TURKMENISTAN
(v. turkmeni, Repubblica dei, XXXIV, p. 565; urss, App. I, p. 1098; II, II, p. 1065; III, II, p. 1043; IV, III, p. 754)
Già repubblica socialista sovietica, il T. ha proclamato la propria indipendenza il 27 ottobre 1991 e il 21 dicembre dello stesso anno ha firmato, unitamente ad altre dieci ex repubbliche dell'URSS, la dichiarazione di Alma-Ata che ha formalmente istituito la Comunità di Stati Indipendenti (CSI). Il 2 marzo 1992 la Repubblica del T. è stata ammessa all'ONU. Fra le varie repubbliche sovietiche dell'Asia centrale il T. è senza dubbio la più omogenea e la meno artificiale. La popolazione (4.358.000 ab. secondo una stima del 1994; densità 9,7 ab./km2, coefficiente di accrescimento annuo nel periodo 1985-92: 2,5%) è composta per il 72% da turkmeni, per il 9,5% da russi, per il 9% da uzbechi. La capitale, Ašgabat, contava 416.000 ab. nel 1991.
L'agricoltura mantiene una posizione di rilievo nell'economia del paese (47,7% del PIL e 44,2% delle forze di lavoro nel 1992), anche se è ben lontana dall'assicurare l'autosufficienza alimentare. Il sistema agricolo è infatti fortemente orientato verso la monocoltura intensiva del cotone, resa possibile dalla diffusione massiccia dell'irrigazione, anche in aree desertiche (il deserto del Karakum copre il 90% del territorio della repubblica). In anni recenti tuttavia l'eccessivo sviluppo degli schemi d'irrigazione e l'intensificazione crescente della coltivazione commerciale del cotone hanno condotto a gravi forme di impatto ambientale. In particolare, il fiume Amu Darja, che segna il confine con l'Uzbekistan e che alimenta ciò che resta del lago di Aral, è stato sottoposto a prelievi eccessivi per i fabbisogni irrigui; la questione idrica è dunque diventata motivo di potenziale conflitto con lo stato confinante. Importante è l'apporto dell'allevamento, destinato anche alla produzione di pelli (astrachan) e di lana (karakul).
Il T. è riccamente dotato di fonti energetiche e di risorse minerarie, in particolare gas naturale e petrolio (le cui riserve sono stimate rispettivamente in 10-15.000 miliardi di m3 e 6,3 miliardi di t). Il T. è il secondo produttore di gas naturale della Comunità di Stati Indipendenti e forte esportatore sia di idrocarburi sia di elettricità prodotta in centrali termoelettriche ubicate entro i confini del paese.
Ciò spiega l'attenzione crescente con cui il T. guarda all'Iran, paese attraverso il quale passa la via più facile e più breve per esportare il gas verso l'Occidente, evitando di attraversare il Mar Caspio. L'Iran, che dispone di una buona rete di strade, ferrovie e porti, rappresenta lo sbocco naturale del T., la cui capitale è stata di recente collegata con la rete ferroviaria iraniana. All'Iran si guarda anche come a un possibile protettore nel lungo termine, nell'eventualità che si dovessero aggravare le controversie con l'Uzbekistan.
Il settore industriale (38% del PIL, 20% dell'occupazione nel 1992) è prevalentemente associato con l'estrazione e il trattamento delle risorse minerarie (in primo luogo gas naturale e petrolio), con la generazione di energia e la lavorazione del cotone. Anche precedentemente alla dissoluzione dell'URSS il T., una delle repubbliche più povere dell'Unione, aveva attraversato un periodo di declino economico, che si è successivamente aggravato per effetto delle ripercussioni negative sul settore industriale del collasso del sistema commerciale che interconnetteva le repubbliche dell'URSS. Tuttavia nel 1991 e nel 1992 il declino è stato relativamente inferiore a quello di molte altre repubbliche dell'ex URSS, grazie soprattutto all'espansione di due settori trainanti dell'economia: l'industria energetica e del cotone. Nel 1993 si è registrata una significativa ripresa economica, in gran parte attribuibile a sostenute esportazioni di gas naturale. Per attirare investimenti stranieri il governo ha annunciato piani per l'istituzione di sette zone franche industriali per l'esportazione.
Storia. - Il T., a partire dalla fine degli anni Venti, aveva subito, come tutte le repubbliche sovietiche dell'Asia centrale, un processo di russificazione al quale si era coniugata una campagna per lo sradicamento della religione islamica. I problemi dell'identità culturale e quelli dell'arretratezza di un'economia prevalentemente agricola e totalmente dipendente dalle aree maggiormente sviluppate dell'Unione Sovietica rappresentavano la base di una crescente diffusa insoddisfazione, soprattutto nei ceti intellettuali, nonostante il relativo isolamento della repubblica dagli sviluppi politici che caratterizzavano Mosca e le zone meno periferiche del paese verso la fine degli anni Ottanta. La mancanza di qualsiasi tradizione nazionale unitaria e lo scarso radicamento di un movimento democratico ostacolarono però la formazione di un'opposizione politica, e alle elezioni del 1989 per il Congresso dei Deputati del Popolo dell'Unione il dominio del Partito Comunista del T. (PCT) fu sostanzialmente incontrastato. La cauta apertura di un processo di democratizzazione che consentì la formazione di un movimento politico indipendente, il Fronte Popolare (Agzybirlik), nato intorno ai problemi della lingua e della cultura locale nonché a quelli ambientali legati alla cultura intensiva del cotone, ebbe breve durata; il movimento fu messo fuori legge nel gennaio del 1990 e soltanto il PCT e le sue organizzazioni collaterali si presentarono alle elezioni per il Soviet supremo, che si svolsero il 7 gennaio del 1990. Il PCT si assicurò, ovviamente, una larga maggioranza e il nuovo Soviet supremo elesse come presidente S. Niyazov, primo segretario del PCT dal 1985. Fu dunque in un quadro di sostanziale continuità con il passato e di assoluto controllo del Partito comunista sulle strutture politiche e amministrative che, nel maggio 1990, il turkmeno venne riconosciuto lingua ufficiale della repubblica al posto del russo e che, il 22 agosto, fu approvata dal Soviet supremo la dichiarazione di sovranità della Repubblica.
Queste iniziative più che rappresentare concessioni a una debole opposizione sembravano configurare il tentativo da parte della tradizionale classe dirigente di suscitare un sentimento nazionale sul quale allargare la propria base di consenso in presenza di una ridotta capacità di sostegno e di legittimazione da parte del governo centrale. Alle elezioni del 27 ottobre per la nuova carica di presidente esecutivo del T., Niyazov fu l'unico candidato e raccolse il 98,3% dei voti. Parallelamente alla politica di mantenimento dei legami con Mosca, come testimoniano l'appoggio al referendum per il mantenimento dell'Unione del marzo 1991 e successivamente il sostegno alla costituzione della CSI, prese corpo un tentativo, sempre più accentuato, di sottolineare l'autonomia del paese, trovando interlocutori diretti sia all'interno della CSI che sul piano internazionale, al fine di consolidare l'incerta identità nazionale e di ampliare gli sbocchi commerciali e la base economica. In questa evoluzione del quadro politico del T. s'inquadrano: la dichiarazione d'indipendenza approvata da un referendum popolare con il 94,1% dei voti, il 26 ottobre 1991; il cambiamento del nome della repubblica in Repubblica del T.; l'abolizione del russo come lingua di comunicazione interetnica, prevista dalla nuova costituzione del 1992; la stipula di accordi economici con la Turchia e con l'Iran; lo sviluppo di relazioni dirette con le altre quattro repubbliche centroasiatiche; la resistenza a una più stretta integrazione economica nella CSI, e ancora il rifiuto a inviare proprie truppe in Tagikistan durante la guerra civile.
La presidenza di Niyazov si caratterizzò per una tendenza crescente alla centralizzazione del potere e al culto della personalità con pesanti restrizioni alla libertà di stampa e di associazione e ai diritti delle minoranze etniche presenti nel paese. Il presidente, che con l'introduzione della nuova costituzione nel maggio 1992 assunse anche la carica di primo ministro, fu rieletto in giugno con un consenso plebiscitario del 99,5% dei voti (nel gennaio 1994 un referendum estese la durata del suo mandato presidenziale fino al 2002). Questo stile autocratico di governo improntato a toni nazionalistici riuscì però a mantenere il paese in una posizione di sostanziale laicismo, che senza deteriorare i rapporti con le repubbliche della CSI e gli stati musulmani confinanti evitò, nei primi anni, l'esplodere di contrasti tra le diverse etnie e confessioni religiose.