RELLINI, Ugo
RELLINI, Ugo. – Nacque a Firenze il 10 agosto 1870 da Oreste, funzionario amministrativo, e dalla contessa Caterina Rimbotti. All’inizio del 1886 si trasferì a Bologna al seguito della famiglia, avendo il padre assunto l’incarico di direttore della segreteria dell’Università di quella città. Iscrittosi alla facoltà di scienze naturali si laureò il 1° luglio 1893 sotto la guida di Giovanni Capellini, del quale divenne assistente straordinario presso il Regio Museo di geologia e mineralogia. Nella medesima università l’8 luglio dello stesso anno conseguì il diploma di magistero in scienze naturali.
Negli anni della collaborazione con la scuola bolognese di geologia sviluppò uno spiccato interesse per i problemi della preistoria mediterranea, in particolare per le fasi più antiche della formazione dei gruppi paleolitici. Si occupò del riordino della collezione di 7000 reperti lasciati a Bologna dopo l’Esposizione italiana di antropologia e archeologia preistorica, che nel 1895 Capellini donò al Museo civico.
Nel 1893 fu nominato professore di scienze naturali presso il ginnasio civico di Bologna e, nell’ottobre del 1897, risultato vincitore di concorso pubblico, assunse l’incarico di insegnamento delle scienze naturali nei licei, spostandosi in diverse città dell’Italia centro-meridionale. Dopo aver trascorso due mesi presso il liceo classico di Lucera (Foggia), nel dicembre del 1897 fu trasferito a Urbino, dove rimase in servizio fino all’ottobre del 1906. Nel liceo di quella città riorganizzò il gabinetto di scienze naturali ricevendo un elogio da parte del ministero della Pubblica Istruzione il 15 maggio 1899 (Università di Roma La Sapienza, Archivio storico, Fascicoli personali, ad nomen, b. AS 525). Negli stessi anni del soggiorno urbinate, Rellini prese parte al dibattito generale sulla centralità sociale dell’educazione fisica nelle scuole e nella vita degli italiani, conseguendo un secondo elogio pubblico da parte del Provveditorato agli studi (26 novembre 1902).
Nel 1903-04 seguì il corso di antropologia generale presso la facoltà di scienze giuridiche dell’Università di Urbino e nello stesso periodo venne nominato dal ministero per l’Agricoltura ispettore per la silvicoltura nelle Marche.
Nel novembre del 1906 fu trasferito al Regio liceo Spedalieri di Catania e nel periodo siciliano conobbe Paolo Orsi, soprintendente alle Antichità della Sicilia, con il quale intrattenne una stretta collaborazione destinata a rafforzarsi quando entrambi, nel 1923, furono nominati redattori del Bullettino di paletnologia italiana, sotto la direzione di Luigi Pigorini.
Nel luglio del 1908 passò al liceo di Modena dove, per l’impegno profuso nell’allestimento di una ricca collezione, da lui stesso donata, di manufatti e di libri di interesse geologico, ottenne un elogio ministeriale pubblico (Regio decreto 5 giugno 1913 e menzione nel Bullettino Istruzione Pubblica del 5 giugno 1914). Nel novembre del 1912 fu trasferito a Tivoli, dove rimase in servizio fino alla nomina di professore non stabile di paletnologia presso l’Università di Roma (1° febbraio 1927).
Il lungo incarico scolastico a Tivoli, durato quindici anni, contribuì a rafforzare la sua stabilità sul piano della vita personale, ma anche nel campo della ricerca e dell’attività pubblicistica. Rellini si divise tra l’insegnamento, cui dedicò la stesura di alcuni importanti manuali di geologia (Geologia e Geografia fisica per la terza classe liceale, Bologna 1918) e di botanica (Sunto di botanica per gli Istituti Tecnici, Bologna 1919) rivolti a studenti liceali, e la pubblicazione di scritti scientifici sulle fasi preistoriche in Lucania e nelle Marche. Nel 1923 acquistò la maggioranza delle quote del Bullettino di paletnologia italiana diventandone il ‘gerente responsabile’. Ne conseguì un profondo riassetto della rivista, che comportò l’inserimento di nuovi collaboratori, tra cui Pericle Ducati e Giulio Q. Giglioli, archeologi classici legati al regime fascista.
Il 1° novembre 1924 Rellini sposò in seconde nozze, a Roma, Carolina Ravaioli, una collega insegnante di scienze naturali, di origine modenese; il primo matrimonio, il 1° settembre 1900, era stato con la contessa bolognese Cornelia Rossi, da cui aveva avuto un figlio, Ermanno, nato a Bologna il 1° luglio 1901 (Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Dir. Gen. Istr., f. pers. ins. e amm., II vers., 2a serie, b. 130).
Ottenuta l’idoneità per l’insegnamento di paletnologia il 13 dicembre 1924, Rellini assunse l’incarico di libero docente per la stessa disciplina presso l’Università di Roma, dove la cattedra era rimasta vacante dopo il pensionamento di Luigi Pigorini nel 1922. Le lezioni furono interrotte nell’aprile del 1925, quando Rellini fu nominato delegato della Direzione generale per le antichità della Pubblica Istruzione per seguire le esplorazioni che Raymond Vaufray, paletnologo dell’Institut de paléontologie humaine di Parigi, aveva in programma di intraprendere nella Sicilia occidentale.
Un’accusa di presunto spionaggio rivolta a Vaufray per aver esplorato alcuni depositi archeologici prossimi ad aree di interesse militare nella zona di Trapani portò alla sospensione della missione italo-francese (Ch. Poupault, À l’ombre des faisceaux, Rome 2014, p. 255). Rellini, dopo l’allontanamento di Vaufray, raccolse e pubblicò i risultati delle esplorazioni in Sicilia (Bullettino di paletnologia italiana, XLVI (1926), pp. 105-107), facendo in modo che il materiale archeologico non venisse trasferito in Francia e fosse distribuito tra i musei archeologici di Palermo e di Siracusa.
Rellini prese parte al concorso per la cattedra di paletnologia bandito nel giugno del 1926 dall’Università di Roma classificandosi primo degli idonei, ma l’istruttoria venne annullata a causa delle differenze di valutazione e giudizio dei candidati. Tuttavia il ministro della Pubblica Istruzione, Pietro Fedele, dal momento che la facoltà non volle avvalersi dei risultati del concorso, emanò un provvedimento diretto per nominare vincitore Rellini (13 gennaio 1927). A partire dalla nomina a professore non stabile di paleoetnologia e del conseguente giuramento (1° febbraio 1927), si colgono in Rellini i primi tentativi di avvicinamento ai vertici del Partito nazionale fascista (PNF), in linea con l’atteggiamento di collaborazione assunto, negli stessi anni, da altri intellettuali e figure accademiche.
La prolusione al corso di paletnologia del 1928 (Prelezione al Corso di Paleoetnologia, Roma 1928), se privata da certe arditezze cronologiche, è una rappresentazione organica del pensiero di Rellini che, ribaltando il quadro prospettato da Pigorini, aveva spostato l’attenzione sulla ‘dimensione mediterranea’ dei gruppi preistorici della penisola italiana, da cui sarebbe nata la civiltà di Roma (Le origini della civiltà italica, Roma 1929).
Nell’aprile del 1929, in occasione della partecipazione al Congresso internazionale, organizzato a Berlino per il centenario dell’Istituto Germanico di Archeologia, Rellini aderì al PNF e scrisse a Benito Mussolini chiedendo di potersi «fregiare dell’onore altissimo del segno littorio» (Roma, Archivio centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, f. 511374).
L’acuirsi di un forte stato depressivo accompagnato da altri seri disturbi neurologici, dei quali Rellini soffriva dagli ultimi anni di insegnamento liceale, lo portò a chiedere un lungo congedo dall’insegnamento (da maggio 1927 ad agosto 1928), con la conseguente domanda di dimissioni, che venne respinta dall’Ateneo romano. Rientrato in servizio nel maggio del 1930, ottenne l’ennesimo congedo per malattia, che si concluse, dopo altre interruzioni, il 6 aprile 1932 con la nomina di Rellini a professore ordinario di paletnologia.
La nuova condizione professionale, che implicava importanti incarichi, tra cui la nomina a direttore dell’Istituto di paletnologia nel triennio 1936-39, ma anche la partecipazione quale delegato italiano ai congressi internazionali di antropologia e di archeologia preistorica in numerose città europee, finì per aggravare lo stato di salute di Rellini che, nel giugno-luglio 1934 e nell’aprile-maggio 1937, fu costretto a richiedere ancora una volta un congedo straordinario per malattia.
Nel 1937 Rellini, che aveva avviato la collaborazione con l’Enciclopedia Italiana, estese la propria area di influenza sull’Istituto italiano di paleontologia umana (IIPU), fondato a Firenze dieci anni prima, diventando vicepresidente della sezione romana e organizzando campagne esplorative in siti paleolitici del Gargano e in Abruzzo. Mentre cresceva l’attività di ricerca, orientata sempre più alla definizione delle relazioni intermediterranee delle culture preistoriche italiane anche con originali tentativi di comparazione tra Creta e la Sicilia nell’età del Bronzo (Bullettino di paletnologia italiana, n.s., II (1938), pp. 83-90), si intensificarono i rapporti personali con alcuni membri del governo di Mussolini. A partire dall’autunno del 1938 Rellini ebbe un ruolo importante all’interno del Consiglio superiore della demografia e della razza, sotto la direzione di Giacomo Acerbo, che ricordò con toni elogiativi lo studioso nella sua autobiografia (Fra due plotoni di esecuzione, Rocca San Casciano 1968, p. 296).
In questo contesto Rellini si dedicò alla divulgazione della tesi sull’origine della stirpe italica e sulla sua continuità con il mondo romano, inserendosi all’interno del più ampio intreccio tra ricerche paletnologiche e propaganda politica (Civiltà mediterranea e civiltà aria, Roma 1940).
Dopo una breve collaborazione con la rivista La difesa della razza (Continuità della razza e della cultura primitiva in Italia, II (1938), 2), venne collocato a riposo per raggiunti limiti di età il 29 ottobre 1940.
Forte dei legami politici con figure del regime, nei primi mesi del 1940 Rellini, ormai settantenne, concentrò le sue ultime energie nella realizzazione di un nuovo museo di preistoria nella capitale, il Museo delle origini e delle tradizioni, inaugurato il 18 novembre 1942 (Archivio Museo delle Origini, f. Costituzione del Museo). Alla fine del 1942, nominato direttore onorario del Museo delle origini e grande ufficiale della Corona d’Italia, ormai indebolito dall’acuirsi della malattia, provò a concentrare le proprie energie nella stesura di un «Libro di 200 pagine sui problemi della civiltà primitiva e della razza», chiedendo l’intercessione di alcuni intellettuali vicini al partito fascista (Roma, Archivio centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, f. 511374, lettera di G. Preziosi, 9 dicembre 1942). Da Mussolini non giunse alcuna risposta e Rellini tentò, dopo qualche mese, di chiedere udienza al duce per esporre il contenuto di un nuovo lavoro, ancora inedito, sulle affinità delle origini italo-germaniche (lettera di Rellini a G. Preziosi, 5 aprile 1943). Anche in questo caso la richiesta non ebbe alcun riscontro e Rellini, rivolgendosi al rettore dell’Università di Roma, Pietro De Francisci, sotto il quale era la giurisdizione del Museo delle origini, comunicò la sospensione di ogni attività scientifica a causa della malattia (Università di Roma La Sapienza, Archivio storico, Fascicoli personali, b. AS 525, lettera del 4 giugno 1943). Undici giorni dopo, il 15 giugno 1943, Rellini si tolse la vita nel suo appartamento romano in Via Col della Porretta 3, a Monte Sacro.
Tra i numerosi necrologi e lettere di cordoglio provenienti da alte figure del mondo accademico nazionale e politico, non vi è alcun riferimento al tragico epilogo; solo in uno scarno promemoria della Segreteria particolare del Duce venne riportata la notizia che «il movente del suicidio sia da ricercarsi nelle precarie condizioni di salute e in qualche contrarietà per alcune pubblicazioni scientifiche» (Roma, Archivio centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, f. 511374).
Fonti e Bibl.: Documenti su Rellini sono a Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Istruzione Superiore, Fascicoli personali insegnanti e amministrativi, 2a serie (II versamento), b. 130; Università di Roma La Sapienza, Archivio storico, Fascicoli personali, AS 555. La corrispondenza tra Rellini e altri importanti personaggi del regime è conservata nell’Archivio centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, f. 511374. Per la nascita del Museo delle origini si rimanda all’Archivio storico presso il Museo delle origini, Università di Roma La Sapienza. Altre fonti sono in due archivi conservati presso il Museo ed Istituto fiorentino di preistoria: il primo relativo all’Istituto italiano di paleontologia umana (IIPU), mentre il secondo è il fondo Paolo Graziosi. Per l’attività in Sicilia si rimanda all’Archivio storico della Soprintendenza di Siracusa (Affari Generali, f. Sicilia occidentale, anni 1902-1936), che conserva la documentazione relativa alla missione italo-francese di R. Vaufrey. Per una storia dell’attività di Rellini e le relazioni con il fascismo: M. Tarantini, Appunti sui rapporti tra archeologia preistorica e fascismo, in Origini, XXIV (2002), pp. 7-65, con in appendice alcuni documenti inediti. Alcune lettere di Rellini si trovano nel Fondo Pia Laviosa Zambotti, presso l’omonima Biblioteca di Trento (Serie III, Corrispondenza, f. 11), relative agli anni 1939-42. Vedi inoltre i necrologi, R. Paribeni, U. R., in Bullettino di paletnologia italiana, VII (1943), pp. 143-152 con un elenco delle principali pubblicazioni; S. Sergi, in Rivista di antropologia, XXXIV (1942-1943), pp. 567 s.; R. Battaglia, in Le Grotte d’Italia-Trieste, s. 2, V (1944), pp. 163 s.; G. Lilliu, in Rivista di scienze preistoriche, I (1946), pp. 131-133.