Ugolino d'Azzo
Personaggio rievocato da Guido del Duca fra i Romagnoli dell'età cortese e cavalleresca (Pg XIV 105).
La stretta connessione che l'interlocutore di D. fa di U. con Guido da Prata e con sé stesso (vivette nosco) sembra suggerire una contemporaneità e un'identità di origine e di ambiente fra i tre personaggi. Gli antichi commentatori avevano interpretato in questo senso, ritenendo U. di Faenza " probissima persona " (Lana, Buti); e aggiungendo, anche per Guido da Prata, " di basso luogo nati, se trassero a tanta orrevolezza di vivere, che abbandonati li luoghi di loro nativitate conversarono di continuo con li predetti nobili " (Ottimo). Un U. d'Azzo faentino, in effetti, è rappresentante del suo comune alla pace di Costanza col Barbarossa (1183); non abbiamo però altre notizie su questo personaggio.
Benvenuto (sulla sua scia i commentatori più recenti) ha attribuito a U. il casato Ubaldini, precisando che " Guido da Prata, familiariter vixerat cum iste de Ubaldinis "; la stretta unione fra i due personaggi, che in effetti potrebb'essere suggerita al commentatore dai versi danteschi, c'indirizzerebbe a un U. d'Azzo Ubaldini per il quale si ha una sola testimonianza nel 1220 (quindi si può supporre contemporaneo di Guido da Prata), ma del quale non conosciamo altro, per cui non sappiamo se si può inserire nel mondo romagnolo. Altro membro della casa Ubaldini che potrebb'essere l'U. dantesco è U. da Senni, figlio di Azzo della Pila, fratello del cardinale Ottaviano; tale U. sposò Beatrice di Galvano Lancia ed è documentato per buona parte del sec. XIII (morì infatti nel 1293). È difficile stabilire un legame fra questo U. e il mondo romagnolo descritto da Guido del Duca; la connessione si è voluta vedere nel fatto che la notizia della sua morte è stata data dal Cantinelli insieme con quella di Guido Riccio da Polenta; ma questo fatto sembra poco per giustificare il vivette nosco di Guido del Duca. In effetti il personaggio che più si attaglia alla menzione del Romagnolo e più s'inserisce nel mondo rievocato da lui è proprio l'U. faentino, rappresentante di quell'ambiente comunale sano e rude che D. rimpiange nella Firenze del buon tempo antico.