u'
Avverbio di luogo diffuso particolarmente nei dialetti toscani (all'infuori del fiorentino), nei quali compaiono anche forme come ‛ uve ', ‛ duve ', probabilmente legate alla protonia sintattica (cfr. Castellani, Nuovi Testi 41). Al riguardo è notevole il fatto che u' compaia solamente nella Commedia e in due casi delle Rime (quasi sempre all'inizio di verso, cioè in posizione protonica per eccellenza), mentre è del tutto sconosciuto alle altre opere, in particolare modo nel Fiore e nel Detto, caratterizzate da un uso linguistico più spiccatamente popolareggiante; va tuttavia considerata anche la totale assenza dalle opere di D., almeno per quanto riguarda i testi vulgati, della forma o', genuinamente fiorentina (forma presente invece anche per altri motivi, in codici in genere non toscani, come Urb o Ham). Per tutta la questione dell'oscillazione u' - o' - du' nei codici, si veda Petrocchi, Introduzione 110.
1. Vale fondamentalmente " (nel luogo) in cui " e si unisce a termini come ‛ loco ' (If II 24 lo loco santo / u' siede il successor del maggior Piero; Pg XXIV 79 'l loco u' fui a viver posto; è da rilevare che nella tradizione il cod. Co esemplato da un fiorentino legge o'); ‛ parte ' (Pg XXVIII 12 la parte / u' la prim' ombra gitta il santo monte; fra gli altri legge o' il cod. Vat); ‛ città ' (If IX 33 la città dolente, / u' non potemo intrare omai sanz'ira; da notare la relazione di moto a luogo); ‛ inferno ' (Pd XX 106 lo 'nferno, u' non si riede / già mai a buon voler); ‛ fonte ' (XII 63 le sponsalizie fuor compiute / al sacro fonte... / u' si dotar di mutüa salute); ‛ cammino ' (X 96 la santa greggia / che Domenico mena per cammino / u' ben s'impingua se non si vaneggia, ripetuto anche ai vv. 11, 25 e 139; e si veda pure Petrocchi, ad l.); ‛ scala ' (Pd X 87 quella scala / u' sanza risalir nessun discende), e ancora con termini come ‛ carta ' (XII 123 chi cercasse a foglio a foglio / nostro volume, ancor troveria carta / u' leggerebbe...), e ‛ mente ' (X 112 l'alta mente u' sì profondo / saver fu messo). Assai interessante per il suo valore di " al quale ", il caso di Rime XL 5 Disio verace, u' rado fin si pone.
1.2. L'avverbio compare anche in diretta relazione con verbi di moto, quali ‛ discendere ' (Pd VII 31 al Verbo di Dio discender piacque / u' la natura... / unì a sé in persona), e ‛ volgere ' (XXVII 146 la fortuna... / le poppe volgerà u' son le prore), e ancora con altro verbo, in Rime LXXXIII 16 verace insegna... dimostra u' la vertù dimora.
2. In unione con ‛ là ' rafforzativo, in Pd XI 26 ove dinanzi dissi... / e là u' dissi..., in una variatio con precipuo fine stilistico; l'avverbio nelle parole di s. Tommaso ha quasi un valore temporale, riferendosi a un ‛ prima ' proprio dell'economia della narrazione che diventa anche per il lettore richiamo di un passo precedente.
3. Accompagnato da ‛ che ', in If VII 120 come l'occhio ti dice, u' che s'aggira, vale, secondo la maggior parte dei commentatori, " dovunque ".
Si vedano anche DOVE; OVE.
Bibl. - Per la diffusione areale nei testi antichi, oltre al passo già citato del Castellani, si veda anche Monaci, Crestomazia, glossario, sub. v. ove; e si vedano ancora A. Lichtenhan, La storia di Ove Dove Onde Donde Di dove Da dove, Berna 1951; G. Brodin, Termini dimostrativi toscani, Lund 1970 (in particolare, alle pp. 164 ss.).