UFFICIALE
. Ufficiali, in genere, si denominano coloro che sono investiti di un ufficio dello stato, siano essi i titolari degli organi individuali, o i componenti degli organi collegiali dello stato medesimo (v. funzionario; pubblico ufficiale); in particolare coloro che esercitano funzioni di comando nelle forze armate (v. organica militare).
I grandi ufficiali dello stato.
Nell'ordinamento gerarchico degli organi e degli uffici dello stato, vi sono ufficiali che, per l'importanza delle funzioni esercitate e per l'elevatezza della dignità di cui sono investiti, sono comunemente denominati grandi ufficiali dello stato.
In ogni forma progredita e sviluppata di governo si riscontra un certo numero di funzionarî, di grado più elevato, collocati alla sommità della gerarchia degli organi costituzionali dello stato. L'impero romano aveva organizzato in modo ammirevole la gerarchia degli alti funzionarî, sia dell'impero e sia di palazzo. Il Sacro Romano Impero aveva affidato le più alte funzioni dello stato a tre grandi dignitarî: il conte di palazzo incaricato degli affari civili, il gran cappellano o apocrisario per gli affari ecclesiastici, il gran cancelliere segretario della cancelleria imperiale e perciò incaricato di dar forma autentica ai documenti che emanavano dall'imperatore. Nel Regno di Sicilia fin dai tempi normanni ritroviamo la curia regis o magna curia, composta di sette grandi ufficiali o dignitarî del regno: gran contestabile, grande ammiraglio, gran cancelliere, gran giustiziere, gran camerario, gran siniscalco, gran protonotario.
La designazione di grandi dignitarî o di grandi ufficiali applicata ai titolari dei supremi uffici appartiene a epoca posteriore, e la disciplina di essi, come istituzione, appare forse la prima volta in un documento costituzionale per opera di Napoleone I. Nella costituzione dell'impero francese approvata col senatoconsulto organico del 28 fiorile anno XII, si prevedeva la creazione di 6 grandi dignitarî dell'impero: grande elettore, arcicancelliere dell'impero, arcicancelliere di stato, arcitesoriere, contestabile, grande ammiraglio (art. 32) e di grandi ufficiali dell'impero in numero variabile, cioè di 16 marescialli, 8 ispettori dell'esercito e della marina, e infine di grandi ufficiali della corona (art. 48).
Lo statuto italiano non prevede espressamente l'istituzione dei grandi ufficiali dello stato. Solo col r. decr. 13 aprile 1868 sulle precedenze tra le varie cariche e dignità a corte e sulle funzioni pubbliche si vede la prima volta definita, sebbene in via indiretta, la qualità di grande ufficiale dello stato. Nel primo capoverso dell'art. 6 di quell'atto legislativo si legge infatti: "I personaggi compresi nelle prime quattro categorie rivestono la dignità di Grandi Ufficiali dello Stato e godono altresì il trattamento di Eccellenza".
Rimaneggiata col r. decr. 16 dicembre 1927, n. 2210 l'intera materia delle precedenze, vi fu riprodotta nel 1° capov. dell'art. 4, in forma del tutto identica a quella surriferita, la definizione della qualità di grande ufficiale e la norma circa il trattamento di eccellenza conferito a ciascuno di essi. Successivamente furono apportate modifiche all'ordine delle precedenze riguardanti le prime quattro categorie con i r. decreti 18 gennaio 1929, n. 14, 10 ottobre 1929, n. 1758 e 22 dicembre 1930, n. 1757.
In conseguenza, la qualità di grande ufficiale dello stato essendo stabilmente connessa con l'esercizio delle cariche e degli uffici sia statali e sia di corte o del Partito nazionale fascista, specialmente indicati nelle categorie I, II, III, e IV del r. decr. 16 dicembre 1927 n. 2210, ovvero col grado di cavaliere dell'Ordine supremo della SS. Annunziata, e prima di tutto, con la qualità di capo del governo, ne consegue che la loro elencazione è strettamente tassativa, e che non è possibile estenderla per analogia ai titolari di altre cariche non contemplate nelle predette 4 categorie, ovvero a cariche e uffici di nuova creazione, fino a che essi non siano, con apposito atto legislativo, inseriti in qualcuna di dette categorie.
Le prerogative concesse alla qualità di grande ufficiale sono di natura essenzialmente onorifica e dànno diritto a speciali considerazioni protocollari stabilite dalla consuetudine e dal cerimoniale di corte o diplomatico, oltre al trattamento di eccellenza, espressamente stabilito dagli accennati decreti sulle precedenze.
All'infuori di queste prerogative, altre ve ne hanno, che sono specialmente previste dal vigente codice di proc. pen. (art. 356) come lo erano dal precedente (art.252), e che consistono nella dispensa dall'obbligo di comparire in udienza nel caso che i grandi ufficiali debbano essere sentiti come testimonî, dovendo invece il giudice, accompagnato dal cancelliere, accedere al loro domicilio o in altro luogo da essi indicato, per riceverne la deposizione. Uguale facoltà è riconosciuta ai principi reali e ai cardinali.
Ufficiale giudiziario.
La denominazione "ufficiale giudiziario" è stata introdotta con la legge 21 dicembre 1902, n. 528; quella, precedentemente in uso, di "usciere" (dal francese huissier), impiegata anche nel codice di procedura civile, è stata mantenuta per gli addetti agli uffici di conciliazione, ed è stata attribuita anche a una categoria d'inservienti incaricati del servizio interno degli uffici (v. testo organico approvato con r. decr. 28 dicembre 1924, n. 2271, parte 2ª). L'ufficiale giudiziario è un pubblico funzionario addetto all'ordine giudiziario (r. decr. 30 dicembre 1923, n. 2786 sull'ordinamento giudiziario, art. 6), istituito per procedere agli atti a lui demandati o consentiti dalle leggi in vigore. La sua posizione è regolata dal testo organico approvato con r. decr. 28 dicembre 1924, n. 2271 e dalla legge 1932 ricordata infra.
Ufficiali giudiziarî sono assegnati, nel numero fissato in relazione alle necessità del servizio dalle tabelle organiche, a ogni ufficio giudiziario (preture, tribunali, corti d'appello e sezioni staccate delle medesime, corte di cassazione). La nomina ai posti vacanti presso le preture viene conferita ai vincitori di un concorso per esame bandito per distretto di corte d'appello; ai posti presso i tribunali possono essere promossi gli ufficiali giudiziari di pretura e così via. Gli ufficiali giudiziarî sono retribuiti mediante i proventi sugli atti da essi eseguiti, nella misura dei diritti fissata dalle tariffe giudiziarie e con una percentuale del 10% sui crediti prenotati a campione e ricuperati dall'erario; a quegli ufficiali giudiziarî, i cui proventi non eccedono un determinato minimo, è poi corrisposta una speciale indennità, a titolo di supplemento, fino a raggiungere il detto minimo. Con la legge 22 dicembre 1932, n. 1675, è stata poi istituita a carico degli ufficiali giudiziarî a favore dell'erario una speciale tassa del 10% sull'importo dei loro diritti e indennità di trasferta, ed è stato inoltre stabilito che gli ufficiali stessi debbano versare nelle casse dello stato il 50% dei proventi lordi riscossi che eccedano le lire 30.000 ma non le 48.000, e il 70% dei proventi eccedenti quest'ultima somma. Gli ufficiali giudiziarî sono nominati per decreto del ministro della Giustizia; assegnati alle rispettive sedi, tramutati, promossi di grado con decreto del primo presidente della corte d'appello (del primo presidente della corte di cassazione per i posti presso di questa), salva la competenza del ministro della Giustizia per i tramutamenti fuori di distretto, per la decisione sui reclami e in altri casi particolari.
Prima di assumere le funzioni, debbono prestare giuramento e costituire una cauzione con vincolo su iscrizione nominativa di rendita del debito pubblico; sono equiparati agl'impiegati dello stato per quanto riguarda la sequestrabilità dei proventi, le riduzioni ferroviarie, l'imposta di ricchezza mobile sui proventi e ad altri effetti; sono collocati a riposo con decreto ministeriale quando abbiano raggiunto il settantesimo anno di età; per il servizio delle pensioni degli ufficiali giudiziarî è costituita un'apposita cassa di previdenza, amministrata dalla cassa depositi e prestiti. Possono essere coadiuvati per i lavori interni d'ufficio, per l'assistenza alle udienze e, con speciale autorizzazione del presidente del tribunale o della corte cui sono addetti, per la notificazione degli atti civili e penali, da commessi, della cui attività sono responsabili; i commessi sono legati agli ufficiali giudiziarî da un rapporto d'impiego privato (giusta la legge 28 dicembre 1932 cit., art. 14, la facoltà di valersi dei commessi per le notificazioni dovrebbe cessare quando vi fosse un numero di ufficiali giudiziarî sufficiente). In complesso, la posizione degli ufficiali giudiziarî è intermedia fra quella del professionista esercente una pubblica funzione (es., notaio) e quella degl'impiegati pubblici in senso stretto, ma la tendenza legislativa è nel senso di un'assimilazione sempre maggiore a quest'ultima posizione.
Le principali attribuzioni degli ufficiali giudiziarî sono processuali e comprendono (a tacere dell'assistenza alle udienze e della chiamata delle cause) l'attività di notificazione e quella di esecuzione. La prima nel processo civile e penale è di regola (fa eccezione qualche processo speciale, così quello individuale e collettivo del lavoro) affidata agli ufficiali giudiziarî, i quali vi procedono con le modalità stabilite dalle leggi processuali e possono ora servirsi anche della posta (v. notificazione); nell'esecuzione (oltre alle notificazioni che occorrono anche qui) sono affidate agli ufficiali giudiziarî l'esecuzione mobiliare e quella per rilascio di beni immobili e per consegna di mobili, oltre a varî procedimenti cautelari (sequestro conservativo), attribuzioni stragiudiziali (spesso promiscue con altri ufficiali, specialmente con cancellieri e notai), come atti d'offerta reale e di deposito (art. 902, 906 cod. proc. civ.), protesti cambiarî (art. 68 r. decr. 14 dicembre 1933, n. 1669; art. 60 r. decreto 21 dicembre 1933, n. 1733), notificazioni stragiudiziali, atti di constatazione e simili.
Gli uffi'ciali giudiziarî possono compiere gli atti del loro ministero nei limiti della loro competenza; questa ha carattere funzionale e inderogabile, cosicché gli atti compiuti fuori della competenza sono assolutamente inefficaci (art. 2128 cod. civ.). Si hanno casi di competenza esclusiva (gli atti relativi a procedimento di competenza di un'autorità giudiziaria, nei limiti del comune in cui l'autorità ha sede, sono di competenza esclusiva dell'ufficiale giudiziario a essa addetto) e casi di competenza concorrente (atti relativi a procedimenti di un'autorità giudiziaria fuori del comune in cui questa ha sede; atti che non si riferiscono a un procedimento in corso), per i quali sono competenti tutti gli ufficiali giudiziarî, nella cui circoscrizione è il luogo dove l'atto è compiuto. Fuori della circoscrizione del giudice cui sono addetti, gli ufficiali giudiziarî possono eseguire solo notificazioni postali relative a procedimenti pendenti avanti il giudice cui sono assegnati. Sono incapaci (a pena di nullità dell'atto) di compiere atti che riguardino sé, la moglie e loro congiunti entro il 4° grado (art. 42 cod. proc. civ.).
Gli ufficiali giudiziarî compiono gli atti del loro ministero su richiesta delle parti o per ordine dell'autorità giudiziaria, senza bisogno - di regola - di speciale permesso del giudice (principio dell'autonomia degli uscieri, art. 41 cod. proc. civ.); eccezionale è la necessità di autorizzazione (es., art. 947 cod. proc. civ.) o di designazione espressa (es., art. 382, 3° comma cod. proc. civ.) da parte del giudice o di altro ufficiale. I loro atti sono soggetti al visto del cancelliere, di regola anteriore alla loro esecuzione, e devono essere iscritti in ordine cronologico nel repertorio. In quanto compiuti nei limiti della loro competenza, sono atti pubblici (art. 1315 cod. civ.) e godono della publica fides.
Non pare che il rapporto fra ufficiale giudiziario e richiedente possa ricondursi a un rapporto di diritto privato (mandato) e si propende a ravvisarvi invece natura analoga a quella del rapporto fra parte e giudice; ne oscura l'esatta visione la circostanza che l'ufficiale giudiziario è retribuito direttamente dalla parte, dalla quale ha diritto di esigere l'anticipazione delle spese (salvo che la parte sia ammessa al gratuito patrocinio) e verso la quale ha azione per conseguire la mercede, come è responsabile per la mala esecuzione degli atti commessigli.
Uscieri degli uffici di conciliazione. - Sono nominati e, occorrendo, revocati dal presidente del tribunale, sentito il procuratore del re, e soggetti alla vigilanza del conciliatore. Sono esclusivamente competenti per tutti gli atti nei giudizî di competenza del conciliatore, eccettuati gli atti di esecuzione, e sono competenti, inoltre, per gli atti relativi ad affari di competenza di sedi distaccate di pretura, eccettuati gli atti esecutivi. Possono essere incaricati di supplire gli ufficiali giudiziarî in caso di temporaneo impedimento.
Ufficiale sanitario.
Fra le attribuzioni dei comuni vi è quella della vigilanza igienica e della profilassi, cui essi provvedono, isolatamente o riuniti in consorzio, per mezzo di un organo apposito che è, normalmente, l'ufficiale sanitario; solo eccezionalmente e temporaneamente il prefetto può affidarne le funzioni al medico condotto (art. 3 e 33 decreto 27 luglio 1934, n. 1265, che approva il testo unico delle leggi sanitarie).
L'ufficiale sanitario è nominato dal prefetto in seguito a concorso (art. 34); la nomina è fatta, in via di esperimento, per un biennio, trascorso il quale il prefetto provvede alla nomina definitiva o alla dimissione (art. 37). L'ufficiale sanitario dipende dal podestà o dal presidente del consorzio e, come ufficiale governativo, dall'autorità sanitaria provinciale, i cui ordini deve eseguire (art. 39).
Le attribuzioni dell'ufficiale sanitario sono di amministrazione attiva e consultive; in particolare, egli vigila sulle condizioni igieniche e sanitarie del comune o dei comuni consorziali, informandone il medico provinciale; vigila sull'igiene delle scuole e degl'istituti di educazione e istruzione, degli opifici e degli altri stabilimenti in cui si compie lavoro in comune, riferendone al podestà e al medico provinciale, ai quali denuncia anche ogni trasgressione alle leggi e ai regolamenti sanitarî e tutto ciò che, nell'interesse della sanità pubblica, richieda speciali e straordinarî provvedimenti. Assiste il podestà nell'esecuzione dei provvedimenti sanitarî ordinati dall'autorità comunale o dalle autorità superiori; raccoglie tutti gli elementi per la relazione annuale sullo stato sanitario del comune, uniformandosi alle istruzioni del medico provinciale (art. 40).
L'ufficiale sanitario, che presti la sua assistenza in casi che possono presentare i caratteri di un delitto, per il quale si debba procedere d'ufficio, deve riferirne all'autorità giudiziaria entro ventiquattro ore, o immediatamente se vi è pericolo nel ritardo; per l'omesso o ritardato referto è punito con la multa fino a L. 5000, ma il fatto non costituisce reato nei casi in cui il referto esporrebbe la persona assistita a un procedimento penale (art. 365 cod. pen.; art. 4 cod. proc. pen.).
Bibl.: N. Pappalardo, Commento al testo unico delle leggi sanitarie, Torino 1936.