SCARPELLI, Uberto
Filosofo del diritto e della morale, nato a Vicenza il 9 febbraio 1924, morto a Milano il 16 luglio 1993. Ha insegnato nelle università di Perugia, Pavia, Torino e Milano. Dopo una prima esperienza esistenzialistica, S. è approdato alla filosofia analitica della quale è tra i maggiori esponenti, e il suo insegnamento, con quello di N. Bobbio di cui è stato allievo, ispirato a principi di rigore intellettuale e morale, ha esercitato un'influenza formativa su studiosi di un'intera generazione. I suoi contributi alla teoria del diritto e all'etica sono stati soprattutto di carattere semiotico e metodologico, ma non privi di riflessi sul piano civile e politico. Le idee centrali del suo pensiero appartengono alla tradizione empiristica, e appunto nella filosofia analitica trovano la loro ultima espressione: il criterio di significanza che esige il riferimento alla funzione del linguaggio e ai fatti, la radicale distinzione fra questi e i valori, la relatività delle premesse ultime di ogni presa di posizione teoretica o etica.
In questa prospettiva, nella teoria del diritto vanno ricordati i suoi contributi all'analisi della natura delle norme (caratterizzate come proposizioni prescrittive contrapposte alle proposizioni descrittive) e della loro struttura (distinguendo nelle proposizioni la parte esprimente il riferimento ai fatti e quella esprimente la funzione, parte che marca la differenza tra norme e proposizioni descrittive), nonché le sue ricerche sulla dottrina generale della definizione, che ha applicato sia al caso della definizione del diritto oggettivo sia a quello delle definizioni dei concetti giuridici: concetti fattuali (designanti cose, proprietà e relazioni di puro fatto, come quelli di nascita, volontà, corpo), concetti qualificatori (che servono a qualificare cose, proprietà o relazioni secondo norme o valori, per es. i concetti di diritto soggettivo e di obbligo) e concetti metalinguistici (designanti norme o ordinamenti normativi). Va inoltre notato che S. ha lasciato un segno anche nell'ambito della teoria della scienza giuridica soprattutto a proposito della discussione sul positivismo giuridico che è stata vivace negli anni Sessanta: per es., la scienza giuspositivistica nel concepire il diritto come insieme coerente, esclusivo e coercitivo di norme generali e astratte poste da atti di volontà umani, comporta la scelta, moralmente orientata, di mettersi al servizio del diritto positivo e della volontà politica che nel diritto stesso trova la sua forma. Scelta morale, come tutte le scelte morali di fondo, non assoluta per S., che, nella teoria del discorso valutativo, è stato tenace assertore dell'etica senza verità: i valori, secondo il suo punto di vista, sono espressioni di preferenze razionalmente argomentabili sulla base delle scelte profonde di ciascun uomo, ma il loro fondamento ultimo non può essere mai una verità bensì solo una decisione non ulteriormente giustificabile e perciò priva di qualsiasi assolutezza; tesi che gli ha suggerito, pur senza implicarla con necessità logica, la teorizzazione di un atteggiamento pratico guidato da un liberale principio di tolleranza.
Opere principali: Esistenzialismo e marxismo (1949); Filosofia analitica e giurisprudenza (1953); Il problema della definizione e il concetto di diritto (1955); Contributo alla semantica del linguaggio normativo (1959, nuova ediz. 1985); Filosofia analitica norme e valori (1962); Cos'è il positivismo giuridico (1965); Semantica giuridica, in Novissimo Digesto Italiano, 16 (1969); L'etica senza verità (1982); Alla ricerca dei principi, in La bioetica, "Biblioteca della libertà" (1987).