ubi
Avverbio di luogo usato, nella forma latina e in accezione tecnica, a indicare la categoria locale; più propriamente, u. denota la determinazione di un corpo conseguente al fatto che esso è circoscritto da un luogo.
U. è calco del greco πού, che nella terminologia aristotelica (cfr. Cat. 4, 1b 26; Metaph. V 7, 1017a 26; VI 2, 1026a 37; VII 1, 1028b 1) designa la categoria del luogo; in Metaph. XI 12, 1068a 8 ss. il testo aristotelico ha τόπος (locus), e poi ancora da 1068b 26 in poi, dove si precisa cosa sia ‛ essere in un luogo ' ed ‛ essere contrario localmente '. Nel Medioevo locus e u. sono distinti, e D. poteva trovare la differenza tra i due termini in testi a lui vicini, come nel Liber sex principiorum: cfr. § 48 " Ubi... est circumscriptio corporis a loci circumscriptione procedens locus autem in eo quod capit et circumscribit; est igitur in loco quidquid a loco circumscribitur, non autem in eodem locus et ubi, locus siquidem in eo quod capit, ubi autem in eo quod circumscribitur et complectitur " (ediz. Minio-Paluello, Aristoteles latinus I 6-7, Bruges-Parigi 1966, 45). L'u. cioè è la determinazione che consegue a un corpo per il fatto che esso è in un luogo; il luogo è l'elemento determinante, il corpo è il determinato, mentre l'u. è la ‛ determinazione locale ', la ‛ circumscriptio ' conferita (‛ procedens ') al corpo dal luogo; cfr. Alb. Magno Liber de sex principiis V 1 (ediz. Borgnet, Parigi 1890, 344a-b): " Et est triplex circumscriptio. Est enim circumscriptio corporis continentis, et haec est actio quaedam. Et est circumscriptio circumscripti, et est quaedam passio. Et est circumscriptio procedens et causata ab utraque istarum, et est commensuratio locati ad locum, secundum quam loco in se et in communi vel huic particulari loco comparatur. Et haec circumscriptio est ubi secundum quod est speciale praedicamentum... Cum igitur de tribus fiat mentio, de loco scilicet, et locato, et de loci circumscriptione, locus quidem secundum subiectum et secundum substantiam est in corpore quod capit, hoc est, quod continet et locat. Est enim ultimum corporis continentis et ambientis in quo capit id quod continet, hoc est, locatum et circumscribit: et ex hoc sequitur, quod in loco est quidquid a loco circumscribitur... Non in eodem secundum substantiam et subiectum est locus et ubi: locus enim est in eo quod capit et continet et circumscribit. Ubi vero est in eo quod capitur et continetur et circumscribitur, et ab alio exteriori complectitur ". La determinazione locale, di conseguenza, sarà caratterizzata per rapporto alle proprietà del luogo: l'u. sarà semplice e composto a seconda che proceda da luogo semplice o composto (Liber sex principiorum, cit., § 54, pp. 46-47), e, pur dandosi la possibilità che un corpo occupi un luogo maggiore o minore, non è possibile attribuire a un corpo un u. maggiore o minore: l'‛ essere in un luogo ', in cui consiste quell'‛ accidens ' che è l'u., non è suscettibile infatti di più o di meno (§ 56, p. 47); infine, l'u. non è suscettibile di contrari, come non lo è il luogo (§§ 57 e 59, pp. 47-48).
L'uso dantesco del termine cade in due passi del Paradiso in cui è esplicito il riferimento a Dio. Si tratta di XXVIII 95 Io sentiva osannar di coro in coro / al punto fisso che li tiene a li ubi, / e terrà sempre, ne' quai sempre fuoro; e XXIX 12 io l'ho visto / là 've s'appunta ogne ubi e ogne quando.
Nel secondo passo, l'affermazione che ogni determinazione locale (e temporale, ed è il quando, v.) considerata in quanto s' appunta in Dio richiama la generale concezione dantesca dell'universo, improntata alla dottrina neoplatonica, secondo cui Dio è il principio dell'essere del mondo, della virtù dei cieli e di ogni causalità che si esplichi nel mondo sublunare; l'Empireo, cielo quieto, non è altro che lo splendore della divina mente, ed esso (e in definitiva la mente divina) è il ‛ luogo ' naturale che ‛ contiene ' il mondo nella sua totalità (le sfere celesti e i corpi del mondo sublunare); per rapporto all'Empireo si muove il Primo Mobile e si determina così l'ordinato svolgimento dei moti e delle influenze dei cieli; in quest'ordine viene a precisarsi, per un verso, il ‛ sito ' (v.), cioè la " posizione " rispettiva di ogni cosa, e, per un altro verso, il luogo di ciascun cielo in rapporto al cielo che lo contiene, e dei corpi inferiori in rapporto al cielo, e quindi le varie ‛ determinazioni locali ' o u. dei cieli e dei corpi inferiori; radicalmente ogni u. trova la sua determinazione in ‛ rapporto ' al luogo ultimo e definitivo, cioè all'Empireo, e alla divina mente di cui esso è il riflesso; ogni u., cioè, ha il suo principio in Dio, e in lui converge (s'appunta) come nel punto da cui promana.
In questo contesto va intesa l'altra occorrenza: Dio è il punto fisso, motore immobile, che tiene a li ubi / e terrà sempre, ne' quai sempre fuoro, i cori angelici, dai quali sale l'osanna alla maestà divina; l'u., in questo caso, è sì la determinazione locale dei cori mobili che si coglie in rapporto al luogo immobile, al centro che è il punto fisso, Dio stesso; ma la categoria locale viene a caricarsi della connotazione che Dio conserva i cori angelici, per suo decreto immutabile, in una sempiterna stabilità di rapporto con sé stesso; questo rapporto fissa insieme la condizione e il grado di beatitudine in cui consiste l'u. delle Intelligenze.