UGUAGLIANZA (fr. egalite; sp. igualdad; ted. Gleichheit; ingl. equality)
1. Il concetto di cose eguali (numeri, figure, corpi, proprietà uguali) è importantissimo per tutte le scienze: matematiche, fisiche, ecc. Se si cerca il carattere logico comune per cui due cose, in un certo ordine di relazioni, vengono ritenute uguali, si scorge tosto che tale è la proprietà di potere essere sostituite l'una all'altra. Dice S. Tommaso d'Aquino: "Quaecumque sunt idem, ita se habent, quod quidquid predicatur de uno predicatur et de alio" (Summa theologica, pars I, quaestio xl, art.1, 3); e W. Leibniz: "Eadem sunt quorum unum in alterius loco substitui potest, salva veritate".
Queste definizioni sono riprese da alcuni logici matematici contemporanei; per es., da C. Burali-Forti (Logica matematica, 2ª ed., Milano 1919, § 34). Il quale dice: qualunque sieno gli enti x ed y, con la notazione x = y, x è uguale ad y, o x identico ad y, indichiamo la proposizione che "se a è una classe ed x un elemento di a, allora, qualunque sia a, y è pure un elemento di a". Ma quella che così viene definita è l'uguaglianza assoluta o identità, cioè la relazione che una cosa ha solamente con sé stessa, perché, essendo date due cose comunque discernibili, si può anche enunciare una relazione, a cui soddisfi l'una e non l'altra, rispetto alla quale dunque i due distinti non sono affatto sostituibili (principio dell'identità degli indiscernibili di Leibniz). Invece, nell'uso comune delle varie scienze occorre considerare cose che sono uguali, cioè sostituibili, in un certo ordine di relazioni, ma non in senso assoluto. Così è chiaro che il chimico non saprebbe dare alcun significato ai suoi enunciati se essi dovessero valere, non per le specie chimiche, cioè per i corpi ritenuti chimicamente uguali, ma solo per i campioni dei corpi che una volta ha trattati e a cui non sia consentito di sostituire nulla di diverso. Nello stesso modo tutti i contratti che si fanno in un qualsiasi mercato risulterebbero ineseguibili, se si pretendesse che le merci vendute o comprate debbano essere proprio identiche, e non equivalenti, ai campioni, ecc.
La precedente osservazione si può esprimere in maniera suggestiva e paradossale dicendo che: l'uguaglianza di cui si tratta effettivamente nelle scienze e nella pratica della vita è "uguaglianza relativa"; perciò ogni giudizio di uguaglianza implica sempre il riconoscimento di un'identità e di una differenza.
2. Ma in che consiste propriamente l'atto del pensiero che uguaglia (sotto un certo rispetto) due cose? È facile vedere che questo altro non è che l'astrazione, per cui due o più cose vengono associate come elementi di una classe, a cui risponde un certo concetto astratto. E tutto il significato pratico dell'uguaglianza nella esperienza vissuta, dipende appunto dalla scelta del concetto astratto di cui si tratta, cioè dalla scelta delle proprietà delle cose che si fissano come importanti, facendone le note del detto concetto, di fronte alle proprietà che si trascurano come irrilevanti e dalle quali si prescinde.
Tuttavia il giudizio di uguaglianza che risponde a una certa astrazione si può esprimere, secondo l'uso del linguaggio corrente, in due forme diverse. Si considerino, per esempio, i poligoni secondo la diversa estensione delle loro superficie, formando dunque il concetto astratto di "superficie" o "area", il quale risponde a una classe di poligoni equivalenti; possiamo dire che due poligoni di questa classe (ritenuti come grandezze) sono uguali, ovvero che la superficie (o l'area) dell'uno è uguale alla superficie dell'altro. Insomma possiamo chiamare uguali gli oggetti associati, come elementi della classe che risponde al concetto astratto, ovvero affermare l'identità del concetto astratto che si ottiene come funzione una volta dell'uno e una volta dell'altro elemento. Così ancora si dice che "due corpi gravi sono uguali (in peso)" ovvero che "il peso dell'uno è uguale al peso dell'altro)" ecc. Nella prima locuzione si considera come "uguaglianza" la relazione per cui gli oggetti sono stati collocati nella classe che risponde al concetto astratto, mentre nella seconda si esprime semplicemente l'identità del risultato a cui si perviene per astrazione, a partire dagli oggetti paragonati. Le due locuzioni rispecchiano insomma i due momenti successivi del processo mentale dell'astrazione.
3. In ciò che precede si è definito il carattere dell'operazione mentale che viene espressa in generale con un giudizio di uguaglianza. Di qui si passa facilmente a riconoscere il carattere delle relazioni che si possono considerare come "uguaglianza" secondo l'analisi dei logici-matematici e specialmente di A. De Morgan (On the symbols of Logic, 1856). Questi chiama transitiva ogni relazione che, essendo presupposta sussistere fra a e b e fra b e c, deve di conseguenza sussistere anche fra a e c. Le relazioni transitive sono più generali di quelle suscettibili di essere riguardate come "uguaglianze"; per esempio la relazione "progenitore di", "maggiore di" godono della proprietà transitiva, ma non soddisfano all'altra condizione delle relazioni egualiformi che è la proprietà simmetrica: se a = b anche b = a. Invece le proprietà transitiva e simmetrica (da cui discende, come G. Vailati ha osservato, la proprietà riflessiva a = a) caratterizzano appunto le relazioni che si possono ritenere come "uguaglianze". Invero se sia data, fra certi enti a, b, c ... una relazione che soddisfi alle proprietà indicate, è possibile formare una classe ben definita dalla condizione di contenere, insieme con a, anche tutti gli enti (b, c, ...) che si trovino con a nella relazione indicata, e quindi riesce definito il concetto astratto della classe rispetto alla quale gli enti, legati dalla relazione anzidetta, appariscono come uguali.
4. Una conseguenza notevole dell'osservazione che precede è la possibilità di definire un concetto per astrazione, fissando appunto una relazione di uguaglianza che soddisfi alle indicate proprietà caratteristiche. Questo tipo di definizione risale già agli antichi, poiché viene usato da Euclide nella definizione dei "rapporti" (fra segmenti o grandezze qualsiasi): due rapporti, a: b e c: d, dice egli, sono (per definizione) uguali se, per ogni coppia di numeri interi m e n, alla diseguaglianza ma ⋛ nb si accompagni sempre una diseguaglianza nel medesimo senso: mc ⋛ nd. E della relazione così definita (che è evidentemente simmetrica) il geometra greco dimostra poi esplicitamente la proprietà transitiva (Elementi, V, 11).
La definizione per astrazione viene largamente adoperata nelle scienze fisiche moderne da E. Mach, Clerk Maxwell, H. Helmholtz, ecc., e poi nelle scienze economiche da V. Pareto, ecc. Il suo uso accompagna in una maniera caratteristica la concezione positiva del sapere. Si tratti, per esempio, di definire la massa, ovvero la temperatura. Secondo una veduta metafisica della scienza, la massa sarebbe "somma dei volumi degli atomi", e la temperatura corrisponderebbe, per es., ad un certo fluido contenuto nel corpo, ecc. Se si assumono tali presupposti, l'assioma per cui "masse o temperature uguali ad una terza sono uguali fra loro", partecipa dell'evidenza dell'assioma geometrico che si enunci per riguardo a ciò che ne costituisce il sostrato ipotetico. Ma per il positivista ogni evidenza a priori di questo genere riesce priva di fondamento, e la proprietà transitiva della relazione che vogliamo considerare come "uguaglianza" appare soltanto come una relazione sperimentale.
In modo simile l'economista critico, che si ispiri alla filosofia positiva, non cercherà qualcosa di misterioso che costituisca il valore della merce, ma riterrà il concetto del valore definito per semplice astrazione, partendo dal ritenere come "uguali (in valore)" le merci che si scambiano sul mercato.
5. Il concetto dell'uguaglianza fisica è stato specialmente esaminato da H. Helmholtz, la cui critica ritorna successivamente sull'argomento negli anni 1866, 1868, 1878, 1887. In questa analisi Helmholtz rileva la particolare importanza che assume l'uguaglianza geometrica o congruenza, definita fisicamente (come sovrapponibilità) rispetto al movimento dei corpi solidi, deducendone il carattere della geometria come scienza fisica.
La veduta di Helmholtz ha gettato viva luce sulle questioni attinenti ai principî della geometria. Anzitutto viene sgombrato il campo da quell'indirizzo della critica che tendeva a ravvisare nella congruenza delle figure geometriche un significato logico o analitico, riconducibile all'identità; all'opposto codesta relazione appare dotata di un senso primitivo sintetico, che non può essere spiegato in sede puramente logica, appunto perché viene definito sperimentalmente.
Ora i movimenti, mercé cui si porge codesta definizione fisica, sono da ritenere a priori come trasformazioni dello spazio, formanti un gruppo continuo nel senso di S. Lie - la proprietà gruppale traducendo la transitività dell'uguaglianza (v. gruppo) - e quindi i postulati della geometria si possono esprimere come proprietà caratteristiche di codesto gruppo, siccome risulta appunto dall'analisi di S. Lie e di H. Poincaré.
Affatto distinta dall'uguaglianza di figura o congruenza resta l'uguaglianza estensiva, o equivalenza, delle figure piane o solide (concepite come grandezze), quale viene definita da Euclide per mezzo dei suoi assiomi (nozioni comuni): la distinzione è stata posta in chiara luce da J.-M.-C. Duhamel, e la teoria dell'equivalenza, per poligoni e poliedri e poi per figure a contorno curvo, è stata sviluppata criticamente col contributo di diversi critici moderni (v. geometria n. 6; poliedro; poligono).
6. Nelle considerazioni che precedono abbiamo parlato in specie dell'uguaglianza fra oggetti, pensati come individui; ma ciò che si è detto si lascia in gran parte ripetere anche per il confronto dei concetti astratti (in rapporto a un'ulteriore astrazione) e quindi anche delle proprietà, ecc. Ma qui giova notare, che anche la semplice identità può assumere un significato non tautologico. Invero, se si pensa un concetto astratto per la sua estensione, cioè come classe degli oggetti che vengono rispetto ad esso associati, l'identità o uguaglianza (logica assoluta) di due concetti - secondo la definizione leibnitziana - consisterà nella proprietà di avere la medesima estensione (coincidenza degli oggetti formanti le due classi), ma l'affermazione di codesta uguaglianza sarà significativa per chi consideri i concetti medesimi nella loro definizione intensiva, cioè come complesso di note o proprietà caratteristiche. Per esempio l'uguaglianza:
triangolo equilatero = triangolo equiangolo,
significa appunto che, mercé la proprietà di avere i lati uguali ovvero gli angoli uguali, si definisce la medesima classe di triangoli.
Bibl.: G. Vailati, Scritti, Firenze 1911 (passim e, in specie, pp. 219, 230, 504, 878-85); F. Enriques, Problemi della scienza, 3ª ed. Bologna, 1926, cap. 3°, §* 10-14; id., Per la storia della logica, ivi 1922 (in specie cap. 3°, p. 24). - Per l'uguaglianza geometrica: A. Guarducci, Della congruenza e del movimento, e U. Amaldi, Sulla teoria dell'equivalenza, in Questioni riguardanti le matematiche elementari, raccolte e coordinate da F. Enriques, 3ª ed., I e II, Bologna 1924 e 1925.