IRNERI, Ugo
Nacque a Trieste il 26 genn. 1896, secondogenito di Giuseppe Servolo Hirn (il cognome fu modificato in Irneri nel 1926) e di Amalia Matilde Jess.
La famiglia era originaria dell'alto Tirolo, da dove si era trasferita a Trieste nella seconda metà del XVIII secolo. Il padre, inizialmente impiegato presso un commerciante di lingua tedesca, intraprese poi un'attività autonoma come amministratore di immobili. Ricoprì anche incarichi quale amministratore e sindaco di alcuni istituti bancari e di altri enti economici di Trieste.
Il giovane I. frequentò le scuole "reali" a Trieste (istituti tecnici di alto livello, sul modello tedesco) fino al diploma finale, conseguito nel 1914. In questo periodo frequentò le associazioni della borghesia irredentista di lingua italiana, come la Società ginnastica triestina e la Giovane Trieste, dove fu sicuramente influenzato dall'ambiente dell'ultimo irredentismo e dall'esasperato clima politico di quegli anni.
Tredicenne partecipò a una manifestazione di studenti che chiedevano l'istituzione di una università italiana a Trieste e venne arrestato. In quegli anni pure il padre, attivo anch'egli nell'ambito di circoli e gruppi irredentisti, subì alcuni arresti.
Poco tempo prima che scoppiasse la guerra, l'I. evitò il servizio militare nell'esercito imperiale e fuggì in Italia, dove si arruolò volontario prestando servizio come ufficiale d'artiglieria. Come tutti gli "irredenti" (i cittadini austriaci che avevano disertato e si erano rifugiati in Italia) venne condannato a morte in contumacia da un tribunale militare austriaco. Durante la guerra si ammalò di epatite e passò lunghi periodi lontano dal fronte. In uno di questi conobbe Anna Maria Faggioli, figlia di un dentista, che sposò nel 1921.
Conclusa la guerra, non venne congedato ma prestò servizio presso il Regio Governatorato della Venezia Giulia, passando poi (cessata l'amministrazione militare delle nuove province) al Commissariato civile. Lasciato il servizio il 19 nov. 1919, proseguì gli studi iniziati durante il servizio militare. Un anno dopo il congedo, nel novembre 1920, si laureò in scienze economiche e commerciali a Venezia e iniziò a occuparsi di assicurazioni presso la filiale triestina della compagnia austriaca Fenice, che venne chiusa di lì a poco. L'I. iniziò, quindi, un'attività autonoma come agente della Anglo-Italian Assurance Co., ma gli affari stentarono a consolidarsi tanto che l'I., non riuscendo ad aprire un ufficio autonomo, si adattò a lavorare in un angolo dell'ufficio del padre.
Dopo la nascita del primo figlio (1922), per rendere più stabile la propria posizione, si orientò verso il pubblico impiego; nel febbraio 1924 venne assunto presso la ragioneria della Cassa distrettuale di malattia di Trieste, nel maggio successivo fu nominato commissario prefettizio per la Cassa distrettuale di Monfalcone, divenendone poi direttore. Nel 1926 tornò a Trieste come direttore della Cassa distrettuale dov'era stato inizialmente assunto.
Furono anni di studi e di una certa notorietà nell'ambiente degli enti assicurativi del regime, anche grazie al fatto che a Trieste in quegli anni vigeva ancora la legislazione previdenziale asburgica (introdotta in Austria a partire dal 1888), alla quale in Italia si guardava come a un modello da imitare. Per un breve periodo l'I. si dedicò anche all'insegnamento.
La fase dell'impiego pubblico si concluse però bruscamente nel 1931, quando l'I. venne costretto alle dimissioni dalla carica di direttore per dissapori con i vertici politici. La vicenda fu percepita come un'ingiustizia, alla quale l'I. reagì ritornando al campo assicurativo e tentando nuovamente di avviare un'attività autonoma. Tra il 1933 e il 1936 rappresentò a Trieste, come agente o subagente, dapprima la Ermes e in seguito il Lloyd italico & l'Ancora, entrambi di Genova, per poi ottenere un'agenzia speciale "vita" per conto della Compagnia anonima di Torino. Iniziò anche un'attività di brokeraggio (procacciando contratti assicurativi che poi cedeva a qualche compagnia) che gli consentì di allargare il circuito delle conoscenze e dei legami d'affari. Nel marzo 1936 fondò la sua prima compagnia autonoma, la Società cooperativa anonima Sabauda di assicurazioni che inizialmente poté operare soltanto a Trieste e in un unico ramo, quello dei "vetri e cristalli".
Sembra che, per qualche tempo, la Sabauda fosse la più piccola compagnia d'assicurazioni in Italia. Il capitale iniziale, 5000 lire, era stato raccolto tra parenti e amici, probabilmente all'interno del circolo delle amicizie e dei rapporti d'affari del padre, che aveva contribuito in prima persona al finanziamento dell'impresa.
Nel 1938, parallelamente alla Sabauda di assicurazioni, l'I. fondò anche una Mutua per l'assistenza contro le malattie diretta ai lavoratori autonomi (commercianti, piccoli imprenditori, ma anche domestiche) che ancora non erano stati inseriti in alcun piano di assistenza pubblico, individuando un settore che rappresentava un elemento di continuità con il precedente impiego. I due rami vennero fusi nel 1939 per dar vita alla Mutua Sabauda di assicurazioni.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale l'I. fu richiamato alle armi, ma riuscì a rimanere a Trieste e poté continuare, seppur con difficoltà, a curare gli interessi della Sabauda. Dopo l'8 sett. 1943 il proseguimento dell'attività divenne impossibile: Trieste e l'intera regione subirono l'occupazione tedesca nell'ambito dell'Adriatisches Küstenland, con la conseguente separazione di fatto dal resto d'Italia. L'amministrazione nazista nominò un commissario per la Sabauda, anche se si trattava ormai di un guscio vuoto: gli Irneri si erano rifugiati nell'Italia centrale allontanando da Trieste il capitale, i liquidi (depositati a Venezia sotto falso nome) e gli atti più importanti della società che, nel 1943, aveva raggiunto un volume d'affari pari a circa lire 2.500.000.
In questo periodo l'I. si arrangiò a organizzare qualche attività commerciale che garantisse la sopravvivenza e, in questo modo, il capitale sociale della Sabauda venne fortunosamente preservato dall'inflazione.
Data la situazione determinatasi a Trieste nel dopoguerra la sede legale della Sabauda venne prudentemente spostata a Venezia, anche se la direzione e l'amministrazione ripresero l'attività nel capoluogo giuliano. Dal 1946 la Compagnia fu autorizzata a operare su tutto il territorio nazionale anche nei rami infortuni, furti, responsabilità civile terzi e auto. Nello stesso anno, all'indomani del referendum istituzionale, fu deciso il cambio di denominazione e nacque così il Lloyd adriatico mutua assicurazioni e riassicurazioni, che iniziò ad aprire le prime agenzie fuori Trieste, inizialmente nel Friuli e in Veneto ma ben presto anche in altre regioni d'Italia.
Nel 1946 fu anche lanciata la polizza "San Giusto" contro gli infortuni. Con durata quindicennale, prevedeva il rimborso dei premi netti agli assicurati che non avessero riscosso alcun indennizzo durante il periodo dell'assicurazione.
Nel 1952 la compagnia abbandonò le sistemazioni di fortuna e spostò la direzione in un prestigioso palazzo vicino al mare, ottenendo l'autorizzazione a estendere l'attività anche ai rami trasporti, incendio, aeronautica, credito e cauzioni, grandine. Nel 1953 venne abbandonata la "mutua" e il Lloyd adriatico di assicurazioni e riassicurazioni si trasformò in società per azioni (con un capitale di 100 milioni di lire, per metà versato), consolidando la propria posizione tra le più dinamiche compagnie italiane: la raccolta dei premi passò dai 250 milioni di lire del 1951 a oltre un miliardo del 1954. L'anno seguente il ritorno di Trieste all'Italia, avvenuto nel 1954, l'assemblea dei soci decise di riunificare direzione, amministrazione e sede legale della società nel capoluogo giuliano.
Negli anni a venire il Lloyd adriatico accelerò la scalata verso posizioni di vertice del mercato assicurativo italiano, in particolare seguendo il processo di motorizzazione del paese. I rapporti instaurati, negli anni Sessanta, con G. Mazzocchi, presidente dell'Editoriale Domus e direttore del periodico Quattroruote, portarono, nel 1963, alla nascita della polizza "4R", la prima in Italia con franchigia a carico dell'utente, alla quale rimane legato il salto di qualità che inserì il Lloyd adriatico tra le principali compagnie assicurative italiane. Il giro d'affari balzò, infatti, dai 4.685.000.000 milioni di lire del 1963 ai 408 miliardi del 1983. Il successo della nuova polizza si spiega anche con la vasta e innovativa attività di marketing che l'accompagnò, soprattutto grazie all'introduzione, dal 1971, dell'assicurazione auto obbligatoria. Negli anni Settanta si rafforzò anche il ramo vita, dopo che, nel 1968, il Lloyd adriatico e la Società finanziaria adriatica (sempre del gruppo Lloyd) avevano costituito il Lloyd adriatico di assicurazioni vita che aveva avviato l'attività con l'importante piano previdenziale Zanussi, adottato dall'azienda di Pordenone come strumento per l'incentivazione dei propri rivenditori.
Nel 1967 la maggioranza azionaria del Lloyd venne ceduta alla compagnia svizzera Gotthardfinanz (gruppo Rothschild). Negli anni successivi, i rapporti con i gruppi finanziari svizzeri si consolidarono sempre più e, nel 1974, entrò nel consiglio d'amministrazione l'avvocato B. Galli, già presidente della Banca nazionale svizzera. L'I. rimase a capo della compagnia fino al 1972, quando lasciò la carica di presidente al figlio divenendo presidente onorario. Nel 1974 lasciò anche il consiglio d'amministrazione della compagnia.
Negli ultimi anni di vita l'I. si impegnò anche in incarichi diversi, come la presidenza dell'Unione filantropica triestina "La Previdenza"; curò il restauro della chiesa della Beata Vergine del Rosario di Trieste e quello, ben più impegnativo, del politeama Rossetti. Nel 1975 ricevette la laurea honoris causa e nel 1978 venne nominato cavaliere del lavoro.
L'I. morì a Trieste il 2 genn. 1979.
Fonti e Bibl.: U. Irneri, Cinquant'anni di battaglie. Memorie di un assicuratore, Trieste 1972; G. Irneri, Ciao papà, Trieste 1979.