BIANDRATE, Uberto di
Figlio di Guido di Alberto, lo si trova nominato per la prima volta il 18 ag. 1162 nel patto stipulato a Torino da Federico Barbarossa con i conti di Barcellona e Provenza (Constit. et acta publica imp. et reg., in Mon. Germ. Hist., Legum Sectio IV, I, a cura di L. Weiland, Hannoverae 1893, p. 308). Con il padre il B. era testimone del privilegio imperiale del 5 ott. 1164 in favore di Guglielmo di Monferrato (K. F. Stumpf-Brentano,Die Reichskanzler vornemlich des X., XI., XII. Jahrhunderts, II.,Verzeichnis der Kaiserurkunden, Innsbruck 1865-1883, n. 4031). Il 12 marzo 1167 rinnovava con i fratelli Guglielmo, Lanfranco, Rainerio, Ottone, l'accordo del 1093 con il Comune di Biandrate (edito da F. Gabotto, in appendice a Le origini signorili del Comune, in Boll. stor-bibl. subalp., VIII [1903], pp. 147-150). Anche se il padre in questo documento non risulta ancora morto, il potere sembra ormai passato ai figli, dei quali però solo Rainerio e Ottone, oltre al B., ebbero importanza politica.
Di Lanfranco non si hanno altre notizie, e Guglielmo lo si trova nominato ancora solo in un privilegio imperiale del 23 apr. 1167 (Stumpf-Brentano, II, n. 4085). Il dominio dovette rimanere formalmente indiviso, ma si possono ben presto scorgere tracce di una qualche spartizione dei possedimenti tra il B., che domina soprattutto nel Chierese e su parte della Valsesia e intorno a Ivrea, e Ottone che graviterà soprattutto su Vercelli.
Difficile è distinguere in un primo tempo la politica dei fratelli, che, schierati dalla parte imperiale, trovano una sempre maggiore ostilità da parte dei Comuni situati nei loro domini. Un "comes de Blandrate" è a fianco dell'imperatore, quando di ritorno da Roma nel 1167 lanciava il bando contro le città lombarde ribelli e successivamente quando percorreva devastando il territorio milanese (Gesta Federici I. imperatoris in Lombardia auctore cive Mediolanensi, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. germ. in usum schol., XXVII, a c. di O. Holder-Egger, Hannoverae 1892, p. 61). Nei possedimenti dei maggiori sostenitori, i marchesi di Monferrato e i conti di Biandrate, l'imperatore passò l'inverno 1167-1168. Ma anche le città rimaste fino allora a lui fedeli cominciavano ormai a passare al campo avverso, prendendo naturalmente posizione anche contro i conti di Biandrate: l'accordo di Novara con Milano del marzo 1168, ma preparato già dal dicembre precedente, conteneva infatti speciali clausole contro di questi e per la distruzione dei loro castelli tra il Ticino e la Sesia (Gli Atti del Comune di Milano fino all'anno MCCXVI, a cura di C. Manaresi, Milano 1919, nn. 59 s., pp. 87-89; per i particolari dell'accordo cfr. Cognasso, Novara…,pp. 135 s.). Alla stessa epoca risale anche un patto assai simile stabilito da Milano con Vercelli riportato nell'accordo stipulato tra le due città l'8 ag. 1170 (Gli Atti del Comune di Milano..., n. 72, pp. 102 s.). Era quindi fatale che, non appena allontanatosi l'imperatore nella primavera del 1168, proprio le truppe di Vercelli e di Novara, con l'aiuto di quelle milanesi, attaccassero e distruggessero il castello di Biandrate, roccaforte della potenza dei conti, i quali evidentemente proprio per poter contare su un più sicuro appoggio avevano pochi mesi prima rinnovato l'accordo con i milites.
Il Barbarossa, venuto a conoscenza dell'assedio quando si trovava a Susa, diretto, quasi in fuga, alla volta della Germania, per rappresaglia fece impiccare un ostaggio bresciano. L'atto accrebbe l'ira degli assedianti che, preso il castello, uccisero i Tedeschi rimasti a difenderlo (Gesta Federici I.,p.62; Giovanni di Salisbury, Ep., n. 244, probabilmente del maggio 1168, in Migne,Patr. Lat., CXCIX, col. 283). La distruzione di Biandrate, anche se costituì un duro colpo per la potenza dei conti, non significò, come vuole il Barni (p. 90), l'assoggettamento del loro dominio: baluardo contro Pavia e il marchese di Monferrato, ma anche contro di loro, fu la costruzione della nuova città di Alessandria. Proprio contro il marchese di Monferrato e il conte di B. (il nome non è precisato) era diretta la lega stretta l'anno successivo, forse il 25 ottobre, tra Alessandria e Asti (Guillelmini Schiavinae Annales Alexandrini, in Hist. Patr. Mon., Script., IV, Augustae Taurinorum 1863, col. 14; cfr. S. Grassi,Storia della città d'Asti, I, Asti 1817, p. 113). L'8 ag. 1170 i Milanesi confermavano l'accordo di due anni prima con i Vercellesi, sempre con le clausole contro i conti di Biandrate, e nello stesso anno, quando anche Pavia era costretta a entrare nella lega, nel giuramento dei consoli pavesi c'era la clausola di fare "guerram vivam" all'imperatore Federico, al marchese di Monferrato, ai conti di Biandrate e a tutti gli altri che in Italia fossero "in parte imperatoris" (Gli Atti del Comune di Milano..., n. 78, p. 115).
Anche Chieri si oppose al dominio del B., probabilmente con una vera guerra, come si può ricavare, dal trattato di pace, che nel novembre 1172 il B. stipulava con Asti e Chieri: quanto ad Asti, il conte giurava di non prendere alcun pedaggio dalla città fino a Torino, e si impegnava a far giurare e mantenere lo stesso patto dal castellano di Porcile, il possedimento del conte che più nuoceva alla città. Quanto a Chieri il conte rinunciava a molti pedaggi e imposte, a ogni diritto sul castello, e si impegnava a difendere i Chieresi dall'imperatore e dal marchese di Monferrato; in cambio riceveva il giuramento di fedeltà e il diritto di fodro (Il Libro rosso del Comune di Chieri, a cura di F. Gabotto e F. Guasco di Bisio, Pinerolo 1918, n. 62, pp. 122-124; cfr. anche L. Cibrario,Delle storie di Chieri libri 4…, Torino 1827, pp. 55 ss.).
È probabile che si tratti di un accordo locale anziché di un vero passaggio del B. alla lega lombarda (Raggi, p. 490); esso comunque, dovuto all'imprescindibile necessità del momento, non costituì nessun vincolo per il B., che, non appena l'imperatore tornò in Italia, si trovò subito al suo fianco: era infatti con lui all'assedio di Alessandria il 21 dic. 1174 (Const. et acta…, p.338).
I conti di Biandrate, come del resto i marchesi di Monferrato, non parteciparono alla battaglia di Legnano (29 maggio 1176), in cui l'esercito tedesco fu attaccato prima che potesse ricongiungersi agli alleati; ma erano presenti, sempre dalla parte imperiale - nominati talvolta al plurale, talvolta singolarmente - a tutti gli accordi conclusi dal Barbarossa con le città italiane.
Il 29 luglio 1176 Rainerio era presso l'imperatore a Pavia, testimone a un diploma di conferma di diritti e privilegi alla città di Cremona (Stumpf-Brentano,Die Reickskanzler..., III,Acta imperii adhuc inedita, Innsbruck 1865-1881, n. 156): i fratelli erano già presenti alla tregua con i Lombardi del 21 luglio 1177 (Const. et acta..., p. 360). Il B. era testimone alla pace fatta con i Veneti il 17 ag. 1177 (ibid., p. 377; cfr. anche Historia ducum Veneticorum, in Mon. Germ. Hist., Script., XIV, a cura di H. Simonsfeid, Hannoverae 1883, p. 88) e a Venezia si trovava anche il fratello Rainerio che il 22 agosto - presente tra i testimoni anche il B. - riceveva dall'imperatore in feudo tutti i beni posseduti dal marchese Enrico, ad eccezione del castello di Artù, presso Orta sul Lago Maggiore (Stumpf-Brentano,Die Reichskanzler..., III, n. 491); il 24 giugno 1178 Rainerio era anche presente all'accordo stretto tra Federico I e il vescovo Guala di Vercelli (ibid., n. 524).
La nuova situazione creata dalla tregua con la lega lombarda non era certo favorevole ai Biandrate: ne sono prova l'accordo del 20 dic. 1178 del B. conAsti, per il quale giurava di aiutare gli abitanti della città in caso di guerra, accettava di abitare un mese all'anno in Asti con dieci militi e fanti (Codex Astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella, I, Roma 1887, p. 123); e ancor più quello dell'ottobre 1179 di suo fratello Ottone con il Comune di Vercelli.
Ottone cedeva il castello di Mongrando e i beni che aveva a Candelo, Arborio e Albano, ricevendoli in feudo dai Vercellesi; giurava fedeltà anche per gli altri beni da lui posseduti nella Valsesia; giurava inoltre di fare "habitaculum" nella città, di pagare il fodro, di non fare guerra senza il consenso dei Vercellesi, di non costruire castelli né nella Valsesia, né oltre Romagnano e di non fare conquiste in questi territori (Hist. Patriae Mon., Chart., I, Augustae Taurinorum 1836, n. 549, coll. 864 s.). Nel luglio 1182 Ottone era costretto a confermare la concessione del castello di Mongrando e a giurare di non alienare né vendere né concedere in feudo ciò che aveva avuto da Vercelli e nel suo territorio (ibid., n. 586, col. 909). Si può poi supporre che sia rimasto nell'orbita della città in posizione politica subordinata; nell'aprile 1190 figura ancora in un accordo tra Vercelli e i signori di Bornato contro i Novaresi e i marchesi di Romagnano (ibid., n. 623, coll. 957-959); dopodiché non si ha di lui più notizia.
Mentre sul piano locale il B. fu lungamente occupato in una controversia con la badessa del monastero di S. Felice a Pavia circa il possesso di Villanova, decisa il 10 luglio 1185 a favore del monastero da Bonifacio vescovo di Novara e da maestro Metello "vicarii imperialis curiae" (J. F. Ficker,Forschungen zur Reichs- und Rechtsgeschichte Italiens, IV, Innsbruck 1874, n. 159; cfr. anche I, ibid. 1868, p. 240), troviamo ancora sia il B. sia il fratello Rainerio nominati come testimoni a privilegi di Federico Barbarossa (Rainerio il 4 febbr. 1183 alla convenzione con Tortona, in Const. et acta..., p. 393; il B. al privilegio datato da Torino 30 giugno 1185, che confermava le regalie alla città di Alba, in Stumpf-Brentano,Die Reichskanzler..., III, n. 165). La morte dell'imperatore significò una nuova crisi per la potenza dei conti di Biandrate. Essi vennero sicuramente coinvolti nella lotta tra Novara e Vercelli per il predominio della Valsesia (per i particolari, cfr. Cognasso, Novara…, pp. 140 ss.), all'interno della quale si colloca anche il tentativo di Rainerio di imporre il proprio dominio su Ivrea, tentativo durato vari anni e terminato con la sua piena sconfitta.
Dal documento del 1193 (Le carte dell'Archivio vescovile d'Ivrea fino al 1313, a cura di F. Gabotto, II, Pinerolo 1900, pp. 277 ss.) risulta che egli aveva avuto un privilegio imperiale con la conferma dei suoi beni e il dominio su Ivrea, in base al quale pretendeva il giuramento di fedeltà dai cittadini e dal console; ne era seguito uno scontro di cui si erano fatti arbitri i consoli di Vercelli: alla tregua da loro imposta giurava il conte di attenersi già il 30 nov. 1192 (Doc. dell'archivio comunale di Vercelli relativi a Ivrea, a cura di G. Colombo, Pinerolo 1901, n. 14; il mantenimento della stessa tregua giurava anche il B. con i figli il 1º dic. 1192,ibid., n. 15). La controversia con Ivrea si concludeva a favore della città nel novembre 1193 (Le carte dell'Archivio vescovile d'Ivrea, II, pp. 277 s.), anche se solo due anni più tardi riuscirono gli Eporediesi a cacciare definitivamente il conte dalla città (ibid., p. 279; cfr. Brader, p. 207).
Il privilegio di Enrico VI del 21 sett. 1196 (Stumpf-Brentano,Die Reichskanzler..., III, n. 204) non servì sicuramente ai due fratelli superstiti per recuperare i loro beni mentre sempre più forte era l'opposizione dei Comuni. L'unico appoggio poteva venire loro dall'alleanza con i marchesi di Monferrato: un documento dell'11 febbr. 1197 ricorda il B. presente in Alba alla composizione della controversia tra il marchese di Monferrato e il Comune di Asti (Codex Astensis, p. 124; cfr. Brader, p. 208, per gli accordi diretti contro i conti di Biandrate e il marchese di Monferrato, stretti da Asti con i signori di Montalto, nel 1192; con quelli di Manzano, di Sarmatorio e di Montefalcone nel 1198).
L'accordo dell'agosto 1199 tra Novara e Vercelli per la spartizione degli uomini di Biandrate, che doveva rimanere per sempre distrutto, accordo che prevedeva anche la rinuncia a tutti gli accordi precedentemente fatti con i conti che non avrebbero mai potuto diventare cittadini di una delle due città, segnava l'ultimo atto di una lunga controversia e un nuovo colpo per la potenza della famiglia (Hist. patr. mon., Chart., I,nn. 681, coll. 1012 ss.; 726, 727, coll. 1062 ss.; cfr. anche 732, coll. 1074 s.; 748, coll. 1099 ss.). Probabilmente in questo torno di tempo moriva il B. lasciando ancor vivo della sua generazione solo il fratello Rainerio, il quale doveva venire a scontro con il nipote Uberto a proposito di Vercelli.
Bibl.: Le opere più utili per i figli di Guido il Grande - oltre alle fonti citate nel corso della voce - sono: W. von Giesebrecht,Geschichte der deutschen Kaiserzeit, V, Leipzig 1880,ad Indicem; D. Brader,Bonifaz von Monferrat bis zum Antrittder Kreuzfahrt (1202), Berlin 1907, pp. 202 ss.; A. Raggi, I conti di Biandrate, in Arch. della Soc. vercellese di storia e arte, VIII(1916), pp. 486 ss.; IX (1917), pp. 489 ss.; B. Valimberti,Spunti storico-religiosi sopra la città di Chieri, I, Chieri 1928, pp. 421 ss.; F. Cognasso,Tommaso I ed Amedeo IV, I, Torino 1940,ad Indicem; Id., Novara nella sua storia, in Novara ed il suo territorio, Novara 1952, pp. 137 ss.; L. Vergano,Storia di Asti, in Riv. di storia,arte e archeol. per le prov. di Alessandria e Asti, LX-LXI (1951-52), pp. 28, 31; G. L. Barni,La lotta di Milano contro il Barbarossa, in Storia di Milano, IV, Milano 1954, pp. 90, 93, 98.