BALZANI, Ugo
Nacque a Roma, da nobile famiglia di origine bolognese, il 6 nov. 1847, e a Roma compì gli studi legali, laureandosi nel 1870 in giurisprudenza. Nel 1866 s'era arruolato volontario nell'esercito italiano, ma non aveva fatto in tempo a prender parte attiva alla campagna. Dopo la laurea coltivò poco l'avvocatura, dedicandosi piuttosto agli studi storici, per influenza del Mamiani, e insieme dell'amico suo carissimo I. Giorgi, col quale studiò a fondo le opere del Muratori. Nello stesso periodo, ma per brevissimo tempo, collaborò col Bonghi alla costituzione della Biblioteca Vittorio Emanuele. Fra il 1875 e il 1876 lavorò a raccogliere documenti nell'archivio di Montecassino e iniziò i suoi studi farfensi affrontando quell'unica opera di Gregorio di Catino (il Largitorius)che sarebbe poi stata pubblicata non da lui, ma dallo Zucchetti (in Regesta Chartarum Italiae,I, Roma 1913).
Nello stesso 1876 entrò a far parte dell'appena costituita Società romana di storia patria, nella quale trovò l'ambiente adatto a meglio sviluppare la sua inclinazione alla storia e nella quale per la prima volta il suo indirizzo di studio, di carattere vagamente muratoriano, entrò a contatto con il "metodo scientifico" di importazione germanica.
Dietro richiesta sua e del Giorgi, che si assunsero l'impegnativo lavoro, la Società romana iniziò nel 1878 l'edizione critica dei monumentale Regesto di Farfa, il cui primo volume (II nella numerazione), comprendente ben 316 documenti, vide la luce l'anno appresso. La pubblicazione di questa fonte, che raccoglie complessivamente, in tre volumi di testo e uno di introduzione, 1324 atti dall'anno 705 al sec. XII, segnò una svolta nello studio delle condizioni giuridiche delle persone private e della proprietà della terra nelle epoche longobarda e franca della storia d'Italia e illuminò di vivissima luce le oscure vicende del Lazio e del ducato spoletino nell'alto Medioevo. Il metodo di edizione adottato dai due amici appare oggi più adatto ad una fedele trascrizione diplomatica che non ad una edizione critica; ma, comunque, fu rigorosamente rispettato.
Il matrimonio con la colta Augusta B. Simon Agnew, figlia di un filosofo irlandese, avvenuto il 24 apr. 1878, allargò gli orizzonti culturali del B. e gli aprì un nuovo campo di indagine storica. Per molti anni, fra il 1878 ed il 1893, il B., nel corso di periodiche visite in Inghilterra, raccolse un notevole materiale documentario, frutto di accurate ricerche nelle biblioteche e negli archivi di Londra, Cambridge, Oxford, Cheltenham (in quest'ultima località redasse, nel marzo del 1890, una descrizione sommaria dei codici italiani della collezione Phillips).
Particolarmente importanti appaiono i regesti di alcune centinaia di documenti riguardanti le relazioni tra Roma e l'Inghilterra, da lui eseguiti fra il 1878 e il 1879 nell'archivio dei Public Record Office di Londra e rimasti inediti fra le sue carte conservate presso la Società romana di storia patria. Frutto delle ricerche inglesi furono anche alcuni saggi pubblicati in quegli anni nell'Arch. d. Soc. romana di storia patria (Un'ambasciata inglese a Roma. Enrico VII ad Innocenzo VIII,111[1880],pp. 175-211; La storia di Romanella cronica di Adamo da Usk, ibid., pp. 473-88)e altrove, nonché una interessante relazione su Recenti lavori storiciinglesi relativiall'Italia, edita in Arch. stor. ital., s. 5, III (1889),pp. 227-44.
Il contatto con la storiografia anglosassone, insofferente di pesanti schemi metodologici, influì notevolmente sul carattere della produzione storica del B., che nel 1886 tradusse in italiano la geniale opera di J. Bryce, The holy Roman Empire (Il sacro romano impero, Milano 1886; 1907). Egli nella citata relazione del 1889 lamentava che in Italia "... tra una colluvie di disquisizioni erudite e di dottissime monografie grosse e piccine, raro apparisce un libro di storia vera sopra un vasto argomento" (p. 230). E fu proprio per invito di amici inglesi che il B. scrisse nel 1883 "un libro di storia vera", Le cronache italiane nel medio evo, dapprima edito in inglese e poi, più volte, in italiano (London 1883; Milano 1884, 1900, 1909).
In esso il B. si propose di descrivere "popolarmente" l'opera dei cronistì italiani da Cassiodoro ai Villani, senza voler fare né un repertorio bibliografico, né una storia della storiografia medievale italiana, e considerando le singole cronache prese in esame non soltanto "come sorgenti di storia, ma sì anche come manifestazioni letterarie dell'età medievale" (p. 91). La concezione ingenuamente provvidenziale della storia (cfr. p. 42), l'eccessiva, a volte, facilità divulgativa, l'incapacità di sentire l'autonomia stilistica del latino medievale, continuamente raffrontato a quello classico, costituiscono i limiti dell'opera del B.; che, tuttavia, risulta ancor oggi un libro di lettura affascinante e, nella rappresentazione vigorosa di alcune forti personalità, nella limpidezza, un po' affettata, del dettato, nella solida e minuta conoscenza delle fonti, ha i suoi pregi maggiori.
Altra opera di ampio respiro pubblicò nel 1889, sempre in inglese, e fu quella intitolata The Popes and the Hohenstaufen (London 1889), cui poi ritornò negli ultimi anni per darle forma italiana e per rivederla e ampliarla; di essa una parte sola fu pubblicata postuma nel 1930 in Italia, a cura di P. Fedele (Italia, papato e impero nel secolo XII, Messina 1930), dopo che alcuni capitoli (che giungevano sino alla pace di Costanza) erano stati pubblicati nella Cambridge medieval history, V,Cambridge 1926 (cap. XI, Italy 1125-1152, pp. 360-380; cap. XIII, Frederick Barbarossa and the Lombard League, pp. 413-453).
Anche questo è un "libro di storia" secondo il modo in cui il B. si figurava il mestiere dello storico: "arte grande di narratore con erudizione copiosa e sobriamente usata e quella proporzionata comprensione degli avvenimenti e degli uomini che nasce solo da uno studio amoroso e profondo delle fonti contemporanee" (Recentilavori...,p. 231); doti tutte che dovevano tendere essenzialmente, "senza andar fantasticando teoriche", a "cercar nei fatti il vero delle cose certe" (in Imigliori libri italiani consigliati,Milano 1892, p. 9). Anche questo è, come l'altro, un libro garbato, informato e a volte chiarificatore; ma spesso gli avvenimenti risultano banalizzati o appiattiti, l'indiscriminata assunzione delle fonti trasforma la narrazione in un dramma privo di prospettive, la mancanza di problemi profondamente sentiti impoverisce la visione generale delle cose.
Dopo il 1890 il B., oltre a curare, insieme col Giorgi, l'edizione dei rimanenti volumi del Regesto di Farfa (il III era uscito nel 1883; il IV nel 1888; il V uscì nel 1892; e il I, con una sua limpida introduzione e a sue spese, nel 1914), affrontò, questa volta da solo, la preparazione per la stampa delle altre fonti relative alla storia del monastero farfense, che fu la grande passione della sua vita: il Chronicon di Gregorio di Catino, la Constructio e le opere storiche dell'abate Ugo. L'edizione, basata sul testo muratoriano collazionato con i codici, corredata di numerose note e raffrontata sempre al Regesto,uscì nel 1903 nelle Fonti per la storia d'Italia dell'Istituto storico italiano (n. 33). Ma in seguito l'attività scientifica del B., che la morte della moglie aveva gravemente colpito nel 1895, andò rarefacendosi, per limitarsi quasi esclusivamente all'assidua cura della scuola storica istituita presso la Società romana di storia patria, dalla quale uscirono, fra gli altri, P. Fedele, V. Federici, P. Egidi, dai quali egli fu reputato sempre un maestro e un padre.
Negli ultimi anni il B. curò il rifacimento del The Popes..., di cui si è detto, e scrisse una biografia di Sisto V (prima uscita nella Cambridge modern history, III,Cambridge 1904, pp. 422-455, e poi in italiano nella serie dei Profili di Formiggini, Genova 1913), nella quale fece rivivere vigorosamente (anche se un po' troppo coloristicamente) il dramma del pontefice solo e impegnato nel duplice intenso tentativo di edificare uno stato moderno e di contenere l'espansione del protestantesimo.
"Scrittore di storia", più che storico (così amava qualificarsi egli stesso), il B. fuse (o tentò di fondere) nella sua attività l'eredità dell'erudizione muratoriana, rammodernata dall'adozione del metodo scientifico germanico, e quella della storiografia cattolico-liberale, cui la sua produzione, più di quanto egli stesso pensasse, era strettamente legata. Non a caso, del resto, nelle sue opere, egli, mentre ricordava G. Wattenbach, E. Dümmler, L. Traube, come "maestri ed amici" (Lecronache, p.9), preferiva poi ricorrere nelle citazioni al Tosti, "il venerando storico di Montecassino" (ibid., p. 171), dal quale aveva ereditato, oltre alla concezione provvidenziale della storia, e al dispetto per la storiografia puramente erudita, anche e soprattutto il gusto per la rappresentazione delle vicende umane come drammatico scontro di popoli e di forti personalità.
Morì a Roma il 27 febbr. 1916. Le sue carte rimasero in parte presso gli eredi (che hanno di lui il nutrito epistolario), in parte presso la Società romana di storia patria, che conserva anche la sua ricca biblioteca.
Bibl.: Necrologi di P. Fedele, in Arch. d. Soc. romana di storia patria, XXXIX(1916), pp. 259-263; O. Tommasini, in Rendic. d. Accad. naz. dei Lincei, classe di scienze morali, s. 5, XXV (1916), pp. 168-180; Bullett. d. Istituto storico ital., XXXVII(1916), p 1). 573-575; A. S., in Nuova Antologia ,CCLXVI(1916), pp. 299 s.