-) Kirghisi (22%), i Tagiki (15%) e i Turkmeni (9%). I Russi costituiscono meno dell'8% del totale. Oltre ai Russi, solo i Tagiki sono propriamente sedentarî; gli altri ancora per la maggior parte nomadi o seminomadi, per quanto con tendenza sempre più decisa a fissarsi, e, in alcuni casi (specie fra gli Uzbeki), in numero via via crescente stabiliti nelle città.
Queste popolazioni sono distribuite in modo assai disuguale. la densità media, che si aggira sui 4-5 ab. a kmq., sale a 81 nel circondario del Khorezm, per scendere a meno di 1 nei territori montuosi del Pamir (Badachšan 0,6) e nelle zone desertiche nord-occidentali (circ. di Gurev: 0,8). I massimi assoluti si riscontrano nella Ferghana, dove qualche lembo segna valori oscillanti fra 100 e 150 abitanti a kmq.; anche altre oasi (Samarcanda, Chiva) si avvicinano a queste cifre, ma si tratta sempre di settori piuttosto ristretti, come quelli che accolgono popolazione sedentaria, mentre nella maggior parte del paese l'insediamento è temporaneo (jurte dei Kirghisi, kibitke dei Kara-Kirghisi), o manca del tutto su larghissime superficie (deserti, depressione aralo-caspica, alte regioni del Pamir). Per la stessa ragione, i centri abitati, nel nostro senso, sono relativamente radi, e si sono sviluppati di regola in corrispondenza delle due principali zone di popolamento: la fascia di löss che ricinge l'arco montagnoso e lo collega alle sottostanti pianure, e la cimosa fertilizzata dal limo dei fiumi. Queste stesse zone contengono anche il maggior numero di città (il nome non ha sempre, qui, il significato abituale), delle quali, però, appena cinque contavano, nel 1931, una popolazione superiore ai 100 mila abitanti; Taškent (475 mila) e Samarcanda (136 mila) nell'Uzbekistan, Alma Ata (110 mila) e Semipalatinsk (100 mila) nel Kazakistan, e Frunse (100 mila) nel Kirghizistan. Le maggiori, accanto e del tutto staccato dal centro aborigeno (a colorito ancora prettamente orientale, e con caratteristica irregolarità di pianta), hanno un quartiere russo, che ricorda per lo più le nuove città siberiane (case basse, in prevalenza di legname e circondate da giardini; vie diritte, ma senza selciato; non di rado, tuttavia, edifici statali, o privati, a molti piani, specie dopo il regime sovietico); le più piccole sono rimaste ancora quasi del tutto immuni dall'influsso europeo. Ecco un elenco dei centri abitati principali.
Nell'Uzbekistan: Andižan (95.000); Namangan (90.000); Khokand (85.000); Buchara (60.000); Qarši (60.000); Margelan (60.000); Ferghana (40.000); Shakhrisyabz (30.000); Chiva (20.000); Kuzar (20.000); nel Kirghizistan: Oš (45.000); nel Tagikistan: Stalinabad (50.000); Ura Tübe (23.000); nel Turkmenistan: Ašchabad (80.000); Krasnovodsk (21.000).
Agricoltura, allevamento, silvicoltura e pesca. - La vita economica del Turkestan poggia essenzialmente sull'agricoltura, sebbene l'attività più diffusa sia volta alla pastorizia; tra le colture, poi, il primo posto è ormai preso dal cotone - sempre tenuto conto del reddito - mentre tanto la cerealicoltura, quanto l'allevamento vengono perdendo via via d'importanza. Del valore della produzione agraria, poco meno di tre quarti spettano alle colture, e meno di un quinto al bestiame: per contro, le prime interessano appena un 2 milioni di ha., di cui 1 1/2 irrigati (includendo nel computo, naturalmente, solo la parte meridionale del Kazakistan, il cui territorio spetta per lo più alla Siberia). Secondo la superficie loro destinata, le colture principali si ordinano come segue: grano, cotone, erba medica, orzo, riso, miglio. Il grano è seminato un po' dappertutto, ma non basta al consumo interno; il cotone è coltivato in primo luogo nell'Uzbekistan (Ferghana) che produce da solo oltre due terzi del raccolto dell'U.R.S.S., e nel Tagikistan, dove sono state introdotte con successo le varietà egiziane, ma si trova anche largamente diffuso, e più tende a diffondersi (Turkmenistan), in armonia con le direttive del governo sovietico. La produzione dell'U.R.S.S. è salita negli ultimi anni a oltre 4 milioni di quintali, ed è interamente assorbita dall'industria nazionale. Il riso, che serve soprattutto al consumo locale, viene coltivato nella Ferghana e lungo il Syr-darja; orzo e avena dànno raccolti cospicui, sebbene anche essi impari al bisogno.
Particolare importanza assume in varî distretti del Turkestan (Ferghana, pendici del Tien-shan) la coltura degli alberi da frutta, una parte delle quali è esportata, e più ancora quella della vite, ch'è di origine antichissima, ma solo di recente volta anche alla preparazione di vini (Sogdiana, Ferghana). Per contro è alquanto in declino la coltivazione del gelso, e di conseguenza la sericoltura, che ha ricevuto gravissimi danni dal lungo periodo delle guerre civili.
In complesso, l'agricoltura trova le più opportune condizioni di sviluppo entro il territorio dell'Uzbekistan in cui rientrano la maggior parte dell'alto Syr-darja (Ferghana) e le oasi di Samarcanda e di Buchara, nonché parte dell'antico Khanato di Chiva. Altrove, prescindendo da ristretti settori (parte SO. del Tagikistan, estremità meridionale del Turkmenistan, oasi della depressione aralo-caspica) un deciso mutamento nella tradizionale economia pastorale è possibile solo a prezzo di una profonda trasformazione dell'ambiente naturale; trasformazione cui il governo sovietico attende con ogni sorta di sforzi (irrigazioni, bonifiche, sostituzione, mediante razionali selezioni, delle specie vegetali meglio adatte ai varî ambienti, ecc.).
Anche il patrimonio zootecnico del Turkestan ha ricevuto un grave colpo dalla rivoluzione bolscevica, e dal nuovo ordinamento collettivo delle aziende agrarie. Si può calcolare che il Turkestan non conti oggi più di 12-15 milioni di capi (a parte il Kazakistan), dei quali almeno due terzi rappresentati da ovini (il maggior numero di questi spetta al Kirghizistan e al Turkmenistan), e meno di un quinto da bovini: i primi, patrimonio della pastorizia nomade, i secondi allevati anche come complemento dell'azienda agricola, sebbene destinati soprattutto alla produzione del latte di cui i nomadi si cibano. Numerose anche le capre (massime presso i Kirghisi); un po' meno i cavalli, che sono in più luoghi sostituiti dal cammello e dallo poefago o yack (Pamir). In complesso, la consistenza del Turkestan in animali domestici è diminuita di circa la metà in confronto dell'anteguerra; ha tuttavia assai ripreso.
La superficie boschiva sale nel Turkestan a oltre 7 milioni di ha., dei quali però quattro quinti rappresentati da macchie di Haloxylon ammodendron, impiegato soprattutto per la preparazione del carbone.
Foreste montane non mancano (1 milione, almeno, di ha.), ma il loro sfruttamento è reso assai difficile dalla relativa lontananza dai luoghi di consumo del legname e dalla scarsezza e difficoltà delle vie di comunicazione.
La pesca è esercitaia da Russi, Turkmeni e Kirghisi nelle acque dei laghi, del Syr-darja, dell'Āmū-darȳa e dell'Ili, ma i suoi prodotti hanno importanza solo per il fabbisogno locale.
Miniere e industrie. - Le recenti esplorazioni hanno messo in luce sempre meglio la grande ricchezza mineraria del Turkestan, anche al difuori del territorio del Kazakistan, che appare forse il più favorito (carbon fossile di Karaganda, le cui riserve si calcolano a 20 miliardi di tonn.; petrolio di Emba, circa 1 miliardo di tonn.; oro, rame, manganese, ecc.). Nel Tagikistan si sono scoperti infatti, oltre a un nuovo deposito di stagno, fluorite, oro, asbesto, mica, bismuto, arsenico, ecc.; nel Turkmenistan (Neftedag) una imponente riserva di petrolio (10 mila tonn. al giorno) e, in varî altri luoghi, minerali polimetallici, rame, ligniti, zolfo, ecc. Tuttavia, si tratta ancora di semplici assaggi: di vero e proprio sfruttamento si può parlare solo per il carbon fossile della Ferghana e di Siluktin (Khodlent), di qualità piuttosto scadente, per il petrolio (Ferghana, Khoqand, Cheleken) e soprattutto per il sale, di cui si raccolgono in tutto il paese (salgemma, laghi, sorgenti) grandi quantità.
Questo, e più ancora il basso livello culturale complessivo delle popolazioni indigene (di quelle rurali del Tagikistan appena il 38‰ fra gli uomini e il 2‰ delle donne sanno leggere; le cifre meno basse dànno, pel Turkmenistan, il 75 e l'11‰ rispettivamente!), bastano a spiegare perché, di fronte alle rosee speranze concepite sull'avvenire del Turkestan, il suo sviluppo industriale sia appena agl'inizî. Le prime fabbriche (moderne) di cotone furono impiantate nella Ferghana, a Taškent e ad Ašchabad: e l'industria cotoniera rimane ancor oggi la più importante del paese, nonostante che i manufatti stessi di cotone vi giungano dalle regioni europee dell'U.R.S.S. (la produzione di cotonami dell'Uzbekistan - 8 milioni di m. nel 1932 - rappresenta appena lo 0,3% di quella dell'U.R.S.S.; del Turkmenistan - 5 milioni di m. - lo 0,2%). Seguono, come importanza, le industrie meccaniche, le molitorie e quelle del cuoio. Per la potenza installata delle centrali elettriche, l'Asia centrale russa concentrava nel 1928 appena lo 0,8% e il Kazakistan non più dello 0,2% del totale dell'U.R.S.S. Si può calcolare che in complesso il Turkestan (escluso il Kazakistan) conti un migliaio di fabbriche, più della metà delle quali spettano all'Uzbekistan. La mano d'opera, quasi tutta aborigena, non supera i 50 mila addetti.
Molto più notevole, relativamente, la piccola industria domestica, che recluta un personale specializzato di poco inferiore come numero (35-40 mila persone), ma cui attendono, come occupazione complementare, anche i nomadi: prima della rivoluzione bolscevica era questo uno dei rami più fiorenti dell'economia centro-asiatica russa. Si lavorano cuoio, pelli, rame, legno, lana e seta: di fama internazionale i tappeti di Samarcanda, Chiva e Buchara. Col regime sovietico, la piccola industria s'è assai ridotta e più tende a contrarsi.
Commercio e vie di comunicazione. - Il commercio del Turkestan è naturalmente rivolto in primo luogo verso la Russia: quello di transito - verso la Persia, l'Afghānistān e il Sin-Kiang - pur essendo tutt'altro che trascurabile (57,2 milionì di rubli nel 1927-28), rappresenta press'a poco il 10% del primo. Le esportazioni nelle altre unità dell'U.R.S.S. constano soprattutto di cotone; cui seguono, a grande distanza, i prodotti dell'allevamento (pelli, carne), la frutta secca, la seta, i bozzoli e i tappeti; le importazioni dalle stesse unità di tessuti, farina, prodottì alimentari e petrolio. Nel commercio di transito, nel cui volume e valore occupa il primo posto il Sin-Kiang (transitì di Baghti, Khorgos, Qara göl, Irkeshtan - tutti carovanieri), prevalgono all'esportazione prodotti tessili, meccanici, chimici, vetro, zucchero e petrolio; all'importazione, animali, prodotti alimentari, cotoni e frutta secca. Il traffico verso la Persia ha luogo attraverso i transiti di Ašchabad, Artyk e Sušak; quello verso l'Afghānistān attraverso Kuška (dove termina il tronco ferroviario proveniente da Merv), Tachta Bazar, Kerkri, Termez (ambedue serviti dalla ferrovie di Buchara) e Sarai. Le importazioni verso il Sin-Kiang sono decuplicate nel decennio 1923-1932, raddoppiate le importazioni; più che raddoppiata è anche l'esportazione verso la Persia.
Discreto è il reticolo di vie di comunicazione fra le principali oasi del Turkestan; deserti e plaghe montane sono invece serviti solo da strade carovaniere e da sentieri talora (Pamir) percorribili appena, e con grandi stenti, a piedi. In ogni caso non si può parlare di una pur modesta manutenzione stradale: i ponti rappresentano dovunque una vera rarità. Come in tutti i paesi che hanno avuto uno sviluppo recente, il primo posto spetta, nelle comunicazioni, alle ferrovie: con queste i Russi hanno iniziato prima e rafforzato poi la loro penetrazione e il loro dominio, e conducono innanzi ora la trasformazione economica del paese. Il cuore della rete ferroviaria è naturalmente nell'Uzbekistan, dal quale si dipartono le tre principali arterie che congiungono il Turkestan all'U.R.S.S.: i tronchi Taškent-Karznovodsk (1864 km.), Taškent-Orenburg (2230 km.) e Aris-Balchaš-Semipalatinsk (1866 km., il cosiddetto Turksib). Una diecina di grandi e piccole diramazioni legano alcuni dei principali centri (Buchara, Andizan, Oš) alle linee maggiori, o continuano queste fino alle frontiere. In complesso, si hanno circa 6500 km. di ferrovie, che dànno appena 0,3 km. ogni 100 kmq. e meno di 0,1 km. ogni 100 ab.
Delle vie d'acqua (8700 km. comprendendo i bacini dell'Aral, del Balchaš, dell'Issiq e del Sasik), si possono considerare utilizzabili per la navigazione circa 3500 km., dei quali in realtà meno di 1000 realmente utilizzati con battelli a vapore. Sotto questo riguardo, va ricordato principalmente l'Āmū-darȳa, percorso da Termez all'Aral; comunicazione il cui valore è accresciuto dall'incrocio con la ferrovia di Krasnovodsk, dove (a Leninsk, o Chardjui) è sorto un discreto porto fluviale. Grande sviluppo hanno avuto le comunicazioni automobilistiche, e più ancora quelle aeree, che meglio rispondono alla non facile transitabilità del paese.
Antropologia. - Passiamo solo in una brevissima rassegna i caratteri delle popolazioni più importanti, numericamente parlando, del Turkestan. Entrambe le divisioni dei Kirghigi (Casacchi e Montanari o Neri) possono dirsi rappresentare un tipo misto, con molte varianti, verso l'uno o l'altro dei fattori che lo compongono, l'uno ad aspetto europoide, l'altro mongoloide. I caratteri di mongolismo sembrano essere più frequenti e più forti nei Kirghisi Neri. Essi si manifestano con facce larghe, a zigomi sporgenti, naso piuttosto largo, corto e a dorso basso, occhi quasi orizzontali e talvolta con plica mongolica. La statura dei Kirghisi Casacchi è di circa 1,64, quella dei Kirghisi Montanari un po' più alta, intorno a 1,67. Hanno struttura massiccia e tendenza alla pinguedine, in età avanzata, colore della pelle gialliccio, capelli rigidi, neri, grossi, barba scarsa, indice cefalico elevato. È inoltre presente, almeno assai spesso, la platicefalia. L'aspetto complessivo però, tutto sommato, è sempre abbastanza diverso dal Mongolo vero e proprio. Negli Uzbeki la componente europoide è più evidente, in genere, rispetto alla mongoloide, in confronto del gruppo precedente. Hanno statura più alta (1,68). 107 individui diedero a Ujfalvy un indice orizzontale medio di 84,8. La faccia è lunga, gli zigomi sono piuttosto scarsamente prominenti. Colore della pelle bruno, con tonalità gialle, capigliatura nera, barba scarsa. I Turcomanni sono piuttosto variabili. Nel nord della Transcaspia, hanno talvolta tratti di mongolismo, forse per i contatti con i Kirghisi, ma nel sud arieggiano spesso gl'Iranici, conseguenza questa di miscela, dovuta in gran parte al periodo in cui essi facevano razzie in Persia, per portarne via schiavi. Sono alti (statura m. 1,70) piuttosto slanciati, ma forti. La pelle è bruna, la barba abbondante. Hanno testa piuttosto lunga (indice 75,6) e alta, l'iride bruna, talvolta grigia, il naso diritto ed alto, le orecchie piuttosto grandi. I Sarti sono comunemente dati come il risultato di una mescolanza fra Uzbeki conquistatori e Tagiki vinti; forse non costituiscono veramente un aggruppamento antropologico. Pare che si presentino di solito due tipi, l'uno con tratti di mongolismo più frequenti, nel nord e l'altro con caratteri iranici, più frequente nel sud. I Sarti sono alti (m. 1,68), di costituzione robusta. La pelle esposta alla luce ha un colore bruno, quella coperta dagli abiti ha talvolta una tonalità gialliccia. L'indice cefalico è piuttosto alto (85,6), ma occorre rilevare che esso potrebbe essere artificialmente rialzato dall'uso di certe culle, durante la prima infanzia, che deformano alquanto la testa. L'occhio è bruno e frequente la plica mongolica. Il colore dei capelli e della barba, abbondante, è nero o bruno scuro. Il naso è lungo, ma anche largo. I Tagiki, sono i più europoidi di tutti i gruppi sopraricordati. Una centuria di essi fu studiata recentemente (1927) da C. Zimmermann. Essi avrebbero una costituzione media o addirittura robusta, statura media o alta e lunghezza media delle estremità superiori, mentre le inferiori sarebbero un po' più lunghe della media; torace bene sviluppato. Nell'81% dei casi il colore dei capelli e degli occhi sarebbe scuro e solo il 19% misto o chiaro. Il colore della pelle è bianco roseo, nelle parti non esposte, bruno nelle esposte. La barba è buona, ma il restante della pelosità corporea mediocre. L'indice cefalico è 83,6. L'indice nasale 76,6. Il naso non è grande, diritto nel dorso o un poco convesso. Il dorso è piuttosto stretto, le alette fini, la punta di essa guarda un po' in basso. Lo Zimmermann afferma che nell'89% dei casi vi era assenza di plica mongolica. Ciò indurrebbe a pensare che il gruppo da lui studiato apparteneva a una popolazione in cui la influenza turca era piuttosto sensibile. Lo Zimmermann dividerebbe i Tagiki almeno in due gruppi: l'uno, a più alta statura, a pelle più chiara e forse capelli e occhi più chiari, a corporatura snella con spalle larghe, l'altro assai più numeroso, a statura più bassa, massiccio e a pelle più scura. L'Andreev dice che fra i Tagiki montanari si presentano più spesso tipi di aspetto affatto europeo. Fra essi si riscontrano individui simili agli Osseti del Caucaso, cioè biondi. I dati somatologici più importanti, relativi ad alcuni gruppi etnici di certe valli occidentali del Pamir, affluenti dell'Āmū-darȳa, furono raccolti da sir Aurel Stein ed elaborati da T. A. Joyce. Solo però alcuni gruppi presentano un numero di casi sufficienti per poter dare un certo valore ai risultati del Joyce. Così abbiamo 26 Karateghin, 58 Roshani, 40 Shigani, 34 Ishkashmi, 55 Wakhi. I valori medî della statura di questi gruppi sono: 164; 165; 168; 164; 166. Quelli dell'indice cefalico: 82,4; 83,3; 83,8; 85,7, 86,9. Quelli dell'indice nasale: 56,9; 60; 56,9; 60,2; 57,4. Quelli dell'indice facciale superiore: 54; 55; 57,4; 58,5; 59,6. Per il colore della pelle i Karateghin presentano sempre colore scuro, i Roshani nel 91%; gli Shigani nel 92%; gli Ishkashmi solo nell'85% e persino il 12% di pelli chiare, i Wakhi l'89%. Per l'abbondanza del pelo, mentre i Karateghin presentano solo il 4% di scarsa pelosità, i Roshani e gli Shigani presentano rispettivamente il 16 e il 15%. Per l'etimologia, v. kirghisi; tagikistan; turkmeni; uzbeki.
Bibl.: La letteratura, anche in stretto senso geografico, del Turkestan occidentale è ricchissima, ma per la massima parte - specie nella sua fase più recente e più interessante - in lingua russa. Le opere fondamentali sono state ben scelte ed elencate nel prezioso saggio di E. Thiel, Verkehrgeographie von Russisch-Asien, Königsberg-Berlino 1934 (pp. 289-308) e nel volume, dovuto a P. Calmena d'Almeida, nella Géographie Universelle del Colin, Parigi 1932 (pp. 317-19). Si indicano quindi qui solo alcune delle opere più importanti e più facilmente accessibili: H. Krafft, A travers le Turkestan russe, Parigi 1902; F. von Schwarz, Turkestan, Friburgo 1900; W. Rickmer-Rickmers, The Duab of Turchestan, Cambridge 1914; A. Woeikof, Le Turchestan russe, Parigi 1914; K. Leuchs, Zentralasien (Handb. d. region. Geologie), Heidelberg 1916; F. Machatschek, Landeskunde von Russisch Turkestan, Stoccarda 1921; e, per le singole regioni: G. Curzon, Russia in Central Asia, Londra 1899; W. Barthold, Nachrichten über den Aral-See und unteren Lauf des Amu-Darja, Lipsia 1910; F. Machatschek, Der westliche Tianschan, Gotha 1912; P. Gröber, Der südliche Tianschan, Berlino 1914; A. Schultz, Die Pamir-Tadschik, Giessen 1914; R. Junge, Das Problem der Europäisierung orientalischer Wirtschaft, Weimar 1915; A. Schultz, Landeskundliche Forschungen in Pamir, Amburgo 1916; G. Merzbacher, Die Gebirgsgruppe Bogdo Ola, Monaco 1916; G. Prinz, Beiträge zur Glazialgeologie Zentralasiens, Budapest 1927; Alai! Alai! Arbeiten und Erlebnisse der deutsch-russisch Alai-Pamir Expedition, Lipsia 1930. - Antropologia: A. A. Jvanovski, Ob antropologičeskom sostave naselenija Rossii, 1904; T. A. Joyce, Note on the physical anthropology of the Pamirs and Amu-Daria Basin, in Journ. Roy. Anthrop. Inst., 1926; C. Zimmermann, K antropologie Tadžikov, in Russkij antropol. Žurnal, 1927; W. Sochelson, Peoples of Asiatic Russia, 1928.
Carte: anch'esse, naturalmente, tutte russe (fondamentali quelle alla scala di 1 : 1.680.000 ed 1 : 420.000 dell'Ist. geogr. milit.); oltre a queste non se ne hanno, di facilmente accessibili, se non negli atlanti di consultazione.