UBERTINO de Romana
UBERTINO de Romana (della Romana, de Romano, de Romanis). – Nacque attorno al 1240 o poco prima, verosimilmente a Modena, figlio di un Pietro originario di Cognento (villaggio nelle vicinanze della città), da una famiglia non priva di risorse fondiarie.
Da un secondo matrimonio (con tale Gisla, di ignota famiglia) il padre di Ubertino ebbe altri due figli, Matteo (che condivise le vicende di vita e di militanza politica del fratellastro) e Pietro, nato all’incirca nel 1258. Emilio Paolo Vicini – che nel 1902 corresse sulla base della documentazione modenese la genealogia della famiglia de Romana che un altro illustre erudito, Carlo Cipolla, aveva proposto nel 1890 – dimostrò che altri tre de Romana (Graziolo, Tommasino e Iacopo) attivi a Modena nella seconda metà del Duecento erano figli di un Pietro de Romana di Castelvetro che nulla ha a che fare con il padre di Ubertino.
Quanto alla denominazione cognominale, appare preferibile la forma de Romana (un probabile matronimico), suggerita da Vicini sulla base della documentazione modenese; Cipolla, seguendo il manoscritto che tramanda il testo cronistico scritto da Ubertino, aveva optato per de Romano.
Ubertino studiò legge verosimilmente a Modena; nel 1264 fu espulso dalla città, come tutta la pars ‘ghibellina’ dei Grasulfi. Probabilmente dal 1266 o 1267 fu presente in Verona, ove risiedette nella contrada di S. Cecilia; subito accompagnò Mastino Della Scala nella sua podesteria a Pavia, al seguito di Corradino di Svevia (1268), e successivamente si segnalò fra i giuristi più attivi al fianco di Mastino e Alberto I Della Scala, signori di fatto e poi (con Alberto I) di diritto della città, ricoprendo incarichi di una certa importanza e fornendo pareri. Risultò particolarmente versato nelle res ecclesiastice.
La sua presenza ai vertici della vita politica veronese durò circa trent’anni. Nel 1271, per esempio, diede un parere come sapiens in una controversia fra il Comune di Calmasino e il suo giurisdicente, il capitolo della cattedrale. Almeno dal 1273 fece parte del collegio dei giudici di Verona. Nell’ottobre del 1275 accompagnò Alberto I Della Scala nella sua podesteria mantovana, nelle vesti di giudice e assessore. La sua appartenenza all’élite cittadina e la sua contiguità alla pars al potere in città è provata dalla sua presenza, nell’ottobre del 1277, al conferimento dell’arbitrium ad Alberto I Della Scala, dopo l’assassinio di Mastino I. Nel 1278 fu presente all’entrata in carica di Bartolomeo vescovo di Verona «qui fuit de ordine humiliatorum» (Antiche cronache veronesi, a cura di C. Cipolla, 1890, pp. 420, 422) e al rinnovo di un importante accordo commerciale con Venezia. Dal 1284, per un periodo imprecisato, Ubertino insegnò legge a Verona («docere scolares volentes audire leges»; Gli Statuti veronesi del 1276..., a cura di G. Sandri, I, 1940, p. 124) in luogo del defunto Bernardo de Altemanno; nel 1287 insieme con il canonista e vicario episcopale Paolo da Reggio Emilia, con l’arciprete del capitolo Bonincontro e con i giudici Nicola de Altemanno e Nicola da Tizzano fornì un parere all’inquisitore francescano Filippo Bonacolsi per la condanna post mortem di un cataro vicentino; nel 1289 presenziò alla procura che Alberto I Della Scala conferì a Castellano del Mesa per il matrimonio della figlia Costanza con Obizzo d’Este e fu poi presente al matrimonio a Badia Polesine (28 e 30 luglio). Ebbe grande intrinsichezza negli anni successivi anche con il vicario episcopale Lazzaro da Bologna (che redasse il proprio testamento stando in casa sua) e presenziò a talune investiture del vescovo Pietro de Scala. Nel 1291 fu presente a un importante atto di politica estera (il compromesso affidato ad Alberto I Della Scala nella lite fra Mantova e Ferrara). Infine, nel gennaio del 1301 presenziò al testamento di Alberto Della Scala e nel 1303 (con altri esponenti dell’élite scaligera, come Bailardino da Nogarole, Bonmesio Paganotti e il giudice Nicola de Altemanno) alla solenne cerimonia di pace stipulata fra i tre duchi di Carinzia (Ottone, Ludovico ed Enrico) da un lato e gli Scaligeri e i Bonacolsi di Mantova dall’altro.
Lungo tutti questi anni, inoltre, Ubertino accompagnò e ‘sorvegliò’ l’operato dei docili abati dei grandi monasteri benedettini veronesi, come S. Maria in Organo e S. Zeno, che effettuarono infeudazioni di favore agli Scaligeri o ai loro sostenitori; fu a fianco di Giuseppe Della Scala, il figlio di Alberto I che diventò abate di S. Zeno, nei suoi primi passi; di S. Giorgio in Braida era stato avocatus nel 1277, e forse lo restò a lungo. Non sorprende che abbia avuto vantaggi patrimoniali anche personali, come un’infeudazione cospicua, per beni a Sorgà nella bassa pianura, da parte dell’abate di S. Maria in Organo.
La sporadica documentazione concernente il fratello Matteo (morto nel 1303) indirettamente conferma l’eccellente posizione raggiunta e sino alla morte mantenuta, a Verona, da Ubertino: nel 1277 Matteo de Romana fu giudice del Comune e nel 1286 strinse, a prova della perdurante attenzione della famiglia alla città e al territorio d’origine, un importante legame con i Pio di Modena, grazie al matrimonio tra la propria figlia Zoana e Manfredino di Egidio Pio. Alla stipula furono presenti un paio di autorevoli veronesi.
Ubertino fu identificato da Vicini (1902) come l’autore di un testo cronistico, definito dal curatore Carlo Cipolla (nel 1890) Annales veronenses e attribuito genericamente a un esponente (che non era riuscito a identificare con sicurezza) della famiglia modenese da lui detta «de Romano». Anno per anno, dal 1259 al 1306, gli Annales riferiscono eventi della vita politica italiana ed europea, con attenzione particolare alle città di Modena e Verona, ma con un’informazione piuttosto larga, aperta alle vicende europee, e con uno speciale interesse per le istituzioni ecclesiastiche.
Gli Annales veronenses sono traditi da un solo testimone, l’attuale manoscritto 815 della Biblioteca civica di Verona, proveniente dalla collezione della famiglia Orti. Il codice fu impostato nel 1421 da un’unica mano, in un’elegante cancelleresca, e rivisto poco dopo da un correttore che emendò errori (specialmente onomastici e toponomastici), colmò lacune e collocò integrazioni sui margini; valorizzando alcune annotazioni del 1430, è stato di recente ipotizzato in modo plausibile che il compilatore fosse legato agli ambienti dell’osservanza francescana o carmelitana (Cusa, 2019, pp. 72-86). Il codice contiene una serie di testi cronistici veronesi, legati all’identità cittadina piuttosto che alla memoria della signoria scaligera (al momento della scrittura e confezione del manoscritto cessata da una trentina d’anni e non particolarmente rimpianta dall’élite cittadina che pure con gli Scaligeri si era in larga parte affermata socialmente). I più importanti tra questi testi sono gli Annales veteres, il Syllabus potestatum (con l’elenco dei podestà di Verona dal 1194 al 1306) e, appunto, gli Annales di Ubertino (alle carte 18-51): questi ultimi due furono pubblicati da Cipolla come sezione II del volume di Antiche cronache veronesi, programmato sin dagli anni Settanta dell’Ottocento da parte della Deputazione veneta di storia patria, ed edito nel 1890. Segue, nel manoscritto, un’altra serie di brevi annotazioni, in genere pertinenti alla storia di Verona del Trecento e del primo Quattrocento; con scelta anche per l’epoca discutibile, Cipolla le estrapolò dal contesto del manoscritto, e in parte le pubblicò in un’ulteriore sezione del volume del 1890, raccogliendole (con altri testi di varia provenienza) sotto il titolo onnicomprensivo Notae veronenses. Le ultime carte del manoscritto 815 contengono un carme sulle città italiane e altre annotazioni storiche degli anni 1423-30.
Nel XVII secolo un ignoto erudito, vicino alla famiglia Ruffoni proprietaria del manoscritto, trascrisse inoltre gli epitafi di Cansignorio, Mastino II e Cangrande I Della Scala e un diploma di Costanzo Sforza, comandante dell’esercito fiorentino, per Filippo Ruffoni di Brescia; la stessa mano manipolò il testo degli Annales di Ubertino, inserendo su rasure riferimenti ai Ruffoni (un ramo dei quali era presente a Verona sin dal XV secolo): alla data 1267, ad esempio, risulta arruolato fra i Ruffoni un legato papale inviato a Cremona, che era in realtà probabilmente un de Castagneto, ovvero si è trasformato in de Ruffonibus un riferimento ai Rusconi di Como (de Rusconibus).
È ragionevole ritenere che Ubertino abbia iniziato presto a redigere i propri annali, visto che le annotazioni degli anni 1259-63, oltre che alla politica ‘internazionale’, sono dedicate a Modena e al territorio modenese, per i quali mantenne sempre desta l’attenzione (se ne parla negli annotamenti del 1283, 1284 più volte, 1286, 1288, 1293). La prima notizia relativa a Verona risale al 1266. La scelta della città che si avviava a diventare ‘scaligera’ non era stata certo casuale per una famiglia ‘filoimperiale’ (Ubertino nel suo testo prestò attenzione agli ultimi Svevi e ricordò i diversi re dei Romani eletti nell’ultimo terzo del secolo); ciononostante egli dette giudizi sostanzialmente negativi sui fratelli da Romano (Alberico tenne Treviso «captivata», Ezzelino III «quasi destruxerat» la Marca Veronese: Antiche cronache veronesi, cit., p. 409). In armonia con il suo percorso politico personale di definitiva e irreversibile adesione ai Della Scala, nelle annotazioni degli anni successivi Ubertino accompagnò passo passo l’affermazione e la crescita del prestigio di Alberto I, prestando molta attenzione agli aspetti politico-militari, all’organizzazione e alla difesa del territorio, alla politica matrimoniale (l’espressione «et fuit magna curia», in occasione delle cerimonialità cavalleresche connesse, ritorna più volte).
Nella sua costante attenzione alle vicende ecclesiastiche Ubertino usò poi con pari frequenza il grandangolo (la politica papale, i concistori, le vicende dei singoli cardinali) e il microscopio per la situazione locale, nella quale come si è visto fu testimone attento e comprimario influnte: ad esempio, per i vescovi di Verona del secondo Duecento dette separatamente notizia di elezione, conferma e consacrazione, si occupò dei vescovi di Vicenza, Padova, Ferrara. Per la vita religiosa ebbe comunque interesse a prescindere (una delle sue primissime annotazioni riguarda la scova del 1260), soprattutto per gli Ordini mendicanti e le loro chiese (le sepolture di personaggi illustri presso di esse), e segnatamente per i domenicani.
Un’acuta osservazione di Vicini, che notò come la stesura di Ubertino rispetti rigorosissimamente la cronologia di eventi verificatisi in luoghi lontani o lontanissimi (dei quali egli, risiedendo stabilmente a Verona, non poteva che essere venuto a conoscenza dopo un congruo, e talvolta non breve, periodo di tempo), chiarisce il suo modus redigendi: la scrittura avveniva a blocchi, sulla base di appunti presi via via e conservati per un certo tempo. In tal modo si spiega la lacuna relativa agli anni 1304-05: Ubertino non aveva ancora messo nero su bianco gli eventi di quei due anni, e non fece in tempo a farlo.
Morì l’11 aprile 1306, come ricorda un ignoto in calce alla sua cronaca: «dominus Ubertinus de Romano legum doctor, qui fuit de Mutina, decessit et ad domum fratrum predicatorum fuit honorifice traditus sepulture» (ibid., p. 469). Le due figlie Ubertina e Giustina, entrambe francescane in S. Maria delle Vergini di Campo Marzio di Verona, furono sue fedecommissarie e diedero esecuzione a un legato a favore della chiesa dei Ss. Naborre e Felice di Cognento, luogo d’origine della famiglia.
Questo tenace legame con la località, che la tradizione e la devozione legavano a san Geminiano patrono di Modena, rende probabile che Ubertino abbia istituito, nella chiesa domenicana veronese di S. Anastasia, una cappella dedicata al santo modenese (successivamente, cappella Cavalli; la titolarità è documentata nell’inoltrato Trecento) e sia stato il committente di una statua attribuita per ragioni stilistiche al cosiddetto Maestro di S. Anastasia, un noto scultore veronese attivo fra Due e Trecento.
Fonti e Bibl.: Antiche cronache veronesi, a cura di C. Cipolla, Venezia 1890, pp. 409-469 (edizione; cfr. inoltre Prefazione, pp. XLV-XLVII); G. Biadego, Catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca comunale di Verona, Verona 1892, p. 481; Documenti per la storia delle relazioni diplomatiche tra Verona e Mantova nel secolo XIII, a cura di C. Cipolla, Venezia 1901, pp. 226, 250, 355-357; Gli Statuti veronesi del 1276..., a cura di G. Sandri, I, Venezia 1940, pp. 124, 188, 246.
E.P. Vicini, Ricerche sull’autore della cronaca «Annales veronenses de Romana», in Atti e memorie della Regia Deputazione di storia patria per le provincie modenesi, s. 5, III (1902), pp. 1-40 (estratto); W. Hagemann, Documenti sconosciuti dell’Archivio capitolare di Verona per la storia degli Scaligeri, in Scritti in onore di mons. Giuseppe Turrini, Verona 1973, p. 363; J. Riedmann, Die Beziehungen der Grafen und Landesfürsten von Tirol zu Italien bis zum Jahre 1335, Wien 1977, pp. 109, 192; G.M. Varanini, Un quaternus expensarum del comune di Verona (novembre 1279), in Studi di storia medievale e di diplomatica, VIII (1984), p. 92 nota 87; Id., Gli Annales del giudice U. de Romano, in Gli Scaligeri 1277-1387. Saggi e schede raccolti in occasione della mostra storico-documentaria, a cura di G.M. Varanini, Verona 1988, p. 539; Id., La Chiesa veronese nella prima età scaligera. Bonincontro arciprete del Capitolo (1273-1295) e vescovo (1296-1298), Verona 1988, pp. 10, 17, 42-44, 60, 76-78, 102; Id., Monasteri e città nel Duecento: Verona e S. Zeno, in Il liber feudorum di S. Zeno di Verona (sec. XIII), a cura di F. Scartozzoni, Padova 1996, pp. XXXVI, XXXIX, XLII-XLIV, LV, LVII, LX s., LXX-LXXII; T. Franco, Attorno al ‘pontile che traversava la chiesa’: spazio liturgico e scultura in Santa Anastasia, in La basilica di Santa Anastasia a Verona. Storia e restauro, a cura di P. Marini - C. Campanella, Verona 2012, p. 39; G.M. Varanini, La tradizione manoscritta del Chronicon veronense nella seconda metà del Quattrocento e il contesto politico-culturale veronese, in Il Chronicon veronense di Paride da Cerea e dei suoi continuatori, a cura di R. Vaccari, Legnago 2014, p. IX; Id., ‘Corte’, cancelleria, cultura cittadino-comunale nella Verona del primo Trecento, in Dante a Verona. 2015-2021, a cura di E. Ferrarini - P. Pellegrini - S. Pregnolato, Ravenna 2018, pp. 14 s. nota; G. Cusa, Die Geschichtsschreibung in der Mark Verona-Treviso im Zeitalter der Kommunen und Signorien (spätes 12. bis frühes 15. Jahrhundert), Regensburg 2019, pp. 91-104 e ad indicem.