BONDONI (de Bondonis), Uguccione
Non sappiamo nulla della sua nascita. La prima notizia datata risale a un documento del 24 nov. 1278, in cui il B. compare come priore di S. Andrea di Vercelli, abbazia di canonici agostiniani: a tale carica era stato nominato dall'abate Anfosso di Montechiaro, e la mantenne fino alla morte di questo. L'11 genn. 1283 venne quindi eletto a succedergli nell'abbaziato.
La famiglia Bondoni era un'antica famiglia vercellese di tradizioni ghibelline, i cui vari rami si erano insignoriti, prima dell'epoca che prendiamo in esame, di Ronsecco, Alice, Larizzate e Miralda. Tra i Bondoni più noti si ricordano un Giacomo, console di Vercelli nel 1149, e un Guala, vescovo della stessa città nella seconda metà del sec. XII. L'assunzione di un Bondoni all'abbaziato fu in armonia con la tradizione ghibellina del monastero, che risaliva alla sua fondazione (avvenuta nel 1219 ad opera del cardinale Guala Bicchieri). Fin dal 1227, anno in cui la costruzione del complesso monastico ebbe termine, la famiglia Bondoni entrò in relazione con l'abbazia, vendendole il castello di Larizzate.
Non si hanno notizie sull'attività del B. per i primi due anni del suo abbaziato. Nell'ottobre 1285 compare tra i testimoni di un contratto di pace fra guelfi e ghibellini steso alla presenza del vescovo di Vercelli, Aimone di Challant, e destinato a rimanere in vigore fino al 1301. In questo periodo i rapporti tra l'abbazia ed il vescovo appaiono amichevoli, come risulta dall'incarico dato il 21 genn. 1289 da Aimone al prevosto di Biella Nicolao, di liberare da ogni eventuale debito verso il vescovato l'abbazia di S. Andrea.
Erano anni felici per l'abbazia anche per il notevole incremento delle donazioni di privati, tra cui meritano ricordo quella di un Ottino di Roglerio de Bondonis, del 1286, perché conferma i rapporti con la famiglia dell'abate, e, per la sua entità, quella di Giovanni e Federico Alciati che, entrando come conversi nell'annesso Ospedale di S. Andrea rispettivamente nel 1291 e nel 1295, vi portarono il loro ingente patrimonio. Ad un tale acquisto di prestigio da parte dell'abbazia e dell'ospedale non fu certo estranea l'opera dell'abate. Un risveglio del culto verso il santo patrono è confermato dal fatto che, il 4 luglio 1291, il pontefice Niccolò IV concedeva ai visitatori della chiesa di S. Andrea in occasione della festa del santo l'indulgenza di un anno e quaranta giorni. Il Pasté (p. 391) menziona un breve con cui lo stesso pontefice riceveva sotto la sua protezione l'abbazia e i canonici di S. Andrea, confermando i privilegi e le immunità concesse dai suoi predecessori. Da una dichiarazione rilasciata il 24 genn. 1297 da un canonico di S. Donnino collettore delle decime risulta che l'ospedale di S. Andrea ne era esente almeno per gli ultimi tre anni, in quanto tutte le rendite erano state convertite a beneficio dei poveri (Mandelli, II, p. 378).
Nel 1298 (30 maggio) il B. ricevette da Bonifacio VIII l'incarico di rilevare, insieme con il vescovo di Novara, l'amministrazione del monastero di S. Genuario a Lucedio, per risollevarne lo stato e recuperarne i beni dilapidati da un monaco di S. Stefano, Iacopo de Advocatis. Di tale missione informa anche un'ulteriore bolla del 19 dic. 1300. Secondo una notizia del Mandelli (III, p. 173) in quello stesso anno Bonifacio VIII prese sotto la sua particolare protezione l'abbazia. Nel 1304 Benedetto XI invitò i vescovi di Asti e Ivrea a difendere S. Andrea da ogni molestia; prestò ascolto a un esposto del B., secondo cui erano tassati molto più del dovuto i proventi di S. Andrea di Chesterton, donati all'abbazia dal re d'Inghilterra Enrico III all'atto della sua fondazione; concedette infine all'abbazia la giurisdizione spirituale sulla parrocchia di S. Germano Vercellese. In quegli anni S. Andrea concorse con finanziamenti alla crociata contro Dolcino.
Nel dicembre 1306 il vescovo di Vercelli Rainerio Avogadro annunciò una visita pastorale all'abbazia, che riteneva abbisognasse di correzioni sia nello spirituale che nel temporale. Non è chiaro se vi fosse una concreta base alle accuse del vescovo, o se tali rilievi fossero suggeriti a lui, guelfo, da una precisa volontà d'intervento nell'abbazia ghibellina. In ogni caso, il B., sentendo in pericolo la propria posizione, si rifugiò nel palazzo dei vescovo d'Ivrea, Alberto, e di là mandò a Rainerio una lettera di protesta affermando che l'abbazia dipendeva direttamente dalla S. Sede. Il capitolo di S. Andrea, presieduto dal priore Guglielmo dal Pozzo, si dichiarò solidale con l'abate. Rainerio, esaminate le concessioni di Gregorio IX (risalenti al 1227), rinviò ogni azione rimettendo al papa il giudizio. Il 4 luglio 1307 Clemente V concedeva al vescovo di Vercelli la facoltà di visitare i monasteri della sua diocesi. In realtà il fondatore Guala Bicchieri aveva chiesto ed ottenuto da Gregorio IX l'esenzione dall'autorità vescovile "etsi non per omnia"; ma vi era il chiaro precedente del vescovo di Vercelli Giacomo de Carnario il quale, dopo aver visitato alcune dipendenze del monastero nel 1237, aveva dichiarato di esservi stato ricevuto "ratione fraternitatis" e non per diritto episcopale, aggiungendo che da ciò non poteva nascere alcun pregiudizio per l'immunità di S. Andrea.
Nel 1310 Enrico VII fu accolto a Vercelli e prese dimora nel monastero di S. Andrea, dove fece compilare l'atto di pace fra i Tizzoni, ghibellini, e gli Avogadri, guelfi. Partito da Vercelli, il 21 dicembre il re, in riconoscenza dell'ospitalità ricevuta, mandò da Novara all'abate B. un diploma di protezione, con la conferma dei privilegi concessi da Federico II nel 1226 e il permesso di derivare acqua per i propri poderi da qualunque corrente pubblica o privata. Pare che il B. fosse tornato da Ivrea fin dal giorno dell'ingresso di Enrico in Vercelli, e che fosse presente al ricevimento in onore del re. La sua età era ormai avanzata, e le recenti vicende gli consigliarono probabilmente di ridurre la propriaattività. Nel gennaio 1311 compì un'inchiesta sull'Ospedale in occasione della quale confermò le costituzioni stabilite dal primo abate nel 1227 e quelle, in alcuni punti più severe, dell'abate Anfosso del 1253. Non si hanno più notizie del B. fino alla sua morte, che avvenne il 19 nov. 1313.
Fonti e Bibl.: Constitutiones et acta publica…, IV, 2, in Monumenta Germaniae hist., Legum sectio IV, a cura di I. Schwalm, Hannoverae et Lipsiae 1909-11, pp. 1411 ss., n. 1277; Les registresde Nicolas IV, a cura di E. Langlois, V, 2, Paris 1890-93, n. 5491; Les registres de Boniface VIII, a cura di A. Thomas, M. Faucon, G. Digard, IV, 2, Paris 1890-1904, nn. 2761, 3740; Les registres deBenoît XI, a cura di Ch. Grandjean, II, Paris 1883-1905, nn. 670, 671, 681, 726, 1036; Regestum Clementis papaeV…, Romae 1885, nn. 1853, 1854; G. Casalis, Diz. geogr. stor. stat. comm. degli stati di S. M. il re di Sardegna, XXIV, Torino 1853, p. 85; V. Mandelli, Il Comune di Vercellinel Medio Evo, II, Vercelli 1857, pp. 274, 365-378; III, ibid. 1858, pp. 160, 164 ss., 171-174; C. Dionisotti, Illustraz. stor.corogr. dellaregione subalpina, Torino 1898, p. 285; R. Pastè, Storia doc.della abbazia di S.Andrea di Vercelli, in Misc. distoria ital., XXXVIII, Torino 1902, pp. 389-395; A. Manno, Il patriziato subalpino, II, Firenze 1906, p. 359.