TUSCANIA (Toscanella fino al 1911; A. T., 24-25-26)
Cittadina del Lazio settentrionale, situata a 166 m. s. m., sulla destra del fiume Marta, su un rilievo tufaceo i cui margini scendono, con pareti ripide e talora a picco, su profondi burroni. Aveva, nel 1931, 5571 abitanti dediti per la maggior parte all'agricoltura.
Per le comunicazioni, Tuscania si trova in ottima posizione poiché ad essa fanno capo numerose strade che provengono a NO. da Arlena di Castro, Tessennano, Canino, a SO. da Tarquinia e Civitavecchia, a E. da Viterbo, a N. da Marta.
Il territorio del comune (207,49 kmq.), costituito prevalentemente da tufi più o meno cementati, è assai adatto all'agricoltura; i seminativi occupano il 76,6% della superficie agraria e forestale (154,69 kmq.), il 16,1% (32,6 kmq.) è riservato ai boschi, il 3,3% (6,7 kmq.) ai prati e pascoli permanenti e il 3,1% (6,4 kmq.) alle colture legnose specializzate, vite e olivo.
Quest'ultima coltura è assai attiva negl'immediati dintorni del centro abitato.
Monumenti. - Della città antica si conservano ruderi di edifici, di cui alcuni identificabili: portici, acquedotto, terme. L'esistenza di un tempio si può dedurre da alcune lastre di rivestimento del sec. VI a. C.; delle antiche mura di cinta etrusche a costruzione isotomica esistono resti. La necropoli è a est della città, sul fiume Marta. Non si hanno notizia di tombe arcaiche; dal sec. III-I a. C. le tombe furono scavate nelle pendici tufacee del colle. Constano o di un semplice cunicolo, o di un vestibolo che dà accesso a due o tre camere; mancano le facciate architettoniche che distinguono le tombe dei vicini centri di S. Giuliano, Blera, Norchia, Sovana, ecc. La tomba più conosciuta è la grotta della Regina, con lunghi cunicoli e colonne di peperino che sostengono la vòlta. Di età romana troviamo tombe a fossa coperte con tegoli e colombarî. Da Tuscania provengono i due famosi e discussi dadi con i primi sei numeri etruschi.
Conferiscono impronta medievale a Tuscania le sue torri e i ruderi dell'antico castello, ridotto a palazzo del podestà. Le due chiese di S. Pietro e di S. Maria Maggiore sono assai note. Ambedue sedi monastiche e poi vescovili, le due chiese esistevano fino dal sec. VII, ma furono poi ricostruite secondo i nuovi criterî artistici portati nel Viterbese dai maestri lombardi dopo il Mille.
La parte più antica della chiesa di S. Pietro, che corrisponde alla zona presbiteriale e ai primi tre archi delle navate, è stata anche attribuita al sec. VIII ma potrebbe essere molto più tarda perché indica un primo passo verso quella romanica. L'ampio transetto diviso in tre campate con tre absidi e quel tratto delle navi che gli è congiunto, hanno caratteri stilistici contemporanei ed affini con altre chiese del Viterbese a incominciare dalla vicina S. Maria Maggiore. Il prolungamento dell'edificio avvenne nel sec. XII fino all'attuale facciata, seguendo nelle navate, divise da colonne e piloni, l'antico disegno e le gallerie cieche delle mura dei fianchi. Il prospetto emergente a timpano risalta nel mezzo sulle navatelle mostrando una fusione non sempre felice di motivi lombardi toscani ed umbri.
Contigui alla chiesa sono i ruderi del massiccio palazzo episcopale. La vicina chiesa di S. Maria Maggiore fu ricostruita sulla traccia del S. Pietro, ma a croce latina, cioè a una navata seguita da transetto con abside centrale.
Si pensò poi di approfittare della forte sporgenza delle ali del transetto per ridurre la chiesa in tre navate e perciò si aprirono nuovi archi presbiteriali e archi divisorî. Nella facciata, venuta da ultimo a completare l'edificio a pochi metri dalla poderosa torre campanaria, vi è uno schema simile a quello del S. Pietro, ma più equilibrato, più armonioso nella fusione delle sue parti, meglio inteso nel senso plastico. Il grande sviluppo dei tre portali con architravi ricchissimi domina completamente l'architettura della zona centrale che si distacca in avancorpo con la sovrapposta loggia ad arcatelle e il finestrone a ruota. Nell'interno sono da notare un ambone ricostruito nel sec. XII adoperando gli avanzi di una recinzione presbiteriale dei bassi tempi e la smagliante decorazione del muro absidale con affreschi rappresentanti il Giudizio Universale (sec. XIII).
Quasi contemporanea alle chiese predette si può ritenere S. Maria della Rosa, basilicale coperta a tetto visibile, con transetto poco sporgente dai lati. Essa va giudicata una decadente emanazione della florida scuola viterbese del secolo XII per gli arconi divisorî a doppia ghiera con mensoline radiali, per i capitelli delle colonne scolpiti da artisti paesani che esagerarono le forme dei migliori modelli.
Altre chiese come S. Marco e S. Francesco nei pochi avanzi salvati alla distruzione dimostrano il fiorire della scuola viterbese anche nella piccola Tuscania.
La chiesa di S. Maria del Riposo è complesso monumentale di grande interesse (secolo XV). Gli stalli del coro intagliati in noce portano la data 1534, la grande ancona di legno nell'altare maggiore è opera di Pierino d'Amelia, la facciata fu decorata nel 1495. Il chiostro del convento, nella struttura delle arcate disposte in quattro lati su piloni di cotto, dimostra di appartenere al periodo iniziale della costruzione.
Storia. - L'antico centro etrusco Tuscania fiorì dal sec. III a. C., cioè da quando Tarquinia, al cui territorio probabilmente in origine appartenne, passò sotto il dominio romano. Di magistrature etrusche si conosce un sacerdote (?), il maru di Cautha e di Bacco, un purth e due zilath.
Appartenne alla tribù Stellatina e fu stazione della Via Cassia. La presenza dei quattuorviri fa ritenere che Tuscania rimanesse città federata fino alla guerra sociale; e solo allora, ricevuta la cittadinanza, entrasse come municipio a far parte dello stato romano.
Più grande fu la importanza che la città assunse nel primo Medioevo: il possesso di Tuscania e del suo territorio fu allora contrastato da Longobardi, Bizantini e pontefici; e le lotte si protrassero in occasione dell'assegnazione dei beni matildini. Tale situazione accelerò in Tuscania il formarsi di una vita comunale, con interferenze di signorie feudali diverse (gli Anguillara dal 967 al 1066; gli Aldobrandeschi conti di Soana dal 1080), fino al 1337 quando Tuscania rientrò nel dominio diretto della Chiesa. Ma il principio del sec. XIV segnò il tramonto della città che mutò anche il suo nome da Tuscania in Toscanella. Martino V dichiarò Toscanella contea (1410) e ne investì il Tartaglia, fatto poi decapitare da Attendolo Sforza; seguirono vicende di ribellioni e ricuperi, cui pose fine il cardinale Vitelleschi, demolendo tutti i fortilizî del territorio.
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