uccidere [ind. fut. I singol. uccidrò]
Il verbo è adoperato in senso proprio soltanto in Cv III III 8 Ercule... prese lui [Anteo]... e levatolo da la terra... lo vinse ... e uccise, cui si può accostare, per estensione, il passo di IV XII 9 che altro... pericola e uccide [" distrugge ", " annienta "] le cittadi, le contrade, le singulari persone, tanto quanto lo nuovo raunamento d'avere appo alcuno?; negli altri casi è in contesti figurati - si veda If I 96, dove si parla della lupa che non lascia altrui passar per la sua via, / ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide, a significare il guasto irrimediabile prodotto dalla cupidigia nell'animo umano (concetto analogo a quello di Cv IV, ora citato), o il passo di Fiore CCX 8, che presenta Vergogna nell'atto di assalire e u. Diletto - oppure ha valore nettamente metaforico.
In una breve ma violenta invettiva contro gli usurpatori dell'ufficio altrui, D. invoca la punizione divina contro chi la giustizia uccide (Clemente V, come propendono a credere Barbi-Pernicone; cfr. Rime CV 6), cioè la " calpesta ", non tenendone conto; con ben altro tono, invece, il poeta minaccia di " fare strazio " dei propri occhi, colpevoli di non aver riconosciuto la più bella donna (o la più alta torre?) di Bologna: eo stesso li uccidrò que' scanoscenti! (LI 14: cfr. il commento di Barbi-Maggini, che concludono: " La chiusa ha un tono tragico che si risolve in comico per la solennità con cui la minaccia è espressa ". Si noti la forma sincopata del verbo).
In un ambito diverso, in contesti di pretto stampo stilnovistico, si collocano le due occorrenze della Vita Nuova, nelle quali il verbo è ancora strettamente legato al senso proprio: dico che Amore uccide tutti li miei spiriti, e li visivi rimangono in vita (XIV 14, a chiosa dei vv. 9-10 del sonetto che precede: Amore fere tra' miei spiriti paurosi, / e quale ancide, e qual pinge di fore); e ancora, piuttosto per " annientare ": mi giugne uno desiderio di vederla [la donna], lo quale è di tanta vertude, che uccide e distrugge ne la mia memoria ciò che contra lui si potesse levare (XV 2).
Uccida è variante di incida, in If I 55: cfr. Petrocchi, ad locum; e v. ANCIDERE anche per Pg XVI 12.