MALVANO, Ugo
Nacque a Torino il 24 nov. 1878, quartogenito di Giuseppe, banchiere, e di Eleonora Malvano. Dopo aver frequentato il ginnasio Massimo d'Azeglio, nel 1903, forse per conformarsi al volere dei familiari, si laureò in medicina ma non esercitò mai la professione di medico, coltivando invece, sin dagli anni degli studi, la propria vocazione artistica. Risalgono infatti al 1897 le sue prime opere note, piccole tavolette dai colori sommessi, quali Paesaggio piemontese (1898: Torino, Galleria civica d'arte moderna e contemporanea), che testimoniano un'aderenza completa al clima culturale del paesismo piemontese, con ricordi di G. Fontanesi e V. Avondo.
Sin da queste sue prime prove il M. mostrò una decisa predilezione per il paesaggio, genere che avrebbe coltivato con passione sino alla fine della sua attività; predilezione ispirata e incentivata, senza dubbio, anche dal profondo entusiasmo per la montagna e l'alpinismo che lo accompagnò lungo l'intero corso della vita. Rilevanti per la formazione del M. furono, inoltre, i numerosi rapporti stretti negli anni giovanili con artisti e intellettuali quali il pittore M. Bedeschi, forse suo primo maestro, A. Tavernier, R. Ubertalli, L. Delleani, C. Maggi, C. Follini, G. Cena, L. Bistolfi, e ancora quelli con le famiglie di P. Giacosa e C. Lombroso.
Intrapresa con decisione la carriera artistica, nel 1907 il M. esordì alla Promotrice di belle arti di Torino, continuando negli anni successivi a partecipare con regolarità alla rassegna, esponendovi dipinti ispirati perlopiù al paesaggio piemontese.
Anche se scarsamente documentata, l'attività pittorica del primo decennio evidenzia una netta evoluzione stilistica, come testimoniato da opere quali Collina torinese (1907 circa: Torino, Galleria civica) che denuncia un deciso aggiornamento linguistico sul fronte divisionista.
Questo indirizzo appare confermato da altri dipinti degli anni Dieci, esplicativi anche del forte interesse del M., in consonanza con il lavoro dell'amico C. Maggi, per i temi della montagna e della pittura en plein air: Villaggio al sole (La Thuile) (1914: Torino, galleria Palbert, ripr. in U. M., 2006, p. 78).
Spinto da un crescente bisogno di nuovi stimoli, forse già a partire dal 1905 il M. iniziò ad alternare la permanenza a Torino, dove continuò a mantenere il proprio studio in via Rossini, con frequenti soggiorni a Parigi, dove si legò di particolare amicizia con il pittore e illustratore S. Macchiati, che svolse sicuramente un ruolo di mentore nel variegato mondo parigino, e con lo scrittore H. Barbusse e sua moglie Hélyonne.
Il contatto con l'ambiente parigino costituì una tappa fondamentale nel percorso del M., fornendogli una preziosa occasione per approfondire la conoscenza della pittura impressionista e postimpressionista. Tale determinante esperienza è ravvisabile in alcune opere della prima metà degli anni Dieci ispirate al paesaggio cittadino, quali Ponte sulla Senna (1910-15: Torino, Galleria civica) e La Senna a Parigi (1913: Ibid.), che evidenziano una volontà di aggiornamento rispetto alla cultura torinese e l'adozione di un linguaggio ispirato ai modelli tardoimpressionisti, da C. Monet ad A. Sisley e a C. Pissarro. Questa nuova fase di ricerca è testimoniata anche da diversi dipinti raffiguranti interni, con o senza figure, e da numerose nature morte, altro genere a cui il M. si dedicò molto frequentemente. Le opere realizzate dopo il 1910, quali Natura morta con Budda (1915: Torino, collezione Malvano, ripr. in U. M., 2002, p. 38), mostrano, difatti, un progressivo attenuarsi del lirismo crepuscolare che ancora permeava dipinti quali Natura morta con un uovo (Ibid., ripr. ibid., p. 30) e una "trepidazione molecolare dell'atmosfera cromatica sempre più ricca e morbida di variazioni tonali" che evidenziano la meditazione della pittura neompressionista e Nabis (Rosci, ibid., p. 14).
Dopo il primo conflitto mondiale, durante il quale combatté nel 4( reggimento alpini, il M. riprese i suoi rapporti con la Francia, alternando soggiorni a Parigi con viaggi sulla Costa Azzurra. Ancora nel corso degli anni Venti, tuttavia, continuò a dividersi tra la Francia e l'Italia, mantenendo sempre saldi legami con Torino, come testimoniano anche le sue periodiche partecipazioni alle Promotrici e all'importante mostra "Vedute di Torino", organizzata nel 1926 dalla Società Fontanesi. A Parigi invece, dove aveva già esposto negli anni precedenti in diverse collettive (fra le partecipazioni certe quelle nel 1909 al Salon d'automne e nel 1922 al Salon des artistes indépendants), il M. allestì la sua prima personale, presentando nel 1928 i propri lavori presso la prestigiosa galleria Chéron.
Nel corso degli anni Venti il M. continuò ad approfondire la ricerca intrapresa prima della guerra, indirizzandosi dapprima verso soluzioni di forte espressività cromatica, di probabile ascendenza fauve, come in Case dal mare, Antibes (1920: Torino, collezione Malvano, ripr. in U. M., 2006, p. 87). In alcune opere dell'inizio del decennio, tuttavia, già si evidenzia una diversa interpretazione della lezione impressionista: difatti, ne La cattedrale di Senlis (1921: Ibid., ripr. ibid., p. 91) o in Coin de village. Culoz (1923: Ibid., ripr. in U. M., 2002, p. 47) il forte interesse per la sintesi volumetrica e il generale abbassamento di tono tradiscono un'attenzione per l'opera di Pissarro, Sisley e soprattutto per il modello cézanniano, anticipando una linea di ricerca che diverrà prevalente negli anni successivi.
Nel 1930 il M. partecipò con un'importante selezione di opere alla Promotrice torinese, riscuotendo un discreto consenso critico. Lo stesso anno, il 6 settembre, sposò a Torino la pittrice Nella Marchesini, da cui ebbe tre figli: Laura, Renzo e Anna. Il matrimonio, probabilmente congiunto a una certa stanchezza nei confronti di Parigi, determinò una svolta nella vita dell'artista, contribuendo a riportarlo in modo pressoché definitivo nella città natale.
Nel decennio successivo il M. sviluppò ulteriormente la propria originale rimeditazione dell'impressionismo, realizzando nature morte, paesaggi dagli evidenti rimandi cézanniani e numerose vedute torinesi, caratterizzate da uno stile essenziale e da tonalità meste. Fra i motivi ricorrenti il terrazzo del proprio studio (Il terrazzo d'inverno, 1938: Torino, Galleria civica) e diverse raffigurazioni di piazza Carlina, fra cui Piazza Carlina con la chiesa di S. Croce (1933: Torino, collezione Malvano, ripr. in U. M., 2006, p. 108) presentata nel 1933 alla sala d'arte Guglielmi, in occasione della prima personale a Torino.
L'attività espositiva del M., artista dal carattere schivo, non fu mai particolarmente intensa (la sua ultima partecipazione alla Promotrice di Torino risale al 1936). In seguito alla promulgazione delle leggi razziali antiebraiche, nel 1938, il M. visse una condizione di progressivo isolamento alleviata solo dagli affetti familiari e da selezionati rapporti, tra cui quello con il fraterno amico Cino Bozzetti; nel 1940, infine, l'artista fu costretto a lasciare Torino per rifugiarsi con la famiglia dapprima a Drusacco, in Valchiusella, e poi, fra l'agosto 1944 e il giugno 1945, sotto falso nome a Rosero, sulla collina torinese.
Durante il soggiorno a Drusacco il M. non interruppe il suo vitale rapporto con la pittura, dipingendo soprattutto nature morte e paesaggi dalle accentuate tonalità plumbee, con evidenti riferimenti stilistici a P. Cézanne e A. Marquet; solo durante il periodo della clandestinità si dedicò completamente al disegno, raffigurando scorci paesistici, nature morte, interni rustici.
Nel periodo successivo al ritorno a Torino (ottobre 1945), il M. tenne alcune personali (galleria La Bussola, 1946, insieme con la moglie Nella Marchesini; saletta del Grifo, 1947). Anche nella produzione di questi anni il M. continuò a rimanere fedele alla consueta gamma di soggetti, realizzando opere costruite con pennellate sempre più larghe e sommarie (Le Porte Palatine, 1951: Torino, Galleria civica d'arte moderna e contemporanea), indirizzo ulteriormente accentuato nei dipinti, soprattutto composizioni floreali, posteriori al 1951, anno in cui l'artista, colto da un ictus, cominciò a dipingere con la sola mano sinistra (Fiori e calendario, 1952: Torino, collezione Malvano, ripr. in U. M., 2002, p. 60).
Il M. morì il 12 ag. 1952 a Finale Ligure (Savona).
Fonti e Bibl.: A. Galvano, Mostre torinesi, in Le Arti plastiche, 16 genn. 1933, p. 2; A. Rossi, Postuma di Malvano, in La Stampa, 29 marzo 1953; F. Sacerdote, La pittura di U.M. (1878-1952) e la cultura a Torino nella prima metà del XX secolo, tesi di laurea, Università di Torino, a.a. 1983-84; F. Fergonzi, in La pittura in Italia. Il Novecento/1, II, Milano 1992, p. 946; U. M. (1878-1952): un pittore fra Torino e Parigi (catal.), a cura di P. Mantovani, Cherasco 2002; Un pittore piemontese dal divisionismo a Cézanne: U. M. 1878-1952 (catal., galleria Palbert), a cura di R. Maggio Serra, Torino 2003; U. M. (1878-1952) (catal.), Bra 2006.