FERRANDI, Ugo
Appartenente ad un'agiata famiglia di proprietari terrieri, nacque a Novara il 6 genn. 1852 da Giacomo e da Francesca Ferrandi, cugina di primo grado del marito, che morì l'anno successivo. Affidato prima alle cure del padre e poi, insieme con la sorella Olimpia, maggiore di due anni, alle cure dei nonni paterni Dionigi e Anna Zanotti, iniziò gli studi classici presso il Collegio nazionale di Novara, ma, respinto agli esami di licenza ginnasiale nell'anno scolastico 1867-68, frequentò prima la scuola tecnica e l'istituto tecnico di Novara, poi l'istituto nautico di Genova, diventando capitano di lungo corso a ventidue anni. Dopo che ebbe trasferito la sua residenza a Genova (1875), se si esclude qualche vaga indicazione di alcuni suoi viaggi su navi mercantili nel Mar Rosso e nel Pacifico, nell'Atlantico meridionale e nel Nord America, non abbiamo più sue notizie fino al 1886, quando partì per la prima volta per l'Africa, insieme con A. Rondani e con A. Franzoj, che era appena ritornato dal suo avventuroso viaggio nel Sudan e nel Ghedarer e che nel 1892 dedicherà al F. una delle relazioni dei suoi viaggi, Aureafricane. Arrivati ad Aden l'8 maggio, i tre viaggiatori proseguirono prima alla volta di Obok e poi di Tagiura, da dove, però, per mancanza di mezzi e di appoggi, oltre che per gli ostacoli loro frapposti prima dagli Inglesi e poi dai Francesi, dovettero rinunciare a procedere, nonostante l'ostinazione del F., che modificò continuamente programmi e percorsi nella speranza di potere arrivare ugualmente alla meta.
Il F. sarebbe però tornato ben presto in Africa orientale per seguire prima la spedizione in Eritrea dei generale A. Asinari di San Marzano come corrispondente del giornale Roma e per operare in seguito lungo le coste somale e dell'Arabia in qualità di agente della casa commerciale Bienenfield.
In quest'ultima veste egli ebbe l'opportunità di percorrere per ben tre volte, tra il 1886 ed il 1889, la zona compresa tra Zeila ed Harrar, una direttrice di vitale importanza per i rapporti commerciali tra la costa e l'interno della Somalia, come egli non mancò mai di sottolineare, auspicando lo sviluppo di proficue relazioni con le popolazioni somale, abissine e galla, tutte convergenti, per i propri scambi commerciali, nell'emporio di Harrar.
Questa esperienza gli varrà, nel 1890, l'incarico, da parte della Società di esplorazione commerciale in Africa di Milano, di esplorare il corso del Giuba ed appurare la questione del corso dell'Omo, per fare così luce su un problema di vitale importanza politica ed economica ai fini dell'ulteriore sviluppo della penetrazione coloniale italiana in quei territori. Il F. partì da Aden l'8 dicembre per raggiungere prima Merca e poi Brava, da dove, il 12 ag. 1891, proseguì alla volta del villaggio di Tukulle, nella valle del Giuba, di cui risalì il corso, tenendosi alla sua destra, fino al villaggio di Mansur. che non poté però oltrepassare perché gli venne negato l'ingresso a Bardera, distante appena una decina di chilometri. Lasciata Mansur il 24 settembre, in quindici giorni riuscì a tornare a Brava, seguendo un itinerario in parte diverso da quello compiuto nel viaggio di andata.
Rientrato in Italia all'inizio del 1892, nel mese di luglio partì di nuovo alla volta dell'Africa, insieme con V. Bottego, sempre per iniziativa della Società di esplorazione commerciale (che si era associata, in questo caso, alla Società geografica italiana), diretto nuovamente nella zona del Giuba, che risalì dalla sua foce, riuscendo a spingersi, questa volta, fino a Bardera, da lui raggiunta il 12 genn. 1893. impresa che servi a dimostrare la relativa facilità e sicurezza della via che, attraverso Caidido e Aribò, conduceva allora da Brava a Bardera.
Dopo essere rimasto bloccato per un certo periodo da una grave malattia che gli paralizzò momentaneamente il braccio destro, nell'ottobre 1893 entrò a far parte della Compagnia italiana per la Somalia "Vincenzo Filonardi", che a quell'epoca amministrava il Benadir per conto del governo italiano, in qualità di agente mandatario, col compito soprattutto di controllare il funzionamento della dogana e di coadiuvare le autorità locali nell'amministrazione della giustizia. In questa veste, fra la fine di maggio e l'inizio di giugno del 1895, compì una breve spedizione nella zona della foce del Giuba per verificare le possibilità e la convenienza di estendere l'influenza commerciale e politica italiana su un territorio allora di particolare interesse, perché situato al punto di incontro-scontro tra la zona di "pacifica" influenza commerciale italiana e la contesa e tormentata area abissina, oggetto invece di una colonizzazione "armata", insidiata dalle mire espansionistiche inglesi, dalle razzie degli Amhara e dalla iniziativa politica di Menelik. Sempre per questi scopi venne aggregato, alla fine del 1895, alla seconda spedizione guidata dal Bottego, con l'incarico di fondare una stazione commerciale a Lugh, a 300 km dalla costa, in un'area assai importante per la sua posizione geografica e strategica, allo sbocco cioè delle vallate del Daua, del Ganale e dell'Ueb, che a poca distanza, a Dolo, confluiva nel Giuba. In questo centro naturale di scambio tra le regioni a Meridione dell'Impero etiopico, comprese nella sfera di influenza attribuita all'Italia dai trattati internazionali, e la Somalia meridionale affluivano infatti i ricchi prodotti naturali dei Gherra, dei Sidama, degli Arussi e soprattutto dei Borana, che proseguivano poi alla volta dei porti del Benadir.
La spedizione italiana capeggiata dal Bottego giunse a Lugh il 18 nov. 1895 e il 25 dicembre il F. venne solennemente investito delle funzioni di residente, alla presenza del sultano, dei capi e dei notabili della regione. Dopo la partenza dei Bottego egli si sarebbe dedicato alla difesa militare, ma anche allo sviluppo commerciale, di quel territorio, oltre che ad un'opera di pacificazione tra le diverse tribù, fino all'aprile del 1897, quando, probabilmente anche per le pressioni della corte scioana (due anni dopo Menelik avrebbe posto il veto alla decisione del governo italiano di rimandare il F. a Lugh come residente), venne sostituito da un funzionario arabo, Said Mohamed ben Sef, fratello del "wali" (governatore) di Brava. Il F. sarebbe però rimasto in quella zona sino alla fine di settembre per assicurare i traffici tra Brava e Mogadiscio, minacciata dalle continue scorrerie degli Uadan. Il 25 luglio 1898 avrebbe ricevuto dal governo italiano una medaglia d'argenio al valore militare per la sua eroica difesa di Lugh, sottoposta nel dicembre del 1896 agli assalti delle truppe abissine rilanciate dalla vittoria di Adua.
Stabilitosi a Novara insieme con i figli Omar e Mahè, tornò in Eritrea nel giugno 1901 e, dopo un breve rientro a Novara, nel marzo 1902, per la morte del padre, seguì nella Tripolitania settentrionale il geologo Paolo Vignassa di Regny, prima di venire incaricato dal governo italiano, in virtù della sua esperienza di quei territori e di quelle popolazioni, fra le quali era rimasto ancora vivo il suo ricordo, di esaminare le condizioni delle stazioni di Uarscheik e di Itala, rilevarne i presidi e sostituirli con nuovi ascari nella previsione di un nuovo attacco del Mullah Muhammad ibn Abdallah ibn Hasan, che aveva proclamato la guerra santa contro i cristiani.
Dopo alcuni mesi venne nominato reggente, insieme col capitano di corvetta Eugenio Cappello, della Società anonima corrimerciale italiana del Benadir. Dopo avere ottenuto il permesso di rientrare in Italia, nel 1907, essendosi imbattuto, a Brava, nella spedizione guidata da Gustavo Chiesi, che si trovava in quella zona per studiare e risolvere la questione delle eventuali possibilità di approdo per le navi italiane, il F. decise di accompagnare il Chiesi lungo l'itinerario da lui già percorso nel 1895.
Nel 1908 il F. era di nuovo a Bardera, dove prese parte ad una spedizione contro gli Agiuran, che avevano compiuto una razzia nel territorio degli Elai: essendo stata presa e fucilata la scorta, comandata dal tenente Testafochi, il F. fece incendiare alcuni villaggi, ottenendo così la sottomissione dei capi delle tribù.
Nel 1910 si offrì di esplorare una vasta regione compresa tra Buracabo e Lugh, allora sotto l'influenza della propaganda mullista: facendo affidamento sulle relazioni amichevoli da lui intrecciate con alcuni capi indigeni, il F. parti accompagnato solo da unesigua scorta e fece ritorno senza avere ricevuto alcuna molestia.
Nominato commissario regionale dell'Alto Giuba, con residenza a Lugh, il 31 luglio 1910 dal governatore G. De Martino, non riusci mai ad insediarsi nella sua carica per l'ostilità del negus. Nel 1913 venne designato, dal ministero delle Colonie, commissario civile di Obbia e dei Migiurtini, con sede fissa prima ad Obbia e poi ad Alula, che il F. raggiunse nel gennaio del 1914, dedicandosi al consolidamento dell'influenza italiana nella Somalia settentrionale e allo sviluppo della cooperazione militare tra il governo di Mogadiscio ed i sultanati protetti in funzione antimullista. Le sue risorse e la sua capacità di iniziativa rimarranno però a lungo andare isterilite nel grigio ruolo di funzionario incaricato di normali compiti amministrativi e la sua attività si ridurrà a quella di un burocrate coloniale, fedele esecutore di quelle direttive espansionistiche che anche lui aveva efficacemente contribuito a promuovere e a realizzare.
Inviato Per l'ultima volta in Somalia dal governo italiano nel 1923 per svolgere delle delicate trattative diplomatiche con i ras locali, approfittò di questa circostanza anche per effettuare alcuni rilievi aerei su quei territori.
Rientrato definitivamente in Italia nel 1924, il F. morì a Novara il 25 ott. 1928.
Lasciò alla sua città una copiosa biblioteca di circa ventimila volumi, attualmente depositata presso la Biblioteca civica Negroni, unitamente alla sua collezione di cimeli e suppellettili provenienti dai paesi da lui visitati. Questi, insieme con molti altri donati in precedenza, costituiscono il museo emografico intitolato al suo nome, che ha sede in alcune sale del palazzo Faraggiana, a fianco del Museo di storia naturale, dove sono invece conservati gli animali catturati dal F. nel corso dei suoi viaggi (altri animali si conservano nel Museo civico di storia naturale di Genova).
Nel 1933 il governo italiano fece aggiungere al nome del paese di Lugh quello di Ferrandi.
Poiché nel suo testamento il F. raccomandò ai cugini Gaetano e Giovanni Agnelli di distruggere tutti i "manoscritti, diari, memorie, camets o altro", oltre alle lettere che aveva fino ad allora conservato, di lui ci sono rimaste, insieme con la documentazione che si conserva in numerosi archivi pubblici e privati, due ampie relazioni: Itinerari africani, I, Da Lugh alla costa (aprile 1897), pubblicata a Novara nel 1902; e Lugh. Emporio commerciale sul Giuba, edita a Roma nel 1903 a cura della Società geografica italiana. Quest'ultima opera in particolare presenta un certo interesse in quanto preziosa integrazione di tutto il materiale fino ad allora già pubblicato relativo alla seconda spedizione Bottego, con particolare riguardo, naturalmente, alla fondazione e sviluppo dell'emporio commerciale di Lugh, di cui sono sottolineate le caratteristiche geografiche ed ambientali e sono indicate con estrema precisione le potenzialità economiche. Un intero capitolo è dedicato, infine, all'etriografia delle popolazioni locali con particolare riguardo alle loro credenze religiose, agli usi nuziali e fimebri, alla vita sociale, all'organizzazione politica, alle espressioni più significative della loro tradizione folklorica. Un'appendice comprende poi un contributo del dottor Federico Millosevich allo studio del clima di Lugh, il testo di alcune lettere inviate al F. dai capi indigeni che assediavano Lugh e un'interessante e preziosa raccolta di vocaboli della lingua somala e di alcuni dialetti indigeni.
Buona parte dei dati e delle informazioni fornite dal F. in queste due opere erano slati anticipati nelle numerose lettere e relazioni da lui inviate durante lo svolgimento delle sue spedizioni alle riviste geografiche e coloniali alle quali era solito collaborare, come il Bollettino della Società geografica italiana (cfr. le annate comprese tra il 1891 ed il 1897, nonché il volume di Memorie pubblicato nel 1896), L'Esplorazione commerciale (cfr. le annate comprese tra il 1889 ed il 1898), il Bollettino della Società africana d'Italia (cfr. il 1892 ed il 1897).
Interessanti anche le corrispondenze inviate dal F. al giornale La Concordia di Novara, relative ad un viaggio compiuto in Egitto nel 1881 ed alla spedizione compiuta assieme al Franzoj nel 1886, e al giornale Roma di Napoli fra il 1887 ed il 1888, mentre era al seguito della spedizione in Eritrea del generale San Marzano.
Fonti e Bibl.: Documenti, scritti, relazioni, ecc., del F. e relativi al F. sono presenti in numerosi archivi: a Novara, nell'Archivio di Stato (Collezione Finazzo e Fondo Museo), Archivio del Comune e Archivio dei Musei; a Genova, nel Museo civico di storia naturale; a Napoli, nella Società africana d'Italia; a Roma, presso la Società geografica italiana, l'Istituto italo-africano, l'Archivio centrale dello Stato, l'Archivio storico del Ministero degli Affari esteri, l'Archivio della Colonia Eritrea. Documenti del F. e relativi al F. si conservano pure presso gli eredi di Vincenzo Filonardi (Roma) e di Giacomo Trevis (Genova). La Biblioteca civica Negroni di Novara conserva infine quattro album di fotografie acquistate o scattate dal F. stesso durante i suoi viaggi e nove album di cartoline da lui raccolte in Africa orientale. Necrol. in L'Oltremare, III (1929), pp. 42 ss.; in Rivista delle colonie italiane, III (1929), pp. 10-19; in Boll. storico per la provincia di Novara, XXIII (1929), pp. 12-49; in Boll. della Soc. geogr. ital., s. 6, VI (1929), pp. 27-29; P. Vigoni, Viaggio d'esplorazione in Africa per cura ed iniziativa della nostra Società (F. sul Giuba), in L'Esplorazione commerciale e l'Esploratore, V (1890), pp. 413-415; A. Blessich, Itinerari somali, in Bollettino della Società africana d'Italia, X (1890); G. Ricchieri, La spedizione al Giuba affidata al capitano U. F. della Società di esplorazione commerciale in Africa di Milano, in L'Esplorazione commerciale, VI (1891), pp. 329-336; Id., U. F. al Giuba, in Geografia per tutti, II (1892), pp. 120-123; O. Ciro, L'Italia sulla costa di Benadir, in Natura e arte, V (1892-1893), pp. 328-334; A. Mori, Rassegna geografica, ibid., V (1892-1893), pp. 73-76; VI (1893-1894), pp. 454-457; G. Mamini, Itinerario e note del viaggio Brava-Egherta-Lugh-Bardera-Brava (1896), in Boll. della Soc. africana d'Italia, XVII (1898); R. Gestro, Osservazioni intorno al genere Bolbotritus Bates, in Annali del Museo civico di storia naturale di Genova, (1898-1899), pp. 536-40; G. A. Boulanger, List of Reptiles and Batrachians collected by captain U. F. at Bardera, ibid., XLIV (1908-1909), pp. 310 ss.; G. Chiesi, La colonizzazione europea dell'Est-Africa, Torino 1909, passim; P. Gribaudi, Un maestro di vita coloniale: il capitano U. F., in Riv. geogr. ital., XXXV (1928), pp. 218 ss.; C. Bertacchi, U. F., in Geografi ed esploratori italiani contemporanei, Milano 1929, pp. 321-324; C. Della Valle, Ipionieri italiani nelle nostre colonie. Appunti storico-bibliografici, Roma 1931, pp. 104 ss.; L'inaugurazione della lapide di U. F., in Bollettino storico per la provincia di Novara, XXV (1931), pp. 525-527; M. Puccini, Conoscere il mondo. Pagine di viaggi scelte e presentate, Lanciano 1931, pp. 254-256; R. Trevis, Ilcap. U. F. a Lugh (Lettere inedite a V. Filonardi ed a G. Trevis), in Riv. delle coloni e ital., VI (1932), pp. 190-205, 280-291, 356-370; R. Micaletti, Sangue italiano in Etiopia, Firenze 1933, pp. 217-224 (con un ritratto del F. a fianco di p. 218); L. Traversi, L'Italia e l'Etiopia da Assab ad Ual Ual, Bologna 1935, pp. 190-204; A. Sapelli, Memorie d'Africa (1883-1906), Bologna 1935, pp. 241 s.; P. M. Bardi, Pionieri e soldati d'Africa Orientale, Milano 1936, pp. 497-503; E. De Bono, U. F., in Boll. stor. per la prov. di Novara, XXXI (1937), pp. 143-160; G. E. Del Monte, U. F. Episodi inediti della sua vita nel vecchio Benadir, in L'Azione coloniale, 10 giugno 1937; R. Ciasca, Storia coloniale dell'Italia contemporanea, Milano 1940, pp. 281-289; C. Mortari, Ilmondo esplorato da tredici piemontesi, Torino 1947, pp. 53-66; A. Rizzi, INovaresi e la Somalia italiana, Novara 1949; G. Cora, U. F. 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