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UDITO

di Mario CAMIS - Enciclopedia Italiana (1937)
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UDITO (fr. ouïe; sp. oído; ted. Gehör; ingl. hearing)

Mario CAMIS

Uno dei sensi specifici degli animali, che permette di percepire variazioni dell'ambiente esterno, costituite da vibrazioni di un corpo propagate fino all'organo auditivo dal mezzo elastico in cui esso si trova. Lo studio di tali vibrazioni fa parte della fisica (v. acustica), ma esse sono argomento di studio fisiologico perché il suono, ossia quella particolare sensazione destata in noi dalle vibrazioni, che si chiamano per questo sonore, non esiste che come fenomeno fisiologico e psicologico. Quasi tutti gli animali sono provvisti del senso dell'udito; solamente quelli a vita acquatica è opinione generale che ne siano sprovvisti. L'organo dell'udito è l'orecchio che ha per nervo afferente l'ottavo paio di nervi cranici (v. orecchio).

L'udito permette non solo di percepire le vibrazioni sonore, ma di distinguerle una dall'altra a seconda dei loro caratteri fisici, vale a dire che a ciascuno di questi corrisponde un carattere fisiologico; alla frequenza delle vibrazioni corrisponde l'altezza, all'ampiezza corrisponde l'intensità. Una distinzione assai importante degli stimoli sonori è quella fra suoni e rumori (H. L. F. v. Helmholtz). I primi sono sensazioni uditive uguali, levigate e omogenee, mentre i secondi sono sensazioni aspre, rozze e instabili. Tanto gli uni quanto gli altri derivano dalla combinazione di diversi toni (oscillazioni pendolari del corpo sonoro), ma la risultante tanto più s'avvicina al suono quanto più gli elementi che la compongono sono omogenei, ossia sono armonici del tono fondamentale; e viceversa acquista carattere di rumore quanto più è composta di elementi eterogenei. Anche la riunione di parecchi suoni può quindi produrre un rumore. I suoni differiscono fra loro anche per qualità che sono essenzialmente soggettive e che possono anche derivare da associazioni inconscie fra le impressioni uditive e quelle di altri organi dei sensi, come sono le qualità che noi esprimiamo dicendo che un suono è ottuso o acuto, massiccio o sottile, oscuro o chiaro. Un altro carattere dei suoni è il timbro, proprietà mal definita per cui due note uguali e della stessa intensità si distinguono fra loro quando sono prodotte da strumenti diversi (violino, tromba, voce umana, ecc.): s'ammette che il timbro dipenda dalla diversa forma delle vibrazioni.

L'udito umano percepisce solamente i suoni compresi fra due limiti estremi di frequenza. Il limite inferiore, o numero minimo delle vibrazioni per sec. capaci di dare una sensazione uditiva, sarebbe di 8-12 (G. Gradenigo), mentre il limite superiore sarebbe di 50.000 vibrazioni al sec. (Edelmann). Tanto i più bassi quanto i più alti di questi suoni non hanno carattere musicale e i limiti della frequenza capace di dare suoni musicali sono compresi fra 16,5 e 4752 vibrazioni al secondo. Si chiama soglia della capacità discriminativa il minimo della differenza di frequenza fra due toni che può essere avvertita dall'orecchio, e questa soglia varia con l'altezza del suono, essendosi osservato che la capacità discriminativa è minore per i suoni bassi che per gli altri. Il limite di differenza avvertibile sarebbe di 0,3 vibrazioni al secondo; è ovvio però che la soglia varia notevolmente da un soggetto all'altro essendovi nella finezza dell'udito differenze individuali assai grandi. E non solo per la finezza l'udito presenta notevoli variazioni individuali, ma anche per l'acutezza. L'acutezza uditiva è misurata dalla minima intensità di suono capace di essere avvertita. Si dice ipoacusia la diminuzione dell'acutezza uditiva.

Quanto alla sensibilità assoluta, vale a dire misurata dalla quantità minima di energia capace d'influenzare l'organo dell'udito, risulta dalle misure del Rayleigh e di altri che tale energia è dell'ordine stesso di grandezza di quella capace d'influenzare l'occhio: l'ampiezza del movimento di una particella d'aria coinvolta nella propagazione del suono fu valutata a meno di 1/1.000.000 di mm. e altre esperienze fecero calcolare che l'ampiezza dell'onda vibratoria corrispondente al minimo dello stimolo sonoro è uguale a 1/10 della lunghezza d'onda della luce verde.

Acumetria. - Si chiama così la misura dell'acutezza uditiva, che in pratica si fa servendosi di strumenti (acumetri) con i quali si determina, esprimendolo in modo comparativo e convenzionale, il valore minimo dello stimolo sonoro percepito. Gradenigo ha proposto un metodo che permette di rendere visibile e facilmente misurabile l'ampiezza delle oscillazioni di un diapason e quindi l'intensità del suono da esso prodotto. Un altro apparecchio che rende buoni servigi è l'acumetro dello Stefanini. L'acutezza uditiva è maggiore per l'audizione biauricolare che per la monoauricolare (V. Urbantschitsch).

L'audizione biauricolare ha anche parte importante nel riconoscere la direzione dei suoni, come è stato dimostrato dal Venturi (1802) il quale riassunse i suoi esperimenti in proposito affermando che è l'ineguaglianza delle due sensazioni simultanee dei due orecchi che ci istruisce della vera direzione del suono. Questa opinione fu confermata dai ricercatori successivi ed è quella generalmente accettata nonostante la dottrina proposta da Autenrieth (1802) e successivamente sostenuta da qualche altro, secondo cui la percezione della direzione dei suoni sarebbe dovuta ai canali semicircolari.

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