LAMPUGNANI, Uberto
Figlio di Oldrado, nacque a Pavia intorno al 1345 e crebbe alla corte dei signori di Milano, presso i quali il padre era stimato magistrato. Laureato in legge all'Università di Pavia, divenne lettore di diritto civile e canonico presso il medesimo ateneo e vi insegnò dal 1372 al 1381, acquistando grande fama. Per le sue doti fu chiamato a funzioni di governo da Gian Galeazzo Visconti, impegnato a riformare gli organismi di governo di Milano e del dominio.
Sebbene avesse sempre conservato la proprietà della casa di famiglia in Pavia, nella parrocchia di S. Colombano, nel 1395 il L. risultava iscritto nel novero dei 121 cittadini milanesi scelti fra i più ricchi sulla base dell'estimo per contribuire con un prestito forzoso all'acquisto della dignità ducale da parte di Gian Galeazzo Visconti. Nel 1397 fu nominato maestro generale delle Entrate e il 1° luglio 1398 membro del Consiglio di giustizia, organismo appena creato da Gian Galeazzo. Nel 1399 fu prima nominato giudice sulle frodi fiscali, poi vicario generale ducale.
Fidato collaboratore del duca, il L. aveva intrapreso una campagna di investimenti immobiliari nella comunità di origine: il 16 maggio 1385 acquistò una proprietà di 5 pertiche situata tra Legnano e Rescaldina e nel 1396 comprò una vigna ancora nel Pavese, a Guinzano.
Antica e nobile quanto altri casati radicati nel territorio di Legnano, la famiglia Lampugnani non era riuscita, sino all'ascesa sociale del L., a costituire altrettanto ingenti patrimoni fondiari: priva del potere che proveniva dal possesso diretto della terra, aveva cercato di assicurarsi, a partire dalla fine del XII secolo, il controllo amministrativo di ricche proprietà ecclesiastiche, inserendo propri esponenti in capitoli monastici o cattedrali e impegnandone altri, rimasti allo stato laicale, come sindaci o procuratori deputati alla gestione dei beni. La strategia familiare di affermazione del casato tramite questa via era però stata compromessa proprio dall'ascesa dei primi Visconti, che, ben consapevoli della connotazione politica assunta dalla gestione delle proprietà ecclesiastiche "in quanto centri di potere, che possono diventare - volta a volta - il supporto per l'ascesa o per il consolidamento di gruppi appartenenti alla classe dirigente" (Occhipinti), si fecero tramite imprescindibile, se non unico, per ottenere e conservare cariche munifiche e dall'elevato prestigio sociale.
Il L., per la fiducia che seppe guadagnarsi nel rapporto di collaborazione instauratosi con Gian Galeazzo Visconti, aprì una nuova fase di ascesa politica ed economica della famiglia, poi rafforzatasi con il figlio Oldrado, ma destinata a una brusca e definitiva interruzione nella seconda metà del Quattrocento, quando il pronipote Giovanni Andrea uccise il duca Galeazzo Maria Sforza.
Il L. morì, probabilmente a Milano, nel 1399.
Aveva sposato Giovanna Omodei, figlia del pavese Gasparolo, dalla quale ebbe otto figli: cinque maschi - Oldrado, Giovanni, Maffiolo, Giorgio, Pietro - e tre femmine, Maria, Giustina e Franceschina.
Giovanni, residente a Legnano e coinvolto nella gestione dei beni paterni a Rescaldina, pare abbia sposato Isabetta Castiglioni; morì intorno al 1406 ed ebbe un unico figlio, Cristoforo, brillante giureconsulto e segretario dello zio Oldrado, che nel 1430 sposò Belida Del Carretto.
Maffiolo, che giovanissimo, nel 1382, era stato inviato da Gian Galeazzo Visconti in missione diplomatica a Padova e poi aveva affiancato i fratelli Oldrado e Pietro nella gestione del castello di Legnano, morì intorno al 1450 e si fece seppellire nella chiesa annessa al fortilizio e dedicata a S. Giorgio. Sposò Giovanna Crivelli, figlia di Galeotto signore di Parabiago e di Uboldo, ed ebbe tre figli: Giorgio; Uberto, che sposò una congiunta, Franceschina Lampugnani; Giovanni Andrea (officiale ducale da non confondersi con l'omonimo cugino uccisore del duca Galeazzo Maria), che sposò Lucrezia Visconti, ereditò i beni legnanesi dello zio Oldrado ed ebbe a sua volta tre figli: Oldrado, che sposò Agnese Visconti; Cristoforo, che sposò Lucrezia Landriani; e Niccolò. Giovanni Andrea fece apporre le iniziali del proprio nome sullo stemma marmoreo ancora oggi esistente sul torrione centrale della chiesa di S. Giorgio, adibita sin da allora a oratorio privato e cappella gentilizia della famiglia.
Pietro, dottore in entrambi i diritti e già vicario del podestà di Lodi, investito con i fratelli Oldrado e Maffiolo del castello di Legnano dal duca Filippo Maria Visconti, sposò Orsina Vistarini, membro del casato dominante a Lodi, dalla quale ebbe quattro figli maschi: Bernardo, già definito in una supplica databile agli anni '60 del Quattrocento "scellerato" e per il quale si auspicava abbracciasse la vita religiosa (Arch. di Stato di Milano, Fondo famiglie, cart. 95: Lampugnani), si rese complice del fratello Giovanni Andrea nella congiura ordita nel 1476 contro il duca Galeazzo Maria, fu impiccato subito dopo e i suoi beni furono confiscati dalla Camera ducale; Princivalle, marito di Caterina Spinola, che ricoprì numerosi incarichi nell'amministrazione sforzesca (tra i quali quello importante di commissario ducale di Piacenza prima e di La Spezia poi), svolgendo parallelamente una fruttuosa attività nei commerci marittimi; Giovanni Andrea e Battista.
Maria sposò Giovanni Castiglioni, signore di Casciago e di Masnago, nel 1424; quando il marito morì, probabilmente nel 1443, la vedova continuò ad abitare la fortezza di Masnago insieme coi cinque figli.
Giustina sposò il giureconsulto Ambrogio Bozuli di Pavia. Franceschina andò in sposa nel 1412 a Luigi Terzaghi del fu Luca; rimase vedova prima del 1430 e il figlio Giorgio fu affidato alla tutela del cugino Cristoforo Lampugnani.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Fondo famiglie, cart. 95: Lampugnani; Gli uffici del dominio sforzesco (1450-1500), a cura di C. Santoro, Milano 1948, pp. 3, 118, 487; Gli offici del Comune di Milano e del dominio visconteo-sforzesco. 1216-1515, a cura di C. Santoro, Milano 1968, p. 204; G. Sutermeister, Il castello di Legnano, in Memorie della Regia Deputazione lombarda di storia patria. Sezione di Legnano, VIII (1940), pp. 29-31, 62-65; E. Occhipinti, Il contado milanese nel secolo XIII. L'amministrazione della proprietà fondiaria del monastero maggiore, Bologna 1982, p. 148; P. Mainoni, Economia e politica nella Lombardia medievale. Da Bergamo a Milano fra XIII e XV secolo, Cavallermaggiore 1994, p. 168; F.M. Vaglienti, "Non siando may puniti de li excessi fati, ogni dì presumono fare pegio": violenze consortili nella Legnano di fine '400, in L'alto Milanese nell'età del Ducato, a cura di C. Tallone, Varese 1995, p. 153; A. Gamberini, La città assediata. Poteri e identità politiche a Reggio in età viscontea, Roma 2003, p. 190.