concorrenza, tutela della
Insieme di norme (leggi antitrust) volte a garantire che le imprese si astengano dal porre in essere restrizioni artificiali al libero funzionamento del mercato. In particolare, sono vietati gli accordi tra imprese che restringono la c., l’abuso da parte di un’zienda della sua posizione dominante (➔) volto a escludere concorrenti dal mercato (abusi escludenti) o a esercitare un eccessivo potere di mercato a svantaggio dei consumatori (abuso di sfruttamento), le acquisizioni di imprese e le fusioni tra esse (controllo sulle concentrazioni) che, a svantaggio degli acquirenti/consumatori, conducono a un incremento del potere di mercato significativo e durevole.
Le prime leggi a tutela della concorrenza sono state adottate in Canada nel 1889 e negli Stati Uniti nel 1890. Inizialmente, l’obiettivo perseguito era quello di impedire l’eccessivo aumento del potere di mercato delle imprese, anche eventualmente bloccandone la crescita dimensionale, senza alcuna attenzione all’efficienza produttiva e all’impatto delle decisioni prese sul benessere dei consumatori. Nel corso degli anni 1950, A. Director ed E. Levi, all’Università di Chicago, hanno fortemente criticato l’impostazione prevalente, sostenendo che le normative antitrust dovessero essere interpretate con particolare attenzione all’analisi economica e che, pertanto, dovessero essere vietati solo i comportamenti d’impresa dannosi per i consumatori, soprattutto i cartelli di prezzo (➔ collusione) e le acquisizioni di imprese concorrenti suscettibili di ridurre in maniera sostanziale la concorrenza. Di contro, i comportamenti soggetti ad arrecare un pregiudizio esclusivamente ai concorrenti (eventualmente in difficoltà come conseguenza della maggior efficienza di un’impresa o di comportamenti semplicemente aggressivi) avrebbero dovuto essere promossi, non vietati. Questa critica della cosiddetta Scuola di Chicago ha influenzato, nei decenni successivi, le modalità interpretative delle normative antitrust sia negli Stati Uniti sia nel resto del mondo (in particolare dal 1989, oltre 100 giurisdizioni hanno adottato una normativa a tutela della c.), cosicché lo standard di riferimento dell’intervento antitrust è diventato prevalentemente il benessere dei consumatori e l’efficienza.
Le norme antitrust contenute nel Trattato di Roma del 1957 sono state interpretate, in una prima fase, come essenzialmente funzionali alla piena realizzazione del mercato interno europeo e a impedire che le imprese reintroducessero, privatamente, le segmentazioni dei mercati nazionali che i Trattati europei avevano eliminato. Di qui la grande attenzione alla materia degli accordi tra imprese operanti a diversi livelli della filiera produttiva (i cosiddetti accordi verticali) e, in particolare, ai rapporti tra le fasi della produzione dei beni e della loro distribuzione al dettaglio. In questo contesto, la Commissione europea vietava tutta una serie di accordi comportanti esclusive (di rivendita o di acquisto) senza comprendere che ‒ lungi dal segmentare i mercati ‒ queste esclusive miravano generalmente ad allineare gli incentivi di produttori e rivenditori nella catena verticale, non ostacolando, ma piuttosto favorendo comportamenti vantaggiosi per i consumatori. Con una serie di comunicazioni e documenti elaborati nel corso degli anni 1990, infatti, la Commissione europea ha chiarito che la tutela della c. evita soprattutto che imprese e consumatori vengano ingiustificatamente danneggiati dai comportamenti dei loro fornitori (interpretando quindi le proibizioni del trattato in relazione agli effetti che i comportamenti d’impresa producono). L’analisi economica è sempre più, anche in Europa, lo strumento interpretativo delle norme a tutela della c. (per es., nella UE gli accordi verticali sono considerati efficienti e solo raramente vietati). Come conseguenza, Stati Uniti (dove la Scuola di Chicago aveva già influenzato le modalità interpretative delle norme poste a tutela della c. fin dai primi anni 1980) e Unione Europea, che erano molto distanti tra loro ancora all’inizio degli anni 1990, hanno cominciato in gran parte a convergere nella loro impostazione di fondo, anche se sussistono differenze occasionali in relazione a fattispecie specifiche.