U.R.S.S
Lo studio di D. ha avuto particolare sviluppo, tra le varie tradizioni culturali dell'U.R.S.S., in Armenia, Georgia, Russia e Ucraina. Per l'Estonia, la Lettonia e la Lituania, che hanno avuto una storia culturale diversa, v. STATI BALTICI.
Armenia. - Il nome e l'opera di D. vennero diffusi nella letteratura armena dai padri mechitaristi di s. Lazzaro in Venezia e dai loro allievi del collegio Moorat-Raphael. Oltre le nozioni biografiche del poeta essi dettero le prime prove di traduzione della Commedia fin dalla seconda metà del secolo scorso.
Il primo tentativo è dovuto al p. Arsenio Pagratuni, già famoso traduttore delle opere classiche greco-latine; egli aveva intenzione di dare una completa traduzione dell'opera, ma colpito dalla morte nel 1866 non poté realizzare il suo scopo, essendo riuscito soltanto a tradurre (nel 1865) in armeno classico l'epigrafe della porta dell'Inferno. La sua è una traduzione (apparsa nell'organo mensile " Pazmaveb " diretto dai mechitaristi [1868] 190) artisticamente riuscita e da nessuno superata quanto all'eleganza di lingua e forma.
Un secondo tentativo, ancora parziale, fecero nel 1866 Cantarian P. Samuele, ed Hekimian Serapione, ex allievo del sopradetto collegio, traducendo in armeno classico l'episodio della morte del conte Ugolino (If XXXII 124-139; XXXIII 1-78), apparso nel " Pazmaveb ".
Nel 1871 ancora nel " Pazmaveb " (n. 2) apparve la traduzione completa del canto III dell'Inferno, fatta dal Cantarian. Qualche anno dopo (Venezia 1875), il p. Davide Nazaretian (1840-1911) si accinse a un lavoro più vasto, dandoci la traduzione di brani scelti della Commedia.
Successivamente il Nazaretian, nel 1909, pubblicò la traduzione del canto XXIII del Paradiso (cfr. " Pazmaveb " n. 11); prima della morte, secondo quanto si legge nella necrologia dedicatagli (cfr. " Pazmaveb " 1911, n. 2), aveva completato la traduzione intera della Commedia, rimasta inedita. La sua traduzione fu in armeno classico, ma i tempi volgevano, mentre ancora egli viveva, verso il predominio dell'armeno moderno. Il rappresentante del periodo moderno è stato il p. Arsenio Ghazikian, che nel 1902 pubblicò l'intero Inferno in versi, di cui successivamente fece altre due edizioni (1910 e 1926) rivedute e corrette. Il Purgatorio con la traduzione del Ghazikian apparve nel 1905, però in prosa anziché in versi; il Paradiso (invece in versi) nel 1924.
Oltre il Ghazikian sono da notare altri letterati benemeriti nella divulgazione di D.: nel 1927 l'episodio del conte Ugolino veniva separatamente tradotto e pubblicato (nel " Keghouni ", illustrazione armena, della tipogr. di San Lazzaro) dal p. A. Kaskandilian, già valente traduttore di Shakespeare, Manzoni, Ada Negri, Giacosa, De Amicis.
Segue poi nel 1930 una nuova traduzione, eseguita interamente dal p. Atanasio Tiroyan (Tiro), autore di vari lavori filologici e letterari.
Una recente e completa traduzione del poema è dovuta ad Arpun Dayan (prefazione di Tajan Dživelegov), ex allievo del collegio Moorat-Raphael, che vive a Erevan in Armenia: Inferno 1947, Purgatorio 1952, Paradiso 1959 (una nuova edizione, 1969, risulta migliorata nel testo e arricchita di riproduzioni di miniature). Questa traduzione in armeno moderno (in dialetto orientale, contrariamente a quell'altra di Ghazikian che è in dialetto occidentale), si presenta la migliore in tutti i sensi, avendo avuto l'autore a disposizione tutto il frutto delle esperienze dei precedenti traduttori; è l'unica che nella versione metrica in terzine persegua una fedele imitazione dell'originale.
Bibl. - Numero speciale di " Pazmaveb " (1965) 11-12; Arpan Dayan, D. nella letteratura armena, Erevan 1969, 612-658.
Georgia. - La cultura georgiana, in epoca sovietica, ha avuto una traduzione completa della Commedia per merito di K. Gamsachurdia. La sua traduzione (in collaborazione con K. Čičinadze) dell'Inferno apparve a Tbilisi nel 1933; a essa seguì quella del Purgatorio (1938) e quella del Paradiso (pubblicata assieme alle prime due cantiche, 1941).
Allo stesso Gamsachurdia sono dovuti le introduzioni e i commenti dell'edizione ricordata, e il suo diuturno lavoro dantesco si è poi compendiato nel saggio D.A. (in K. Gamsachurdia, Kritika, I, Tbilisi 1956). La dantologia di lingua e cultura georgiana conta altresì alcuni studi generali sull'opera di D., come quelli di O. Džinorija, D., ultimo poeta del Medio Evo e primo dell'età moderna (in " Lavori dell'Università di Tbilisi " LXI [1956] 179-209) e di N. Urušadze (compreso nei suoi Studi di letteratura straniera, Tbilisi 1960, 74-101). Ma l'attenzione degli studiosi georgiani si è fermata soprattutto sul problema dei rapporti (meglio, paralleli) tra l'universo dantesco e quello del ‛ rinascimento ' gruzino, massime del poeta Š. Rustaveli (sec. XII): così K. Kapaneli, in Genesi del senso estetico (su D. e Rustaveli, in " Lavori dell'Università di Tbilisi " XIV [1940]), e così Š. Nuzubidze, che nel volume Rustaveli e il Rinascimento occidentale, Tbilisi 1947, studia l'influenza delle idee dello pseudo-Dionigi l'Areopagita (Pietro Iver) su D., e per questo tramite stabilisce un parallelo tra D. stesso e Rustaveli.
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Russia. - Il nome e l'opera di D. cominciano a esser noti in Russia soltanto nel sec. XVIII, in particolare negli ultimi decenni.
Benché infatti si possano riconoscere in alcune opere di carattere agiografico del lungo Medioevo russo tratti omologhi alla struttura della Commedia - soprattutto nelle cosiddette " choždenija po mukam ", o discese agl'Inferi, i cui prototipi risalgono ai secoli XI-XII, come la Andata di Maria alle pene dell'Inferno che già F. Dostoevskij paragonò al poema dantesco -, di altro non si trattava che di topoi assorbiti dalla cultura russa medievale per il tramite della civiltà bizantina (solo in parte, e assai più tardi, di quella tedesca) che non avevano alcun rapporto diretto né con D., né con i suoi immediati precedenti culturali.
Anche i contatti che la cultura umanistica italiana ebbe con la Russia del sec. XVI non offrirono occasione alcuna per ‛ esportare ' in Moscovia la fama di D.: neppure per mezzo di quel M. Grek, inascoltato ‛ profeta ' della rinascita moscovita, che era stato in Italia umanista alla scuola del Manuzio, segretario di Pico della Mirandola, e, a Firenze, seguace del Savonarola, col nome di Michele Triboles, il quale apre il suo Slovo sui sovrani e i governi degli ultimi tempi con un incontro con " Vasilia " in una cornice allegorica che sembra riecheggiare la ‛ selva oscura '.
Bisogna dunque rifarsi al secolo dei lumi, che in Russia significò prima di ogni altra cosa un assorbimento massiccio di cultura occidentale, classica, medievale e moderna, per trovare le prime tracce di letture dantesche. Invero, la prima versione di un frammento della Commedia che si conosca apparve soltanto nel 1798: ma già da tempo D. era noto alla ‛ intelligencija ' settecentesca.
Non esistono indicazioni esplicite di una presenza di D. in Russia anteriore agli anni '60; è ben vero che nella biblioteca di Antioch Kantemir (1709-1744) si trovava un'edizione patavina della Commedia (curata da G.A. Volpi, nel 1726-7), ma Kantemir, andato in Francia come ambasciatore, vi era rimasto, e i suoi legami con la cultura russa si erano affievoliti e poi interrotti. Così, può essere che M. Lomonosov, il quale aveva studiato l'italiano a Marburgo intorno al 1736 sul Maître italien del Vigneron, abbia conosciuto anche D.; ma tracce esplicite non ne restano, e per scoprire qualche eventuale calco dantesco bisognerebbe analizzare una serie di luoghi della sua produzione poetica; e, ancora, la Commedia che un tale don Cristoforo Zapata de Cisneros (probabilmente certo Enrico Cristofori) fece stampare a Venezia nel 1757 dedicandola " Alla sagra imperial maestà di Elisabetta Petrowna imperatrice di tutte le Russie ecc. ecc. ", se giunse certamente a Pietroburgo, non ebbe, neppure a corte, vasta diffusione. Una delle primissime menzioni del nome di D. in terra russa, come ha stabilito recentemente M. Alekseev in un vasto saggio dedicato al problema, la si trova nel trattato Sulla versificazione, dovuto probabilmente alla penna di S.G. Domašnev, che apparve sulla rivista " Poleznoe uveselenie " nel 1762: si trattava di un calco quasi letterale dall'inizio del cap. XXXII dell'Essai sur les moeurs et l'esprit des nations di Voltaire; del resto, la cultura russa venne influenzata a lungo dalla personalità del filosofo francese, e certe renitenze nei confronti di D., o almeno della Commedia, vanno spiegate appunto col polemico atteggiamento di Voltaire nei confronti del poeta fiorentino.
Pochi anni dopo la menzione testé ricordata, nel 1766, apparve a Pietroburgo un'originale opera in prosa, Il burlone, ovvero favole slave di M. Dm. Čulkov (1738-1787), che era in realtà un centone tratto dalle tradizioni più disparate, Boccaccio e Scarron, Ariosto, Boiardo, ecc., organizzato su una struttura simile alle Mille e una notte: nei capp. XI-XII, " Prosecuzione delle avventure di Siloslav ", si legge della discesa agl'Inferi di costui, con alcuni particolari che ne rivelano chiaramente l'ascendenza dantesca.
Negli anni '80 il nome e l'opera di D. sono ormai acquisiti, anche se in forma più ‛ mitica ' che storico-critica; ad esempio, in un'Epistola in versi a I.F. Bogdanovič del 1782, Michail Nikitič Murav'ev (1757-1807) ricorda " le chimere di quel Virgilio, adorato da Dante ". Murav'ev, che tradusse anche dei brani della Gerusalemme liberata, aveva nella sua biblioteca l'Inferno nella versione francese di Julien Moutonnet de Clairfons, edita nel 1776: tale versione doveva avere larga diffusione in Russia, e probabilmente su di essa vennero condotte le primissime traduzioni in russo. Nel 1783, sull'" Opyt trudov vol'nogo rossijskogo sobranija " dell'università di Mosca, compare la traduzione di un saggio tedesco, Narrazione dell'intelletto umano, dovuta ad A.A. Nartov (1737-1813), in cui viene ricordato anche D. (anzi: Dantes, conservando nella trascrizione il genitivo tedesco; come, nelle opere di ascendenza francese, si trova di solito Dant, ma talora persino Ledant); sempre in una traduzione dal tedesco, comparsa in un supplemento delle Moskovskie vedomosti nel 1784, si fa menzione di D.; e ancora su fonti tedesche, ma liberamente rielaborate, s'impernia il Discorso sulla educazione popolare in Europa di Osip P. Kozodavlev (1754-1819), pubblicato nel 1785 sulla rivista " Rastuščij vinograd ", che contiene un vero e proprio profilo di D., anche se curiosamente la Commedia non vi viene ricordata; una voce assai più dettagliata su D. comparve invece nel 1791, in un Dizionario storico compilato su fonti francesi. Il poeta Vasilij L'vovič Puškin (1770-1830; zio di Aleksandr Sergeeviè), in una lirica scritta intorno al 1789, ma stampata solo nel '97, Sujda, pone a epigrafe i versi danteschi I' mi son un che, / quando Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch' e' ditta dentro vo significando (Pg XXIV 52-54).
La circolazione del nome di D. negli ultimi decenni del '700 è testimoniata anche dai riferimenti che si possono trovare in alcuni epistolari: ad esempio, nel 1784, il commediografo D. Fonvizin narra in una lettera dall'Italia (del 5 ottobre, ai familiari) di aver avuto con commozione tra le mani, a Modena, un manoscritto quattrocentesco della Commedia; A. Radiščev, lo sfortunato polemista democratico dell'epoca di Caterina II, scrive l'8 maggio 1791 che, giunto nel luogo dell'esilio siberiano, gli parve di scorgere impressa sui volti l'iscrizione Lasciate ogne speranza, voi ch'entrate (If III 9); e il favolista I. Krylov, commentando in una lettera (del 26 novembre 1795, a E. Benkendorf) quello stesso verso, osservava: " Iscrizione terribile, con cui D. raffigurò l'Inferno ben più spaventosamente che con tanti altri suoi versi ". Non è dunque un fatto sorprendente, sebbene occasionale e isolato anch'esso, che il periodico " Prijatnoe i poleznoe preprovoždenie vremeni " (rivista che usciva a Mosca negli anni tra il 1794 e il 1798, diretta da V.S. Podšivalov, avvalendosi della collaborazione di scrittori, traduttori e poeti come A. Voejkov, I. Dmitr'ev, V. Puškin e I. Krylov) pubblicasse nel 1798 una versione in prosa dell'inizio del XXVII canto del Purgatorio (vv. 1-75) intitolandola Il mondo della penitenza e premettendovi una breve introduzione informativa; tale versione, condotta dal francese, apparve anonima ma era dovuta, probabilmente, al direttore stesso della rivista, V. Podšivalov (1765-1813), letterato vicino a Karamzin e alla tendenza ‛ sentimentalistica '.
A quella versione apparsa sullo scorcio del sec. XVIII, e a un'altra che la seguì poco dopo (anch'essa in prosa, anch'essa condotta dal francese: era un brano dell'episodio di Ugolino, If XXXIII 1-78, che Petr S. Železnikov pubblicò nella Biblioteca ridotta ad uso dei signori allievi del Primo Corpo dei Cadetti, nel 1800), vanno dunque ricondotti gl'inizi veri e propri della fortuna di D. in Russia, frutto a loro volta di un lungo processo di penetrazione nella cultura settecentesca.
Nei decenni immediatamente successivi la fama del poeta fiorentino venne rinnovata presso il lettore da poeti di primo piano come Žukovskij e Batjuškov: quest'ultimo, anzi, pioniere dell'italomania russa, che scrisse (lettera del 5 dicembre 1811 a Gnedič) di preferire ai " barbari " autori russi il colloquio " con le ombre di D., di Tasso, del dolce Petrarca ", si propose anche di tradurre una scelta di brani dalla Commedia e di tracciare un profilo critico di Dante. Ma in effetti D. venne ‛ scoperto ' dalla letteratura russa nel periodo puškiniano.
A. Puškin (v.) conobbe e amò D., probabilmente sulla scorta di Byron e nel clima di mitizzazione dell'Italia e della sua cultura proprio del primo Ottocento; fu per suo incentivo, nei suoi anni, e nel suo ambiente, che l'opera dantesca s'impose in Russia, talché per lungo tempo si ritenne che il sorgere della fortuna di D. fosse strettamente connesso all'imporsi del Romanticismo: O. Orlov, nel suo saggio O romantičeskoj poezii (1823), pone D. tra i grandi ‛ precursori ' cui i romantici debbono rifarsi.
In una quindicina di anni (1817-1833) D. cessa di essere una figura mitica, diviene un fenomeno culturale che si cerca di avvicinare filologicamente: nel 'l7, infatti, un amico di Puškin, P. Katenin, traduce il canto di Ugolino, e nel 1833 un altro amico di Puškin, S. Ševyrev, pubblica il saggio Dante i ego vremja (la prima voce della dantologia russa), seguito a distanza di quattro anni da uno studio di A. Volkonskij su alcune fonti della Commedia (O " Božestvennoj Komedii " Dante Aligieri, pubblicato sul " Sovremennik ", n. 5, 1837). In questo arco di tempo le traduzioni, sebbene parziali, si succedono con maggiore intensità (dal '23 in poi apparvero quelle di Norov, nel '32 furono pubblicati i primi tre canti dell'Inferno tradotti da Katenin); vari poeti dell'epoca, Kjuchel'beker, Kozlov, rivelano insistenti reminiscenze dantesche; nel 1828 l'almanacco Severnye cvety pubblica un anonimo ritratto in versi di D.; nel 1837 un commediografo, peraltro modesto (N. Polevoj), compone un dramma su Ugolino.
Negli anni '30 e '40 D. non è più patrimonio dei pochi che leggono l'italiano (anche se costoro, ovviamente, lo conoscono più e meglio: va, ad esempio, ricordato che nel 1838 uscì a Mosca un'edizione in italiano dell'Inferno, curata da un emigrato, G. Rubini, per gli studenti dell'università di Mosca), e sempre più spesso, da quando Puškin l'aveva indicato quale rappresentante della ristretta " falange classica ", diviene riferimento costante della cultura letteraria. Gogol' modella il suo capolavoro, Le anime morte, sullo schema tripartito della Commedia; e Herzen, che a sua volta conosceva l'italiano e ammirava D., lo mise subito in evidenza, insistendo in seguito, a proposito di svariati autori, su riferimenti danteschi per descrivere l' ‛ inferno ' dell'epoca di Nikolaj; anche Belinskij, che pure non conosceva l'italiano, parla sovente di D., e nei suoi scritti ne impiega versi e pensieri. La letteratura russa è inflazionata di riferimenti danteschi, anche se spesso di terza mano e limitati a pochi luoghi emblematici.
È nel 1843 che compare finalmente una versione completa dell'Inferno, eseguita in prosa da una letterata dilettante, la Kologrivova (v. FAN DIM); e benché non avesse particolari pregi stilistici (e per di più fosse accompagnata da una prefazione di tale D. Strukov che attirò i sarcasmi di Belinskij), ebbe tuttavia un vasto successo. Ma nello stesso anno, senza che nessuno vi prestasse attenzione, s'iniziò l'impresa più importante, cioè la versione di tutta la Commedia, cui si accinse un professore di medicina legale dell'università di Mosca, D. Min.
Il primo canto da lui tradotto (il V dell'Inferno) venne pubblicato quell'anno sulla rivista " Moskvitjanin ", insieme con altri tre tradotti da Ševyrev: ma doveva passare ancora molto tempo prima che la Commedia vedesse la luce in russo, nella sua completezza; la versione del Min, poi, venne pubblicata soltanto postuma più di cinquant'anni dopo, nel 1907.
Continuavano frattanto a venir pubblicate sillogi dantesche a intenti divulgativi (come l'antologia di episodi della Commedia, apparsa nel '47 col titolo Scene dalla vita di uomini illustri), e articoli sulla figura di D., spesso approssimativi come l'anonima Biografia che la rivista " Otečestvennye zapiski " pubblicò nello stesso anno.
Nella seconda metà del sec. XIX l'approccio a D. si fa più sistematico, più consapevole e sicuro: con l'apparizione di numerose versioni integrali della Commedia l'opera dantesca ha una diffusione sempre più vasta; poeti e letterati, con frequenza e familiarità sempre maggiori, usano riferimenti danteschi.
Già nel 1855 l'apparizione del lavoro di uno storico insigne, P. Kudrjavcev (Dante, ego poema i ego vek, in " Otečestvennye zapiski ", 1855-56), aveva dato l'avvio a un nuovo tipo di dantologia, aggiornata e originale; di D. scrisse e si occupò più volte colui che rimane forse il filologo russo più importante dell'Ottocento, F. Buslaev: se il suo articolo " 600-letnij jubilej dnja roždenija Dante ", pubblicato nel 1864, ha un carattere occasionale e pubblicistico, il corpus delle sue lezioni dantesche rimane una tappa fondamentale nella dantologia russa (di esse, rimaste purtroppo inedite, venne pubblicata solo l'introduzione, col titolo Paganesimo e cristianità, nella miscellanea Počin, 1895); Buslaev inoltre, sul finire del secolo, rivide e corresse in parte la versione della Commedia di N. Golovanov. A D. si rivolse ripetutamente il grande storico e teorico della letteratura Aleksandr Veselovskij, che lavorò a lungo in Italia e fu amico del Carducci; e anche il fratello di costui, Aleksej, professore di letterature comparate, diede un contributo allo sviluppo della dantologia traducendo in russo, nel 1881, l'opera del Wegele, Dantes Leben und Verke. Altri lavori, sia pure di minore importanza, apparvero in quegli anni: uno studio su D. di M. Pinto, un italiano trasferitosi in Russia dove divenne professore, che fu pubblicato nel 1866 a Pietroburgo nel volume Saggi storici di letteratura italiana; la monografia di A. Stanislavskij (Dante, 1864) e il saggio di P. Mizinov (Dante i ego Božiestvennaja Komedija, 1888); frattanto, dopo un'altra versione limitata all'Inferno, dovuta a V. Petrov (1871), tra il '74 e il '79 era apparsa tutta la Commedia nella versione poetica del Minaev.
Molteplici le influenze dantesche, le reminiscenze dalla Commedia, ripetuta l'immagine del poeta, nella letteratura russa della seconda metà del secolo: benché D. non vi venga citato, appare probabile che Ostrovskij abbia ricalcato la figura di Katerina (protagonista del dramma Groza, 1859) su quello di Francesca; ed è parimenti accertato come I. Turgenev sia ricorso più volte a tematiche dantesche, nel poema ‛ italiano ' su Filippo Strozzi, in alcune poesie in prosa, nel racconto Canto dell'amor trionfante.
Come Turgenev, e molti altri scrittori dell'epoca, anche A. Grigor'ev collega le riminescenze dantesche ai ‛ temi italiani ': così premette alla lirica Venezia la bella un'epigrafe dantesca (Inferno II 103-108) e v'inserisce un verso (Inferno I 1) direttamente in italiano. La figura di D., severa e talvolta persino convenzionale nella sua severità, ricorre nei versi di S. Durov (Dante, 1843), di N. Ogarev (Il giorno di Dante, 1865), di A. Pleščeev (Vospominanie, 1876), e naturalmente di Minaev (Ad, 1862), traduttore nel 1879 di tutta la Commedia. Il poema Drakon di Aleskej K. Tolstoj (1875) è tutto intriso di echi danteschi: il suo Racconto del XIII secolo (all'italiana), in terzine, concerne infatti le lotte tra guelfi e ghibellini, e in un primo momento l'autore voleva farlo apparire come versione dall'italiano (" Si rompa poi la testa Angelo De Gubernatis a scovare l'originale ", disse a Stasjulevič).
Sul finire del secolo il lavoro su D. s'intensificò ancora maggiormente; nel 1887 S. Zarudin pubblicò una versione in prosa dell'Inferno, e sette anni dopo Kaušin ne diede un'altra; nel 1893 A. Fedorov eseguì una versione completa in versi della Commedia (accolta con molte riserve), nel '94 ne apparve un'altra del Čujko, e nel '98 un'altra ancora di M. Gorbov il cui secondo tomo (Purgatorio) comprendeva la versione russa della Vita di Dante boccacciana; tra il 1898 e il 1900 appare quella di N. Golovanov che pubblicò, in appendice all'Inferno, saggi danteschi di Buslaev, Carlyle, Quinet, Lamennais, Schlegel ed altri; e nel 1900 quella della signora O. Čjumina, in prosa. Inoltre, nel 1897 era apparsa un'antologia di versioni (" Božestvennaja Komedija " v perevode russkich pisatelej).
Fino ad allora, salvo sporadiche eccezioni (un certo D. Fon Lisander aveva pubblicato nel 1854 la versione di un sonetto), l'attenzione dei traduttori russi si era concentrata e limitata alla Commedia; adesso invece A. Fedorov, già traduttore della Commedia, pubblica nel 1895 una discutibile versione della Vita Nuova, cui seguirà, nel 1908, la traduzione della Monarchia, condotta dal tedesco dall'Arsen'ev. Anche il lavoro di ricostruzione storico-critica viene arricchito da numerosi contributi; nel 1891 L. Šepelevič pubblica la sua tesi dottorale su " L'apocrifa visione di S. Paolo " (un esame della letteratura escatologica, dall'antichità fino al sec. XII) che doveva divenire la prima parte della sua Dantovskaja trilogija, apparsa in seguito; nello stesso anno uscirono i saggi di N. Storoženko (Dante) e di Marija Vatson (Dante; ego žizn' i literaturnaja dejatel' nost'). Nel 1893, proseguendo nel lavoro di acquisizione di alcuni testi della dantologia europea, il Korš tradusse dall'inglese l'opera del Symonds Dante, il suo tempo, la sua origine e il suo genio; nel 1899 apparve a Char'kov una silloge di saggi danteschi del Carducci, col titolo Dante i ego proizvedenija; nel 1905 il Vvedenskij tradusse il Dante dello Scartazzini; nel 1911 apparve, tradotto dal tedesco, il saggio di Karl Federn D. e il suo tempo, e, nel 1915, I significati reconditi della Commedia di F. Flamini.
Ma probabilmente il fenomeno più rilevante della fortuna di D. in questo periodo fu la particolare influenza che la sua opera esercitò sulla cultura simbolista. Al fondo di tale interesse dei decadenti russi per D. (come già i romantici, anch'essi lo enumerano tra i propri ‛ predecessori ') c'è sicuramente la foresta di simboli e allegorie, che venne rilevata da V. Brjusov (v.) nelle note alla sua versione del I canto dell'Inferno, in cui la loro sete di corrispondenze e pluriplanalità trovava modo di appagarsi; non disgiunta dalle suggestioni del preraffaellismo, e della sua particolare maniera d'interpretare le immagini dantesche, che erano assai congeniali al clima di art nouveau dell'epoca.
Merežkovskij e Minskij, Brjusov e Bal'mont, tra i decadenti della ‛ prima ' generazione; Blok, Vjačeslav Ivanov (che, insieme a Brjusov, avrebbe dovuto realizzare una nuova versione della Commedia), Belyj, il giovane S.M. Solov'ev (che nel 1903 tradusse la Vita Nuova), Ellis tra i simbolisti della ‛ seconda ' generazione, furono tutti appassionati cultori di D.: e si può affermare che anche la fortuna di D. presso altri cenacoli e scuole letterarie - è indicativo il caso degli ‛ acmeisti ', da Gumilev a Mandel'štam, da Lozinskij all'Achmatova - deriva in buona misura dai simbolisti.
Nella cultura del primo quindicennio del secolo D. ha dunque in Russia una diffusione e una fortuna straordinaria, di cui i lavori storico-critici (come la monografia di L. Turygina del 1911, il lavoro di I.M. Grevs sulla datazione della Monarchia [1914], o i saggi di A. Evlachov raccolti nel 1914 col titolo V poiskach Boga) sono forse la testimonianza meno rilevante, a confronto dell'influenza delle opere dantesche sulla letteratura creativa del tempo.
Con la guerra, e la successiva rivoluzione, l'impero russo muore e nasce l'Unione Sovietica: uno dei primi libri stampati nel 1918 fu una nuova versione della Vita Nuova curata da M. Liverovskaja, che vi premise una dotta introduzione.
Ma il momento di maggior sviluppo degli studi danteschi in U.R.S.S. si ebbe tre anni dopo, a partire dal 1921, in coincidenza col sesto centenario della morte del poeta, quando vennero organizzate delle solenni celebrazioni, per le quali il ministro Rosadi espresse la sua gratitudine al commissario del popolo per l'istruzione, Lunačarskij (v.; cfr. " Pečat' i revoljucija " I, 1922).
In quell'anno, infatti, appare la miscellanea Dante 1321-1921, che comprendeva uno studio di I. Glebov (pseud. di B. Asaf'ev) su D. e la musica e un profilo dantesco di B. Krževskij. Contemporaneamente usciva un saggio di I. Glivenko, e l'anno successivo Vladimir Šklovskij traduceva per la prima volta il De vulgari Eloquentia, mentre B. Zajcev pubblicava il suo saggio D. i ego poema. A Mosca, intorno alla società " Dante Alighieri " (detta anche " Studio italiano ") Si formò un gruppo d'italianisti, tra cui, oltre lo Zajcev (che in seguito emigrò), c'erano A. Dživelegov e A. Efros. Anche i rapporti diretti con la cultura dantesca italiana erano stretti, come prova ad esempio la recensione che il ‛ formalista ' Ju. Tynjanov fece alla Poesia di D. di B. Croce (in " Načala " I [1921]); l'astronomo D. Svjatskij studiò L'astronomia di D. nella sua D.C. (in " Izvestija Petrogradskogo instituta im. Lesgafta " V [1922]). Negli anni '20, inoltre, vennero posti alcuni fondamenti della dantologia marxista, in primo luogo attraverso la discussione tra A. Lunačarskij e V. Friče sulla corretta collocazione di D. tra Medioevo ed età moderna, ma anche con gl'interventi, sia pure parziali, di F. Zelinskij, I. Grevs, e con le prime pubblicazioni di Dživelegov, il quale completerà la sua monografia dantesca solo nel 1933. A. Efros traduce nel 1934 la Vita Nuova, e in quegli stessi anni M. Lozinskij accetta l'incarico di tradurre nuovamente tutta la Commedia, nel quadro delle pubblicazioni dantesche volute e progettate da M. Gor'kij. Un altro avvenimento importante nello sviluppo della dantologia sovietica fu l'apparizione nel 1939 del saggio dello storico dell'arte M. Alpatov su L'arte italiana all'epoca di D. e di Giotto.
Anche nella letteratura sovietica, senza soluzioni di continuità da quella prerivoluzionaria, l'influenza di D. è presente e iterata: VI. Majakovskij associa l'incubo della guerra alle visioni dell'Inferno dantesco (in Vojna i mir, 1915-16), e tale associazione ritornerà in altri poeti, come N. Pavlovič e S. Kirsanov, durante il secondo conflitto mondiale. Immagini dantesche, soprattutto infernali, ricorrono nei romanzi di M. Bulgakov, mentre La via dei tormenti di A. Tolstoj (1928) riflette, insieme con la struttura degli apocrifi medievali di cui porta il titolo, anche la tipologia dantesca. Un altro romanzo dedicato al trauma della rivoluzione, Nel vicolo cieco (1922) del ‛ gor'kiano ' V. Veresaev, ha come epigrafe una citazione da If III 37-42; tra le opere più recenti della letteratura sovietica, il riferimento alla Commedia è evidente fin dal titolo in un romanzo come Il primo cerchio di A. Solženicyn (cfr. VI. Gebenschikov, Les cercles infernaux chez Soljénitsyne et D., in " Canadian Slavonic Papers " II-III [1971]), Tra i poeti che ebbero familiari i temi danteschi, vanno ricordati almeno A. Achmatova (Dante, 1936), N. Zabolockij, che dedicò una delle sue ultime poesie (1958) alla Tomba di D., e A. Tvardovskij, che nel suo Terkin all'altro mondo afferma: " Vedete, volevo apparire un nuovo Dante ". Ma si tratta soltanto di alcuni pochi casi esemplificativi di un fenomeno ben più vasto, che attende ancora un'indagine specifica.
In questi ultimi anni, dopo la guerra, la cultura sovietica conta una nutrita schiera d'italianisti di talento, molti dei quali si occupano principalmente, e insistentemente, di D.; le pubblicazioni, in libri e in riviste, si susseguono, trattando ora problemi di ricostruzione storico-politica (L. Batkin, V. Golosov), ora di approfondimento critico-estetico (S. Vajman, N. Elina, I. Belza, K. Deržavin, S. Mokul'skij, I. Goleniščev-Kutuzov, R. Budagov).
Tra i non specialisti, conviene ricordare almeno Ju. Oleša, che nei suoi diari (1956) ci ha lasciato delle pagine assai sottili sulla Commedia; e Viktor Šklovskij, che in Corda dell'arco. Sulla dissimiglianza del simigliante (del 1970), ha dedicato alcune note all'analisi della dialettica ideologica e formale, soprattutto del Purgatorio.
Con la ricorrenza del settimo centenario della nascita di D., dal 1965 in poi, si è avuto in Russia un ulteriore incremento del lavoro dantesco. Appaiono i saggi di L. Batkin, di N. Elina e di T. Sutueva (nel 1965); quello di I. Goleniščev-Kutuzov appare nel 1967, e nello stesso anno viene finalmente pubblicato il Razgovor o D. di Mandel'štam; tre miscellanee scientifiche, che raccolgono contributi dei dantisti più qualificati, si succedono a breve distanza, D. i slavjane (1965), D. i vsemirnaja literatura (1967) e Dantovskie čtenija (1968).
Nel 1966 il Consiglio scientifico per la storia della cultura mondiale dell'Accademia delle Scienze sovietica dà vita a una Commissione dantesca permanente (presidente I. Belza, segretario Ju. Ritčik) che annovera tra i suoi membri i maggiori specialisti sovietici; inoltre, ed è forse il contributo più rilevante per la diffusione dell'opera dantesca in Russia, l'Accademia delle Scienze pubblica tra il 1967 e il 1968 l'opera completa di D. in russo; alla Commedia, nella ormai classica versione di Lozinskij, seguono le Opere minori, che comprendono nuove versioni della Vita Nuova di I. Goleniščev-Kutuzov, del De vulgari Eloquentia di F. Petrovskij, e della Monarchia di V. Zubov: vengono inoltre tradotti per la prima volta le Rime (da E. Solonovič e I. Goleniščev-Kutuzov), il Convivio (da A. Gabričevskij e I. Goleniščev-Kutuzov), le Egloghe (da F. Petrovskij), le Epistole (da E. Solonovič) e la Quaestio (da V. Zubov).
D. ha oggi in Russia una diffusione e una presenza come pochi altri classici della letteratura mondiale; il lavoro davvero imponente intrapreso nell'anno centenario continua a dare nuovi frutti, come il saggio (postumo) di Goleniščev-Kutuzov su L'opera di D. e la letteratura mondiale e il secondo e il terzo volume di Dantovskie ctenija (1971 e 1973), e molti ne promette per l'avvenire.
Bibl. - M. Kovalevskij, Russkie perevody " Božestvennoj Komedii ", in " Kazanskij bibliofil " II (1921); E. Lo Gatto, Sulla fortuna di D. in Russia, in Saggi sulla cultura russa, Roma 1925; A. Dživelegov, Dante. Žizn' i tvorčestvo, Mosca 1946, 400-405; V. Aleksandrov, Russkij D., in Ljudi i knigi, ibid. 1956; N. Elina, D. v russkoj literature, kritike i perevodach, in " Vestnik istorii mirovoj kul'tury " I (1959); L. Wainstein, D. in Russia, in " Il Mondo " 14 sett. 1965; Rossijsk j D., in " Literaturnaja gazeta " 3 giugno 1965; [I. Goleniščeva-Kutuzova], D. v sssr, Mosca 1965; A. Iljušin, Reminiscencii iz " Božestvennoj Komedii " v russkoj literature XIX v., in Dantovskie čtenija, ibid. 1968; S. Belza, Obraz D. u russkich poetov, ibid.; [Ju. Ritčik], Sovetskaja dantologija za pjatdesjat' let (1917-1967). Bibliografičeskij ukazatel', ibid.; M.P. Alekseev, Pervoe znakomstvo v Dante V Rossii, in Ot klassicizma k romantizmu, Leningrado 1970 (recens. di L. Wainstein, Padre D. in Russia, ne " La Stampa " 20 ago. 1971); I. Goleniščev-Kutuzov, D. v Rossii e D. v Sovetskoj kul'ture, in Tvorčestvo D. i mirovaja kultura, Mosca 1971; I. Belza, D. segodnja, in " Vestnik Akademii Nauk sssr " IX (1971); M.B. Luporini, Pubblicazioni dantesche nell'Unione Sovietica, in " Studi d. " XLVIII (1971) 211-214; V. Dančenko, Dante Alig'eri (bibliografičeskij ukazatel'), Mosca 1973.
Ucraina. - Se un'eventuale conoscenza di D. in Ucraina anteriore al sec. XIX rimane a tutt'oggi oggetto più di supposizioni che non di accertamento filologico, le prime testimonianze sicure della sua fortuna vanno ricercate nell'opera di quegli che resta il massimo rappresentante della letteratura ucraina moderna, Taras Ševčenko (1814-1861) che, nell'ambiente della cultura pietroburghese in cui era stato introdotto grazie all'amicizia con Žukovskij, seguì con attenzione il progressivo diffondersi dell'opera dantesca nella cultura russa dell'800. Ševčenko recepisce e trasmette soprattutto i temi danteschi collegati alla condizione dell'esilio: la sua esclamazione " Nema girše, jak v nevoli / pro volju zgaduvat'... " riecheggia chiaramente Nessun maggior dolore / che ricordarsi del tempo felice / ne la miseria. Debitore a D., probabilmente conosciuto sul testo originale, fu anche il poeta Pantelejmon Kuliš (m. 1897), che pubblicò nel 1861 la poesia A D. (dopo la lettura del suo poema " Inferno "), e che nel 1890 progettò un poema-pamphlet dal titolo Kulis all'Inferno; di D. s'interessò il filosofo Vladimir Lesevič, che nel 1886 pubblicò un saggio su D. come pensatore. Ma è soprattutto con un altro poeta ucraino del secolo scorso, I. Franko (v.), che si può legittimamente parlare di una presenza di D. in Ucraina. Sul finire del secolo, anche la poetessa Lesja Ukraïnka (v.), nobile figura di scrittrice profondamente legata alle sorti della sua terra, e che nel contempo si adoperò per introdurre nella cultura ucraina i momenti più significativi della tradizione europea, subì l'influsso di Dante. La prima traduzione della Commedia (limitatamente ai canti I-X dell'Inferno) apparve tra il 1892 e il 1896 sulle pagine della rivista " Pravda " di L'vov, a firma di V. Siven'kij, pseudonimo di Vl. Samojlenko.
Nel 1922, in occasione delle celebrazioni dantesche, apparvero tre saggi di un noto filologo, Illarion Svencickij, raccolti nel volume D., cantore immortale dell'amore, cui era aggiunta una breve antologia di versioni (dalla Commedia e dalla Vita Nuova) dovute a Franko, a Samojlenko e allo stesso Svencickij.
Oggi il lettore ucraino dispone di una versione completa della Commedia; la versione dell'Inferno, dovuta a P. Karmans'kij (traduttore anche del Foscolo e del Carducci) e a M. Rilskij, il maggior poeta ucraino del nostro secolo, apparve a Kiev nel 1956, con un saggio introduttivo del più insigne italianista ucraino, O. Bileckij; il Purgatorio e il Paradiso, nella traduzione di E. Drob'jazko che ha curato anche l'apparato critico, sono stati editi rispettivamente nel 1968 e nel 1972. Nell'anno del VII centenario dalla nascita del poeta è apparsa anche una traduzione della Vita Nuova, eseguita in collaborazione da M. Bažan, I. Drač, V. Žitnik, D. Pavličko e A. Perepadi, con un saggio introduttivo del Drač (Kiev 1965).
Anche nella letteratura ucraina contemporanea ci sono tracce dell'influenza di D.: così, ovviamente, nel sonetto Dante (1921) di Mikola Zerov, così in una poesia indirizzata contro gli emigranti (Otvet zemljakam, 1922) di Pavel Tyčina, così in Misterija (1929) di Todor Os'mačka.
La letteratura dantesca ucraina, oltre ai saggi del Lesevič, del Franko, dello Svencickij, del Bileckij, del Drač, conta due ricerche monografiche (V. Ver, Dante. Žittja i tvorčist' poeta, Kiev 1941, e N. Modestova, D. Aligieri, ibid. 1965); nonché alcune ricerche dedicate prevalentemente ai rapporti tra D. e i maggiori poeti ucraini: agl'influssi danteschi su T. Ševčenko (O. Bileckij, Ševčenko i mirovaja literatura, Char'kov 1939), su I. Franko (O. Dombrovskij, Ivan Frankoperevodčik i populjarizator tvorčestva D., L'vov 1954; L. Ivanov, Ivan Franko pro klasiku literaturu zarubižnich krain, Char'kov 1956; Žuravska, Ivan Franko i zarubižni literaturi, Kiev 1961), sulla Ukraïnka (O. Dombrovskij, D. v tvorčistvi Lesi Ukraïnki, L'vov 1961). Inoltre bisogna tener conto del fatto che la vicinanza non solamente politico-geografica, ma anche linguistica, con la Russia, permette una diffusione dell'opera dantesca in Ucraina ben maggiore di quanto possano attestare le pubblicazioni ucraine.
Bibl. - [I. Goleniščeva-Kutuzova], D. v sssr, Mosca 1965; O. Dombrovskij, D. v ukrainskich perevodach, in " Inozemna filologija ", L'vov 1966, 6; Ju. Ritčik, Sovetskaja dantologija za pjatdesjat' let, in Dantovskie čtenija, Mosca 1968; G. Kočur, D. v ukrainskoj literature, in Dantovskie čtenija, ibid. 1971.