UBALDINI, Domenico detto il Puligo
– Nacque a Firenze nel 1492 dal fabbro Bartolomeo di Domenico e da Apollonia, figlia dell’orafo Antonio di Giovanni. Queste sono le notizie biografiche contenute nel commentario alla vita vasariana dell’artista di Gaetano Milanesi (Vasari, 1568, 1879, pp. 471-473), accolte dalla critica e nel catalogo della mostra dedicatagli nel 2002 presso la Galleria Palatina di Firenze (Domenico Puligo, 2002). Stando a Milanesi, la famiglia Ubaldini sarebbe stata originaria di Marradi, in Mugello, ma alla fine del Quattrocento si sarebbe trasferita a Firenze nel quartiere di S. Giovanni, popolo di S. Lorenzo fuori dalle mura cittadine.
Milanesi basò le sue considerazioni su una portata al Catasto del 1504, nella quale Bartolomeo di Domenico, di cinquantasette anni, dichiarò di abitare nel popolo suddetto, insieme alla moglie Apollonia, di quarantotto anni, al figlio Domenico, dodicenne, e a una figlia Francesca di dieci anni (Archivio di Stato di Firenze, Decima Repubblicana, 395, carta n.n.). In questa portata ne è citata un’altra del 1490, rintracciata da Elena Capretti (in Domenico Puligo, 2002, p. 53: Archivio di Stato di Firenze, Catasto 1172, c. 28r), nella quale però Bartolomeo e suo fratello Giovanni non nominano congiunti. In entrambi i documenti non compare il cognome Ubaldini. Tra i battezzati in S. Giovanni a Firenze del 1492 Puligo non è presente, a meno di non supporlo nato fuori del capoluogo. L’unico Domenico di Bartolomeo di Domenico documentato tra i battezzati fiorentini di quegli anni, senza l’indicazione del cognome, nacque il 13 marzo 1489 (1490 in stile comune) nel popolo di S. Pier Gattolini (Archivio dell’Opera del duomo di Firenze, Battezzati maschi in S. Giovanni, 5, c. 131r), quindi in una zona della città diversa da quella in cui abitava la famiglia. Sia l’artista sia i suoi nel corso degli anni cambiarono comunque spesso residenza (Geronimus - Waldman, 2003, p. 157).
L’origine del soprannome Puligo che accompagnò l’artista tutta la vita è ignota, ma ben conosciuta è la sua formazione nella bottega di Ridolfo del Ghirlandaio, dove risulta documentato almeno fino al novembre del 1513, quando con il maestro e con il condiscepolo Giovanni, detto lo Scheggia, fece da testimone alla morte di Maria e di Dianora, cugine di Ridolfo e figlie del pittore Bastiano Mainardi, anch’egli da poco scomparso (Venturini, 1994-1995, pp. 134 s.).
Il percorso del Puligo presso Ridolfo si svolse a fianco di altri pittori, tra i quali Baccio Ghetti, Toto del Nunziata, Mariano Graziadei, Antonio del Ceraiolo e il giovanissimo Michele Tosini, nel clima di collaborazione e al contempo di competizione che il maestro seppe creare tra i discepoli, lasciandoli liberi di sviluppare le personali inclinazioni e di frequentare altre botteghe. Puligo si avvicinò ad Andrea del Sarto e il rapporto fu così stretto che poté studiarne i disegni e i lavori in corso d’opera, come si nota già nella Madonna col Bambino e i ss. Ippolito e Cassiano della chiesa dedicata ai due santi a Laterina (Arezzo), ispirata e coeva alla Madonna delle arpie firmata da Andrea nel 1517 e oggi agli Uffizi. Mentre approfondiva la pittura del Sarto, mutuandone anche i caratteri somatici delle figure, Puligo creò un suo stile, giocato su un chiaroscuro e uno sfumato molto incisivi; quella «certa nebbia» dovuta all’abbondanza di nerofumo che secondo Giorgio Vasari gli sarebbe servita ad accentuare la spazialità delle opere ma anche a mascherare errori di composizione, dovuti a una capacità disegnativa non eccelsa, che trovava proprio nel Sarto un costante apporto «di disegni e di consiglio» (Vasari, 1568, 1879, pp. 463; Capretti, in Domenico Puligo, 2002, p. 24).
L’attitudine di Ridolfo a far partecipare gli allievi alla realizzazione delle sue opere determinò nella sua produzione all’inizio del Cinquecento un sottile eclettismo, particolarmente evidente nelle tavole d’altare eseguite, in tempi diversi, per lo spedalingo di S. Maria Nuova Leonardo Buonafé (cfr. D. Franklin, Ridolfo Ghirlandaio’s altar-pieces for Leonardo Buonafé and the Hospital of S. Maria Nuova in Florence, in The Burlington Magazine, CXXXV (1993), pp. 4-16). In alcune di esse, come la Madonna col Bambino e i ss. Giuliano e Sebastiano, oggi in S. Martino della Scala a Firenze, e che Vasari riferisce prevalentemente a Toto (Vasari, 1568, 1881, p. 541), o la Madonna col Bambino e i ss. Michele, Pietro, Paolo e Maddalena della collezione Hervey-Bathurst a Eastnor Castle (Herefordshire), lo sfumato e il chiaroscuro incisivi potrebbero indicare anche la presenza di Puligo, oltreché di Toto.
Nel 1522 Puligo, trasferitosi presso la chiesa di S. Pier Scheraggio, diede in affitto casa e bottega paterna (Capretti, in Domenico Puligo, 2002, p. 52) e nel 1525 s’immatricolò alla compagnia fiorentina di S. Luca (Geronimus - Waldman, 2003, p. 140), ma da oltre un decennio aveva iniziato a lavorare per conto proprio, e già al 1515 è documentata la prima delle sue poche pale d’altare, la Deposizione per la Compagnia della Croce ad Anghiari (Arezzo), oggi nella locale prepositura (S. Casciu, in Domenico Puligo, 2002, pp. 72-74). Precocemente iniziò anche il suo rapporto di lavoro e di comunanza spirituale con i benedettini cistercensi della badia a Settimo presso Firenze (Spinelli, 1994, p. 120). Per i loro monasteri e chiese eseguì opere solo in parte giunteci e spesso non databili con certezza. Vasari (1568, 1879, p. 467) ricorda una serie di lunette a fresco con le Visioni del conte Ugo di Toscana nel chiostro della badia a Settimo, andate però perdute, mentre si è conservata la pala con la Madonna col Bambino e i ss. Quintino e Placido, già in una delle cappelle della chiesa e oggi nel John and Mable Ringling Museum of art di Sarasota, Florida (Capretti, in Domenico Puligo, 2002, pp. 32 s.). Sempre per i cistercensi affrescò nel 1520 una cappella nella badia di Buonsollazzo in Mugello (Spinelli, 1994, pp. 119-122), ma il ciclo è perduto. Di committenza cistercense è forse anche la pala con la Visione di s. Bernardo del Walters Art Museum di Baltimora, ricordata da Vasari (1568, 1879, p. 465) presso i fratelli Giovan Gualberto e Niccolò del Giocondo, e ispirata a un prototipo del Perugino. Del quadro si ignora l’ubicazione di origine, non potendo essere identificato con la tavola d’altare che Puligo eseguì nel 1526 per la cappella dei del Giocondo nella basilica della SS. Annunziata a Firenze.
Tale dipinto, menzionato da Vasari (ibid., p. 466) raffigurava invece le Stimmate di s. Francesco e occupava l’altare della cappella, la cui abside era decorata da un grande affresco di Antonio di Donnino del Mazziere raffigurante il Martirio dei diecimila. Di esso è stato identificato un disegno al Louvre (inv. n. 1018), già attribuito a Sebastiano Vini e che include anche uno schizzo della perduta pala del Puligo (A. Nesi, Antonio di Donnino del Mazziere. Stimmate di S. Francesco, Firenze 2017, p. 2, con bibliografia). Nel 1525 Puligo aveva invece stipulato il contratto per due pale d’altare destinate alle chiese di S. Caterina e di S. Benigno a Genova, che però non sappiamo se furono eseguite (Gardner, 1986, pp. 7, 393 s.).
Altre committenze cistercensi furono la Madonna col Bambino e i ss. Giovannino e Bernardo di Chiaravalle, già a Firenze in collezione Saviotti e secondo alcuni identificabile con un quadro ricordato da Vasari nella casa fiorentina di Filippo Spini (1568, 1879, pp. 464 s.; Capretti, 1991, pp. 61, 64; dissente dalla proposta Spinelli, 1994, p. 126), e la grande pala d’altare dipinta nel 1526 per la cappella di Paolo da Romena nella chiesa fiorentina di S. Maria Maddalena de’ Pazzi (detta di Cestello). La tavola è tuttora in loco, racchiusa nella sua magnifica cornice intagliata dall’architetto e legnaiolo Baccio d’Agnolo, e raffigura la Madonna col Bambino tra i ss. Giovanni Battista, Marco (?), Pietro, Bernardo, Paolo e Caterina d’Alessandria (Luchs, 1977, pp. 102 s.; Capretti, in Domenico Puligo, 2002, pp. 90-92, con bibliografia).
Il committente, Paolo da Romena, apparteneva alla Compagnia della Cazzuola, una delle confraternite goliardiche presenti all’epoca a Firenze. Anche Puligo partecipava a una di esse, quella del Paiuolo, probabilmente coinvoltovi da Andrea del Sarto e dal fratello di questi Francesco, detto lo Spillo, e a una delle loro riunioni presentò una porchetta fatta in forma di «una fante con la rocca da filare allato, la quale guardava una covata di pulcini» (Vasari, 1568, 1881, p. 611; Mozzati, 2008).
Sempre al 1526 risale lo Sposalizio mistico di s. Caterina d’Alessandria alla presenza di s. Pietro martire, commissionato dalla Compagnia del Bigallo per un tabernacolo all’angolo tra via delle Ruote e via S. Zanobi a Firenze: unica pittura murale giuntaci del Puligo (Gardner, 1986, p. 395). Lo schema dell’opera ripropone come la pala da Romena i prototipi del Sarto. Lo stesso accade nella Madonna col Bambino e i ss. Sebastiano e Rocco oggi nello Szépművészeti Múzeum di Budapest, ma della quale si ignora la provenienza d’origine e che reca un falso monogramma del Sarto e una data 1527 forse spuria. L’ultima pala d’altare nota del Puligo è la Presentazione della Vergine al Tempio coi ss. Antonino, Vincenzo Ferrer, Elena, Lucia e Caterina da Siena, eseguita per le monache fiorentine di S. Maria degli Angiolini e pagata agli eredi dopo la sua morte, avvenuta nel 1527 (Capretti, in Domenico Puligo, 2002, p. 88). Non sappiamo neppure se l’artista riuscì a portare a termine un’altra commissione documentata tra il 1526 e il 1527, ossia una pala d’altare per la cappella di Jacopo Salviati nella chiesa fiorentina di S. Margherita de’ Ricci, mentre è dispersa o non identificata la Madonna col Bambino e s. Jacopo eseguita per lo stesso committente nel 1523 (Mozzati, 2008, p. 347). Il resto del catalogo del Puligo è costituito da Madonne, ritratti e figure allegoriche a mezzo busto: opere sparse tra musei e collezioni private o che compaiono spesso sul mercato dell’arte, difficilmente databili, e che se messe a confronto rivelano caratteri di stile non sempre uniformi. Parte di esse va dunque riferita alla bottega.
Puligo ebbe infatti diversi allievi, collaboratori e seguaci, tra i quali il pittore e scultore Antonio Solosmeo, attivo anch’egli per i benedettini, e del quale ci resta una Madonna e santi firmata e datata 1527 nella badia di S. Fedele a Poppi, presso Arezzo (Casciu, 2004, p. 100). Inoltre Domenico Beceri, ricordato da Vasari e del quale vi sono opere a Pistoia e a Prato (Vasari, 1568, 1879, p. 468, e Nesi, 2007); il fratello di Andrea del Sarto Francesco di Agnolo Lanfranchi detto lo Spillo (Nesi, 2016a); e i vari membri della famiglia Verrocchi (uno dei quali, Giovambattista, identificabile con il Maestro di Volterra, ritenuto dalla critica un seguace del Puligo). Molte opere di questi ultimi passano sul mercato proprio con l’attribuzione a Ubaldini (cfr. Nesi, 2016b). Le già rilevate affinità con lo stile di Toto del Nunziata hanno creato ulteriori equivoci, tanto che la Sacra Famiglia dello Szépművészeti Múzeum di Budapest attribuita a Puligo nel catalogo del 2002 (n. 1, scheda di E. Capretti) rientra invece in un lotto di composizioni identiche riferibili al Nunziata (Nesi, 2016a, p. 18).
Tra le Madonne riprodotte nell’Elenco delle opere del citato catalogo del 2002 (Capretti, in Domenico Puligo, 2002, pp. 44-51) appaiono autografe e importanti soprattutto alcune conservate nella Galleria Palatina di Firenze, come la Sacra Famiglia (n. 23, e scheda 3, di S. Casciu), la Madonna col Bambino e s. Giovanni Battista (n. 18, e scheda 9, di S. Casciu), la Sacra Famiglia con s. Giovannino (n. 20, e scheda 10, di S. Casciu), della quale esiste una replica autografa ma priva della figura di s. Giuseppe nella Alte Pinakothek di Monaco. Inoltre la bella Madonna col Bambino con s. Caterina d’Alessandria e un angelo del Museo nazionale di S. Matteo a Pisa (n. 43) e la già citata Madonna ex Saviotti (n. 62). Tra i ritratti si segnalano per importanza il Giovane con veduta di Firenze in collezione privata a Oakly Park nello Shropshire (n. 7, e scheda 23, di Capretti), la Donna in veste di Maddalena nella National Gallery of Canada a Ottawa (n. 62), tre quadri conservati a Firle Place nel Sussex – la cosiddetta Barbara Fiorentina (n. 30, e scheda 27, di Capretti), l’Uomo che scrive, unico datato (1523; n. 31, e scheda 26, di Capretti), e il cosiddetto Fattore di S. Marco (n. 52, e scheda 28, di Capretti) –, l’Uomo con guanti della Galleria Palatina di Firenze (n. 21, e scheda 29, di Capretti) e il Pietro Carnesecchi degli Uffizi, menzionato anche da Vasari (n. 15, e scheda 30, di Capretti; Vasari, 1568, 1879, p. 465). Tra i mezzi busti di soggetto sacro e profano appaiono di grande qualità e pienamente rispondenti allo stile dell’artista la Figura femminile dell’Arciconfraternita della Misericordia di Firenze (n. 13, e scheda 11, di Capretti), la Maddalena degli appartamenti reali di Palazzo Pitti (n. 17, e scheda 7, di Capretti), nonché S. Giovanni Battista di ubicazione ignota, passato sul mercato milanese nel 1986 (n. 74), e che ripropone la fisionomia di quello nella già citata tavola della Palatina (n. 18).
Soggetti di questo genere erano certo anche le due «teste» disperse che Puligo dipinse nel 1524 per un Jacopo di Filippo fornaciaio (Waldman, 1999). Stranamente, invece, non ha suscitato troppo entusiasmo un’attribuzione di Bernard Berenson riguardante un notevole pannello all’evidenza autografo con S. Sebastiano, conservato nella Compagnia dei Ss. Sebastiano e Rocco a Barberino di Mugello (Firenze) e in origine parte di un complesso più ampio (1963, p. 163; ma cfr. Nesi, 1992, p. 21).
Il 12 settembre 1527 Puligo, all’epoca abitante nel quartiere fiorentino di S. Remigio e colpito dalla peste, dettò il proprio testamento, chiedendo di essere tumulato nella basilica di S. Lorenzo. Morì di lì a poco, ma la data esatta del decesso non compare nei principali necrologi fiorentini, né in quelli di S. Lorenzo. Lasciò i propri averi alla moglie Felice Silvani e ai figli Bartolomeo, Margherita e Apollonia.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), a cura di G. Milanesi, Firenze 1878-1885, IV, 1879, pp. 461-473, VI, 1881, pp. 609-611; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance. A list of the principal artists and their work with an index of places. Florentine school, I, London 1963, pp. 163, 200-202; A. Luchs, Cestello: a Cistercian church of the Florentine Renaissance, New York-London 1977, pp. 102 s.; G.A. Gardner, The painting of Domenico Puligo, New York-London 1986; E. Capretti, Un’aggiunta al Puligo maturo, in Paragone, XLII (1991), 493-495, pp. 59-65; P. La Porta, Ritratto di D. P., in Prospettiva, 1992, n. 68, pp. 30-44; A. Nesi, Domenico Puligo, parte 1, in San Sebastiano, 1992, n. 171, pp. 17-21; E. Capretti, Ritratti e alcune “teste” del Puligo, in Antichità viva, XXXII (1993), 3-4, pp. 5-14; R. Spinelli, Giovanni della Robbia, Domenico Puligo, e i “Compagni del Paiuolo” alla Badia del Buonsollazzo, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXXVIII (1994), pp. 118-129; L. Venturini, Il maestro del 1506: la tarda attività di Bastiano Mainardi, in Studi di storia dell’arte, 1994-1995, n. 5-6, pp. 125-183; L.A. Waldman, P. and Jacopo di Filippo Fornaciaio: two unrecorded paintings of 1524, in Source, notes in the history of art, XVIII (1999), 2, pp. 25-27; K. Forrai, The research and restoration of a painting on panel transferred to canvas, by Domenico Puligo: Madonna and Child with Saint Sebastian and Saint Roch, in Bulletin du Musée Hongrois des beaux-arts, XCVII (2002), pp. 43-64, 161-169; Domenico Puligo (1492-1527). Un protagonista dimenticato della pittura fiorentina (catal., Firenze), a cura di E. Capretti - S. Padovani, Livorno 2002, con bibliografia (in partic. E. Capretti, Domenico Puligo, un protagonista ‘ritrovato’ dell’arte fiorentina del Cinquecento, pp. 24-53); D.V. Geronimus - L.A. Waldman, Children of Mercury: new light on the members of the Florentine Company of St. Luke (c. 1475-c. 1525), in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XLVII (2003), pp. 118-158; S. Casciu, Presenze pittoriche della tradizione fiorentina, in Arte in terra d’Arezzo. Il Cinquecento, a cura di L. Fornasari - A. Giannotti, Firenze 2004, pp. 89-105; S. Padovani, Domenico Puligo’s portrait of a lady and its copy, in Arte cristiana, XCII (2004), 820, pp. 11-16; A. Nesi, Domenico Beceri. Una pala pratese e altre opere per la riscoperta di un artista del Cinquecento, in Prato storia e arte, 2007, n. 101, pp. 47-63; T. Mozzati, Giovanfrancesco Rustici. Le Compagnie del Paiuolo e della Cazzuola. Arte, letteratura, festa nell’età della Maniera, Firenze 2008, pp. 347 s.; E. Capretti, Domenico Puligo, in Ghirlandaio. Una famiglia di pittori del Rinascimento tra Firenze e Scandicci (catal., Scandicci), a cura di A.M. Bernacchioni, Firenze 2011, pp. 93, 140-143; A. Nesi, Ser Spillo fratello di Andrea del Sarto, Firenze 2016a, pp. 14 s.; Id., I Verrocchi, pittori fiorentini nel Cinquecento, Firenze 2016b, p. 20.