UGOLINO da Orvieto
UGOLINO da Orvieto (Ugolinus Urbevetanus, Ugolinus Francisci de Urbeveteri). – Nacque, si suppone, in Forlì attorno al 1380 (Haberl, 1895, p. 46), figlio di un Francesco da Orvieto. L’umanista forlivese Flavio Biondo lo dice «Forlivi genitus et nutritus» (Italia illustrata, a cura di P. Pontari, III, Roma 2017, p. 161) e nella coeva Cronica di Giovanni di mastro Pedrino depintore (1929) si legge che fu «abitadore quaxi tutto el suo tenpo de Forlì» (p. 141).
Non si hanno notizie circa la sua formazione: alla luce delle vicende seriori, sarà stata quella di un sacerdote, musico, giurista. La maggior parte dei documenti che lo riguardano riporta notizie sul suo status di ecclesiastico, assai meno su quello di musico: il primo che ci sia noto, risalente al 18 luglio 1411 (Reggiani, 1955, pp. 285 s.), lo indica come sacerdote nella cattedrale forlivese di S. Croce.
Il 13 maggio 1413, all’epoca dei conflitti innescati dal Grande scisma, fu tra i cantori papali che a Rimini giurarono fedeltà a papa Gregorio XII; contestualmente ricoprì il rettorato di S. Maria in Carpineta a Cesena (Di Bacco - Nádas, 1998, p. 50). Nel 1415 è ancora documentato nel novero dei canonici di S. Croce in Forlì (Pasini, 1918, p. 52); a partire da questo stesso anno, le sue assenze dalle riunioni capitolari furono forse dovute alla partecipazione, con altri due rappresentanti della città, al concilio di Costanza (Reggiani, 1955, p. 286), dove fu inviato dal suo signore, Giorgio Ordelaffi; ma il 20 marzo 1417, prima che il concilio si concludesse, era di nuovo a Forlì (Giovanni di Mo Pedrino, 1929, pp. 56 s.). Meno di un mese prima, il 17 febbraio 1417, era stato nominato per un anno cantore della cattedrale di Firenze (D’Accone, 1973; non risultano però pagamenti oltre il 22 giugno): la circostanza spiegherebbe la presenza di composizioni sue nel palinsesto 2211 dell’Archivio capitolare fiorentino di S. Lorenzo (Janke - Nádas, 2016, I, p. 24).
Null’altro si sa di Ugolino sino al 21 agosto 1425, data in cui fu nominato arcidiacono in S. Croce e lasciò il rettorato di S. Antonio di Ravaldino in Forlì (Giovanni di Mo Pedrino, 1929, pp. 140 s.). Oltre a essere cantore di suo, in Forlì «famosi cantori alevò, passati poi a cantare in Ferrara» (così Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, ms. Cl. I 26: G.A. Scalabrini, Descrizione della Santa chiesa metropolitana di Ferrara, 1776, c 120v): potrebbe dunque essere stato tra i cantori forlivesi che comparvero a Ferrara il 18 ottobre 1426 (Peverada, 1991, p. 5). Tra il 6 giugno e il 1° dicembre 1427 fu vicario di Giovanni Caffarelli, vescovo di Forlì, in quel periodo impegnato a Roma (Bagattoni, 1917, p. 64; Giovanni di Mo Pedrino, 1929, p. 163). Il 12 ottobre 1429 fu nominato canonico nella cattedrale di Ferrara, pur risiedendo a Forlì.
Appunto nella città natale, il 2 novembre 1429 arbitrò un caso curioso. Allo «spedale di batudi niegri» giunse una coppia di çagnotti (pitocchi? zingari?) con due bambini (mamolitti) che tutti ritennero figluoli robadi. Della commissione che giudicò il fatto fecero parte Ugolino, in quanto vicario del vescovo, il fattore del governatore Domenico Capranica e il cronista Giovanni di mastro Pedrino (che ne diede conto nella Cronica, 1929, pp. 222 s.). Si decise di affidare la bambina a un convento femminile e di concedere a un cittadino l’adozione del bimbo; Ugolino si prodigò nell’offrire «pane e vino de suo» ai tutori dei due piccini, né si ritenne di assumere provvedimento alcuno contro la coppia dei sospetti rapitori.
Non regge l’ipotesi che Ugolino fosse dovuto riparare a Ferrara «per via delle turbolenze politiche in Forlì» (Haberl, 1895, p. 46), o che vi si fosse esiliato in quanto guelfo quando nel 1430 i ghibellini presero il potere in città, come pure che nel trasferimento fosse stato aiutato dal nobile ferrarese Francesco Salimbeni (secondo quanto suppongono i commentatori di Giovanni di Mo Pedrino, 1929, p. 452 n. 1), pur ricordato nel suo testamento. In realtà, dal 1426 al 1433 Forlì fu governata in relativa tranquillità da tre legati papali, e Ugolino fu cappellano di un Ordelaffi, di famiglia ghibellina. È stato altresì ipotizzato che il cambio di residenza fosse motivato dalla maggior floridezza dell’ambiente musicale ferrarese (Reggiani, 1955, p. 290); ma i motivi del trasferimento rimangono di fatto sconosciuti (Peverada, 1979, 1991, p. 6).
Negli anni Trenta, e comunque a Ferrara, ossia in una città in cui poteva aver avuto a disposizione i libri ch’egli cita, è stata putativamente collocata la stesura del trattato che ha assicurato ai posteri la fama di Ugolino, la Declaratio musicae disciplinae (Seay, 1955, p. 118; Peverada, 1979, 1991, p. 9 n. 28).
Il 18 marzo 1431 prese parte in Ferrara alla processione per l’elezione di Eugenio IV e il 25 agosto fu eletto all’unanimità arciprete in cattedrale; chiese un mese di tempo per meditarne l’accettazione (ibid., p. 8). Negli atti di un notaio ferrarese del 1431 si trova un biglietto autografo nel quale Ugolino chiedeva, verosimilmente al vescovo, che venissero trasferite delle suppellectilia da Forlì a Ferrara senza dover pagare la relativa «gabella» (ibid., p. 9). Il 25 aprile 1432 ospitò nella sua camera il rinfresco per i cantori che solennizzarono la festa di san Giorgio (p. 15 n. 51). Il dato contraddice dunque la notizia, data da padre Giovanni Giacinto Sbaraglia al confratello Giambattista Martini (lettera del 5 settembre 1761, Bologna, Museo della musica, L.117.163) e poi tramandata in letteratura, che Ugolino sarebbe divenuto arciprete a Ferrara «verso l’anno 1440».
Nell’ottobre del 1432 fu tra i candidati all’episcopato di Forlì, senza esito (Giovanni di Mo Pedrino, 1929, p. 362); il 24 dicembre seguente venne nominato in Forlì il suo successore nella posizione di arcidiacono (Reggiani, 1955, p. 286). Nel 1433 Ugolino rimpiazzò il vescovo di Ferrara, Giovanni Tavelli da Tossignano, impegnato nel concilio di Basilea. Nel 1437 il vescovo Caffarelli, frattanto trasferito nella diocesi di Ancona, lo volle di nuovo per suo vicario e lo incaricò di sostituirlo sino al termine del concilio di Ferrara e Firenze (1438; Calandrini - Fusconi, 1993, p. 503). Nel 1440 una lettera di Ugolino al vescovo Tavelli denunciò comportamenti scorretti dei canonici della cattedrale durante gli uffici (Fabbri - Bertieri, 2004, p. 26), premura invero conforme al nuovo clima di riguardo per la musica da chiesa instaurato sotto Eugenio IV. In un documento ferrarese del 27 febbraio 1439 Ugolino è chiamato «egregium decretorum doctorem» (Calandrini - Fusconi, 1993, p. 543 n. 66) e in un altro documento ferrarese del 1442, menzionato da Sbaraglia nella citata lettera a Martini, è detto «i[uris] u[triusque] doctor».
Tra il 1448 e il 1451 ricoprì la funzione di vicario «in spiritualibus» del cardinal Pietro Barbo nella diocesi di Cervia (Peverada, 1979, 1991, p. 13). Il 10 gennaio 1449 stilò il suo primo testamento (Bagattoni, 1917), ma il 16 dicembre 1449 chiese per procura a papa Niccolò V o al suo vicecancelliere di essere ammesso nel Collegio degli scrittori delle lettere apostoliche (Peverada, 1979, 1991, p. 14).
Morì nel gennaio del 1452 a Ferrara: al 23 del mese risale l’aggiunta di un codicillo al testamento e il 31 fu disposta la redazione di un inventario dei suoi beni (Peverada, 1991, p. 112 n. 23). Aveva disposto di essere sepolto in cattedrale, nella cappella della S. Croce (così la lettera di Sbaraglia a Martini del 1761). L’8 febbraio 1457 la vendita della sua casa venne conclusa dagli esecutori testamentari (Bagattoni, 1918, pp. 43-45).
Nella storia della musica Ugolino è ricordato per la Declaratio musicae disciplinae (ed. a cura di A. Seay, I-III, Rome 1959-1962). Come il De institutione musicae di Severino Boezio, l’amplissimo trattato è diviso in cinque libri, ciascuno introdotto da estesi proemi di carattere filosofico e (talvolta) etico. L’autore stesso, alla fine del capitolo III del libro I (I, pp. 20 s.), riassume i temi trattati. Il primo libro verte sulla musica plana (rudimenti e canto gregoriano). Il secondo sulla musica melodiata semplice, ossia sul contrappunto (a due voci tra note di eguale durata). Il terzo è un commento, nei termini e nel linguaggio della filosofia scolastica, al Libellus cantus mensurabilis attribuito al teorico francese Johannes de Muris, un fortunatissimo manualetto sul modo di indicare le durate dei suoni nella scrittura musicale: Ugolino lo riporta per intero. Il quarto tratta le proporzioni applicate alla musica e come queste generino armonia (coaptentur) in virtù dei loro rapporti (in sostanza è un trattato di aritmetica). Il quinto, la speculazione applicata a tutte le parti della musica, tramite la quale si danno le prove matematiche (rationes) di quanto è stato illustrato nel libro precedente e si comprende tutta la musica pratica per mezzo della conoscenza data dalla ragione speculativa («sub speculativae rationis comprehensione»; ibid., I, p. 21). In particolare, i due manoscritti che tramandano la Declaratio completa (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Urb. lat. 258; Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 2151), nonché il manoscritto Add. 33519 della British Library di Londra, presentano dopo il libro V un’appendice sul monocordo. Nel libro I si ravvisano influenze di Marchetto da Padova (Lucidarium); nel libro II e nell’appendice, di Prosdocimo de Beldemandis (Contrapunctus, Parvus tractatulus de modo monacordum dividendi; Herlinger, 2001), accomunato a Ugolino anche per aver commentato il Libellus di Muris. A loro volta vari teorici furono influenzati da Ugolino: Franchino Gaffurio (Extractus parvus musice, Theorica musice; Fallows - Blackburn, 2001, p. 46), il quale possedette una copia della Declaratio priva dei libri II e III (il già citato manoscritto Add. 33519); Bartolomé Ramos de Pareja (Musica practica); Giovanni Del Lago, che ne cita dei passi nelle sue lettere (ma credette di avere davanti uno scritto di Prosdocimo); nonché l’estensore del trattatello anonimo Compendium musices, concepito per la formazione musicale dei sacerdoti (p. 46).
Di Ugolino compositore poco si può dire. I due brani almeno parzialmente leggibili conservati nella copia della Declaratio alla Casanatense (Seay, 1955, pp. 152-166, che ne propone anche la trascrizione; di un terzo brano si conserva un’unica voce) lo palesano seguace di quella pratica compositiva, caratterizzata da complicati rapporti ritmici, che i musicologi hanno convenuto di denominare ars subtilior, mentre sotto il profilo formale è un continuatore della cosiddetta ars nova italiana. Dei cinque brani riapparsi nel palinsesto fiorentino (Janke, 2016; Janke - Nádas, 2016, I, p. 24), quattro sono anch’essi leggibili solo in parte (una voce su due o tre, e anche questa non sempre in toto; trascrizioni in Janke, 2016, pp. 218-225): presentano una maggiore semplicità ritmica rispetto a quelli già noti.
Un presunto ritratto di Ugolino si vedrebbe su una maiolica già nelle raccolte civiche di Forlì (oggi al Victoria & Albert Museum di Londra, inv. 30:104-1866; Reggiani, 1955, p. 293): mostra il volto di un uomo riccioluto, la cui lunga barba lascia incompleta la scritta «Ugo/lin/u/s mu/sic[us]»; è lecito dubitare della verosimiglianza, per quanto il volto possa parer simile a quello del maestro attorniato da discepoli che figura in miniatura in un sontuoso manoscritto della Declaratio (Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Rossiano 455, c. 131v; in Fabbri - Bertieri, 2004, p. 27).
Fonti e Bibl.: F.X. Haberl, Bio-bibliographische Notizen über U. von O., in Kirchenmusikalisches Jahrbuch, X (1895), pp. 40-49; U. Kornmüller, Musiklehre des U. von O., ibid., pp. 19-40; R. Bagattoni, U. da O., in La Madonna del Fuoco, II (1916), pp. 32-34; Id., Il testamento dell’arcidiacono U., ibid., III (1917), pp. 31-36, 46 s., 63-68; Id., Codicilli d.ni Ugolini de Urbeveteri, ibid., IV (1918), pp. 11-15, 43-45; A. Pasini, Traslazione dell’immagine in Duomo, ibid., pp. 49-54; Giovanni di Mo Pedrino depintore, Cronica del suo tempo, a cura di G. Borghezio - M. Vattasso, I, Città del Vaticano 1929, passim; G. Pietzsch, Die Klassifikation der Musik von Boetius bis U. von O., Halle 1929; P. Reggiani, U. di Francesco Urbevetano, in Studi romagnoli, VI (1955), pp. 285-294; A. Seay, U. of O., theorist and composer, in Musica Disciplina, IX (1955), pp. 111-166; Id., The “Declaratio musice discipline” of U. of O.: addenda, in Musica Disciplina, XI (1957), pp. 126-133; A. Hughes, U.: the monochord and ‘musica ficta’, in Musica Disciplina, XXIII (1969), pp. 21-39; F. D’Accone, Music and musicians at Santa Maria del Fiore in the early Quattrocento, in Scritti in onore di Luigi Ronga, Milano-Napoli 1973, pp. 106, 120 s.; J.E. Murdoch, Music and natural philosophy: hitherto unnoticed “Questiones” by Blasius of Parma (?), in Manuscripta, XX (1976), pp. 119-136; E. Peverada, U. da O. nella erudizione scalabriniana e alla luce di nuovi documenti, in Giuseppe Antenore Scalabrini e l’erudizione ferrarese nel ’700. Atti del Consiglio nazionale di studi storici... 1978, Ferrara 1979, pp. 489-506 (rist. in Id., Vita musicale nella chiesa ferrarese del Quattrocento, Ferrara 1991, pp. 1-19); M. Lindley, Pythagorean intonation and the rise of the triad, in Royal Musical Association Research Chronicle, XVI (1980), pp. 4-61; L. Lockwood, Music in renaissance Ferrara 1400-1505, Cambridge (Mass.) 1984, pp. 77-85 (trad. it., Bologna 1987, pp. 94-101); Prosdocimo de’ Beldomandi, “Brevis summula proportionum quantum ad musicam pertinet”; and “Parvus tractatulus de modo monacordum dividendi”, a cura di J. Herlinger, Lincoln (Nebr.)-London 1987, p. 137; F. Della Seta, Proportio. Vicende di un concetto tra Scolastica e Umanesimo, in In cantu et in sermone. For Nino Pirrotta on his 80th birthday, a cura di F. Della Seta - F. Piperno, Firenze 1989, pp. 88-90; C. Panti, Una fonte della “Declaratio musicae discipline” di U. da O: quattro anonime “Questiones” della tarda scolastica, in Rivista italiana di musicologia, XXIV (1989), pp. 3-47; E. Peverada, La scuola di canto della cattedrale, in Id., Vita musicale nella chiesa ferrarese, cit., pp. 101-143; A.M. Busse Berger, Mensuration and proportion signs: origins and evolution, Oxford 1993, ad ind.; A. Calandrini - G.M. Fusconi, Forlì e i suoi vescovi, II, Forlì 1993, ad ind.; D. Fallows, The end of the Ars subtilior, in Basler Jahrbuch für historische Musikpraxis, XX (1996), pp. 24-26; G. Di Bacco - J. Nádas, The papal chapels and Italian sources of polyphony during the Great Schism, in Papal music and musicians in late medieval and renaissance Rome, a cura di R. Sherr, Oxford 1998, p. 50; M. Schulter, U.’s ‘intelligent organist’ and the seventeen-note octave. Part I: The medieval background, in 1/1 The journal of the just intonation network, X (2000), 3, pp. 1, 4-15, 24; D. Fallows - B.J. Blackburn, U. of O., in The new Grove dictionary of music and musicians, XXVI, London-New York 2001, pp. 45 s.; J. Herlinger, Music theory of the fourteenth and early fifteenth centuries, in The new Oxford history of music, III, 1, Music as concept and practice in the late middle ages, a cura di R. Strohm - B.J. Blackburn, Oxford 2001, pp. 255, 265, 272; C. Ruini, Produzione e committenza dei trattati di teoria musicale nell’Italia del Quattrocento, in Quellen und Studien zur Musiktheorie des Mittelalters, a cura di M. Bernhard, III, München 2001, pp. 347-352; M. Schulter, U.’s ‘intelligent organist’ and the seventeen-note octave. Part II, U. and the early fifteenth century, in 1/1 The journal of the just intonation network, XI (2002), 1, pp. 8-27; O. Gambassi - L. Bandini, Vita musicale nella cattedrale di Forlì tra XV e XIX secolo, Firenze 2003, pp. 13-17, 39 s.; P. Fabbri - M.C. Bertieri, Il salterio e la cetra. Musiche liturgiche e devozionali nella diocesi di Ferrara-Comacchio, Reggio Emilia 2004, pp. 26 s.; A. Janke - K.-W. Gümpel, U. von O., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XVI (2006), coll. 1175 s.; A. Janke, Die Kompositionen von Giovanni Mazzuoli, Piero Mazzuoli und U. da O. im San-Lorenzo-Palimpsest (ASL 2211), Hildesheim 2016, pp. 127-142, 218-225; A. Janke - J. Nádas, The San Lorenzo palimpsest. Florence, Archivio del Capitolo di San Lorenzo Ms. 2211, I-II, Lucca 2016, passim.
Si ringrazia Cesarino Ruini per le informazioni gentilmente fornite.