turpezza
Sostantivo dall'aspetto colto, corrispondente al latino turpitudo, termine tecnico dei trattati morali; compare in due luoghi del Convivio nel senso di " disonestà ", " turpitudine ". Il contesto in cui è usato chiarisce la sfumatura semantica.
Nel primo caso (II X 8) D. spiega l'origine del termine cortesia, vocabolo che si tolse... da le corti, e fu tanto a dire... quanto uso di corte. Lo qual vocabulo se oggi si togliesse da le corti… non sarebbe altro a dire che turpezza: " la turpezza, come vocabolo comprensivo, si riferisce in genere a' rozzi costumi e villaneschi; e in tal senso opponendosi a cortesia, che importa ‛ virtuti e belli costumi ', sarebbe ‛ turpitudo inhonestatis et exterioris defectus ' " (Busnelli-Vandelli; cfr. Tomm. Comm. Eth. II II 187 5 ad 4).
Ancora più chiaramente in relazione con la fonte tomistica è t. in IV VIII 2, dove si oppone a reverenza, che è bellezza d'onestade, e così lo suo contrario è turpezza e menomanza de l'onesto, lo quale contrario inreverenza, o vero tracotanza dicere in nostro volgare si può.