Tutti gli hashtag dell'anno
Da #JeSuisCharlie a #Grexit, dal #cambiaverso di Renzi alla campagna #unlibroèunlibro per la riduzione dell'IVA sugli ebook, tutte le parole d'ordine più popolari e gli argomenti più discussi sui social network nel 2015.
Come per le famigerate virgolette mimate con le dita, anche l'hashtag è ormai un gesto: indice e medio delle due mani si incrociano uniti un paio di volte a rendere quel simbolo: #. Ma, in realtà, fin dalla sua comparsa (su Twitter, nel 2007) l'hashtag ha rappresentato un gesto: semiotico, se non fisico, visto che indica, sottolinea, propone - a volte impone - un tema da condividere nei social network. Negli ultimi anni, l'uso di quel gesto si è fatto più frequente all'interno di Twitter (in Italia i tweet con almeno un hashtag sono passati dal 30,5% del 2013 al 48% del 2015) e si è esteso anche ad altre reti sociali, come Facebook o Instagram (significativo che a volte si tratti di un gesto autoreferenziale, come per #Facebookdown, che ha fatto il giro del mondo quando il 25 settembre 2015 il social network ha smesso di funzionare per qualche minuto). Ad accompagnare le foto di Instagram ci sono soprattutto hashtag generici come #love, #look, #food, #cool, #amazing o addirittura #photo.
Il dominio dell'inglese, però, non impedisce a una certa creatività nostrana di emergere in casi come #italianparking, didascalia dedicata a parcheggi tanto fantasiosi quanto irrispettosi del codice.
La tendenza a usare come hashtag etichette di circolazione internazionale, peraltro, riguarda tutti i social network. Stando al sito Hashtagify.me, in testa alla classifica dei 'più popolari' in Italia risultano - per il settembre 2015 - #EMABiggestFans1D, legato a una campagna globale della rete televisiva MTV (lo stesso che dominava le classifiche nell'autunno dell'anno prima), e #RT, sigla che corrisponde alla generica esortazione retweet (ovvero: condividete questo messaggio); al quindicesimo posto, #uominiedonne (ancora una trasmissione tv) è il primo in lingua italiana. Gli hashtag in assoluto più ricorrenti nei tweet italiani, d'altronde, sono stati nel 2013 quelli di 3 campagne televisive: #ItalianMTVAwards, #Superjunior e #Thevoice; nel 2014 invece ha prevalso la politica, con #Renzi primo in classifica davanti a #m5s e ad #Amici 13 (i dati provengono da una ricerca di Vincenzo Cosenza per Blogmeter.it).
Come spiega bene lo stesso Cosenza, non rispondono a dati assoluti i cosiddetti trending topic: "termini nuovi che, all'improvviso, vengono utilizzati molte volte, da tante persone e a distanza ravvicinata", creando una sorta di onda anomala rispetto ai rilevamenti precedenti. Il 17 settembre 2014, per esempio, un'iniziativa di RAI Radio 3 dedicata alla lingua italiana è riuscita a portare gli hashtag #proGrammatica e #adottaunsegno rispettivamente al secondo e terzo posto fra i trending topic italiani (al primo posto è rimasto per tutto il giorno lo scaramantico #venerdì17). E un'altra cosa ancora sono gli hashtag che riescono ad assurgere al rango di slogan o tormentoni: formule creative, spesso ironiche, riprese nei contesti più disparati. Come #sapevatelo, da un'invenzione del comico Corrado Guzzanti (miglior hashtag dell'anno nel 2010 e nel 2011); #Vadaabordocazzo!, la frase rivolta dal capitano De Falco al comandante Schettino durante il naufragio della nave Concordia (2012); #enricostaisereno, da un tweet di Renzi - appena eletto segretario del PD - all'allora presidente del consiglio Letta (2014). La frase è diventata quasi proverbiale (Stai Serena s'intitola, per esempio, un programma radiofonico condotto da Serena Dandini), ma per la giuria dei Macchianera italian awards questo è stato solo il secondo miglior hashtag dell'anno.
A ottenere l'ambìto premio è stato infatti quel #Vinciamopoi che, dopo la clamorosa vittoria del PD alle elezioni europee, ha ripreso, storpiandolo, il #Vinciamonoi lanciato in campagna elettorale dal movimento di Grillo. Il meccanismo linguistico, per altro, non è nuovo. Già nel 1994 Luca Serianni parlava di "irradiazione deformata" a proposito di coniazioni scherzose come noiosa macchina da guerra o gioiosa macchina da pisolo, che - dopo la straordinaria sconfitta elettorale del PDS - prendevano di mira la gioiosa macchina da guerra lanciata dall'allora segretario Achille Occhetto.
Per selezionare gli hashtag che vengono qui indicati, mese per mese, come i più significativi, ci si è basati sul loro complessivo impatto mediatico, vale a dire sulla loro presenza nel dibattito giornalistico cartaceo, radiotelevisivo e online, piuttosto che su dati meramente quantitativi (quelli resi pubblici da Blogmeter.it arrivano al momento solo fino all'aprile 2015). Un caso tipico è la serie #Grexit, #Grimbo, #Greferendum riferita alle altalenanti vicende del rapporto tra la Grecia e l'Unione Europea (prima il rischio di uscita, poi il limbo, poi il referendum), serie che durante il mese di luglio si è arricchita seguendo gli ulteriori capovolgimenti di fronte: dalla #Grexecution (l'esecuzione) al #Greturn (il ritorno) fino al #Greekment (l'accordo).
Certo, a volte i 2 aspetti convergono fin quasi a coincidere. Come quando, dopo l'attentato terroristico che ha colpito Parigi il 7 gennaio, #JeSuisCharlie è diventato in tutto il mondo uno degli hashtag più usati di sempre (in Italia, va detto, quell'hashtag risulta solo al quinto posto: primo è il più neutro #CharlieHebdo).
Altre volte la distanza con i dati quantitativi è clamorosa, come nel mese successivo, quando l'hashtag che fa più discutere - all'interno e all'esterno dei social network - è legato all'ombra di una minaccia terroristica contro Roma: #We_are_coming_O_Rome (l'origine e l'attendibilità del messaggio rimangono oscure e molto discusse). E la rete reagisce scherzandoci su, con l'hashtag #ISISminaccia: "vi interrogheremo sui congiuntivi" o "toglieremo le k dai vostri messaggini" o "vi inviteremo a casa nostra per farvi vedere le foto delle vacanze". In quello stesso mese, però, l'hashtag più usato su Twitter è - in coincidenza col festival della canzone - #Sanremo 2015 (#Sanremo2014 era già stato primo dell'anno nella categoria 'eventi nazionali che hanno interessato gli italiani'). Dal mondo dello spettacolo, va detto, arrivano anche messaggi che riescono a superare l'autoreferenzialità. È quello che succede quando il cantante Mika reagisce alle scritte offensive che imbrattano i manifesti del suo concerto a Firenze, denunciando il pericolo dell'omofobia. Il suo #rompiamoilsilenzio viene ripreso da molti altri personaggi famosi e anche dal sindaco della città: "#firenze non è omofoba ma città aperta #rompiamoilsilenzio", scrive Dario Nardella su Twitter. In certi casi, invece, gli hashtag fanno parlare molto di sé perché non funzionano. È il caso dello slogan scelto dalla CGIL per la manifestazione del 25 ottobre dedicata a Lavoro, dignità, uguaglianza. "La manifestazione della #CGIL sarà accompagnata dall'hashtag #tutogliioincludo. E niente, noi progressisti con Twitter non siamo bravi", ammette su Twitter l'esponente PD Gianni Cuperlo. Qualche simpatizzante twitta a sua volta: "Ho dovuto leggere l'articolo di @repubblicait per capire come si legge #tutogliioincludo #sapevatelo @cgilnazionale". Si legge 'tu togli, io includo'. Ma scritto tutto attaccato non funziona: forse 2 frasi per un hashtag sono troppe.
Invece una sola, basata sulla stessa sequenza soggettoverbo, funziona benissimo. A dimostrarlo - poche settimane dopo - l'hashtag #iosonoonesto, con cui dal PD si risponde a un attacco venuto ancora dal sindacato. Il 21 novembre il segretario della FIOM Landini aveva detto: "Renzi riconosca che non ha il consenso delle persone oneste, dei lavoratori e di chi cerca lavoro". Il primo a rispondere via Twitter era stato Luca Di Bonaventura, portavoce del ministro Boschi e componente dello staff del premier: "Caro #Landini volevo dirti che #iosonoonesto".
Lo stesso Renzi ha sempre puntato molto su Twitter, esponendosi spesso in prima persona. Nel primo anno del suo governo dal suo account sono partiti ben 443 messaggi, con decine di hashtag diversi (tra gli altri #lavoltabuona, #Italiariparte, #cambiaverso, ma anche #madovevivono o #amicigufi). Il tweet che ha riscosso più successo, a dire il vero, era senza hashtag ("Buon lavoro, Presidente Mattarella. Viva l'Italia!", dopo l'elezione del presidente della Repubblica); quello che ne ha riscosso meno aveva un hashtag con un errore di ortografia (#VivaLaRepublica, postato il 2 giugno). Ma i tweet di Renzi non parlano solo di politica. "Uffa", aveva scritto il 2 maggio, mentre la Juventus - appena diventata campione d'Italia - lanciava l'esoterico #4Ju33, con riferimento al numero di scudetti consecutivi e complessivi (compresi, polemicamente, i 2 che le sono stati tolti dal giudice sportivo).
Tra le ricorrenze celebrate dagli hashtag, oltre a quelle politiche e a quelle sportive ce ne sono molte che riguardano vari tipi di impegno civile. Basta pensare a #Ognigiorno, pensato per la campagna 2014 della Fondazione Telethon. O a #IoLeggoPerché, che - lanciato il 23 aprile, in occasione della giornata mondiale del libro - s'inserisce in una fortunata serie di hashtag libreschi: #unclassicoèpersempre, trending topic nell'ottobre 2014; #cosastoleggendo, promosso ad agosto 2015 dall'inserto culturale del Corriere della sera; #unlibroèunlibro, la campagna che è riuscita a ottenere la riduzione dell'IVA al 4% anche per gli ebook.
'Hashtag' secondo l'Accademia della Crusca
Parola (o sequenza continua di parole) preceduta dal simbolo #, usata nell'ambito dei social network per categorizzare e rendere ricercabili contenuti correlati.
È dal luglio 2009 che il social network Twitter ha introdotto ufficialmente gli hashtag come chiavi di ricerca per catalogare e rintracciare commenti attinenti a uno stesso argomento. Un commento con un determinato hashtag viene categorizzato insieme a tutti gli altri, scritti da utenti diversi, a cui sia stato associato il medesimo hashtag. La funzione è stata incorporata negli ultimissimi anni da altri popolari social network come Instagram, Google+ e Facebook.
Hashtag è una parola inglese composta da hash, uno dei tanti termini che indicano il simbolo # (in italiano detto cancelletto), e tag, "etichetta", "marcatore". Coniata per la prima volta nel 2007 in un blog statunitense e poi proposta su Twitter dagli stessi utenti, la parola all'inizio indicava solamente il simbolo del cancelletto impiegato per creare chiavi di ricerca, non la chiave di ricerca stessa, e questo significato si è mantenuto nella terminologia ufficiale di Twitter: "il simbolo #, denominato hashtag, viene utilizzato per contrassegnare parole o argomenti chiave in un Tweet. È stato concepito dagli utenti Twitter come metodo per categorizzare i messaggi". Nell'uso comune, tuttavia, il significato si è esteso a tutta la sequenza, che nella terminologia ufficiale è chiamata hashtagged word.
Le prime attestazioni sui quotidiani risalgono al 2009 quando il Corriere della sera e la Repubblica danno notizia della proposta di hashtag come parola dell'anno per l'Oxford English dictionary. Il termine entra invece effettivamente nell'uso italiano a partire dal 2010, parallelamente alla sempre maggiore familiarità degli utenti con la funzione sul social network. È ormai abbastanza conosciuto anche fra coloro che non usano Twitter, visti i continui riferimenti dei media all'informazione via tweet. Sulla guida italiana di Twitter, la parola era stata tradotta all'inizio come etichetta, ma dal 2013 la traduzione è stata sostituita dall'anglicismo non adattato hashtag conformemente a tutte le altre versioni non inglesi del social network. Come quasi tutti gli anglicismi acclimatati nella lingua italiana, il termine si considera invariabile al plurale, così come registrato da alcuni dizionari italiani dell'uso.
Sempre per consuetudine dell'italiano e contrariamente a quanto accade nella lingua inglese, la h iniziale non viene pronunciata e soluzioni come l'hashtag e un hashtag risultano largamente preferite a lo hashtag e uno hashtag (rispettivamente 451.000 contro 2.720 e 66.400 contro 156 risultati su Google).
Lo stile di composizione di un hashtag deve avere come requisiti fondamentali la brevità (Twitter impone il limite di 140 caratteri per commento, eventuali hashtag inclusi) e l'essere facilmente memorizzabile. Molto frequenti sono le abbreviazioni o la sottrazione di determinate lettere, soprattutto vocali, analogamente a quanto avviene nelle scritture tachigrafiche, diffusissime nei nuovi media.
Gli hashtag inoltre si rivelano spesso una fucina di neologismi (il più delle volte effimeri), creazioni estemporanee o tormentoni del tipo #sapevatelo, #gomblotto.
L'estrema sintesi comunicativa realizzata dagli hashtag ha fatto sì che questi siano diventati sempre più un elemento indipendente dalla comunicazione sui social network, usato in funzione di slogan per campagne pubblicitarie (#guerrieri, #civuoleuneroe) o per concentrare il senso di un messaggio politico come in #proviamoci, #coseconcrete, #Adesso.