NICOLA,\u00A0Marco
NICOLA, Marco. – Nacque probabilmente nella prima metà del XII secolo. La sua famiglia d’origine non è nota.
Pur essendo attestata anche la forma onomastica Marcus Nicolay, nei documenti da lui sottoscritti adotta il nome di Marco Nicola (cfr. S. Lorenzo, 1959, p. 52, n. 31, gennaio 1197) per cui si può ritenere che la seconda parte del suo nome non costituisse un patronimico.
La prima notizia che lo riguarda risale al 1173, quando in un'escussione testimoniale è menzionato come diacono e pievano di S. Silvestro, la chiesa che costituiva la sede veneziana del patriarca di Grado. Ascese poi al soglio realtino (diocesi di Castello) tra il 1181 e il 1182, succedendo al brevissimo episcopato di Filippo Casolo. Conferma di queste date viene anche da un documento del luglio 1181, noto da una copia del marzo 1182 (Betto, 1984, p. 264); l’atto è sottoscritto in entrambi i casi da Nicola, dapprima come primicerio e nella copia come vescovo (sulle date cfr. Andreae Danduli, p. 268; Rando, 1994, p. 229). Kehr (1925, p. 133) qualifica Nicola come uomo espertissimo di diritto canonico e per questo sovente chiamato dalla sede pontificia a dirimere questioni giuridiche. L’assunzione di questo genere di impegni fu una delle caratteristiche del suo episcopato; si può dunque supporre che avesse una qualche formazione di studi, della quale però sfuggono tappe e sedi.
La successione degli incarichi arbitrali e giudiziari negli ultimi due decenni del XII secolo fu piuttosto serrata. Nell’ottobre 1186 Urbano III scrisse a lui e a Giacomo, pievano di S. Bartolomeo, perché indagassero su un problema di mancata corresponsione dei diritti parrocchiali alla badessa di S. Lorenzo da parte di alcuni residenti della parrocchia di S. Severo; la questione si trascinò fino al 1198, quando Nicola fu chiamato a pronunciarsi in quanto delegato del papa Innocenzo III, e quindi in qualità di arbitro scelto dalle parti (S. Lorenzo, 1959, pp. 43, n. 24; 82, n. 51; 88, n. 54). Nell’occasione, riconobbe alla vicinia il diritto di arruolamento e presentazione del pievano alla badessa del monastero di S. Lorenzo, diritto poi sottratto alla comunità nel 1217, nel clima di esclusione dei laici da qualunque interferenza nelle questioni ecclesiastiche ribadito dal IV Concilio Lateranense.
Nel 1188 venne chiamato da papa Clemente III a comporre la lite tra il diacono Antelmo e l’abate di S. Giorgio Maggiore per un mutuo di 150 lire, questione chiusa dopo due anni (S. Giorgio Maggiore, 1968, pp. 337, n. 532, 587, CDLI, CDLII). Quattro anni dopo, insieme con il vescovo di Chioggia, fu nominato giudice delegato da Celestino III per giudicare la lite tra il patriarca di Aquileia e il capitolo di Trieste per l’elezione del vescovo Woscalco (Codice Diplomatico…, 1862, p. 341, n. 181); nello stesso anno, unitamente al patriarca di Grado, pronunciò una prima sentenza nella controversia tra il vescovo di Cittanova (Istria), il pievano e gli uomini di Buie e il pievano di Pirano per i quartesi di Castel Venere; alla sentenza fece seguito, nel 1194, l’interdetto comminato ai buiesi. Nel 1197 papa Celestino confermò gli interventi precedenti e nel 1198 delegò Nicola giudice nella causa tra il monastero dei Ss. Ilario e Benedetto e il parroco di S. Giovanni di Balladello per le decime e i quartesi della parrocchia di S. Giustina, in diocesi di Castello, causa nel corso della quale Nicola si pronunciò a favore del monastero (Ss. Ilario e Benedetto, 1965, p. 112, n. 40; Rando, 1994, p. 266, n. 381). Altre deleghe giudiziarie pontificie gli furono affidate nel 1207 e nel 1209 (Corner, 1749, XIV, pp. 130, 132).
Alle liti in cui svolse funzioni giusdicenti, si aggiungono quelle in cui fu parte in causa: fu a più riprese direttamente coinvolto in vertenze legate al governo dei diritti parrocchiali e diocesani, e soprattutto alla gestione delle decime. Rientrano in questa tipologia di contenzioso la lite con i chierici di S. Maria Mater Domini nel 1188 (Corner, 1749, II, p. 305; Rando, 1994, pp. 228 s.) e quella con il pievano di S. Canzian (Italia pontificia, 1925, p. 135, nn. 23, 29-31).
In genere queste situazioni testimoniano una certa difficoltà da parte del vescovo di mostrarsi ai preti delle sue parrocchie con una forte autorità gerarchica, forse in conseguenza della provenienza parrocchiale degli stessi vescovi della diocesi castellana e della scarsa consistenza del capitolo della cattedrale. Quanto a capacità di affermazione sulle parrocchie realtine, l’episcopato castellano subiva entro i confini diocesani la presenza sempre più ingombrante del patriarcato gradense, della Chiesa marciana e anche di prestigiose istituzioni canonicali svincolate dal controllo vescovile, come la canonica regolare di S. Salvatore. Nel 1207 fu affidata a Nicola la soluzione della vertenza per la corresponsione dei diritti parrocchiali apertasi proprio tra il monastero di S. Salvatore e i residenti della parrocchia di S. Bartolomeo, già unita nel 1195 al monastero, su sollecitazione pontificia e attuazione dello stesso Nicola (Corner, 1749, XIV, pp. 121-132).
Peraltro, durante l’episcopato di Nicola affiorano anche testimonianze di uno sforzo di emancipazione da parte del vescovo e della Chiesa castellana rispetto ai loro tradizionali competitori: nel 1209 Nicola rifiutò di prestare al patriarca di Grado un giuramento di fedeltà che travalicava, a suo dire, la forma canonica alla quale i suffraganei erano tenuti nei confronti del metropolita; quindi, insoddisfatto della sentenza pronunciata al riguardo dal canonico di Treviso Enrico, delegato da Innocenzo III, nel 1213, con l’appoggio dell’arcidiacono e dei canonici si appellò al pontefice che aveva incaricato del giudizio i vescovi di Padova e Treviso. Solo il pontificato di Gregorio IX, tuttavia, dopo la morte di Nicola, pose fine alla controversia in senso favorevole al vescovo di Castello (Ibid., III, pp. 16, 94).
Leggibile nella stessa prospettiva è il tentativo di procurarsi qualche alleato nell’ambito ecclesiastico locale attraverso il sostegno assegnato ad alcune istituzioni monastiche lagunari. Nel 1187 concesse ai benedettini di S. Daniele una pecia de lacu (Benedettini in S. Daniele, 1989, p. 112, n. 82), donazione completata nel 1220 con il conferimento dell’intero specchio d’acqua, con l’argine, la terra, una casa lignea e due mulini (Ughelli, 1720, col. 1255). Nel 1199 o 1200 rilasciò a Domenico, priore di S. Andrea di Lido, il permesso di edificare sulla stessa isola una seconda chiesa intitolata alle Ss. Eufemia, Dorotea, Tecla, Erasma; nel 1219 dichiarò di aver consacrato la chiesa su espressa indicazione e sotto l’autorità protettiva del cardinale Ugolino d’Ostia, legato apostolico, destinato al pontificato col nome di Gregorio IX (Andreae Danduli, p. 275, 16-20; Corner, 1749, IX, p. 61). Anche fuori Venezia, nei lontani territori d’oltremare egemonizzati dal Ducato dopo la crociata del 1204, Nicola si trovò ad avere la possibilità di distribuire beni della Chiesa castellana, allargando la rete di dipendenze nei confronti dell’episcopio. Nel 1211, infatti, procedette al conferimento della chiesa di S. Marco di Beirut al pievano della chiesa di S. Marco de Accon.
Morì nel 1225 quasi certamente a Venezia.
Secondo Eubel (1913), Onorio III, forse in considerazione dell’età avanzata o di una eventuale malattia di Nicola, nell’ottobre di quell’anno aveva disposto il suo ritiro o che gli si fornisse come aiuto il pievano di S. Paolo di Venezia.
Fonti e Bibl.: F. Ughelli, Italia sacra sive de episcopis Italiae, et insularum adiacentium, V, Venezia 1720, coll. 1247-1258; F. Corner, Ecclesiae Venetae antiquis monumentis, Venezia 1749, II, p. 305; III, pp. 16, 43, 94; IX, p. 61; XI, p. 138; XII, p. 454; XIII, pp. 22-26; XIV, pp. 80, 121-132; G. Cappelletti, Storia della Chiesa di Venezia, I, Venezia 1849, pp. 283-292; Codice diplomatico istriano, I, Dal 50 al 1250, a cura di P. Kandler, Trieste 1862 (rist. anast. Trieste 1986), pp. 341, n. 181; 344, n. 184; C. Eubel, Hierarchia catholica medii aevi, 2a ed., 1913, I, p. 171; II, p. XIX; Chartularium piranense: raccolta dei documenti medievali di Pirano, a cura di C. De Franceschi, Parenzo 1924, p. 7; Italia pontificia, a cura di P.F. Kehr, VII, 2, Berlin 1925 (rist. anast. 1961), pp. 79 n. 5; 83, n. 8; 94; n. 26; 105, n. 7; 106, n. 3; 133-137, 143, n. 1; 151 s., 154, n. 40; 159, nn. 4-5; 161, n. 1; 163, n. 2; 170, n. 10; 174, n. 5; 183, n. 1; 188, n. 7; 189, n. 16; 191, nn. 8-9; 197, nn. 6-8; Origo civitatum Italiae seu Venetiarum (Chronicon altinate et Chronicon gradense), a cura di R. Cessi, in Fonti per la storia d’Italia, LXXIII, Roma 1933, p. 142 (rist. anast. Torino 1972); Andreae Danduli chronica per extensum descripta, a cura di E. Pastorello, Rerum Italicarum Scriptores, 2a ed., XII/1, Bologna 1942, pp. 268, 275, 290; S. Lorenzo, a cura di F. Gaeta, Venezia 1959, pp. 43, 52, 82, 88; V. Piva, Il patriarcato di Venezia e le sue origini, II, Venezia 1960, pp. 218-226; Ss. Ilario e Benedetto e S. Gregorio, a cura di L. Lanfranchi - B. Strina, Venezia 1965, p. 112, n. 40; S. Giorgio Maggiore, III, Documenti 1160-1199 e notizie di documenti, a cura di L. Lanfranchi, Venezia 1968, pp. 337, n. 532, 587, CDLI, CDLII; S. Maria Formosa, a cura di M. Rosada, Venezia 1972, pp. XX, 22; B. Betto, Decime ecclesiastiche a Venezia fino al sec. XIV e motivi di contrasto tra il vescovo e la città, in Archivio veneto, s. 5, CX (1979), 113, pp. 35 s.; Id., Le nuove congregazioni del clero di Venezia (sec. XI-XV). Ricerche storiche, matricole e documenti vari, Padova 1984, pp. 267 s.; Id., Il capitolo della basilica di S. Marco in Venezia: statuti e consuetudini dei primi decenni del sec. XIV (in appendice un confronto con il capitolo della cattedrale di S. Pietro di Castello fino al sec. XVI), Padova 1984, p. 224; G. Cracco, Chiesa e istituzioni civili nel secolo della quarta crociata, in La chiesa di Venezia nei secoli XI-XIII, a cura di F. Tonon, Venezia 1988, p. 27, n. 17; D. Rando, Aspetti dell’organizzazione della cura d’anime a Venezia nei secoli XI-XII, ibid., p. 63; A. Rigon, I vescovi veneziani nella svolta pastorale dei secoli XII e XIII, ibid., pp. 35, 39, 47; Benedettini in S. Daniele (1046-1198), a cura di E. Santschi, Venezia 1989, p. 112, n. 82; D. Rando, Una chiesa di frontiera. Le istituzioni ecclesiastiche veneziane nei secoli VI-XII, Bologna 1994, pp. 217, 228 s., 238, 266; A. Niero, Il patriarcato di Grado: profilo storico, in Grado, Venezia, i Gradenigo, catal., a cura di M. Zorzi - S. Marcon, Mariano del Friuli (GO) 2001, p. 56; S. Perini, Chioggia medievale. Documenti dal secolo XI al XV, II,1, Venezia 2006, pp. 247, n. 337, 267, n. 366; F. Masè, Patrimoines immobiliers ecclésiastiques dans la Venise médiévale (XIe-XVe siècle). Une lecture de la ville, Rome 2006, pp. 12, 265, doc.1.