CACCIACONTI, Ugolino
Figlio di Ugolino, conte di Guardavalle e signore del castello della Fratta e di Torrita, appartenne a un ramo della potente famiglia senese di conti palatini che dominò, fino agli inizi del sec. XIII, su un'ampia regione della Toscana compresa tra la Val di Chiana e Asciano (o Sciano).
Da quest'ultima località, anzi, fu derivato il cognome, Scialenghi, col quale la loro famiglia è anche conosciuta in certa letteratura storica.
Gli avi di Ugolino, tra cui Ugo, che doveva essere suo antenato in linea retta, per avere prestato aiuto all'imperatore Ottone IV nel ristabilire la sua autorità in Toscana, avevano ottenuto la solenne riconferma nel possesso dei loro feudi con diploma del 27 ag. 1210 (Arch. di Stato di Siena, Diplomatico,Riformagioni, 1210, 27 ag.).
Alla metà del sec. XIII il C. possedeva ancora i castelli di Fratta, Torrita e Guardavalle, che governava insieme con Iacomino di Iacomo, forse un suo cugino, sebbene ormai il controllo di Siena sui feudatari del contado si fosse fatto talmente pressante da deludere qualsiasi loro velleità di effettiva indipendenza. Infatti, intorno al 1250, le entrate e le uscite della magistratura di Biccherna del Comune di Siena registrano una serie di pagamenti dai quali risulta evidente che il C. si trovava in stretti rapporti con la città toscana, sebbene non esistano prove che egli pagasse un censo alle casse senesi e si trovasse pertanto in condizioni di rigida sudditanza. Nel giugno 1251 il castaldo Melanese versò nelle casse comunali la somma di 100 soldi che il C. gli aveva consegnato a titolo di rimborso per alcune spese sostenute. Successivamente, nel novembre 1253, fu, invece, il Comune di Siena ad effettuare in pro' del C. e di altri suoi parenti e conterranei un pagamento che suona ricompensa per servigi resi al governo. Un nuovo pagamentodi 14 lire e 10 soldi, a favore del C. figura con la generica motivazione "per sue spese" nei mesi di dicembre e gennaio del 1253-54. Il C. riceve nello stesso tempo altri 30 soldi. Finalmente tra le registrazioni del bimestre febbraio-marzo 1254 si accenna chiaramente al motivo di un pagamento di 36 lire effettuato a favore di un gruppo di cavalieri tra i quali si trovava il Cacciaconti. Sembra, infatti, che questi facesse parte di una guarnigione di stanza a San Quirico, durante la guerra tra Siena e Firenze per il possesso di Montalcino e Montepulciano. Nell'aprile dello stesso anno, anzi, lo troviamo tra i soldati accampati presso Montalcino e fuorusciti dalla cittadella. Per questo egli viene regolarmente retribuito. Questi fatti comprovano i buoni rapporti esistenti tra il signore della Fratta e il Comune di Siena, che poté evidentemente contare sul suo aiuto nel momento più cruento della guerra contro Firenze. Poi i pagamenti a favore del C. cessano. L'11 giugno 1254, infatti, viene firmata la pace tra le due città con la vittoria di Firenze. Ma intanto i Senesi dovevano difendersi anche dalle scorrerie compiute nel loro territorio dai grandi feudatari della Maremma collegati alla fazione dei guelfi toscani. Il castello della Fratta, che, per la sua posizione geografica, si trovava al centro delle ostilità, subì probabilmente notevoli danni, tanto da indurre il C. a chiedere un indennizzo al Comune di Siena, quale fedele alleato, indennizzo che il Consiglio generale concesse nella seduta del 3 giugno 1257, ad ulteriore conferma dello stretto legame che univa il C. alla città vicina.
Non dovette trascorrere molto tempo tra questo avvenimento e la morte del C., poiché risulta che nel 1271 il figlio Tacco gli era già succeduto nella signoria della Fratta.
La moglie, che presumibilmente era una Tolomei, gli sopravvisse ancora per molto tempo, tanto che abbiamo sue notizie sino al 1285, anno in cui - come risulta dai registri d'entrata della Biccherna - si trovava a Siena. Dal loro matrimonio nacquero, oltre a Tacco, probabilmente il maggiore, altri due figli, Federico e Ghino.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Consiglio generale, 7, c. 71; Libri dell'entrata e dell'uscita del Comune di Siena detti della Biccherna, a cura della Direz. dell'Arch. di Stato di Siena, XI, Siena 1935, p. 26; XIV, ibid. 1937, p. 129; XV, ibid. 1939, pp. 56, 101, 122; G. Cecchini, Ghino di Tacco, in Arch. stor. ital., CXV(1957), pp. 267, 274.