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TURKMENISTAN

di Adriano Guerra - Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)
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Turkmenistan

Adriano Guerra
ENCICLOPEDIA ITALIANA VI APPENDICE TAB turkmenistan 01.jpg

(App. V, v, p. 614; v. turkmeni, Repubblica dei, XXXIV, p. 565; v. urss, App. I, p. 1098; II, ii, p. 1065; III, ii, p. 1043; IV, iii, p. 754)

.mw-parser-output span.smallcaps{font-variant:small-caps}.mw-parser-output span.smallcaps-smaller{font-size:85%}Geografia umana ed economica

Popolazione

La popolazione è in forte espansione (il tasso di accrescimento annuo è stato del 36‰ nel periodo 1990-98) e, secondo una stima del 1999, ha raggiunto i 4.800.000 ab., il 77% dei quali è rappresentato da Turkmeni, seguiti da Uzbeki (9,2%), Russi (6,7%), Kazaki (2%) e altri. Massimo centro demografico ed economico del paese è la capitale Ašgabat (548.500 abitanti nel 1996). Le altre maggiori città sono Cärjew, Dashhovuz, Mary, Nebitdag e Krasnovodsk (Türkmenbashi). Nel 1993 il manat ha sostituito il rublo quale unità monetaria.

Condizioni economiche

Il T., già uno dei paesi più poveri nell'ambito dell'Unione Sovietica, ha incontrato gravi difficoltà a riconvertire la propria economia e a stabilire nuove relazioni con partner diversi da quelli tradizionali. Ed è per questo che ha attraversato, almeno fino alla metà degli anni Novanta, un periodo di grave crisi, caratterizzato da una preoccupante inflazione e da un'accentuata diminuzione del PIL pro capite, periodo poi superato soprattutto grazie alla valorizzazione delle vaste risorse di idrocarburi dell'area caspica.

Solo una minima parte (3%) della superficie (in corrispondenza di aree irrigate con le acque dell'Amu Darya e di altri corsi minori provenienti dalle montagne afghane) è coltivata, ma l'eccessivo prelievo di acqua dai fiumi continua a creare problemi ecologici e controversie con i paesi limitrofi, in particolare con l'Uzbekistan.

I principali prodotti sono cereali, tabacco, frutta e soprattutto cotone, che rappresenta il 40% dell'intero valore aggiunto agricolo e il 24% del totale delle esportazioni. Il 61,5% del territorio turkmeno è destinato a prati e pascoli permanenti che consentono un cospicuo allevamento di ovini (5,4 milioni di capi nel 1998), per la massima parte pecore karakul dalla lana pregiata. Il resto della superficie, a parte un 8% di foreste sul Kopet Dag (l'unica catena montuosa del paese, situata presso il confine con l'Iran), è desertica.

Le principali ricchezze del paese sono il gas naturale e il petrolio (le cui riserve sono state stimate, nel 1996, rispettivamente in 12.000 miliardi di m³ e in 6300 milioni di t), estratti lungo la fascia litoranea e nella piattaforma continentale caspica. Prima della dissoluzione dell'URSS, il T. produceva annualmente circa 85 miliardi di m³ di gas naturale, in larga parte esportati; tuttavia, alla metà degli anni Novanta, la produzione era scesa a 30 miliardi di m³, a causa soprattutto dell'insolvenza da parte dei paesi importatori della CSI. Non trascurabile, sempre sul Mar Caspio (Golfo di Kara-Bogaz, penisola di Čeleken), l'estrazione di zolfo; anche le aree più desertiche del Karakum danno il loro contributo all'economia turkmena con piccole quantità di salgemma. Data la presenza di materie prime di questo tipo, è comprensibile la prevalenza del settore chimico nel panorama industriale del paese.

Negli anni Novanta, nonostante le preziose e promettenti risorse energetiche, gli indicatori economico-sociali del T. hanno segnato valori costantemente negativi; lo sfruttamento degli idrocarburi offre buone prospettive, ma richiede scelte politicamente impegnative, come quella dei paesi cui offrire concessioni, dei paesi da privilegiare come destinatari delle esportazioni e, soprattutto, delle direttrici su cui avviare le esportazioni stesse. Su quest'ultimo punto, cruciale, si fronteggiano l'opzione russa (gasdotti verso Nord, con eventuale esportazione in Occidente dai porti russi sul Mar Nero), quella turca (traghetto sul Mar Caspio e poi gasdotti Est-Ovest), quella islamica (accordi con l'Iran del 1995-96) e quella occidentale (progetti di gasdotti attraverso l'Afghānistān fino ai porti del Pakistan aperti all'Occidente). Su un piano più generale, un programma di privatizzazioni e di riforme strutturali è stato lentamente avviato solo a partire dal 1994, ma fino a oggi è stato portato avanti in modo anche troppo prudente. Di conseguenza, con un'inflazione che si mantiene su ritmi elevatissimi, è molto difficile per il paese attirare investitori stranieri e uscire dalla crisi economica, che ha portato a un depauperamento generale e provocato sporadiche manifestazioni sociali di protesta.   *

bibliografia

C. Choukourov, R. Choukourov, Peuples d'Asie centrale, Paris 1994; S. Delle Rose, Nuovi scenari geopolitici: gli idrocarburi dell'Asia centrale ex sovietica, in Bollettino della Società geografica italiana, 1997, pp. 439-41; O. Roy, La nouvelle Asie centrale ou la fabrication des nations, Paris 1997.

Storia

di Adriano Guerra

Per quanto non si fosse attenuato il carattere autoritario del regime di S. Niyazov, riconfermato plebiscitariamente nel gennaio 1994 presidente della Repubblica sino al 2002, e non poche fossero le situazioni di pericolo presenti o gravitanti sull'area (anzitutto le spinte del fondamentalismo islamico provenienti dall'Afghānistān), il T. (ora Türkmenistan Respublikasi) sembrava essere, fra le repubbliche indipendenti sorte dal crollo dell'URSS, una di quelle che alle soglie del nuovo secolo avevano ottenuto i risultati migliori. Ciò era tanto più sorprendente se si pensa che il T., con la popolazione concentrata in poche città circondate dal deserto, era, secondo i dati del 1995, uno dei paesi più poveri dell'Asia centrale.

L'andamento positivo dell'economia - che mostrava tutti gli indici in rialzo, eccetto quello dell'agricoltura -, la mancanza di tensioni interne sia politiche sia etniche e le riconosciute capacità diplomatiche di Niyazov permisero al T. di entrare come coprotagonista nel 'grande gioco' apertosi fra le potenze e le compagnie petrolifere per la valorizzazione, il trasporto e la vendita del gas e del greggio dell'area del Mar Caspio. Così facendo il T., la cui neutralità era stata solennemente riconosciuta dall'ONU nel 1995, aveva fortemente diminuito la sua dipendenza dalla Russia, aveva progressivamente attenuato i suoi impegni di paese membro della Comunità di Stati Indipendenti (CSI) e, sia pure in un clima di collaborazione con le altre repubbliche dell'Asia centrale ex sovietica - rispetto alle quali (al pari dell'Uzbekistan) aveva dato talvolta l'impressione di volere assumere il ruolo di paese guida -, aveva solo in parte fatto propri i progetti di integrazione a livello regionale da più parti avanzati. Indicativo della volontà del T. di non favorire politiche di integrazione può essere considerata la decisione presa nel marzo 1999 di imporre l'obbligo del visto di ingresso nel paese per tutti i cittadini della CSI (compresi quelli provenienti dalla Russia).

Nei confronti della guerra civile in Tagikistan il T. si sforzò di operare come paese neutrale e, utilizzando i rapporti che aveva mantenuto con le forze dell'opposizione tagiche, favorì la ricerca di soluzioni politiche negoziate. Lo stesso atteggiamento di neutralità, non ingerenza e sostegno delle iniziative dirette a promuovere soluzioni di compromesso caratterizzò la posizione del T. nei confronti del conflitto scoppiato in Afghānistān dopo l'offensiva dei Ṭālibān, spintisi fino alle sue frontiere meridionali, sebbene in una prima fase il T. - evidentemente interessato al successo dei progetti tesi a favorire, rispetto alle altre, la via afghano-pakistana per il trasporto del greggio, ostacolata dai russi - avesse salutato con favore i successi dei Ṭālibān.

Deciso a salvaguardare autonomia e indipendenza, il T. era però consapevole del ruolo che la Russia sembrava destinata a ricoprire nell'area ancora a lungo. Così, se da una parte il T. partecipò, con l'aiuto dell'Iran, alla costruzione del gasdotto Turkmenistan-Iran-Turchia destinato a raggiungere l'Europa tagliando fuori la Russia, dall'altra si dichiarò favorevole a sostenere anche i progetti avanzati da Mosca. Inoltre, nell'agosto 1997 Niyazov sottoscrisse con i dirigenti russi un primo accordo per la costituzione di una società mista russo-turkmena, la Turkmengogas, per il trasporto del metano turkmeno nei paesi della CSI. Nel novembre 1999 il T. ha poi raggiunto con l'Azerbaigian, la Georgia e la Turchia un accordo per la costruzione di un altro gasdotto che dovrebbe congiungerlo alla Turchia.

Le ambizioni di Niyazov - che nel maggio 1999 aveva disdetto l'accordo sulla difesa delle frontiere sottoscritto con El´cin nel 1993 - andavano dunque ben al di là della normalizzazione e dello sviluppo delle relazioni con la Russia. Utilizzando le grandi possibilità offertegli dalla Costituzione presidenzialistica da lui imposta e dal grande potere carismatico di cui godeva, Niyazov sembrava puntare decisamente verso una collocazione internazionale del T. del tutto nuova. A provarlo vi erano le iniziative, anche legislative, prese per ricevere finanziamenti dagli altri paesi, i grandi lavori portati a termine (alberghi di lusso, un nuovo aeroporto intercontinentale e un nuovo, monumentale 'palazzo del governo' ecc.), che dovrebbero fare di Ašgabat, nelle intenzioni del presidente, la sede ideale per conferenze, incontri internazionali, trattative sui problemi regionali.

bibliografia

S.P. Poliakov, Everyday Islam. Religion and tradition in rural Central Asia, Armonk (N.Y.) 1992.

Nation and politics in the Soviet successor states, ed. I. Bremmer, R. Taras, Cambridge-New York 1993.

S. Salvi, La mezzaluna con la stella rossa. Origine storia e destino dell'Islam sovietico, Genova 1993.

After Empire. The emerging geopolitics of Central Asia, ed. J.C. Snyder, Washington (D.C.) 1995.

J. Anderson, Authoritarian political development in Central Asia. The case of the Turkmenistan, in Central Asia survey, 1995, 4.

A.M. Khazanov, After the USSR. Ethnicity, nationalism and politics in the Commonwealth of Independent States, Madison (Wis.) 1995.

Central Asia in transition. Dilemmas of political and economic development, ed. B. Rumer, Armonk (N.Y.) 1996.

Vedi anche
Asia centrale Regione che, pur non avendo una precisa individualità geografica, ha importanza dal punto di vista storico e culturale. Comprende in senso stretto il bacino del Tarim e i territori della Zungaria; in senso più lato designa la regione compresa fra il Mar Caspio e il deserto di Gobi, includendo i bacini ... Karakumy Nome, d’origine turca («polvere nera»), di un grande deserto di sabbie nere del Turkmenistan fra il fiume Amudar´ja a N e il Kopet Dag a S, lungo un migliaio di km e largo da 300 a 500 km. Vi si trovano alcune oasi. Ha giacimenti di zolfo, petrolio e gas naturale. Vi si pratica l’allevamento seminomade ... turco Con la locuzione popoli t. si intende un vasto complesso di popoli, le cui sedi primitive erano nell’Asia centrale e orientale, e che da quelle sedi hanno sciamato in età storica, con flusso ininterrotto, verso Occidente; le notizie a loro riguardo cominciano a farsi sicure a partire dal 6° sec. d.C. Storia Portano ... Amudar’ja Fiume dell’Asia centrale (2620 km; bacino di 465.000 km2), noto agli antichi sotto il nome di Oxus e ai popoli di lingua araba sotto il nome di Gaiḥūn. Nasce dai ghiacciai (superiori a 6000 m) sparsi sulle catene montuose che sormontano l’altopiano del Pamir, e nel corso superiore, per 1100 km, segue ...
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