UDINE (A. T., 24-25-26)
Città capoluogo del Friuli, posta nell'alta pianura veneta (non molto fertile, essendo ricoperta da alluvioni fluvioglaciali bibule), a 110 m. s. m., sulla sinistra del Tagliamento, dove convergono numerose strade che scendono dalle Prealpi, disposte ad anfiteatro. La città è appoggiata a un colle isolato (di conglomerato ghiaioso del Terziario superiore, alto 26 m. rispetto a PiazzaVittorio Emanuele, già Contarena), dove è stato costruito il castello, ed è bagnata da due canali, deviati già in epoca antica (1171-72), per ragioni di difesa, dal Torre, presso Zompitta.
La ricostruzione dello sviluppo topografico non riesce facile, dato che vi sono state molte modificazioni; è certo a ogni modo che il piano intorno al castello cominciò a popolarsi di villaggi, che in seguito si fusero in un'unica città. L'origine di essa è da porsi in rapporto con la posizione favorevole per la difesa, ma lo sviluppo successivo è dovuto al fatto che i patriarchi d'Aquileia vennero a risiedervi dapprima saltuariamente e poi stabilmente, in modo che Udine divenne il centro più importante del Friuli. In un primo tempo l'abitato si trovava sul colle e presso i versanti di ponente e di mezzogiorno, poi venne costruito il castello e le case passarono in basso, lungo le falde occidentali, dove il declivio era meno erto. Le nuove abitazioni sorsero dapprima attorno al Mercato Vecchio (fondato nel 1248) e al Mercato Nuovo. Ma divenuta residenza patriarcale raddoppiò ben presto di superficie, allargandosi specialmente nelle direzioni più favorevoli come esposizione (sud e ovest) e come situazione topografica, mentre invece il versante N. e quello E., flagellati dal vento e in parte occupati da acque stagnanti, restano disabitati. Un recinto di 2130 metri, munito di 6 porte, costruito sotto Raimondo della Torre (1274-99), comprese le ville antiche (e cioè i borghi di Poscolle, Grazzano, Cisis, Cussignano); ma ben presto fuori delle mura si svilupparono nuovi sobborghi, e una nuova cinta di 7120 m., munita di 13 porte, costruita nella prima metà del Trecento (1332), fece riacquistare al castello, che era diventato eccentrico dopo il primo ingrandimento, una posizione quasi centrale, segnando i limiti che solo verso la metà del sec. XIX la città avrebbe superato. Le mura della cinta più esterna furono poi demolite alla fine del sec. XIX, a eccezione dei torrioni di tre porte (Porta Aquileia, Porta S. Lazzaro e Porta Villalta, quest'ultima del 1480, le altre del 1373).
In tal modo Udine si trasforma da piccolo villaggio in una grossa terra nel breve periodo che va dagli ultimi decennî del sec. XIII alla metà del successivo. Ma mentre la parte antica formava un corpo organico, densamente abitato e costruito, le ville esterne costituivano quasi degli aggregati indipendenti, separati da aree disabitate e con deboli legami con la parte centrale. Lo sviluppo è poi avvenuto, in parte almeno, dall'esterno verso l'interno. Ciascuna villa comunicava col centro mediante una via principale (borgo), sul quale sboccavano vie laterali (androni o vicoli).
Allo sviluppo successivo del tutto recente, che si inizia dopo lunghi secoli di stasi, ha contribuito l'apertura della linea ferroviaria Venezia-Trieste (1860) e della linea pontebbana (1879), ma soprattutto l'unione del Veneto al regno d'Italia, che ha favorito quello sviluppo industriale, che dà a Udine il primato nel Veneto, come numero di persone occupate nelle industrie. L' ultimo censimento 1927) ha contato infatti 1141 esercizî e 10.751 addetti, con prevalenza dell'industria tessile (2100 operai, di cui una buona metà occupati nel Cotonificio Udinese, sorto nel marzo 1884, che possiede 40 mila fusi per la filatura e 6000 per la torcitura), delle attività relative a trasporti e comunicazioni (linee vicinali per Cividale-Caporetto, San Daniele del Friuli, Tarcento), al vestiario e abbigliamento (1200 addetti), alla meccanica, alla metallurgia (Ferriere e acciaierie di Udine, fonderie di campane, fabbrica di catene).
Alla metà del sec. XIII Udine contava 6000 abitanti, che ne facevano già allora la più grossa terra del Friuli; nel 1483 Marin Sanudo ne calcolava 15 mila, in modo che in poco più di due secoli la popolazione si era più che raddoppiata. Dopo d'allora passarono oltre tre secoli senza che subisse aumento alcuno, spesso attraversando anzi dei periodi di decrescenza, tanto da scendere a 10 mila ab. nel 1620.
Il primo censimento regolare (1765) contò 14.579 ab. (su per giù quanti al tempo del Sanudo), aumentati a 15.231 nel 1818, 19.229 nel 1859, 23.233 nel 1881 e 31.686 nel 1931. Più celere fu l'incremento della popolazione extraurbana e il comune (che si estende su 56,8 kmq., di cui 35,2 coperti da terreni seminativi e 11 kmq. da prati permanenti) passò da 19.186 ab. nel 1815 a 25.201 nel 1857, 32.020 nel 1881, 37.942 nel 1901, per aumentare a 47.617 nel 1911, 56.041 nel 1921, 66.480 nel 1931.
Per la provincia di Udine, che si estende su 7163 kmq. e conta 718.245 ab. (1931), v. carnia; friuli.
Bibl.: A. Battistella, Il comune di Udine durante l'invasione nemica, Udine 1927; G. Bragato, Guida artistica di Udine e suo distretto, ivi 1913; G. B. Della Porta, Toponomastica storica della città e del comune di Udine, ivi 1928; C. Ermacora, Udine, la capitale della guerra, Milano 1926; id., Guida di Udine, Udine 1932 (bibliografia di guide e scritti su Udine alle pp. 207-10); F. Musoni, Udine dalle origini al principio del sec. XIX, ivi 1915 (con molte indicazioni di scritti e di carte antiche); G. Valentinis, Udine antica, ivi 1924; La provincia di Udine e la sua economia (a cura del Cons. prov. dell'econ.), ivi 1931.
Monumenti. - Il più antico edificio conservato è la chiesetta di S. Maria del Castello che domina la città: piccola basilica del secolo XII sul luogo di una precedente forse longobarda (tracce di fondamenta e frammento d'iscrizione del tempo di Liutprando), con resti di affreschi (secoli XIII-XV) e un polittico di Domenico da Tolmezzo.
Alcune porte e torri sono avanzi delle cerchia di mura medievali. Il duomo, la cui fondazione si vuol far risalire al patriarca Bertoldo (1236), ha struttura gotica, evidente all'esterno e nei portali. Nell'interno, rimaneggiato completamente nel sec. XVIII, l'antica struttura gotica, che pur s'intravvede grandiosa, è coperta dalla nuova decorazione di grande effetto, con le svolazzanti statue del Bonazza, del Cabianca, del Torretti, con le tombe Manin sontuose di marmi e di statue, con gli affreschi del Dorigny. All'altar maggiore v'è l'arca del Beato Bertrando, opera veneziana della prima metà del sec. XIV: poggiava alta sopra una serie di statue, in parte ora conservate nella sacristia. Dell'antico duomo restano ancora avanzi in uno stanzone attiguo al coro, già cappella di S. Nicolò, con affreschi della vita del Santo, dipinti nel 1376 da Vitale da Bologna. Le cantorie degli organi hanno parapetti con tavole del Pordenone, del Grassi, del Florian. Tra le altre opere d' arte ricordiamo la cupoletta della cappella del Sacramento, opera giovanile di G. B. Tiepolo; una tavola con S. Marco (1501), di Giovanni Martini, rudemente alvisiana e una con S. Giuseppe.
La chiesa di S. Francesco, che risale al 1236, conserva ancora la parte absidale con tracce di affreschi trecenteschi, e il campanile; nel corpo, rifatto nel sec. XVIII, notevole una pala dei Magi di Niccolò Grassi.
La piccola chiesa trecentesca di S. Rocco contiene una pala di Pellegrino (1514). L'arca del beato Odorico da Pordenone, tipica opera della bottega veneziana dei De Sanctis (Filippo, 1332), dopo molti traslochi sta ora, scomposta, nella chiesa del Carmine. La chiesa domenicana di S. Pietro Martire ha l'antico campanile duecentesco, e all'interno alcune tavole di Giovanni Martini e il parapetto dell'altare del Rosario con puttini di Giuseppe Torretti (firmato).
Bellissimo monumento gotico è il Palazzo comunale eretto su disegni di Niccolò Leonello nel 1448, col piano terreno in ampia loggia aperta su tre lati e ornata in un angolo con una Madonna di Bartolomeo Bon, mentre la Madonna con angeli del Pordenone vi fu sostituita da una copia (l'originale nel museo). Il palazzo chiude da un lato la Piazza Contarena, una delle più pittoresche d' Italia per varietà e m0vimento di architetture e di sculture accentuata dalla irregolarità del terreno, a ripiani, rampe, gradoni.
Serve da sfondo alla piazza il loggiato di S. Giovanni su disegno di Bernardino da Monotea (1533); un grande arcone centrale che forma atrio al sacello (ora dedicato ai caduti delle guerre dell'Indipendenza), con statua della Gloria di Aurelio Mistressi, fiancheggiato da ambo i lati da una serie di sette archi, il centrale dei quali è accentato di un piccolo frontone: a tergo, e a fianco alla cupoletta del sacello, sorge la torretta dell'orologio, di Giovanni da Udine, ornata del leone veneto, spiccante sullo zoccolo a bugna, e coronata, come a Venezia, dei due bronzei batticampana; due colonne, l'una col leone (1532), l'altra con la Giustizia (1612), completano il carattere veneto della piazza, dove anche sono da notarsi la fontana (1542), le due statue secentesche di Ercole e Caco, la Pace neoclassica del Comolli e infine la statua moderna di Vittorio Emanuele del Crippa (1883).
Dalla piazza, per un arco che si attribuisce al Palladio, si sale, lungo una rampa fiancheggiata da portici a bassi archi gotici trilobi, al castello, alto e massiccio blocco quadrilatero di muratura, per il quale pure si è fatto il nome del Palladio, mentre lo scalone sul lato settentrionale viene generalmente attribuito a Giovanni da Udine (1547).
Il castello contiene ora il museo e la pinacoteca; accanto a opere molto significative per la scuola di pittura friulana (il Bellanello, Giovanni Martini, Pellegrino da S. Daniele, il Pordenone, Niccolò Frangipane, l'Amalteo, i Secante, Fulvio Griffoni, il Carneo, Niccolò Grassi, il Mombelli, il Carlevaris, il Chiarottini) vi si conservano altri dipinti importanti, fra cui più insigni il Sangue di Cristo del Carpaccio, il Concilium in Arena, l'Angelo Raffaele di G. B. Tiepolo, al quale ora si è aggiunto, dello stesso Tiepolo, il soffitto già a palazzo Caiselli. Vi sono inoltre la raccolta Mauroner (quadri, oggetti, mobili), la galleria d'arte moderna Marangoni, e il ricco medagliere Brandis.
Con qualche minor casa e palazzo - fra i quali sono da ricordarsi quello del Monte di Pietà con facciata affrescata dal Grassi - appartengono all'arte del Rinascimento la porta della chiesa di S. Cristoforo con eleganti cornici e candelabre di Bernardino da Bissone, e la facciata di S. Giacomo di Bernardino da Morcote (1525), i cui motivi sono ripetuti in una seconda facciata settecentesca accanto alla prima.
Nella chiesa delle Grazie vi è tra altro l'unica opera esistente di Luca Monverde, scolaro di Pellegrino e soprattutto influenzato dal Pordenone; in quella di S. Giorgio v'è l'opera più notevole di Sebastiano Florigerio; una pala di Eugenio Pini è nella chiesa di S. Chiara, decorata anche con affreschi di Giulio Quaglia, pittore comasco che lavorò molto a Udine fra il sec. XVII e il XVIII.
Un'elegante interpretazione settecentesca dei canoni palladiani è la facciata di S. Antonio di Giorgio Massari (1733), ben completata sul sagrato, alto su scalinata, chiuso da balaustra con statue. Il tempietto rotondo della Villa Manin, leggiadramente rococò, è all'interno rivestito di grandi bassorilievi, dall'alto al basso delle pareti, con le storie della Vergine su sfondi prospettici di grande virtuosismo: la più vasta e complessa opera di Giuseppe Torretti.
Ma il maggior vanto artistico di Udine sono le opere di G. B. Tiepolo, che vi dimorò a più riprese. Oltre ai già ricordati lavori in duomo e in castello, egli probabilmente con Francesco Fontebasso decorò il Palazzo dell'arcivescovado e l'Oratorio della Purità di cui poi (1759) il figlio Gian Domenico ornò le pareti con scenette bibliche a chiaroscuro.
Grandiosa, pur nel suo rigorismo neoclassico, è la facciata del palazzo Rechlev dello Jappelli.
L'attività artistica in Udine è stata sempre abbastanza fervida dal sec. XIV in poi, se anche non molto omogenea.
Quel che resta di pittura del sec. XIV rivela una chiara origine bolognese. Vitale è presente a Udine nel 1346 e crea scolari che poi diffondono largamente i suoi modi in Friuli.
Per i lavori di scultura il patriarcato ricorre a Venezia. L'architettura subisce probabilmente leggieri influssi nordici per capimastri e scalpellini delle alte valli carniche. Così per la scultura e per l'architettura del sec. XV; ma comincia anche l'intervento dei lapicidi lombardi, che poi continua nel sec. XVI (Cristoforo da Milano, i due Bernardini di Morcote e da Bissone, e lo stesso Pilacorte).
L'arte dei pittori da Tolmezzo, che riesce quasi a definirsi in caratteristiche di scuola (un mantegnismo con molte influenze nordiche), resta un po' periferica rispetto al capoluogo del Friuli, dove invano si cercherebbero ora quei tipici prodotti paesani che sono le pale intagliate e dipinte.
D'origine tolmezzina è il pittore e intagliatore Giovanni Martini da Udine, sovrattutto alvisesco. Specialmente efficace in Friuli sul principio del sec. XVI è l'influsso di Cima. Lo si nota anche nel Martini, ma assai più su Girolamo di Bernardino da Udine, pedissequo imitatore, e su Martino da Udine, detto poi Pellegrino da S. Daniele (v.) che lasciò in Friuli un gruppo di seguaci (Monverde, Amalteo, Florigerio) ai quali trasmette appunto il grande esempio del Corticelli, nato nella vicina Pordenone e pure a Udine operoso.
Giovanni da Udine visse in patria gli ultimi anni, attivo specialmente come architetto. Modesti manieristi i Secante e G. B. Grassi; Fulvio Griffoni sul princpio del sec. XVII goffamente sembra aspirare all'ariosità del Maffei. Ma ben fruttuoso è l'esempio di questi, per il Carneo, e dal Carneo, per il leggiadrissimo Niccolò Grassi, che pure guarda al Pittoni e forse al Piazzetta. Sebastiano Bombelli è ottimo ritrattista e Luca Carlevaris inizia il vedutismo veneziano.
Il mecenatismo dei Manin importò a Udine il pittore Dorigny e lo scultore Torretti. Il trapasso di gusto dal rococò al neoclassico si attua in Udine nell'opera di due importanti decoratori Giuseppe Bernardino Bison e il Chiarottini, anche, anzi specialmente, scenografo.
V. tavv. LXXXI e LXXXII.
Bibl.: De Rinaldis, Della pittura friulana, Udine 1798; F. de Maniago, Storia delle belle arti friulane, 1ª ed., Venezia 1819; Del Puppo, Illustrazione di Udine, ivi 1886; G. Valentinis, Udine, ivi 1921; id., La chiesa di S. Maria del Castello, in Memorie storiche forogiuliesi, XXVI (1930), pp. 17-25; G. Fiocco, A. Carneo e Nicolò Grassi, in Dedalo, X (1929-30), pp. 427-45; L. Coletti, Il maestro dei padiglioni, in Miscellanea Supino, Firenze 1933, pp. 211-28; id., Sull'origine e sulla diffusione della scuola pittorica romagnola nel Trecento, in Dedalo, XI (1930-31), pp. 197-217; G. Fiocco, Francesco Segala ritrattista, in L'Arte, XXXVII (1934), pp. 58-65; A. Morassi, More about the young Tiepolo, in The Burlington Magazine, LXVII (1935), pp. 143-149; Ermacora, Udine, Milano s. a.; A. Battistella, Il castello di Udine, Udine 1932.
Storia. - La città di Udine fu fondata dal patriarca d'Aquileia Bertoldo di Merania (1218-1250) nel piano sottostante al colle, sul quale da tempi immemorabili esisteva un abitato fortificato di cui la prima menzione documentaria si trova in un diploma di concessione al patriarca dell'imperatore Ottone II dell'anno 983. I patriarchi costruirono poi, nel piano, dei fabbricati per custodire le derrate che provenivano dai varî tributi loro spettanti: così si formò un po' alla volta un complesso di abitazioni, al quale il patriarca Bertoldo conferì, prima, il diritto di mercato e poi, nel 1248, il privilegio di borghesia e il diritto di mandare rappresentanti al parlamento friulano. La città fu subito abitata da mercanti toscani che costituirono uno dei nuclei della popolazione udinese primitiva; e fu particolarmente favorita dal patriarca Bertrando, che resse la Chiesa d'Aquileia dal 1334 al 1350. La città ebbe, sin dalla fondazione, ordinamenti comunali e, verso la metà del sec. XIV, i nobili feudali che abitavano le case fortificate intorno al castello patriarcale entrarono a far parte del comune: da allora, la famiglia Savorgnan, principale fra questi feudali, ebbe nella città un posto preponderante, quasi di signoria, ciò che portò a violenti conflitti coi patriarchi-duchi del Friuli. Il conflitto giunse al colmo con l'avvento del patriarca Ludovico di Teck, il quale, con l'aiuto del re Sigismondo d'Ungheria, cacciò dalla città Tristano di Savorgnan. Questi però vi rientrò il 6 giugno 1420 con le truppe della repubblica di Venezia, che tolse ai patriarchi il principato temporale.
Udine venne presa per breve tempo dalle truppe dell'imperatore Massimiliano durante la guerra di Cambray (1514), ma poi, rientrati i Veneziani, godette d'una lunga pace sino al cadere della repubblica nel 1797. Venezia favorì molto Udine, facendola sede del luogotenente generale della "Patria del Friuli" e del patriarca di Aquileia. Dal 1483 la città divenne sede esclusiva del parlamento friulano.
Poco favore incontrò in Udine il governo napoleonico, mal veduto per l'oppressione fiscale e le vessazioni militari. Passata agli Austriaci per il trattato di Vienna, nel marzo 1848 la città si sollevò contro lo straniero, ma non poté resistere all'attacco delle truppe austriache e, dopo un bombardamento, s'arrese il 12 ottobre 1848.
Durante il periodo 1849-1866 Udine fu uno dei centri di cospirazioni antiaustriache; finalmente il 26 luglio 1866 entrarono in città le truppe italiane liberatrici. La città fu nel periodo successivo in stretti rapporti con gl'irredentisti d'oltre confine, e, scoppiata la guerra italo-austriaca nel maggio 1915, ospitò il Comando supremo dell'esercito italiano fino al 28 ottobre 1917. L'invasione austriaca recò a Udine, come a tutta la provincia, gravissimi danni. Il ritorno dell'esercito nazionale avvenuto il 2 novembre 1918 fu preceduto da tragici conflitti fra le truppe austro-tedesche in ritirata e varî gruppi di cittadini insorti.
Nel dopoguerra, la città fu ben presto sede d'organizzazioni fasciste e fu prescelta da B. Mussolini per il celebre discorso del 20 settembre 1922.
Bibl.: V. Joppi e A. Wolf, Statuta et ordinamenta comunitatis Utini, Udine 1896; P. S. Leicht, Gli statuti trecenteschi di Udine, in Memorie storiche foro-giuliesi, XXVI, ivi 1930; id., Udine nel sec. XVI, ivi 1932; id., Il comune di Udine durante l'anno dell'occupazione nemica, ivi 1927.
Arte della stampa. - Fu Gerardo de Lyse, un fiammingo che aveva già stampato a Treviso fin dal 1471, a introdurre l'arte della stampa a Udine. Il primo libro ivi apparso reca la data 31 luglio 1484, apposta in fine delle Costituzioni della patria di Friuli nella traduzione di Viero Cauretto "acostata a la lengua triuisana... per essere la Toscana lengua oscura a li populi furlani". del 1485 una grammatica latina di Niccolò Perotti (Bibl. Naz. di Firenze), e senza data l'altro dei tre libri noti impressi a Udine nel sec. XV: Flosculus seu sumnlarium totius decreti di Joh. Diaconus Hispanus, conservato al British Museum.
Bibl.: A. Bartolini, Saggio sopra la tipografia friulana del sec. XV, Udine 1805; P. C. Van der Meersch, Recherches sur la vie et les travaux de quelques imprimeurs belges et néerlandais, établis à l'étranger, I: Gerard de Lisa de Flandria, Gand 1844; G. Fumagalli, Lexicon Typogr. Italiae, Firenze 1905; G. d'Alessi, Il tipografo fiammingo Gerardo de Lisa, cantore e maestro di cappella nella cattedrale di Treviso (1463-1496), Treviso 1925; W. Scholderer, Gerardus de Lisa, in Transactions of the Bibliogr. Society, 1931, p. 160.