BIANDRATE, Uberto di
Uno dei quattro figli di Uberto di Guido, che nel 1196, insieme con il fratello Raineri, aveva ottenuto dall'imperatore Enrico IV la conferma di tutti i beni allodiali e feudali della sua famiglia, il B. nella successiva divisione dei possedimenti familiari aveva ottenuto, insieme col fratello Goffredo, quelli del Chierese e del Canavese, mentre i possedimenti nella Valsesia e nella Val d'Ossola erano venuti in possesso dello zio Raineri e dei fratelli del B., Gozio e Ottone. La divisione, avvenuta forse dopo la morte del padre del B., dovette portare a certe discordanze nel seno della famiglia con la conseguenza di indebolire ancora di più la posizione dei conti nei confronti dei Comuni vicini, in particolare di Novara e di Vercelli, loro antichi antagonisti.
Il B. appare per la prima volta nei documenti il 24 ott. 1198, quando, insieme col fratello Goffredo, si associò alla lega conclusa dal marchese Bonifacio I di Monferrato, antico alleato e parente dei conti di Biandrate, con Ivrea contro i Vercellesi. Già nel marzo del 1199 il marchese fu costretto ad accettare una tregua, nella quale il B. funse da testimone. L'atteggiamento antivercellese del B. e di suo fratello non fu però condiviso dallo zio Raineri, il quale il 23 ag. 1201, insieme con il nipote Ottone, altro fratello del B., cedette a Vercelli, per assicurarsene l'appoggio contro Ivrea, sulla quale vantava diritti, il castello di Mongrando già posseduto dal fratello Ottone, con l'impegno di difenderlo contro i nipoti Uberto e Goffredo. Tuttavia di lì a poco i contrasti si dovettero comporre, probabilmente a causa della guerra mossa contro i Biandrate dal Comune di Novara, che cercava di estendere sempre di più la propria sfera d'influenza sulla Valsesia. Infatti il 15 maggio 1202 il B., i fratelli Goffredo, Ottone e Gozio e lo zio Raineri conclusero una pace con Novara, obbligandosi fra l'altro ad accettare la cittadinanza novarese, a soccorrere il Comune in caso di guerra e a pagare il fodro per i loro possedimenti nella Valsesia "a Romaniano supra et a Gadiano supra", cioè per le terre a nord di Romagnano e di Gozzano.
Ancora nello stesso anno il B. seguì in Oriente Bonifacio di Monferrato, lasciando al fratello Goffredo la tutela dei figli ancora minorenni e l'amministrazione dei possedimenti comuni. Dovette diventare uno dei più intimi amici del marchese, che prima della sua morte, avvenuta nel 1207, lo nominò bailo del regno di Tessaglia, conquistato da Bonifacio nel corso della quarta crociata, per il giovanissimo figlio Demetrio nato dal suo secondo matrimonio con Margherita d'Ungheria. Per rompere la dipendenza feudale del regno dall'Impero latino d'Oriente, che Bonifacio aveva dovuto accettare, e forse anche per far riconoscere come erede il primogenito del defunto marchese, Guglielmo IV di Monferrato, rimasto in Italia, il B. precipitò il paese in una lunga guerra. Il conflitto si trascinò con varia fortuna per più di due anni e si concluse con la sconfitta del B., che dovette accettare di dividere la reggenza con il conte Bertoldo di Katzenelnbogen, esponente della fazione filo-imperiale. Privato della sua autorità, il B. decise di tornare in Occidente, forse con il proposito di indurre Guglielmo di Monferrato a un intervento in Tessaglia.
Durante l'assenza del B. il fratello Goffredo aveva ottenuto dall'imperatore Ottone IV, il1ºsett. 1209, la conferma del privilegio di Enrico VI del 21 sett. 1196 per sé e per i fratelli e i, cugini Corrado, Guido e Opizone, figli di Raineri. Anche in seguito Goffredo, fedele alla tradizione familiare, cercò di mantenere buoni rapporti con l'imperatore, benché questi nel 1210 fosse incorso nella scomunica. All'inizio del 1212 lo raggiunse in Lombardia e l'accompagnò per una parte del suo viaggio di ritorno in Germania. In quell'occasione - circostanza assai significativa - Goffredo funse da testimone in un - diploma imperiale del 14marzo 1212, con il quale Ottone IV confermò ai Chieresi le loro consuetudini e alcuni accordi conclusi in precedenza con vari potentati locali, escludendo però espressamente quello concluso con Goffredo due anni prima. Chieri infatti era stata ceduta dal vescovo di Torino al nonno del B., Guido il Grande, concessione confermata dall'imperatore Federico I Barbarossa nel 1158. Da tempo però aveva cercato di sbarazzarsi del dominio dei conti, riuscendo a costringere Goffredo a venire a patti. L'accordo concluso il 10 giugno 1210 a Torino obbligò Goffredo e i figli del B. a difendere Chieri contro qualsiasi aggressore, eccettuati imperatore e il vescovo di Torino. In cambio il Comune assicurava la propria protezione ai possedimenti dei Biandrate "a valle Secusia infra", cioè nel Chierese. Ma i tentativi di restaurare il dominio su Chieri in base a privilegi imperiali erano destinati al fallimento. I rapporti già tesi con Chieri si inasprirono ancora di più, quando l'imperatore Federico II nel giugno del 1221 riconfermò al B. e al fratello Goffredo il possesso della città. La conseguenza fu che, il 5 ag. 1224, il conte Goffredo dovette accettare la revoca imposta dai Chieresi degli accordi del 1210 e assumere l'impegno di mantenersi in perpetua pace con il Comune.
Quando nel conflitto per la successione dell'Impero si delineò la vittoria di Federico II di Svevia contro Ottone IV, il B. fu il primo della sua famiglia a rendere omaggio allo Svevo. Figura, infatti, in qualità di testimone in un diploma del re emesso nel marzo del 1214 a Gielenhusen.
Nel 1216 ritornò in Tessaglia, probabilmente con l'intenzione di intessere intrighi per insediare sul trono Guglielmo di Monferrato, ma già l'anno successivo era nuovamente in Italia. L'11 ott. 1217 vendeva al Comune di Alba il castello e la villa di Santo Stefano di Astisio, vendita confermata il 15 dello stesso mese dalla moglie Sarda, che probabilmente apparteneva alla famiglia dei marchesi di Saluzzo. Nel 1219 anche Goffredo si recò alla corte di Federico II a Hagenau in Alsazia, dove il 23 marzo il re gli donò, in remunerazione dei servizi resi, cinque denari del pedaggio di Torino, concessi a suo tempo dall'imperatore Enrico VI al conte Raineri. Insieme col fratello il B. presenziò nel novembre del 1220 all'incorcinazione di Federico II a Roma e, mentre Goffredo seguì l'imperatore nel Regno di Sicilia, il B. si apprestò di nuovo a passare in Oriente, dove il giovane re Demetrio, oppresso dai continui attacchi di Teodoro Angelo, despota di Epiro, versava in gravissime difficoltà. Demetrio stesso nel 1222 si recò a Roma e poi alla corte di Federico II per chiedere soccorsi, ma troppo tardi: approfittando della sua assenza, l'Angelo occupò il regno di Tessaglia. Il B. allora si trasferì alla corte latina di Costantinopoli, dove nel 1224 indugiava ancora in attesa dell'arrivo di Guglielmo di Monferrato, che nel 1225 passò in Grecia, per morirvi però nello stesso anno, senza riuscire a recuperare il regno perduto. La sua morte e quella del giovane Demetrio nel 1227 seppellirono definitivamente i sogni orientali del Biandrate. Era di ritorno in Occidente nel 1228, come si può dedurre dalla circostanza che nel novembre di quell'anno venne incluso nel trattato di pace tra Asti e i marchesi del Vasto.
La sua lunga assenza però aveva dato modo a Chieri di espandere ancora di più ai danni dei conti di Biandrate il proprio dominio: il 3 febbr. 1229, infatti, il B. fu costretto a cedere al Comune chierese per il prezzo irrisorio di 200 libbre alcune sue terre (Monfalcone, Civizone, Cassano, Coazze, Pecetto, Tozano, Canepa, Passerano, Solairano, Castelvecchio), che dovette garantire anche dalle rivendicazioni del fratello Goffredo. Per recuperare i possedimenti perduti il B. cercò l'appoggio di Asti. Il 27 sett. 1233, infatti, giurò il cittadinico d'Asti per sé e per i suoi fratelli ed eredi, ottenendo in cambio l'aiuto del Comune contro i suoi nemici, specie contro Chieri. Nel documento vengono enumerate le terre del Chierese soggette ancora ai Biandrate: Monteacuto, Santo Stefano, Porcile presso Poirino, Mercurolio, Riva di Chieri e Stoerda.
Il B. dovette morire prima del 1237. Il 31 luglio di quell'anno, infatti, Uberto, Bartolino, Guido, Guifredo, Ottone e Pietro conti di Biandrate "Uberti filii qui et ipse ulterius Uberti filius fuerat", agendo in consortile con piena autorità nei domini paterni, conclusero un accordo con i signori di Gozzano.
Il fratello del B., Goffredo, che per quasi tutto l'anno 1221 rimase al seguito dell'imperatore, nel marzo dello stesso anno ne fu investito conte di Romagna. Trasferitosi in quella regione alla fine dell'anno, il conte si trovò subito implicato, nelle vicende locali: la filoimperiale Imola aveva annesso Castel Imolese contro la ferma opposizione della rivale Bologna, che in questo caso si presentava come la tutrice dei diritti dell'Impero. Goffredo, rompendo con la tradizionale politica imperiale che si era sempre appoggiata sulla fedele Imola, il 15 gennaio concluse un accordo con Bologna e Faenza, in base al quale Castel Imolese doveva essere assegnato a queste due città e mise il bando imperiale su Imola. Questo passo non ebbe però l'approvazione dell'imperatore, che nominò legato nell'Italia settentrionale con l'esplicita inclusione della Romagna l'arcivescovo Alberto di Magdeburgo, cui Imola si sottomise nel giugno del 1222, mentre Bologna e Faenza furono colpite dal bando. Del tutto incurante di questi avvenimenti e ormai in aperto contrasto con l'imperatore, Goffredo costrinse Imola, l'8 sett. 1222, a sottometterglisi a gravissime condizioni: la città doveva essere sottoposta in parti uguali a Bologna e Faenza e pagare al conte una multa di 2000 libbre. Non sono noti gli ulteriori sviluppi della vicenda, ma pare che Goffredo fosse destituito poco tempo dopo dal suo ufficio; l'arcivescovo di Magdeburgo, infatti, nella primavera del 1223 appare investito anche del titolo di conte di Romagna. Il contrasto con l'imperatore dovette determinare la decisione di Goffredo di aderire, insieme con i fratelli Gozio e Ottone, alla lega lombarda (10 nov. 1226). La supposizione viene avvalorata dalla circostanza che Federico II nella pace successiva fa espressa menzione del suo nome. Da allora il conte Goffredo rimase fedele all'imperatore: il 23 sett. 1229, infatti, concluse un'alleanza con Bonifacio di Monferrato e altri signori del Canavese, diretta contro Asti e la lega lombarda.
Dopo questa data di lui non si hanno più notizie. Lasciò un figlio di nome Pietro, che diede origine al ramo dei Biandrate di San Giorgio.
Fonti e Bibl.: Per l'attività e i possedimenti del B. e del fratello Goffredo in Piemonte cfr. Codex Astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella, I, Roma 1887, pp. 121 s.; II, ibid. 1880, nn. 12, 261; Rigestum Comunis Albe, a cura di E. Milano, Pinerolo 1903, n. 204; Il Libro verde della Chiesa d'Asti, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1904, n. 137; Il Libro rosso del Comune d'Ivrea, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1914, nn. 136, 182a, 192; Il Libro rosso del Comune di Chieri, a cura di F. Gabotto e F. Guasco, Pinerolo 1918, nn. 54 s.; Cartario alessandrino fino al 1300, a cura di F. Gasparolo, I, Torino 1928, n. 161; I "Biscioni", a cura di G. C. Faccio e M. Ranno, II, Torino 1939, n. 320; L. Cibrario,Delle storie di Chieri libri quattro..., Torino 1827, I, pp. 96-99, 101, 112 s.; II, pp. 68-72, 82-85, 89-93; E. Bianchetti,L'Ossola Inferiore, I, Torino 1878, p. 159; D. Brader,Bonifaz von Monferrat bis zum Antritt der Kreuzfahrt (1202), Berlin 1907,ad Indicem; A. Raggi,I conti di B., in Boll. stor. per la prov. di Novara, XXVII(1931), pp. 143, 148. 152-154, 169; Poesie storiche relative all'Italia, a cura di V. De Bartholomeis, Roma 1931,ad Indicem. Ilmateriale documentario per i loro rapporti con l'Impero è raccolto in J. F. Böhmer,Regesta Imperii, V, a cura di J. Ficker E. Winkelmann, Innsbruck 1881-1901,ad Indicem. La fonte principale per l'attività del B. in Oriente è Henri de Valenciennes, per cui vedi Geoffroi de Villehardouin,Conquête de Constantiniple,avec la continuation de Henri de Valenciennes, a cura di N. de Wailly, Paris 1882,ad Indicem. Cfr. inoltre Regesta Honorii papae III, a cura di P. Pressutii, Roma 1895, nn. 4059 s., 4754; K. Hopf, Geschichte Griechenlands im Mittelalter, in J. S. Ersch-J. G. Gruber,Allgemeine Encyclopädie der Wissenschaften und Künste, sezione 1, LXXXV, Leipzig 1867, pp. 220, 228-232, 249 s.; L. Usseglio, I marchesi del Monferrato, Casale Monferrato 1926, II, pp. 262-271, 273 s., 304-307; J. Longnon,L'empire latin de Constantinople et la principauté de Morée, Paris 1949,ad Indicem; W. Miller, The Latins in the Levant, Cambridge-New York 1964, pp. 41, 73-75, 82. Sull'attività di Goffredo in Romagna cfr. in particolare J. Ficker,Forschungen zur Reichs-und Rechtsgeschichte Italiens, I, Innsbruck 1868, p. 153; II, ibid. 1869, pp. 262, 281, 285-287; E. Winkelmann,Kaiser Friedrich II., I, Leipzig 1889, pp. 173, 182, 193, 259-261, 315; II, ibid. 1897, pp. 26, 162. Per i discendenti di Goffredo cfr. A. Raggi, I conti di Biandrate, in Boll. stor. per la prov. di Novara, XXXVII(1933), pp. 175-184.