FIESCHI, Ugo
Nacque a Genova nel 1598 da Niccolò fu Ludovico, conte di Lavagna, e da Geronima Giudice Calvi fu Nicolò. Venne ascritto alla nobiltà genovese il 13 nov. 1615 insieme con due fratelli, di lui molto più anziani ed entrambi già sacerdoti, Luigi, nato nel 1575, e Paolo, nato nel 1579.
Non risultano ascritti altri due fratelli del F., l'abate Giovanni Luca e Pietro, forse morto in giovane età; monaca anche l'unica sorella, Maddalena, La scelta della condizione ecclesiastica da parte di tutti i fratelli rispondeva alla necessità di non disperdere un patrimonio familiare relativamente modesto: in effetti, negli anni in cui nacquero i fratelli maggiori del F., il patrimonio del padre era stimato (nei ruoli d'imposta per la rifusione delle spese della guerra civile del 1575-76) di 1.000 scudi, cifra irrisoria rispetto ai massimi patrimoni di 500.000 scudi di altre famiglie patrizie, ma modesta anche rispetto ai 92.500 scudi del gruppo più ricco del Fieschi, quello di Ettore fu Giacomo.
La scelta della carriera marittimo-militare operata dal F. in età giovanile dovette rispondere alla scarsità di mezzi economici, oltre che alla debolezza politica della famiglia. L'apprendistato di marinaio di ventura del F. si svolse al servizio di P. Téllez-Giron duca di Osuna, viceré di Sicilia prima e di Napoli poi, e sotto il generale spagnolo Ottavio d'Aragona Tagliavia.
Probabilmente grazie alle esperienze di questi anni giovanili, tra il 1615 e il 1620, e grazie al modello dell'Osuna, brillante comandante ed eccellente marinaio, anche se politico ed amministratore avventato, si formarono nel F. le convinzioni che ne avrebbero guidato più tardi a Genova i progetti navalistici, le competenze tecniche per sostenerli e l'ammirazione per i modelli offerti in quei decenni dalle potenze rivali d'Inghilterra e di Olanda.
La presenza del F. a Madrid tra il 1621 e il 1622 è probabilmente spiegata appunto dai suoi rapporti con l'Ostina piuttosto che da legami con la Repubblica di Genova; tuttavia quando, in occasione della morte di Filippo III, il governo genovese inviò G. Della Torre e C. Pinelli ambasciatori straordinari per le condoglianze ufficiali e le congratulazioni al nuovo sovrano (ma anche per studiare le possibili trasformazioni in atto nella gestione politica spagnola, sopra tutto in relazione alla questione della Valtellina e alla guerra di Fiandra), i due si rivolsero al F. per informazioni ufficiose sul comportamento che l'ambasciatore e il nunzio di Francia intendevano assumere nei confronti degli ambasciatori di Genova. La pronta ed efficace mediazione del F. suggerisce suoi rapporti privilegiati con la Corona di Francia e una acquisita autorevolezza personale.
In Francia il F. si trasferì negli anni successivi (forse dopo la morte in carcere dell'Osuna) come capitano di ventura nella campagna di Luigi XIII contro gli ugonotti: nel 1629, all'assedio e alla caduta della piazzaforte ugonotta di Montauban, si guadagnò la stima del re e del Richelieu. Nel 1630 si recò presso la corte imperiale, per perorare presso Ferdinando II diritti sui feudi imperiali che erano stati della sua casa; nella stessa circostanza, venne insignito della onorificenza della Chiave d'oro e nominato cameriere dell'imperatore. Ma rifiutò l'offerta di un alto grado militare nell'esercito imperiale adducendo la necessità del ritorno in patria per difendere gli interessi familiari. Rientrato a Genova, probabilmente nello stesso 1630, ricco di esperienze e di legami internazionali, il F. trovò i suoi naturali alleati in nobili, come Raffaele Della Torre, Federico Federici, Giannettino Giustiniani e i due fratelli Galeazzo e Francesco Maria Giustiniani, fautori del programma navalista e, secondo le segnalazioni degli osservatori spagnoli operanti sul territorio ligure, ritenuti filofrancesi e, comunque, "mal afectos" alla Spagna.
Il F., forte della sua esperienza con l'Osuna, poté divenire uno dei teorizzatori più competenti e convinti della necessità del riarmo navale genovese e della introduzione delle innovazioni che potessero renderlo competitivo sotto il profilo commerciale e sicuro sotto quello militare. Così, nell'ambito delle discussioni, dei progetti, dei tentativi più o meno frustrati che caratterizzarono il dibattito politico genovese nel ventennio 1630-50, il F. aderì a tutte le iniziative rivolte a questi obiettivi. Tra il 1637 e il 1638 fu tra i promotori della Compagnia di Nostra Signora di Libertà che, sul modello olandese, aveva provveduto all'armamento privato di due galee con ciurme di salariati invece che di galeotti (ma l'esperimento fu boicottato e praticamente fatto fallire dagli assentisti di Spagna); nel 1647 fu tra i soci fondatori della Compagnia genovese delle Indie orientali, con progetti di espansione commerciale fino al Giappone (ma anche questa esperienza falli, con la cattura nell'arcipelago della Sonda di due navi che, per vanificata precauzione, erano state acquistate ed armate in Olanda e con equipaggi olandesi); infine, tra il 1652 e il 1654, il F. partecipò alla creazione della Compagnia marittima di S. Giorgio, appoggiata in questo caso alle pubbliche magistrature marittime e alla casa di S. Giorgio, che contribuì al successo iniziale dell'impresa. Nel frattempo, avendo capito come fosse indispensabile saldare queste esperienze alle strutture tradizionali della Repubblica e appoggiarle da una posizione politicamente influente, il F. poté sfruttare, dal giugno 1650, l'inserimento del suo nominativo nell'urna del seminario, dalla quale venivano estratti i membri di Camera e Senato: e in effetti sarà poi estratto procuratore, cioè membro della Camera, il 19 giugno 1663 e senatore il 7 giugno 1775.
Intanto, tra il 1651 e il 1652, il F. poté tornare alla carica con il suo progetto di innovazione armatoriale che prevedeva la sostituzione delle galee (ridotte a sei ed utilizzate ormai quasi esclusivamente sulle rotte di Spagna e di Sicilia) con i più agili e funzionali vascelli, sul modello olandese ed inglese.
Nella fase di attuazione il F., nominato generale dei vascelli, venne inviato, in missione ufficiale in Inghilterra. La rapida successione delle date e delle nomine suggerisce a questo punto forti tensioni politiche attorno al F.: da un lato, attraverso il sistema della promozione per la rimozione sembra che alcune forze filospagnole e conservatrici cercassero di distrarlo da una iniziativa per loro scomoda; da un altro, esponenti della politica navalista e alleanze familiari ne appoggiavano l'iniziativa. Infatti il 21 luglio 1654 il F. fu nominato ambasciatore straordinario a Londra, ufficialmente alla ricerca di solidarietà internazionale in rapporto al conflitto diplomatico in atto con la Spagna, in realtà per avviare una nuova collaborazione economico-politica. Ma nell'ottobre il F. fu inserito tra i quindici nominativi proposti per l'elezione a doge della Repubblica: dopo un mese di faticosi ballottaggi, risultò poi eletto suo cognato, Alessandro Spinola, anche lui convinto navalista e "antispagnolo". Il F. poté così partire il 12 novembre per Londra disponendo dell'appoggio politico del doge (anche se l'incoronazione dello Spinola avvenne soltanto il 1º maggio 1655). A Parigi, il 22 dic. 1654 si incontrò con l'ambasciatore Lazzaro Spinola e il residente Giovan Battista Pallavicini, che lo introdussero presso il card. G. R. Mazzarino.
Nel suo dettagliato epistolario, il F. sottolinea le curiosità del cardinale per i veri scopi della missione londinese e l'evasività delle proprie risposte, secondo gli ordini ricevuti; ma, ovviamente, si tratta della versione ufficiale: tanto più difficile da accettare quando si consideri che identico incontro il Mazzarino richiese al ritorno del F. da Londra.
La sede londinese era allora retta da un semplice agente, il console dei Genovesi F. Bernardi, peraltro molto attivo e in relazioni personali con il lord protettore Cromwell: grazie alla sua mediazione, il F. ottenne, il 23 genn. 1655, un vascello da guerra per il suo trasferimento a Greenwich. Cromwell accolse il F. con straordinaria cordialità, sia nell'udienza ufficiale sia in incontri privati organizzati dal Bernardi, e si dimostrò vivamente interessato al progetto di collaborazione economica prospettatogli dal F., tanto da provocare le interessate e preoccupate indagini degli ambasciatori di Francia, d'Olanda e, soprattutto, di Spagna: queste indagini, secondo la certo non imparziale testimonianza del F., sarebbero rimaste senza esito. Durante la permanenza a Londra si rafforzò la stima del F. nei confronti del Bernardi e la convinzione che la lealtà e l'efficienza dello stesso bastassero a garantire l'attuazione del progetto. Sollecitò pertanto il proprio congedo e, soddisfatto della missione e del successo personale, lasciò Londra il 13 aprile. Nell'incontro del 10 maggio a Parigi con il Mazzarino (che evidentemente si informò degli accordi intervenuti con il Cromwell, nonostante le rinnovate assicurazioni di segretezza da parte del F.) ricevette l'incarico ufficiale ed esplicito di consigliare al governo genovese una più accentuata politica antispagnola, approfittando dell'invio di truppe francesi in Italia.
Rientrato a Genova, il F., nominato dapprima capitano delle galee, poi generale d'armata, guidò alcune vittoriose spedizioni antibarbaresche; ma un suo piano d'attacco in grande stile ad Algeri fallì, prima per i venti contrari, poi per l'epidemia di peste che si diffuse così rapidamente tra la ciurma da rischiare di impedire il ritorno delle navi a Genova. Qui peraltro la stessa gravissima epidemia, che tra il 1656 e il 1657 mieté migliaia di vittime, fece cadere tutte le illusioni di rinascita navale. Nel quadro del generale riflusso i vascelli voluti dal F. e dal partito navalista, furono impiegati a sostituire in parte le galee sulle vecchie rotte mediterranee, in particolare verso la Spagna, nella navigazione convogliata. A garantire almeno l'efficienza di questa il F. continuò ad intervenire presso gli organi di governo e le magistrature marittime con proposte pratiche e appassionata convinzione anche nei due decenni successivi. Nel frattempo il governo genovese continuò ad impiegare il F. in missioni diplomatiche in cui potevano essere di vantaggio le sue relazioni personali: così, ancora nel 1673, fu incaricato, insieme con B. Sauli, di ottenere la mediazione della Francia affinché il duca di Savoia restituisse le terre occupate durante il conflitto del 1672 (e il merito del successo dell'operazione va ascritto in buona parte alla loro ferma opera diplomatica).
L'ultimo incarico ricoperto dal F. fu quello di governatore, cui venne estratto il 7 giugno 1675: attorno alla scadenza del biennio di carica dovette cadere la sua morte, poiché il nome del figlio Niccolò fu introdotto nell'urna del seminario l'11 giugno 1677 con l'indicazione "quondam Ugonis".
Il F. aveva contratto due matrimoni: il primo con Maria Spinola di Andrea; il secondo, senza prole, con Barbara Fieschi fu Opicio. Sette i figli: Ludovico (forse naturale), Niccolò, Giovan Battista, Pier Francesco, Veronica (poi sposa ad Ottavio Centurione), Francesca e Giovanna, monache. I maschi furono ascritti alla nobiltà il 20 giugno 1661, ma sembra che solo Niccolò abbia ricoperto cariche politiche (fu estratto procuratore il 14 giugno 1683) e che solo Giovan Battista abbia scelto la carriera ecclesiastica. Con la figliolanza, prevalentemente femminile, di Niccolò e Pier Francesco sposati a due Spinola (rispettivamente Bianca di Leonardo e Gironima di Battista) si chiude questo ramo dei Fieschi. Alla celebrazione di tutti i rami della famiglia Fieschi, con esplicito intento politico, il F. aveva dedicato, nel 1641, una lettera premessa all'opera Trattato della famiglia Fiesca dell'amico Federici.
Fonti e Bibl.: Genova, Arch. Storico del Comune, Fondo Brignole Sale, ms. 105 E 9, cc. 181, 185v, 188v; Genova, Bibl. civ. Berio, ms.m.r., XV, 5, 15, c. 57; F. Federici, Trattato della famiglia Fiesca, Genova [1646] dedica; G. G. Gualdo Priorato, Scena d'illustri uomini d'Italia, Venezia 1659, lettera V; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, Genova 1833, III, p. 13; C. Prayer, Oliviero Cromwell: corrispondenza dei rappresentanti genovesi a Londra, in Atti d. Soc. ligure di st. patria, XVI(1882), pp. 209-280; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Rep. di Genova, ibid., LXIII (1934) , pp. 61, 192; O. Pastine, Genova e Inghilterra da Cromwell a Carlo II…, in Riv. stor. ital., LXVI (1954), pp. 309 ss.; V. Vitale, Breviario della storia di Genova, Genova 1955, I, pp. 276 s., 289, 321; II, p. 129 (con bibl.); G. Guelfi Camajani, Il "Liber nobilitatio Genuensis"..., Firenze 1965, p. 191; F. Sirugo, Bernardi, Francesco, in Diz. biogr. d. Italiani, IX,Roma 1967, pp. 158 ss.; C. Costantini, Aspetti della politica navale nel '600, in Misc. di storia ligure, II, 1,Genova 1970, pp. 224 ss.; Id., La Repubblica di Genova, Torino 1978, pp. 313-319, 340; C. Bitossi, Il governo dei Magnifici, Genova 1990, pp. 229, 291.