UGENTO (Uzentum; Οὔξεντον)
Centro messapico, poi municipio romano (Plin., Nat. hist., iii, 11, 105) sulla costa occidentale del Salento, ricordato nella Tabula Peutingeriana e dagli Itinerarî (Ptol., iii, 1, 67; ᾿Οζαντίοι, ᾿Αοζεν sulle monete; per il nome cfr. H. Krahe, in Glotta, xvii, 1928, pp. 286-287). Durante la seconda guerra punica gli Uzentini et Graecorum omnis ferme ora sono ricordati tra le popolazioni che passarono ai Cartaginesi (Liv., xxii, 61, 12).
La tradizione, congiunta alla ricchezza archeologica del suolo, conferma la notevole importanza dell'antico centro, di cui oggi sono visibili imponenti avanzi delle mura. Numerosi oggetti - tra cui soprattutto vasi italioti e messapici, rilievi in pietra tenera, bronzi, terrecotte, iscrizioni messapiche e romane - sono conservati nella locale Collezione Colosso, e documentano in molti casi i legami artistici di U. con Taranto; altri oggetti sono al Museo Provinciale di Lecce e al Museo Nazionale di Taranto. Le monete bronzee con scritte messapiche sono di età romana verso la fine della Repubblica.
In località San Giovanni resti di un porto, a quanto sembra di notevole ampiezza, sono forse da identificarsi col portus Tarentinus ricordato da Plinio (Nat. hist., iii, 11, 101) nel Salento.
Ad U. è venuta recentemente in luce una rara statua bronzea arcaica di Posidone (l'identificazione è assai probabile), eccezionale anche per la sua integrità. Rappresentata nel noto schema della divinità incedente, la figura appare, più che in posizione di assalto o di offesa, in lento, severo movimento in avanti, quasi un'epifania del dio ai suoi fedeli. Alta m 0,75 circa, la statua poggiava su una colonna, di cui rimane il capitello in pietra locale ornato con rosette uguali a quelle della benda che cingeva la fronte del dio.
Piuttosto che un'opera d'arte importata dalla Grecia - secondo W. Hermann di ambiente corinzio più che laconico - sembra che essa sia il capolavoro di un artista della Magna Grecia degli ultimi decennî del VI sec. a. C., eseguito appositamente per essere collocato in una predeterminata posizione nel santuario di U., cui era destinata. La forte componente ionica su un substrato dorico-peloponnesiaco, con conseguenti apparenti discordanze tra corpo e volto, la avvicinano all'arte tarantina, di cui la nota Dea di Berlino, posteriore di alcuni decennî, è un importante caposaldo, come è documentato dall'ormai sicura identificazione del suo luogo di rinvenimento a Taranto.
Bibl.: C. De Giorgi, La Provincia di Lecce, Lecce 1919, p. 197 ss.; P. Urso, Ugento attraverso la storia, Taranto 1941; G. Ruotolo, Ugento, Lecce, Alessano, Siena 1952, p. 22 ss.; M. Bernardini, Panorama archeologico dell'estremo Salento, Trani 1955, pp. 54-56; O. Parlangeli, Studi Messapici, Milano 1960, pp. 215-221; G. Susini, Fonti per la storia greca e romana del Salento, Bologna 1962, passim e soprattutto pp. 53-55; 77-79; 193; S. Nicolazzo, Un forno per il comandante (Ugento nelle sue leggende), Napoli 1962; S. Zocca, Portus Uxentinus vel Salentinus, Galatina 1963; N. Degrassi, in Atti del IV Convegno di Studi Magna Grecia, Taranto 1964, Napoli 1965, pp. 232 ss. Per il Posidone bronzeo, in attesa di una pubblicazione esauriente, notizie in Bollettino d'Arte, XLIX, 1964, p. 392 (N. Degrassi); La Parola del Passato, fasc. C, 1965, p. 93 (N. Degrassi); Arch. Anz., 1966, pp. 293-296 (W. Hermann).