Tutti gli uomini di Francesco
La rivoluzione nella governance vaticana decisa da papa Bergoglio, a cominciare dall’inedito Consiglio di cardinali, rispecchia i nuovi orizzonti di un pontificato che vuole ridimensionare il peso della Curia romana e restituire autorità e responsabilità a tutti i vescovi del mondo.
Una delle peculiarità del papato romano sta nel fatto che al momento della conclusione di un pontificato si assiste alla decadenza automatica dalla carica di tutti coloro che compongono i vertici delle congregazioni vaticane, lasciando in questo modo carta bianca al nuovo papa per definire un nuovo organigramma della Curia. E si può davvero dire che il passaggio di pontificato da Ratzinger a Bergoglio sia stato particolarmente segnato dalla questione di chi cooptare all’interno degli uffici romani dopo una stagione difficile e tesa, segnata da scandali che certamente hanno avuto il loro peso nella decisione della rinuncia di Benedetto XVI. Francesco, secondo una prassi consolidata, ha riconfermato 3 giorni dopo la sua elezione i capi dicastero con la formula donec aliter provideatur: ma si trattava appunto di una conferma temporanea, dal momento che il papa intendeva riservarsi un tempo di riflessione, preghiera e dialogo prima di procedere a nomine o conferme definitive.
Così, nel corso dei mesi successivi al 13 marzo 2013 si è gradualmente dipanato un processo attraverso il quale Bergoglio ha finalmente dato un proprio assetto ai quadri direttivi della Curia: un passaggio tanto più essenziale per un pontificato che, da subito, è stato percepito e declinato come una nuova stagione di riforme dopo un lungo periodo di immobilismo e di apparente insuperabilità delle difficoltà esistenti. Va però osservato che il papa argentino ha sconvolto questo passaggio delle nomine, che tutto sommato nelle precedenti occasioni si era svolto con una sua gradualità, annunciando un mese dopo la sua elezione l’istituzione di un Consiglio di cardinali allo scopo di «aiutare il Santo Padre nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della Costituzione apostolica Pastor bonus sulla Curia romana». L’organismo, variamente invocato già al tempo del Concilio Vaticano II, costituisce una novità assoluta dai tempi del Concistoro dei cardinali – quella sorta di vero e proprio esecutivo del papa che era stato in funzione sino alla fine del 16° secolo – e resta di fatto totalmente amministrato dal pontefice, che nel chirografo del settembre 2013, con il quale ne ha stabilito l’istituzione, non ha definito né le modalità di selezione dei suoi membri, né il loro numero e neppure la loro durata in carica; ed è interessante pure osservare come sino alla riunione del Consiglio svoltasi nel luglio 2014, quando è stata deliberata l’inclusione del segretario di Stato, ne fossero stati esclusi membri appartenenti alla Curia romana: tanto più che dalle poche notizie che filtravano dai comunicati ufficiali si apprendeva che tra gli argomenti discussi vi erano precisamente materie di competenza dei dicasteri vaticani.
L’istituzione del Consiglio ha avuto l’effetto di sdrammatizzare la questione della nomina del segretario di Stato, giudicata da tutti cruciale all’indomani della fine del pontificato di Ratzinger, che comunque Bergoglio ha inteso sciogliere nel migliore dei modi puntando, con la scelta di Pietro Parolin, su un uomo formatosi sotto diplomatici di primo rango e che aveva dimostrato eccellenti capacità tanto nei suoi incarichi in Curia a Roma quanto nelle missioni diplomatiche di cui era stato incaricato.
Sul versante delle nomine ai vertici delle congregazioni vaticane Francesco ha dato un importante segnale di continuità procedendo alla conferma di Gerhard L. Müller, designato prefetto nel luglio 2012 da Benedetto XVI, alla testa della Congregazione per la Dottrina della fede; ma le novità maggiori, sotto questo punto di vista, si sono viste soprattutto sul versante della composizione interna delle congregazioni, con una marcata diminuzione della quota di italiani e, più in generale, di coloro che avevano avuto un ruolo da protagonisti sia nella fase finale del pontificato di Giovanni Paolo II sia in tutto quello di Benedetto XVI. In questo modo Francesco ha posto le basi per iniziare a dare forma concreta a quell’insieme di progetti a medio e lungo termine esposti nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, il suo vero programma di pontificato, che postula, tra le altre cose, un significativo decentramento del processo decisionale rispetto a Roma e una sensibile revisione dell’approccio rispetto ai temi etici.
Sempre sul versante delle congregazioni va anche rimarcato che Francesco ha già proceduto, di fatto, a mettere un primo tassello nella riforma della Curia allo studio del Consiglio dei cardinali procedendo, con il motu proprio Fidelis dispensator et prudens, alla istituzione di una Segreteria per l’economia che deve svolgere un «controllo economico e la vigilanza» sugli enti della Santa Sede o a essa collegati. Quest’ultima decisione ha dato una prima accoglienza alle petizioni espresse da più parti nelle congregazioni cardinalizie immediatamente precedenti al conclave del 2013 per un drastico riordino delle attività finanziarie della Santa Sede; dopo aver ipotizzato in un primo momento anche una abolizione dell’Istituto opere di religione (IOR), Francesco ha deciso invece per il suo mantenimento, ridefinendone i quadri direttivi e istituendo un Consiglio per l’economia che ha il compito di vigilare anche sull’Istituto.
Ma non è meno rilevante, ai fini della governance vaticana, il proposito di Francesco di accrescere le funzioni decisionali del Sinodo dei vescovi o la decisione di diminuire il ruolo e la visibilità del segretario particolare del papa, assurto a vero e proprio polo decisionale nel corso del pontificato di Giovanni Paolo II; così come è del tutto inedita la rilevanza che il papa argentino ha inteso assegnare all’elemosiniere pontificio, nominato nell’agosto 2013 nella persona del polacco Konrad Krajewski. Intrecciando il ripristino del funzionamento ordinario delle istituzioni curiali e postulando importanti novità il vescovo di Roma Francesco ha effettivamente già compiuto atti di primaria importanza per restituire autorità e responsabilità a tutti i vescovi del mondo.