MANDELLO, Uberto da
Figlio di Robaconte, nacque presumibilmente a Milano alla fine del XII secolo. Il M., talvolta confuso con il parente Alberto, proseguì come il fratello Ruffino la brillante carriera podestarile del padre, rafforzando in particolare le tradizioni antimperiali della famiglia. Già in giovane età egli, in veste di miles potestatis, seguì Alberto da Mandello, nominato podestà di Firenze nel 1219, utile contatto per la sua futura carriera. Con il progressivo concretizzarsi della minaccia di Federico II, il M. e Ruffino assunsero un ruolo di primo piano nell'ambito della rinnovata Lega lombarda, della quale egli fu rettore per Milano nel 1226 e Ruffino nel 1233 e nel 1235. Il M. fu anche podestà di Bergamo nel 1234 e di Lodi nel 1235, partecipando alle assemblee della Lega in rappresentanza di quest'ultima città.
Il 27 nov. 1237 le forze imperiali sconfissero disastrosamente l'esercito della Lega, costituito essenzialmente da milanesi e piacentini, a Cortenuova, catturando centinaia di combattenti. Probabilmente anche i due fratelli furono fatti prigionieri: nel 1239 li troviamo infatti incarcerati nel Regno, Ruffino in Basilicata e il M. nel Principato. La detenzione dovette durare a lungo, visto che solo nel 1246 si ritrovano notizie del M.: egli rientrò infatti in quell'anno sulla scena politica, quale membro del Consiglio del Comune di Milano e di quello della Societas capitaneorum et vavassorum, organo di rappresentanza politica della nobiltà milanese.
Nel settembre del 1250, dopo che le forze agli ordini del vicario di Federico II Federico di Antiochia furono sconfitte a Figline, i popolari di Firenze insorsero contro il regime filosvevo. Il 20 ottobre fu proclamato il nuovo ordinamento del Comune, il cosiddetto "primo Popolo". Il 7 dicembre i fuoriusciti guelfi tornarono dall'esilio. Nella nuova temperie politica fu designato come podestà per il 1251 il M., che non a caso era figlio dell'ultimo rettore urbano prima dell'affermazione imperiale. Vista l'instabilità politica della città, il M. chiese che 17 giovani fiorentini si trasferissero come ostaggi a Milano, durante il suo incarico. Si trattò di una decisione saggia, dato che la situazione era molto confusa e che sin dal primo momento il nuovo podestà fu coinvolto nei conflitti, sociali e di fazione, che dilaniavano Firenze e la Toscana. Dapprima egli tentò di ottenere la sottomissione del ghibellino Neri Piccolo degli Uberti, rifugiatosi in San Gimignano, che però rifiutò. In giugno, Pisa, Siena e Arezzo formarono lega con i ghibellini fiorentini. Questi ultimi furono cacciati dalla città in agosto; contemporaneamente iniziarono le operazioni militari contro Pistoia, l'alta Val d'Arno, Siena e Arezzo. L'andamento della campagna non fu però favorevole e vi furono tumulti e aggressioni contro il M. e i suoi collaboratori, ritenuti responsabili. Gli fu dunque negato il pagamento dello stipendio, sicché dovette impegnarsi in una dura lite con il Comune di Firenze. Sfruttando gli ostaggi che si era fatto consegnare, il M. riuscì comunque a ottenere soddisfazione nel 1252, accusando ricevuta in tre rate del dovuto.
Forse il cattivo esito dell'esperienza fiorentina segnò la carriera successiva del M., il quale ebbe due sole altre podesterie, pur se di un certo rilievo. Nel 1257, infatti, egli fu a Siena, dove succedette a Ruffino: gli incarichi dei due fratelli erano evidentemente destinati a garantire il mantenimento della pace alla quale Firenze era riuscita a costringere la rivale nel 1254. Nel 1260 il M. resse Reggio Emilia; qui venne a contatto con la devotio dei flagellanti, mossisi da Perugia, e prese parte alle cerimonie religiose che si svolsero nella città, flagellandosi a sangue e suscitando in tal modo l'ammirazione di frate Salimbene da Parma. Si ignora in che misura tale esperienza abbia segnato la vita del Mandello. Sicuramente, dopo il 1260 egli non risulta aver ricoperto altri incarichi pubblici: in seguito visse con la figlia Arguisina nella sua casa, con loggia, cortile e orto, sita nel più ampio isolato di proprietà della sua famiglia e morì prima del 1275. Arguisina entrò poi nel monastero milanese di S. Pietro in Terrasanta.
Suo fratello Ruffino, nello stesso arco di tempo, mise a frutto la sua provata fede antisveva con una ricca serie di incarichi, per la maggior parte espletati entro i confini del Patrimonio di S. Pietro: egli resse infatti Civitavecchia (1250), Orvieto (1251), Perugia (1252), Siena (1256) e Viterbo (1257). I suoi rapporti con la S. Sede erano talmente stretti che nel 1252 egli poté impetrare da papa Innocenzo IV la concessione di una carica episcopale per il congiunto Guglielmo: il pontefice diede l'incarico di provvedervi all'abate di Chiaravalle, anche se non risulta che l'operazione sia giunta a buon fine.
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