maternita, tutela della
maternità, tutela della Insieme di norme che hanno l’obiettivo di tutelare le lavoratrici madri.
La disciplina di riferimento è contenuta nel Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, emanato con il d. legisl. 151/2001, che ha esteso al padre lavoratore la possibilità di usufruire delle forme di tutela previste per la madre, con l’obiettivo di favorire una più equa ripartizione dei carichi familiari tra i genitori e quindi anche la fecondità (➔ fecondità, tasso di). La tutela giuridica prevede una astensione obbligatoria dal lavoro (cosiddetto congedo di m.) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto (se questo avviene oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la sua data effettiva) e durante i 3 mesi successivi. È stata inoltre introdotta la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese prima del parto e nei 4 mesi seguenti, previa certificazione medica che tale opzione non pregiudichi la salute della gestante e del nascituro. Per tutto il periodo di astensione obbligatoria, le lavoratrici hanno diritto a un’indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione.
Le donne hanno il diritto di rientrare, al termine del periodo di astensione obbligatoria, nella stessa unità produttiva dove erano occupate all’inizio del periodo di gestazione o in altra ubicata nel medesimo Comune, e di permanervi fino al compimento del primo anno di vita del bambino, nonché di essere adibite alle medesime mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
È possibile, in modo facoltativo, ricorrere al congedo parentale, in base al quale ciascun genitore, nei primi 8 anni di vita del bambino, ha diritto di astenersi dal lavoro per un periodo massimo complessivo di 10 mesi. Fino al terzo anno di vita del figlio, viene corrisposta un’indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo di 6 mesi. Per i periodi ulteriori, l’indennità è pagata solo a individui con reddito inferiore a una data soglia. Entrambi i genitori, alternativamente, possono astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a 3 anni e, nel limite di 5 giorni lavorativi all’anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i 3 e gli 8 anni.
Durante il primo anno di vita del bambino, le lavoratrici madri hanno diritto a due periodi di riposo retribuiti (uno se l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a 6 ore) della durata di un’ora ciascuno. Sono inoltre contemplate misure per la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a 7 mesi di età del figlio attraverso il divieto di svolgere alcune mansioni.
Le donne non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino; in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo di gravidanza e durante il primo anno di vita del figlio, la richiesta deve essere convalidata dal servizio ispettivo del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il d.d.l. 3042/2012 prevede l’estensione del periodo con l’obbligo di convalida fino a 3 anni di vita del bambino. Esso introduce inoltre, in via sperimentale, per gli anni 2013-15, due istituti a sostegno della genitorialità: il congedo parentale obbligatorio a favore del padre lavoratore, pari a un periodo di tempo di 3 giorni, anche continuativi, di astensione dal lavoro, da fruire nei 5 mesi della nascita del figlio; il servizio di baby-sitting a favore della madre lavoratrice, attraverso la corresponsione di voucher erogati dall’INPS (➔), da utilizzare negli 11 mesi successivi al congedo obbligatorio e in alternativa a quello facoltativo, di importo modulato in base ai parametri ISEE (➔) della famiglia.