UCCELLI (lat. scient. Aves; fr. oiseaux; sp. aves; ted. Vögel; ingl. birds)
Vertebrati a temperatura costante, il cui corpo è sostenuto dai soli arti posteriori, mentre gli anteriori sono trasformati in ali atte al volo e aderenti al corpo stesso durante la deambulazione e il riposo; la cute è vestita di penne, eccetto quella dei piedi che è coperta di scudetti e squame e le mascelle che sono rivestite di un astuccio corneo che si chiama becco o ranfoteca e sono prive di denti.
Morfologia.
Penne. - La forma esterna degli uccelli è determinata quasi esclusivamente dalle penne: le differenze che si notano nell'aspetto morfologico del becco e dei piedi sono di scarsa importanza di fronte alla grande uniformità che presenta il corpo degli uccelli appartenenti ai più svariati ordini, quando sia spennato. Stranezza di forme, vivacità e magnificenza di colori appartengono quasi esclusivamente al sistema plumare.
Questo comprende due categorie principali di produzioni: piume e penne di contorno. Le prime formano uno strato soffice e continuo di piumino a contatto con la pelle e servono a isolare, entro certi limiti, il corpo dall'ambiente esterno, contribuendo a mantenerne costante la temperatura. Il piumino è più abbondante negli uccelli acquatici e specialmente nelle specie iperboree, come oche, cigni, edredoni. Le penne di contorno hanno una porzione basale, più o meno estesa, piumosa, la quale contribuisce a rafforzare la funzione del piumino, e una porzione apicale, cui è devoluto non solo il compito di formare un terzo strato compatto e protettivo, ma anche quello di determinare, come si è detto, la forma del corpo.
Ogni penna è formata dal cannuolo o calamo e dal vessillo: il primo è impiantato nella pelle e, a completo sviluppo, ha l'aspetto di un tubo cilindrico corneo, abbastanza trasparente, riempito di un corpo simile a carta velina sgualcita, che si chiama cencio ed è il residuo della papilla che ha dato origine alla penna. Il cannuolo si prolunga nella rachide, la quale ha una superficie superiore, esterna, liscia e leggermente convessa, mentre la superficie inferiore è concava e offre una scanalatura longitudinale. La rachide è compatta e piena di sostanza biancastra; sui suoi lati sono impiantate e distribuite in serie le barbe; nel punto di unione col cannuolo vi è una piccola apertura, l'ombellico, per il quale entra aria nel cannuolo; talvolta alla base della rachide sorge una rachide accessoria, generalmente rudimentale: raramente, come negli emù, per tutte le penne e in quelle del ciuffo per le guttere, le due rachidi hanno eguale sviluppo. Le barbe formano la parte più notevole dell'intero vessillo: esse portano barbule che si intrecciano fra loro a mezzo di piccole appendici, dette rami, in modo da formare un tessuto resistente e compatto. Le maggiori penne di contorno hanno nomi proprî: nell'ala si notano le remiganti, distinte in primarie e secondarie, alle prime delle quali è deferita in massima parte la funzione del volo, che non può compiersi senza di quelle. Poi si notano le copritrici e le scapolari. La coda è formata dalle timoniere appaiate, le quali compiono, nel volo, l'ufficio di timone. Tutte le altre penne di contorno non hanno nomi proprî ma dànno luogo a una nomenclatura anatomica, la quale non si riferisce al corpo ma al vestito. Comunemente si distinguono le seguenti regioni dorsali: fronte, vertice, occipite, cervice, dorso, groppone, sopraccoda; le seguenti ventrali: mento, gola, collo, petto, ventre, fianchi, femore, tibia, sottocoda; lateralmente sul capo la briglia e le guance. Le penne situate sulla linea mediana dorsale sono simmetriche e le maggiori di esse sono le timoniere mediane: tutte le altre sono più o meno fortemente asimmetriche: le maggiori asimmetrie si notano nelle remiganti, nelle maggiori copritrici e nelle timoniere laterali. Nelle penne asimmetriche, la porzione esterna del vessillo è colorata in modo più appariscente, mentre il lato interno è quasi sempre più modesto. Non mancano tuttavia alcune eccezioni, come in certi Cacatuidi bianchi, nei quali il vessillo interno delle remiganti è roseo, e nei Turaci verdi (turacoverdina), che lo hanno rosso purpureo (turacina). In tali casi è l'ala aperta durante il volo che mette in evidenza codesti splendidi colori. Le timoniere laterali contribuiscono molto con la loro lunghezza superiore alle due mediane alla forma generale della coda e la lunghezza di questa relativamente a quella del corpo, contribuisce a caratterizzare l'aspetto generale dell'uccello. La coda può essere più breve della metà del corpo, lunga quanto il corpo, molto più lunga del corpo intero, come in alcuni fagiani. Quando le timoniere laterali raggiungono in lunghezza le mediane e hanno orlo diritto, la coda si dice troncata; quando ogni paio di timoniere è decisamente più breve di quello che lo precede, la coda è graduata; quando accade il contrario e le timoniere mediane sono le più brevi e le esterne laterali le più lunghe, la coda si dice forcuta. Le remiganti primarie sono generalmente dieci; la lunghezza relativamente alle altre, di ciascuna di esse, è carattere specifico importante. Si possono riconoscere due modelli estremi di remiganti: primarie e secondarie lunghe presso a poco ugualmente, come nei gallinacei, al punto che nell'ala chiusa queste coprono interamente le prime. L'altro modello è offerto, per es., dai colombi e dalle anatre, nei quali le secondarie coprono solo la base delle primarie e l'ala chiusa lascia vedere scoperta una lunga punta formata da queste ultime. In pochi casi le secondarie sono più lunghe delle primarie; si tratta allora di caratteri ornamentali specifici, come i pennacchi degli aironi e le lunghissime omerali delle gru, ovvero di caratteri sessuali secondarî come nel maschio del fagiano Argo, le cui secondarie sono enormemente più lunghe delle primarie. Fra le varie forme indicate, esiste ogni sorta di graduazione. Non mancano penne, il cui vessillo è ridotto, in tutto o in parte, alla sola rachide. Quando questa è breve, setoliforme o piliforme, il che accade talvolta sul capo o nel collo, la pelle sottostante sembra nuda, ma essa è allora variamente pigmentata e ricca di caruncole e di verruche. I colori delle penne sono dovuti in parte a pigmenti del gruppo dei carotinoidi, tra i quali primeggiano le melanine, e in parte a struttura fisica delle barbe. Le penne non sono distribuite uniformemente sul corpo, ma soltanto in aree chiamate pterile, mentre le aree che ne sono sprovviste si dicono apterî. Il numero, la lunghezza e l'estensione delle pterile varia secondo le specie: l'intero sistema della distribuzione delle penne si chiama pterilosi.
Le penne vengono cambiate periodicamente, per solito una volta all'anno, talvolta due volte, in corrispondenza col mutar delle stagioni e del periodo degli amori. Tale muta può essere totale o parziale. Nella maggioranza degli uccelli la muta ha luogo con una certa irregolarità, così che la funzione del volo non viene in alcun momento soppressa; nei palmipedi invece le remiganti cadono contemporaneamente e il volo non è possibile fino a che esse non siano cresciute di nuovo. La muta delle remiganti si compie per solito in maniera centrifuga dal centro dell'ala, iniziandosi con quella dell'ultima primaria e della prima secondaria. Nella coda, la sostituzione delle penne di adulto a quelle giovanili può aver luogo in modo centrifugo, cominciando dalla coppia mediana, come nei tacchini, nelle faraone e nei pavoni oppure in modo centripeto cominciando dal paio estremo, come nei fagiani e nei polli.
Becco. - Il becco è uno degli organi che variano maggiormente, insieme col regime alimentare e con la maniera di prendere il cibo. Alla sua base superiore, esso è molle e dà luogo alla cera nella quale spesso si aprono le narici: nelle anatre tutta la superficie del becco è formata di pelle non indurita, la quale dà luogo sui margini mascellari a lamelle, che formano una specie di filtro per trattenere alghe e piccoli organismi animali natanti nell'acqua. All'estremità esiste una vera e propria unghia, che si trova anche nel becco di alcuni uccelli di ripa e degli steganopodi. Nei pellicani la pelle che unisce le due branche della mandibola può distendersi e costituire una ampia borsa nella quale viene raccolto il pesce catturato. Lungo e più o meno forte è il becco degli uccelli che cercano nel fango il loro nutrimento; corto e conico quello delle specie che si nutrono di semi; fortemente adunco e dentato quello dei rapaci; gracile e diritto quello dei colombi, ecc. Oltre alla costituzione generale propria per ciascun ordine, esistono particolarità che appartengono a generi determinati.
È proprio dell'avocetta il lungo becco arcuato in alto, dei chiurli e degli ibis, invece, quello arcuato in basso; della spatola (Platalea leucorodia) il becco piatto e slargato all'estremità; di alcune cicogne tropicali la mascella inferiore più lunga della superiore; dei tucani l'enorme becco leggerissimo, atto a sgusciare frutta come le banane, ecc.
Piede. - Il piede, e specialmente le dita, offrono pure differenze apprezzabili. Innanzi tutto queste possono essere due (struzzo), tre (quaglie tridattile, nandù, galline prataiole, ecc.), mentre il numero normale è di quattro, mancando il quinto. L'alluce è normalmente situato indietro e può essere allo stesso livello delle altre dita, oppure situato più in alto; nel piede scansore (picchi, pappagalli) anche il quarto dito è rivolto indietro, così che si notano due fasci di due dita per ciascuno, rivolti verso due opposte direzioni. Le dita possono essere tutte libere, e questo è il caso generale, oppure sono riunite da una membrana interdigitale (palmipedi); in questi sono comunemente riunite da membrana le sole dita anteriori, ma negli steganopodi e nei fuligulini anche l'alluce è riunito alle altre dita.
La membrana interdigitale suole raggiungere le unghie coprendo tutto lo spazio interdigitale, ma in alcune specie (p. es., Anseranas semipalmata, Recurvirostra avocetta) la membrana è stesa poco oltre lo spazio interdigitale: in certi trampolieri (Mycteria), soltanto alla base delle dita si trova una limitatissima membrana. Nelle folaghe e nei tuffetti le dita sono libere, ma offrono espansioni laterali integre (pes fissipalmatus dei tuffetti) ovvero lobate (pes lobatus di folaga). Le unghie sono generalmente brevi e leggermente convesse, ma nei rapaci e in alcuni passeracei (per es., nelle Averle) costituiscono veri artigli. Nelle Lodole, p. es., e nelle Parre l'unghia del dito posteriore è lunghissima ed aguzza. Produzioni cornee sono anche gli sproni portati nei tarsi dai maschi di talune specie di gallinacei e sul margine esterno delle ali dalle Palamedee, dalle Parre e da alcune specie di Vanelli, ecc.
Scheletro. - Lo scheletro degli uccelli risponde alla duplice funzione del volo e della locomozione affidata a un solo paio di arti. Per esercitare convenientemente la prima, occorre che il peso specifico del corpo sia molto ridotto, la qual cosa è conseguita mediante la pneumaticità delle ossa. Queste, pur essendo rigide e solide, formate di sostanza ossea compatta, posseggono cavità piene d'aria, le quali comunicano con sacchi aerei in relazione coi polmoni, distribuiti per tutto il corpo. La pneumaticità delle ossa è sviluppata maggiormente nei grandi e forti volatori, come gli albatros e i pellicani, mentre negli uccelli che non volano, come struzzi e casuarî, le cavità delle ossa sono riempite da midollo. Sotto l'aspetto meccanico, tutto il cinto scapolare è molto sviluppato e lo sterno raggiunge una mole relativa incomparabilmente superiore a quella degli altri vertebrati: anche gli arti posteriori sono forti e le falangi sono ampie in modo da formare una solida base di sostegno.
La scatola cranica è leggiera e solida, articolata con l'atlante mediante un solo condilo. Le ossa si saldano assai presto, durante lo sviluppo post-embrionale, fuorché negli struzzi. La parete del cranio è costituita dai parietali e dai frontali pari, mentre l'occipitale è saldato con lo squamoso e col petroso in un solo osso, col quale si articola il quadrato che funge, come nei Rettili, da sospensorio della mandibola. I frontali sono larghissimi e circoscrivono quasi interamente il margine superiore delle cavità orbitali, amplissime, separate da un setto interorbitale sottile. Le ossa della faccia formano lo scheletro del becco, talvolta articolato mobilmente al cranio; la maggior parte della mascella superiore è formata dall'intermascellare, i cui rami laterali si uniscono coi mascellari superiori; il culmine del becco è formato da due processi posteriori del premascellare che raggiungono i frontali, saldandosi al lato interno di due processi anteriori dei nasali. La struttura del palato osseo è complicata e presenta una grande varietà di forme, che ha offerto caratteri importanti alla classificazione di Th. Huxley, la quale, a suo tempo, segnò un progresso notevole per l'ornitologia. I modelli fondamentali di palato sono due: quello paleognato, nel quale il vomere si estende posteriormente fino ad incontrarsi coi pterigoidei e si interpone fra questi e i palatini (Ratiti, Cripturiformi); quello neognato, nel quale il vomere non raggiunge i pterigoidei che si articolano direttamente coi palatini: è questo il tipo maggiormente diffuso e che presenta ulteriori differenze. Nella forma desmognata i processi palatini dei mascellari si uniscono fra loro nella linea mediana; nel caso contrario, se l'estremità anteriore del vomere è troncata si ha la forma schizognata, e se è invece acuminata, si ha la forma egitognata.
L'osso ioide presenta all'indietro un'apofisi sottile: le sue corna sono per solito formate di due parti che non si uniscono al cranio: talvolta però, come accade nei picchi, dopo di essersi ripiegate sul cranio, raggiungono la fronte: in tal caso formano, coi loro muscoli, un apparecchio destinato a proiettare molto innanzi la lingua.
La colonna vertebrale si può distinguere in tre regioni: una cervicale, lunga e mobilissima; una dorsale e pelvica, rigida, e una caudale, rudimentale e poco mobile. Il collo è composto di un numero di vertebre che varia da nove a ventitré, nelle quali spiccano maggiormente le superficie articolari fatte a sella; inoltre, come nei coccodrilli, esse portano brevi coste che si uniscono alle apofisi trasverse e formano un canale, nel quale passano l'arteria vertebrale e la porzione cervicale del simpatico. Le vertebre dorsali sono più brevi e meno numerose delle cervicali; sono provviste di apofisi spinose superiori e inferiori e portano coste. Esistono ossa sterno-costali, le quali si articolano in basso con lo sterno e dall'altro lato con l'estremità inferiore delle coste.
Ciascuna costa porta un processo posteriore, uncinato, il quale si appoggia alla costa successiva: ne segue che il complesso delle coste forma con la colonna vertebrale e con lo sterno una gabbia toracica più solida e, al tempo stesso, più mobile che negli altri vertebrati.
Lo sterno è un ampio osso laminare, con superficie concava all'interno, il quale copre non soltanto il torace ma anche la maggior parte del ventre; esso porta, negli uccelli volatori, sulla linea mediana longitudinale, una cresta molto elevata, la carena, sulla quale si inseriscono i muscoli delle ali, comunemente detti pettorali. Debbono il loro nome a questa cresta, gli uccelli carenati; a essi vanno contrapposti i ratiti (struzzi, nandù, casuarî, apterigi), i quali ne sono privi e non possono volare.
Alla regione dorsale segue una regione abbastanza estesa, corrispondente a quella lombare e sacrale, nella quale numerose vertebre, da 16 a 20 e più, si uniscono tra loro e colle lunghe ossa iliache. Le prime di quelle, vertebre presacrali, formano una regione lombare, della quale fanno parte due o tre vertebre dorsali con coste. Il sacro propriamente detto è composto di due vertebre omologhe alle sacrali dei sauri e dei coccodrilli e forma il principale punto d'appoggio del bacino. Segue la regione postsacrale, formata dal gruppo anteriore delle vertebre caudali in numero di 2 e 3. Finalmente la regione coccigea, libera, si compone di 6 o 7 vertebre, l'ultima delle quali ha forma di lamina verticale, che serve all'inserzione dei muscoli motori delle timoniere. Questa lamina, detta pigostilo, risulta dalla fusione di quattro a sei vertebre.
Lo scheletro dei membri anteriori offre particolarità che sono in relazione col volo. Innanzi tutto le ali, che debbono impiegare grande forza muscolare, sono fortemente appoggiate alla gabbia toracica. La scapola è lunga e stretta, leggermente curva come una daga e appoggiata alla colonna vertebrale, fino a raggiungere l'estremità anteriore dell'ileo. Esistono due coracoidi, molto solidi, sui quali da un lato si articolano gli omeri e dall'altro il margine anteriore dello sterno; le clavicole si riuniscono in una sinfisi interclavicolare che si appoggia sul punto mediano dello sterno, là dove si inizia la carena. L'ala si compone dell'omero, piuttosto breve, dell'avambraccio più lungo, composto del radio e dell'ulna, sulla quale si appoggiano le remiganti secondarie, e finalmente della mano, il cui scheletro è molto diverso da quello degli altri vertebrati. Esistono soltanto due ossa carpali, sulle quali si articolano il pollice, che forma lo scheletro dell'alula o ala spuria, un lungo metacarpo formato da due ossa che sono saldate insieme alle due estremità, cui seguono due dita, uno mediano di due falangi, sul quale si appoggiano le più lunghe remiganti primarie, e un altro, il terzo, stiloide, rudimentale. Quando l'ala è piegata e stretta al corpo in stato di riposo, l'omero è rivolto indietro parallelamente alla scapola, l'avambraccio in avanti e la mano indietro, nella stessa direzione dell'omero.
Il bacino occupa un'ampia superficie ed è formato dalla fusione di numerose vertebre lombari e sacrali, con gl'ilei, gl'ischi e i pubi: non esiste però, gli struzzi eccettuati, una sinfisi pubica. Il femore è breve e solido, rivolto obliquamente in avanti, completamente nascosto dalle penne e, col suo rivestimento muscolare, non ben separato dal tronco. La gamba, la quale forma quel segmento cui, nella gallina, si dà volgarmente il nome di coscia, è formata dalla tibia, molto lunga e robusta, mentre la fibula è rudimentale e rappresentata da uno stiletto posto sulla faccia esterna della tibia, della quale non raggiunge l'estremità distale. Il tarso è rappresentato da una cartilagine che veste l'estremità della tibia e da altre due che ricoprono l'estremità del metatarso, così che negli uccelli il piede si articola alla gamba mediante un'articolazione intertarsale. Il metatarso è un osso lungo e robusto, che risulta dalla fusione, avvenuta durante lo sviluppo embrionale, di tre metatarsali distinti, ciascuno dei quali si individualizza nell'adulto con una testa articolare distinta che porta un dito. Le tre dita rivolte innanzi sono il secondo, il terzo e il quarto: il quinto scompare molto presto nell'embrione e si salda quasi subito con le cartilagini tarsali. Il primo dito è rivolto indietro; spesso è più alto delle altre dita, è situato in dentro ed è portato da un osso stiliforme che forma un quarto metatarso autonomo. Il numero delle falangi, comprese quelle che portano l'unghia, cresce dall'interno all'esterno: l'alluce ne porta due; il secondo dito ne porta tre; il terzo quattro e il quarto cinque. Il dito più lungo è sempre il terzo.
Muscoli. - Nella muscolatura degli uccelli ha speciale importanza quella pettorale, che si inserisce sulle lamine laterali e sulla carena dello sterno e serve a mettere in moto le ali durante il volo. Tali muscoli costituiscono ciò che volgarmente si chiama il petto degli uccelli: seguono per importanza i muscoli della coscia.
Nell'arto posteriore esiste una disposizione per la quale, quando esso è retratto contro il corpo, le dita si flettono automaticamente, senza sforzo muscolare; in grazia di tale disposizione i rapaci chiudono la preda negli artigli per il solo fatto di piegare l'arto verso l'interno.
Sistema nervoso. - Il cervello degli uccelli è molto più sviluppato in confronto a quello degli altri vertebrati, eccettuati i mammiferi; esso riempie per intero l'ampia cavità cranica. Gli emisferi cerebrali non hanno circonvoluzioni alla loro superficie e coprono non soltanto il cervello intermedio, ma anche i lobi ottici che si presentano sotto forma di due grandi rigonfiamenti di quello, rivolti in basso e situati ai lati. Anche il cervelletto è abbastanza voluminoso.
Il senso della vista è acutissimo negli uccelli e l'occhio è in grado di percepire immagini lontane. Esso è molto grande in rapporto alle dimensioni del capo: i due occhi ne occupano i lati. Il bulbo oculare è tondeggiante e poco mobile; esso ha una forma speciale, perché la camera anteriore ha un raggio di curvatura molto minore di quello appartenente alla camera posteriore o più specialmente al segmento sul quale giace la retina. Dal fondo dell'occhio si porta in mezzo al vitreo, dirigendosi verso il cristallino, un organo particolare, il pettine, che è un prolungamento della coroide e ha una funzione nell'accomodazione, che è notevolissima. Lungo la linea circolare che rappresenta il passaggio dalla sclerotica alla cornea, esiste un anello di lamine ossee. L'iride è variamente pigmentata negli uccelli; alla diversità del pigmento e della sua distribuzione si debbono i colori proprî alle differenti specie di uccelli e anche alle razze varie di una medesima specie, come accade particolarmente nei colombi. Il bulbo oculare è protetto oltre che da due palpebre esterne, delle quali l'inferiore è tanto più grande da coprire da sola quasi tutta la parte anteriore dell'occhio, da una terza palpebra interna, la plica semilunaris, quasi trasparente, capace di ricoprire la cornea.
Nell'organo dell'udito manca il padiglione e il condotto esterno suole essere messo in evidenza da una corona di penne setoliformi che lo circondano. È situato nella parte inferiore del capo, alquanto indietro all'occhio. La membrana timpanica, tesa internamente, ha forma convessa verso l'esterno. Nell'orecchio medio si trova un ossicino allungato, la columella, che corrisponde alla staffa dei mammiferi: vi si aprono le trombe di Eustachio, le quali comunicano con la cavità boccale. L'orecchio medio, formato dal labirinto membranoso, consta dei canali semicircolari, della lagena, dell'otricolo, del sacculo e del canale endolinfatico.
L'organo dell'olfatto ha sede nelle cavità nasali, spesso separate da un sepimento incompleto, e presenta tre paia di turbinati, i superiori e gl'inferiori dei quali sono esclusivi della classe degli uccelli. Le narici sono generalmente poste alla base della mascella superiore e sono per solito vicine; negli Apteryx soltanto si trovano all'estremità del becco: nelle procellarie, nei puffini e negli albatros formano due tubi allungati e uniti fra loro.
Il senso del gusto ha sede nella parte molle e papillosa della lingua, la quale solo nei pappagalli rimane totalmente carnosa, mentre negli altri uccelli presenta un rivestimento piuttosto duro. Il gusto è pochissimo progredito negli uccelli. Più sviluppato invece è il tatto, che si esercita, specialmente a mezzo dei corpuscoli del Pacini, sparsi più o meno su tutte le parti della pelle e specialmente ai lati del becco, come nelle anatre; sulla coda, nelle ali, nella mucosa della cloaca, nella parte anteriore della tibia.
Ghiandole cutanee. - Il tegumento negli uccelli è povero di ghiandole. Tolte le piccole ghiandole sebacee che si trovano nel condotto uditivo esterno, essi non posseggono che la ghiandola dell'uropigio, secernente una sostanza oleosa che serve a ungere le penne. Questa ghiandola è disposta sopra alle due ultime vertebre coccigee e si allarga in due lobi pari che si estendono, diramandosi, verso la radice della coda; essa produce un secreto, che è molto abbondante negli uccelli acquatici, e contiene svariate sostanze: caseina, albumina, nucleina, lecitina, grasso e acidi grassi.
Apparato digerente. - L'apparato digerente degli uccelli offre alcune particolarità notevoli, in relazione con l'assenza di denti i quali esistettero peraltro in alcuni uccelli fossili. Nella cavità boccale, limitata dai margini del becco, si può distinguere una porzione anteriore da quella posteriore, faringea. In essa si aprono le coane e, posteriormente a queste, le trombe d'Eustachio, le quali comunicano con l'orecchio medio. La lingua è provveduta, nella sua parte posteriore, di due appendici laterali ed è attaccata al pavimento della cavità boccale; quivi si apre l'apparato respiratorio, mediante la laringe; la parte anteriore della lingua è libera per circa due terzi.
Nella cavità della bocca esistono numerose ghiandole che si possono considerare tutte come ghiandole salivari. L'esofago è molto lungo; percorre infatti tutto il collo fino all'altezza dello sterno, dove si allarga a formare l'ingluvie o gozzo. Questo non è che una porzione estensibile dell'esofago a forma di sacco, nel quale può essere immagazzinato il nutrimento per un certo periodo di tempo. Internamente è tappezzato da una mucosa, al di fuori della quale, oltre la submucosa, si trova una tunica muscolare abbastanza robusta, la quale determina la contrazione della parete. All'esofago segue lo stomaco che, negli uccelli, è diviso in due parti: il proventricolo ghiandolare o stomaco succenturiato e il ventriglio o stomaco muscolare.
Il proventricolo è foderato internamente da una mucosa, la quale secerne un liquido a reazione acida e un fermento solubile, la pepsina. Il ventriglio è tondeggiante, leggermente compresso; consta degli stessi strati cellulari che esistono nel proventricolo, ma qui la tunica muscolare è fortemente sviluppata per effetto di due potenti muscoli laterali che formano due dischi e di altri due muscoli, uno anteriore e uno posteriore. Nello strato interno si notano parecchie pieghe; la cavità del ventriglio è tappezzata da una membrana di rivestimento, resistente e corneificata, secreta da particolari ghiandole. Il ventriglio, per opera della sua potente muscolatura e della membrana di rivestimento, serve essenzialmente alla triturazione degli alimenti e supplisce alla mancanza di denti.
L'intestino consta delle stesse parti fondamentali che si osservano negli altri vertebrati. Al limite fra il tenue e il crasso, si trovano due appendici digitiformi, i ciechi, talvolta molto brevi e talaltra lunghissimi. Il crasso sbocca, mediante una valvola, nella cloaca, dilatazione posteriore dell'intestino, la quale si apre all'esterno mediante l'ano e riceve lo sbocco degli ureteri e dei condotti genitali, rispettivamente ovidutto e deferenti. Questi ultimi sboccano in una particolare papilla sporgente nella parte dorsale della cloaca. Fra questa e la colonna vertebrale si trova un grosso sacco ghiandolare, la borsa di Fabricio, che sbocca nella cloaca.
Il fegato degli uccelli è formato da due grossi lobi e comunica col duodeno mediante il condotto epatico e il dotto della cistifellea o vescicola biliare, la quale manca talvolta (colombo). Il pancreas pure è molto sviluppato; ha forma allungata ed è provvisto di due condotti escretori, i quali sboccano nella prima parte dell'intestino tenue, nella cui circonvoluzione esso è adagiato.
La milza è rotondeggiante, sostenuta da lamine mesenteriali, ed è posta fra il fegato, il proventricolo e il ventriglio. Il peritoneo è formato da due lamine, una delle quali addossata alla parete del corpo e l'altra a contatto dei visceri; il mesentere è molto sviluppato e la cavità viscerale assai ampia.
Apparato respiratorio. - L'apparato respiratorio s'inizia con la laringe superiore, che è provvista di due pieghe a guisa di glottide che ne chiudono l'apertura durante la deglutizione del cibo, e che non ha corde vocali. Segue la trachea, lunga quanto il collo, formata da anelli cartilaginei completi, intercalati a tratti fibrosi, mobile e riconoscibile anche all'esterno per quasi tutta la sua lunghezza. Nel punto dove la trachea si divide nella biforcazione dei bronchi, si trova spesso una dilatazione che costituisce la laringe inferiore o siringe, provveduta di legamenti elastici o corde vocali. In taluni uccelli, come nei maschi delle anatre, la siringe è provveduta di uno speciale dispositivo, dovuto a modificazione degli anelli cartilaginei, che funziona da apparato di risonanza. I due grossi bronchi sono formati da anelli cartilaginei incompleti, i quali entrano nella faccia ventrale del polmone corrispondente, dove perdono il loro rivestimento cartilagineo, e dove dànno luogo ripetutamente ad altre diramazioni fino a formare le dilatazioni terminali o alveoli. I polmoni, in confronto all'ampiezza della cavità toracica, sono relativamente piccoli e poco elastici, hanno apparenza spugnosa e sono situati ai lati della colonna vertebrale dove si stendono fra le coste, alle quali aderiscono; mancano di sacco pleurale. I polmoni hanno delle grandi estroflessioni, costituite da una sottile membrana, i sacchi aerei, che si riempiono d'aria e si spingono fra i visceri, fra i muscoli, dentro le ossa, nella cute. I più importanti sono il sacco interclavicolare o peritracheale, interposto fra i rami della forchetta; i sacchi pettorali o toracici nella regione anteriore e laterale del petto; i sacchi addominali, che si spingono indietro, fra i visceri, fino all'estremità posteriore della cavità dell'addome. I sacchi anteriori penetrano nella cavità dell'omero e si continuano con cellette aeree della cute e delle penne; i sacchi posteriori comunicano con le cavità delle ossa della coscia e del bacino. I sacchi aerei hanno duplice funzione: servono a diminuire, quando sono pieni d'aria, il peso specifico del corpo e intervengono a favorire la respirazione durante il volo, costituendo inoltre una riserva d'aria respirabile.
Il meccanismo della respirazione degli uccelli è totalmente diverso da quello che si verifica nei mammiferi. L'inspirazione dell'aria nei polmoni si compie per il sollevarsi delle ossa sterno-costali e per il conseguente allontanamento della parete dello sterno dalla colonna vertebrale; l'espirazione invece dipende dalla compressione che le coste esercitano sui polmoni durante il movimento inverso.
I sacchi aerei, pochissimo vascolarizzati, funzionano come mantici che richiamano aria dentro i polmoni, durante il volo, in seguito alla elevazione e all'abbassamento delle ali. Taluni autori attribuiscono ai sacchi aerei anche la funzione di regolare la temperatura del corpo.
Circolazione. - La circolazione del sangue, negli uccelli è, come nei mammiferi, doppia e completa. La principale differenza anatomica sta nel fatto che, nei primi, l'arco aortico è a destra. Gli uccelli hanno temperatura notevolmente elevata e variabile leggermente da specie a specie. Nei gallinacei la temperatura oscilla intorno a 42°,2; nei colombi e nelle anatre intorno a 42°; nelle oche intorno a 41°,5. La circolazione linfatica nulla offre di notevole.
Apparato uro-genitale. - I reni sono grandi, allungati, aderenti alla faccia ventrale delle vertebre lombo-sacrali, un poco scostati ai lati di queste e protetti superiormente dagl'ilei; fra i reni e i visceri, è interposto il peritoneo. Ciascun rene consta di tre lobi di forma irregolare. Gli ureteri partono dai reni e sboccano nella cloaca, in corrispondenza della parete superiore di questa.
L'apparato genitale maschile consta di due testicoli a forma di fagiuolo, ora di colore bianchiccio, ora nero o di altra tinta intermedia, situati ai lati della colonna vertebrale, anteriormente ai reni e in corrispondenza delle ultime tre coste. I rispettivi deferenti sboccano nella parete superiore della cloaca in una papilla che ha funzione analoga a quella di un organo copulatore, il quale esiste soltanto negli struzzi, negli anseriformi, nei cripturiformi, nei cracidi e alcuni altri. L'organo copulatore di questi uccelli ha forma di un cavatappi, talvolta provveduto di papille sulla cresta elicoidale, invaginato e nascosto nella parete superiore della cloaca, presso al cercine anale, durante lo stato di riposo: nell'accoppiamento l'organo copulatore si svagina e il liquore seminale scorre lungo un solco a forma di doccia.
L'ovario funzionante è unico ed è quello sinistro, situato nella cavità addominale, anteriormente al rene. L'ovidutto è lungo e più o meno tortuoso: vi si distinguono varie porzioni, la prima delle quali è l'imbuto o padiglione che raccoglie l'uovo deiscente dall'ovario; segue un tratto albuminifero nel quale particolari cellule dell'epitelio di rivestimento secernono l'albume; viene poi una porzione provvista di quelle cellule ghiandolari che secernono la membrana testacea e successivamente la camera calcigena nella quale l'uovo viene ricoperto dal guscio; finalmente si osserva una porzione terminale o vagina che si apre nella cloaca.
Uova. - L'uovo degli uccelli è sempre voluminoso: la cellula uovo è costituita dall'intero tuorlo, del quale una piccola masserella biancastra, molto evidente, la cicatricula, è data dal vitello di formazione col nucleo: tutto il resto è materiale nutritizio, deutolecite. Il tuorlo è circondato dalla membrana vitellina, esilissima. Attorno al tuorlo si trova l'albume costituito essenzialmente di albumina; lungo l'asse maggiore dell'uovo si trovano le calaze, due cordoni di albume più denso, che aderiscono da un lato al tuorlo e dall'altro arrivano rispettivamente ai due poli dell'uovo e servono a mantenere il tuorlo stesso in una posizione centrale.
L'albume è ravvolto da una membranella bianca, la membrana testacea la quale, sdoppiandosi verso il polo ottuso dell'uovo, determina uno spazio nel quale si raccoglie aria ed è detto perciò camera d'aria.
Esternamente l'uovo è protetto dal guscio, di natura calcarea ed eminentemente permeabile, perché crivellato di pori che variano per numero e distribuzione. La forma tipica dell'uovo è l'ovale con un polo ottuso e l'altro acuto; entro questi limiti l'uovo può essere più o meno breve o più o meno lungo. Esistono inoltre deviazioni verso una forma quasi sferoidale, come nello struzzo, e verso un'altra a contorni quasi ellissoidali, come nei casuarî.
È naturale che le uova varino di peso, secondo la grandezza della specie alla quale appartengono: non esiste tuttavia un rapporto preciso e determinato fra peso corporeo e peso dell'uovo, perché vi sono specie piuttosto piccole che depongono uova relativamente grosse e viceversa. Le maggiori differenze riguardano la struttura della superficie del guscio e il suo colore. La superficie può essere liscia e lucida come la porcellana (cripturiformi), liscia e translucida come l'alabastro (anatra), liscia ed opaca (galline), più o meno granulosa (faraona), ecc. Quando l'uovo è incolore, risulta perfettamente bianco. Generalmente è pigmentato e il suo colore può essere uniforme o più o meno spruzzato e macchiato di scuro su fondo chiaro. Le uova più sorprendenti a colorazione uniforme sono quelle dei cripturiformi: in Rhynchotus rufescens hanno colore caffè e latte; in Notoprocta cinerescens color cioccolata cupo; in Tinamus robustus verde erba splendente, ecc. Fra le uova macchiate, le più notevoli sono forse quelle dei casuarî, marmoreggiate di bianco e nero verdastro, con prevalenza di quest'ultimo colore (v. tavola a colori).
Le uova di una sola femmina non sono tutte uguali; variano di peso, di forma e talvolta di colorito entro limiti piuttosto ristretti; variazioni alquanto più notevoli si osservano fra individuo e individuo della stessa specie. Tuttavia esiste una sistematica delle uova e quasi sempre è possibile, dall'uovo, determinare la specie. Lo studio sistematico delle uova costituisce la oologia; in Inghilterra si pubblica un giornale speciale, The Oologist.
Biologia.
Incubazione e sviluppo. - Le uova degli uccelli hanno bisogno, per dar luogo allo sviluppo e alla schiusa, di una temperatura costante ed elevata, che è generalmente quella della madre; in parecchi casi anche quella del padre; eccezionalmente quella di uccelli che non appartengono alla specie che ha deposto le uova (cuculi); o quella che si sviluppa in ammassi di fogliame (megapodi). Gli uccelli depongono le uova in un nido (v. nidificazione).
Le cure parentali (v. prole, precoce e inetta) degli uccelli sono in relazione con i rapporti sessuali caratteristici di ogni singola specie.
Generalmente vige la monogamia, la quale può durare per tutta la vita, in specie stanziali, o limitarsi a una sola stagione. Nelle specie monogame, i due genitori si distribuiscono in vario modo la cura dell'incubazione e quella dell'allevamento. La prima spetta generalmente alla femmina e quand'anche il maschio vi partecipi, ciò avviene durante poche ore del giorno. Nell'allevamento invece il maschio ha sempre gran parte nella difesa, nella ricerca e somministrazione del cibo. Nelle specie poligame, non solo il maschio non si cura della prole, ma questa gli è nascosta dalla femmina, la quale dal primo sarebbe disturbata. Notevole peraltro è il caso dei Megapodi, nei quali il maschio costruisce un grande nido con fogliame ammassato; parecchie femmine vi depongono le uova, ma successivamente è il solo maschio che rimuove continuamente il fogliame, curando il buon andamento dell'incubazione. Questo è dunque un caso d'incubazione affidata ad agenti esterni dalla previdenza paterna. Taluni uccelli sono parassitoidi: i cuculi i quali, in tutte le parti del mondo, distribuiscono qua e là le loro uova in nidi di altre specie che allevano il piccolo altrui; le vedove d'Africa, le quali sparpagliano le loro uova nei nidi di altri Ploceidi o Tessitori sociali.
I piccoli degli uccelli monogami sono ora inetti (passeracei, colombi, aptenoditiformi) ora precoci (anseriformi, pernici; v. prole precoce e inetta); quelli degli uccelli poligami sono sempre precoci. Quando la nidiata è inetta, lo sviluppo è generalmente assai rapido e parecchie covate si succedono in una sola stagione; quando invece la nidiata è precoce, lo sviluppo dei piccoli è lento e lo sbandamento ha luogo per solito nel tardo autunno o nella primavera successiva, rendendosi assai difficile una seconda covata.
Il numero delle uova deposte è vario: molti uccelli marini, come le alche e i pinguini, ne depongono uno solo; i grandi rapaci, taluni gallinacei, come arghi e poliplettri, i colombi, i colibrì ne depongono due. La maggioranza dei passeracei cinque o sei; i palmipedi d'acqua dolce, la maggioranza dei gallinacei, gli struzzi ne depongono da sette od otto fino a dodici e venti. Anche la durata dell'incubazione varia da specie a specie ed è anche in rapporto con la grossezza dell'uovo e col grado di sviluppo del piccolo al momento della schiusa. I piccoli passeracei covano generalmente una dozzina di giorni; i colombi 18; i gallinacei da 18 a 30; il cigno sei settimane; lo struzzo da sette a otto settimane. Non esistono tuttavia regole fisse circa il rapporto fra la durata dell'incubazione e lo stato di sviluppo del pulcino al momento della nascita. Nelle quaglie americane, ad esempio, e nelle pernici la durata dell'incubazione è di 24 a 25 giorni e i piccoli schiudono senza alcun abbozzo delle remiganti; nelle pernici cinesi dei bambù i piccoli hanno alla nascita il medesimo aspetto dei primi, ma la durata dell'incubazione è di 18 giorni soltanto.
Caratteri sessuali secondarî. - La vita psichica degli uccelli è quasi interamente legata ai fenomeni riproduttivi e specialmente agli amori che precedono la costruzione del nido e la deposizione delle uova. Gli uccelli costituiscono uno dei gruppi sistematici, nei quali i caratteri sessuali secondarî sono maggiormente sviluppati. La maggior parte di essi riguardano l'apparato tegumentario e si manifestano con lo sviluppo, nei maschi, di creste e appendici varie sul capo; di sproni ai tarsi, ma soprattutto con la magnificenza delle penne, con la melodia del canto e con la capacità di assumere atteggiamenti che modificano momentaneamente l'aspetto generale dell'individuo. Basterà ricordare i colori smaglianti dei maschi dei colibrì e dei fagiani; l'opulenza delle penne dei fianchi nei maschi delle paradisee e quelle delle copritrici caudali dei pavoni. In generale gli ornamenti dei maschi sono destinati a essere messi in evidenza di fronte alle femmine, durante il corteggiamento; macchie delle ali nascoste durante il riposo vengono poste in particolare rilievo durante l'esibizione che il maschio fa delle proprie bellezze; aspetti modesti e non diversi da quelli della femmina, diventano pieni di attrattiva quando il maschio fa la ruota; così per l'otarda, la starna, il colombo. Gonfiando il collo quest'ultimo fa scintillare il verde metallico delle penne che normalmente non è molto in vista.
Taluni maschi fabbricano degli eleganti ritrovi dove richiamano le femmine; così le Clamidere sono passeracei australiani che costruiscono delle cappannucce sul pavimento delle quali raccolgono conchiglie; altre specie affini ornano la capanna con penne brillanti di altri uccelli, raccolte nei dintorni; il fagiano Argo, nel più folto delle foreste malesi, sceglie una piccola radura che ripulisce di qualsiasi festuca o foglia e vi si trattiene a far la ruota, chiamando le femmine.
I maschi si dànno frequentemente a furiose battaglie nelle quali becco e sproni diventano spesso armi micidiali.
In molte specie di uccelli i caratteri sessuali secondarî sono genetici, ossia costituzionali: essi determinano una differenza tra maschio e femmina, che non si attenua in nessun periodo dell'anno. Esistono invece altre specie, in particolare fra le anatre e i Passeracei, nelle quali i caratteri sessuali secondarî sono condizionati dall'attività della ghiandola sessuale: hanno luogo allora due mute stagionali: una al termine del periodo degli amori, in seguito alla quale sorge il cosiddetto abito di eclissi, ora perfettamente simile a quello della femmina come nei Ploceidi, ora leggermente differente come nel maschio del Germano Reale; l'altra muta ha luogo al principio dell'inverno o in primavera, quando la gonade inizia la sua azione endocrina, in seguito alla quale sorge la cosiddetta livrea nuziale (v. sesso).
Migrazioni. - È anche in parte connesso con la riproduzione un altro fenomeno molto importante nella vita degli uccelli, quello della migrazione. Poche specie sono stanziali, destinate a vivere nello stesso distretto ove nacquero, come i tetraonidi, i picchi, le gazze, le ghiandaie, ecc. Si tratta di specie euriterme, per le quali va egualmente bene la temperatura estiva e quella invernale; tuttavia la mancanza di cibo può determinare, anche per queste specie, leggieri spostamenti dalle montagne alle sottostanti vallate e viceversa, iniziandosi in tal modo un principio di erratismo. Non si può peraltro negare che, negli uccelli, si contrappongono due istinti: quello sedentario e quello erratico.
Il primo si esprime col ritorno giornaliero all'albero, alla caverna, alla rupe, che, dal giorno della nascita, costituì la dimora abituale; l'altro con l'assoluta mancanza di tale richiamo intimo, costituzionale. Euritermia e sedentarietà sono caratteristiche degli uccelli stanziali; la stenotermia è di per sé causa di migrazioni più lunghe e ampie, quanto più la specie ama temperature costanti o quasi; se la stenotermia si associa a un grado di sedentarietà, la migrazione si compie fra gli stessi punti di partenza e di arrivo. Se la stenotermia è accompagnata da erratismo, allora si hanno migrazioni con punti di partenza e di arrivo variabili, rimanendo fissa soltanto la direzione generale (per più ampie notizie, v. migratorie, correnti, XXIII, p. 260 seg.).
Comportamento associativo. - Gli uccelli sono anche, per loro istinto, solitarî o gregarî. Taluni di questi sono tali per tutta la vita, come molti uccelli marini che vivono in colonie, i passeri repubblicani o ploceidi, talune specie di colombi, ecc. Altri invece si associano dopo la riproduzione; i giovani di ciascuna covata non si allontanano dai genitori e più covate si uniscono assieme, costituendo grandi branchi (storni, galline di faraone, tacchini), i quali si separano al principio della successiva stagione degli amori. Anche in questi fenomeni ha indubbiamente notevole influenza la secrezione ormonica che accompagna lo stato d'eccitazione o di riposo delle ghiandole germinali.
Volo. - Si è visto che tutta l'organizzazione degli uccelli è adatta alla funzione del volo: lo scheletro è reso leggiero dalla pneumaticità delle ossa, mentre il peso specifico del corpo intero diminuisce per la presenza d'aria nei sacchi aerei. Inoltre l'ala aperta e distesa è, per effetto delle robuste remiganti, una superficie ampia e resistente. L'ala è mossa da muscoli potentissimi, specialmente quelli che l'abbassano, e da parecchi muscoli del tronco i quali mandano tendini nell'ala stessa. Gli uccelli di mole media e piccola volano battendo frequentemente le ali e scivolando, con volo pianeggiante, quando si dirigono leggermente in basso. Nei grandi uccelli, capaci di volo sostenuto, la superficie delle ali è, in proporzione, maggiore e, in correlazione con questo fatto, ha luogo la riduzione parziale degli stessi muscoli dell'ala, che viene resa possibile dal volo pianeggiante, il quale consente a grandi uccelli come cicogne e avvoltoi di sostenersi lungamente nell'aria e anche di innalzarsi descrivendo ampie curve, valendosi della varia direzione e della velocità del vento.
Esistono uccelli nei quali le due sorta di locomozione, terrestre e aerea, si alternano in maniera press'a poco uguale. Da questa condizione intermedia si passa, da un lato a quella offerta dai rondoni che sono sempre in aria, dove trovano il loro nutrimento costituito da insetti, e che, per la grande riduzione degli arti posteriori e la lunghezza delle ali, non potrebbero muoversi a terra né sollevarsi. Per l'altro verso si passa a quelle forme che, trovando il loro nutrimento esclusivamente a terra, tendono a fare uso il meno possibile delle ali. Il grado estremo è raggiunto dai Ratiti e da altri uccelli (Stringopidi, Notornis, ecc.) che hanno ali più o meno rudimentali e non possono volare.
Considerazioni analoghe possono farsi per la grande schiera di uccelli che si muove, invece che sulla terra, sul mare.
Molte specie sono quasi sempre in aria e ghermiscono pesci e crostacei alla superficie delle onde (fregate, albatros, procellarie); altre volano faticosamente o poco (alche, colimbi) ovvero non volano affatto (pinguini). Queste ultime, in compenso, sono ottime nuotatrici e tuffatrici: il cormorano e il pinguino inseguono rapidamente la preda sott'acqua, il primo come se fosse un serpente, il secondo movendo le alette a guisa di natatoie come se fosse una testuggine marina.
Faunistica. - Gli uccelli hanno potuto, mediante il volo, diffondersi su tutta la superficie della Terra e su tutti i mari. Numerose specie marine popolano le terre artiche e le antartiche; rispettivamente alche e pinguini.
I migratori e i forti volatori non contribuiscono evidentemente a caratterizzare le varie regioni zoogeografiche; tuttavia la massa migrante attraverso le Americhe è in massima parte differente da quella che migra dall'Eurasia in Africa e in Australia.
Gli uccelli che volano poco, offrono invece ottimi caratteri faunistici. La regione più differenziata è la neotropica (America Meridionale) con alcuni ordini suoi proprî: Reiformi, Palamedeiformi, Cripturiformi. Sono anche sud-americani i sott'ordini delle Euripighe, dei Craci, degli Opistocomi, dei Tucani, dei Colibrì o Uccelli mosca, ecc. L'avifauna australiana offre un certo collegamento con quella dell'India e dell'Indocina, attraverso le isole della Sonda e della Papuasia; tuttavia l'Uccello lira (Menura superba), l'Emù, parecchie specie di pappagalli, di colombe e di gallinacei le sono proprie. Notevole autonomia, in relazione con la più antica separazione da ogni altro continente e con l'assenza di mammiferi predatori indigeni, offre invece l'avifauna neozelandese. Le appartengono gli Apterigiformi, gli Epiornitiformi, estinti, in comune con Madagascar, le famiglie dei Nestoridi e degli Stringopidi fra i pappagalli, alcuni rallidi e anatidi incapaci di volare. Disseminati negli arcipelaghi della Polinesia sono alcuni rappresentanti isolati ed esclusivi di ordini e famiglie, come il Kagu (Rhynochoctus Jubatus), prossimo alle gru e agli aironi, incapace di volare, pur essendo provvisto di grandi ali, nella Nuova Caledonia, e il Didunculus strigirostris, colombo di Samoa, affine a Didus ineptus e a Pezophaps ora estinti, ma già viventi rispettivamente nelle isole di Maurizio e della Riunione fino al sec. XVI.
Proprî della regione etiopica sono gli struzzi, le galline di faraone, il Serpentario, i Turaci, le Nectarinie, ecc.; della regione indo-malese i pavoni, i galli selvatici, la maggior parte dei megapodi; della regione papuana le paradisee e le gure.
L'avifauna paleartica è numerosissima e comprende generi e specie che hanno rappresentanti anche in Italia: uccello quasi esclusivamente italiano è il passero comune (Passer Italiae).
In relazione alla stenotermia esistono famiglie di uccelli che si trovano in diverse parti del mondo alla medesima latitudine: iperborei sono i tetraonidi, in Eurasia anche sulle alte montagne e in America anche nelle più nordiche praterie; equatoriali i Trogoni in Asia, Africa e America, intertropicali i pappagalli in tutto il globo.
Classificazione.
Il più antico uccello fossile conosciuto è l'Archaeopteryx (v.) Oweni del Giurassico, unico rappresentante dell'ordine dei Saururi. Gli altri resti di uccelli fossili molto antichi sono attribuiti al Cretacico e appartengono a palmipedi e trampolieri, i quali erano peraltro provveduti di denti (Odontorniti) posti in solchi (Hesperornis) o in fossette (Ichthyornis) nella mascella e nella mandibola, mentre l'intermascellare era coperto da una guaina cornea.
Valutando le differenze che caratterizzano i principali ordini di Rettili (Sauri, Ofidî, Chelonî) e di Mammiferi (Monotremi, Marsupiali, Sdentati, Cetacei, Ungulati, ecc.), si dovrebbe concludere che tutti gli uccelli viventi e fossili appartengono a un solo ordine, quello degli Ornituri, contrapposto all'ordine dei Saururi, rappresentato dal solo Archaeopteryx.
Gli Ornituri sono suddivisi dai paleontologi nei seguenti gruppi: Odontolcae, Odontormae, che comprendono soltanto specie fossili, Dromaeognathae e Euornithes, che comprendono tutti gli ordini viventi. Ma gli ornitologi, i quali per varie ragioni (v. ornitologia) hanno sempre goduto di una certa autonomia, delinearono in un primo tempo una classificazione, artificiale ma comoda, fondata sulle analogie determinate dalla forma del becco e dei piedi. Da questa classificazione risultarono gli ordini dei Palmipedi, dei Trampolieri, dei Gallinacei, dei Colombi, dei Rampicanti, dei Passeracei, dei Rapaci, dei Corridori.
Un tentativo di unificazione si ebbe col raggruppamento dei primi sette ordini in quello dei Carenati (v.), in contrapposto all'ultimo che fu detto dei Ratiti (v.), questo pure indubbiamente artificiale.
M. Fürbringer è autore di una complicata classificazione degli Ornituri, elevati a sottoclasse e distinti in due serie: Paleopterigi e Neopterigi. I primi contano gli ordini degli Struziorniti (Struzioniformi, Anseriformi, Podicipediformi, Ciconiiformi, Procellariformi, Aptenoditiformi [Pinguini]). I secondi comprendono: Colobatrorniti (Caradriiformi, Gruiformi, Ralliformi), Ippalettriorniti (Casuariformi), Alectororniti (Apterigiformi, Cripturiformi, Galliformi), Coracorniti (Coccigiformi, Pico-Passeriformi, Coraciformi). I Columbiformi e i Psittaciformi sono sottordini intermedî fra gli Alectororniti e i Coracorniti (v. le singole voci). Le specie di uccelli conosciute ascendono ad oltre 20.000, delle quali oltre i tre quarti appartengono ai Pico-Passeriformi (v. anche avicoltura; ornitologia, ecc.). V. tavv. a colori.
Bibl.: E. Arrigoni degi Oddi, Atlante ornitologico, Milano 1902; id., Ornitologia italiana, ivi 1929; A. E. Brehm, La vita degli animali, trad. ital., Torino 1897, 4ª ed. ted., Lipsia 1915, trad. ital. della ediz. ridotta, Torino 1926-31; M. Fürbringer, Untersuchungen zur Morphologie und Systematik der Vögel, Amsterdam 1888; A. E. Giglioli, Avifauna italica, Firenze 1886; E. Giglio-Tos, Gli uccelli d'Italia, Torino 1923; F. Gröbbels, Der Vogel. Bau, Funktion, Lebenserscheinung, Einpassung, Berlino 1933; E. Hartert, Die Vögel der palaearktischen Fauna, ivi 1903-23; O. e M. Heinroth, Die Vögel Mitteleuropas, ivi 1924-1928; G. Martorelli, Gli uccelli d'Italia, Milano 1910; J. A. Naumann, Naturgeschichte der Vögel Deutschlands, Lipsia 1822-60; T. Salvadori, Elenco degli uccelli italiani, Genova 1887; E. Stresemann, Aves, in W. Kükenthal e Th. Krumbach, Handbuch der Zoologie, Jena 1927-31; G. Vallon, il libro degli uccelli, Genova 1911; Varî autori, Catalogue of the Birds in the British Museum, Londra; Hand-List of the Genera and Species of Birds (Nomenclator Avium tam fossilium quam viventium), Londra 1899-1909.
Riviste di ornitologia: Alauda, Parigi; Annotationes Ornithologiae Orientalis, Tōkyō; Aquila, Budapest; Archives suisses d'Ornithologie, Berna; Ardea, Groningen; Aviculture, Los Angeles; Beiträge zur Fortpflanzungsbiologie der Vögel, Berlino; Berichte des Vereins schlesischer Ornithologen, Breslavia; Bird Lore, Harrisburg, U. S. A.; Bird Notes and News, Londra; British Birds, ivi; The Condor, Buena Park, California; Danske Fugle, Viborg, Danimarca; Gerfaut, Bruxelles-Laeken; Ibis, Londra; Journal für Ornithologie, Berlino; Kócsag, Budapest; Norsk Ornithologisk Tidskrift, Stavanger; L'Oiseau e La Revue Française d'Ornithologie, Parigi; Les Oiseaux de la Suisse, Ginevra; Orgaan der Club van Nederlandsche Vogelkundigen, Kampen, Olanda; ornis Fennica, Helsingfors; Der ornithologische Beobachter, Sempach, Svizzera; Ornithologische Monatsberichte, Berlino; Ornitologische Monatsschrift, Gera; The Ostrich, Pretoria, Sud-Africa; Rivista Italiana di ornitologia, Milano; South Australian Ornithologist, Adelaide; Tori, Ornithological Society of Japan, Tokyo; Vogelzug, Helgoland, Germania; The Wilson Bulletin, Sioux City, U. S. A.
Paleontologia.
Gli uccelli fossili sono rappresentati, in confronto al gran numero di specie attualmente viventi, da forme abbastanza scarse, molte delle quali sono altresì imperfettamente conosciute.
I più antichi uccelli rimontano al Giurassico della Baviera e consistono unicamente in tre esemplari: una penna isolata, scoperta nel 1860 e oggi conservata nel museo paleontologico di Monaco; uno scheletro privo della testa, del collo e di una parte della colonna vertebrale (1861), appartenente al British Museum di Londra; e un individuo pressoché completo (1877), del museo geologico di Berlino. Sono i resti comunemente noti col nome generico di Archaeopteryx (v.), benché oggi i due scheletri si considerino da alcuni paleontologi quali rappresentanti non solo di due specie distinte (A. macrura e A. Siemensii), ma addirittura di due famiglie diverse, e precisamente l'esemplare di Londra quale il più primitivo ratito conosciuto (Archaeopteryx) e quello di Berlino come il più antico carenato (Archaeornis), in base a differenze osteologiche variamente interpretate e valutate dagli autori, specialmente riguardanti l'esistenza di una o due file di ossicini carpali, la forma del coracoide, i caratteri delle ossa pubiche, e la configurazione della fila prossimale del tarso, libera o saldata alla tibia.
Pur essendo veri uccelli nella struttura generale del loro scheletro, nella forma del corpo e nella presenza di penne, questi antichi avanzi mostrano alcuni caratteri primitivi, che li ravvicinano ai Rettili (orbita con anello sclerotico, mascelle fornite di denti infissi in alveoli, una ventina di vertebre codali, coste gracili e senza processi uncinati, metacarpi e metatarsi separati e ultime falangi fornite di artigli). Meritano pertanto di essere tenuti distinti in una speciale sottoclasse, quella dei Saururae (cioè a coda di lucertola), in contrapposizione agli altri uccelli, raggruppati nella sottoclasse degli Ornithurae.
Di questi ultimi i resti fossili più antichi furono rinvenuti nel Cretacico, specialmente del Kansas, donde provengono diversi scheletri pmssoché completi della fam. Hesperornithidae e alcuni avanzi più incompleti della fam. Ichthyornithidae.
Fra i rappresentanti della prima è meglio conosciuto il gen. Hesperornis Marsh, che raggiungeva un metro di altezza ed era caratterizzato da premascellari sdentati e da mascellari e mandibola forniti di una fila di denti conici, aguzzi, impiantati in un solco comune. Le due branche mandibolari si univano sul davanti per mezzo di una cartilagine. Parecchi altri caratteri rettiliani si riscontrano nel condilo occipitale, nel cervello a lobi olfattivi molto sviluppati e ad emisferi cerebrali proporzionalmente minori, e nella struttura della vòlta palatina. Aveva ventitré vertebre presacrali e quattordici vertebre sacrali, coracoide largo e breve e sterno appiattito, senza carena. L'estrema riduzione degli arti anteriori, rappresentati da un breve e gracile omero, e lo sviluppo considerevole di quelli posteriori, adattati per il nuoto, dimostrano che l'animale poteva liberamente spostarsi nell'acqua, in cui poteva facilmente impadronirsi di grosse prede mediante l'ampia apertura delle sue mascelle. Altri generi affini, ma fondati su avanzi ancora più imperfetti, sono i seguenti: Baptornis Marsh e Hargeria Lucas (Kansas), Enaliornis Seely (Inghilterra), Neogaeornis Lambrecht (Chile), ecc., tutti del Cretacico superiore.
Rappresentano l'altra famiglia pochi generi degli Stati Uniti d'America, e specialmente il gen. Ichthyornis Marsh, che non misurava più di 20 cm. di altezza ed era invece un buon volatore, com'è provato dai caratteri dello sterno, munito di ampia carena. Le ossa, delicate, erano in gran parte pneumatiche, e anche gli arti erano di tipo aviforme; tuttavia presentava anch'esso molteplici caratteri rettiliani, quali, ad es., l'unione cartilaginea delle due branche mandibolari, la presenza di una serie regolare di denti, piantati in alveoli, sui mascellari e sulla mandibola, e lo scarso sviluppo del cervello, a lobi ottici prominenti. Aveva un sacro con 10 vertebre, 5 vertebre codali e un pigostilo scarsamente sviluppato.
Con il principio dell'era terziaria, scomparsi gli uccelli armati di denti che ricordavano nei loro caratteri l'origine rettiliana, l'avifauna si fa più abbondante, più varia e assai più affine a quella attuale. Largamente diffusi appaiono i diversi sottordini di Palaeognathae o Dromaeognathae, fra cui meritano di essere specialmente ricordate le forme quaternarie giganti di Aepyornis (A. maximus Geoffroy, A. titan Andrews, ecc.) del Madagascar, e di Dinornis (D. maximus Owen) della Nuova Zelanda, che sorpassavano i 3 m. di altezza e deponevano uova della capacità di una decina di litri. Generi affini a quest'ultimo e ugualmente rappresentati nel Pleistocene della Nuova Zelanda, ma di statura minore, sono i Palapteryx Owen, Megalapteryx Haast, Anomalapteryx Reichenbach; mentre alcuni altri, specialmente confinati nell'emisfero australe, si riferiscono alle fam. Rheidae (Protorhea Moreno e Mercerat, Heterorhea Rovereto del Pleistocene, Argentina) e Dromaeidae (Genyornis Stirling e Zietz, Dromornis Owen del Pleistocene dell'Australia, Hypselornis Lydekker del Pliocene dell'India, ecc.). Nel Pliocene dell'India, dell'Isola di Samo, della Persia, della Mongolia, della Cina, della Russia, ecc., si rinvennero avanzi fossili di Struthionidae; e resti quaternarî di Apteryx, che non differiscono dalle specie viventi, si trovarono nei depositi superficiali della Nuova Zelanda.
Un gruppo estinto, di affinità ancora non ben definite, è quello che comprende principalmente i generi Diatryma Cope e Omorhamphus Sinclair dell'Eocene dell'America Settentrionale: il primo, alto più di 2 metri (Diatryma Steini Matthew e Granger), era provvisto di un grosso becco lateralmente compresso, aveva collo massiccio e breve e ali rudimentali; il secondo era alquanto più piccolo.
Fra le forme terziarie di maggiore statura è altresì da ricordare il genere Phororhacos Ameghino, notevole per la grossa testa (lunga 60 cm.), per il becco assai elevato e compresso lateralmente, e per le robuste vertebre cervicali (Ph. longissimus Ameghino, del Miocene della Patagonia).
I numerosi rappresentanti degli altri carenati terziarî non offrono caratteri molto dissimili da quelli delle corrispondenti forme viventi; ché anzi per la maggior parte possono riferirsi a generi attuali, o a questi assai affini, pur rivelando nella loro distribuzione geografica differenze molteplici, dipendenti dalle diverse condizioni climatiche dell'era terziaria rispetto all'attuale.
In Italia, prescindendo dai resti quaternarî specialmente diffusi in numerose caverne della penisola, gli avanzi fossili di uccelli sono abbastanza scarsi. Pochi resti terziarî furono rinvenuti nel calcare eocenico a ittioliti di M. Bolca (Verona), a M. Zuello, nella marna aquitaniana di Ceva in Piemonte e nelle ligniti di M. Bamboli in Toscana, nei depositi del Miocene superiore di Senigallia, del Gabbro e di Licata, nel Pliocene della Val d'Arno e di altre località della Toscana, ecc.
Bibl.: H. v. Meyer, Archaeopteryx lithographica, ecc., in Palaeontographica, X, 1861; R. Owen, On the Archaeopteryx of von Meyer, in Philos. Trans., CLXXX, (1863); W. Dames, Über Archaeopteryx., in Palaeontol. Abhandl., II (1884), fasc. 3; B. Petronievics, Nouvelles recherches sur l'ostéol. des Archaeornithes, in Annales de Paléont., XVI (1927); K. von Zittel, Text-book of Palaeontology, II, 2ª ed. ingl. riv. da A. S. Woodward 1932 (con bibliografia delle forme fossili dei diversi sottordini); M. Boule e J. Piveteau, Les fossiles, Parigi 1935.
Per gli avanzi fossili di uccelli rinvenuti in Italia, cfr. A. Portis, Contribuzioni alla ornitologia italiana, in Mem. R. Accademia d. scienze di Torino, s. 2ª, XXXVI e XXXVIII (1884 e 1887).