ubiquitous computing
<iuubìkuitës këmpi̯ùutiṅ> locuz. sost. ingl., usata in it. al masch. – L'integrazione della capacità di calcolo fornite dalle tecnologie digitali nell’ambiente e negli oggetti con cui interagiamo quotidianamente. Al di là dei diversi approcci che ricadono sotto questa etichetta, l’u. c. descrive l’estendersi allo spazio fisico dell’interfaccia utente. L’interazione uomo-computer può trasferirsi all’ambiente attraverso oggetti materiali potenziati (augmented) da tecnologie digitali. Gli utenti possono pertanto avere un’interazione fisica (grasp & manipulate) con le informazioni digitali, evitando le modalità d'interazione classiche delle interfacce uomo-computer. La locuzione fu coniata da Mark D. Weiser nel 1988, delineando le seguenti caratteristiche: la finalità di un computer è quella di aiutare a fare qualcosa; un computer deve essere silenzioso e invisibile; la tecnologia deve produrre calma e non stress.